Si obietta spesso che, se Hitler ha ordinato lo sterminio degli Ebrei europei, che sia riuscito a farne assassinare 6 milioni o uno solo, in via di principio non cambia nulla, ed è moralmente indegno speculare sul numero delle vittime giocando al ribasso e dichiarando che esse non sono 6 milioni, ma 5 o 4 o 3.
La storiografia revisionista condivide perfettamente tale principio, ma respinge fermamente l'obiezione, perché nega essenzialmente proprio la realtà di tale ordine e del conseguente "sterminio" mediante "camere a gas".
Questi obiettori dimenticano sempre che è moralmente indegno speculare sul numero delle vittime anche giocando al rialzo, come è moralmente indegna qualunque menzogna.
Appunto allo smascheramento di una simile speculazione -- perpetrata mediante un procedimento dimostrativo superficiale e capzioso -- è dedicato un nostro studio di recente pubblicazione, (1) che soltanto in perfetta malafede si puó considerare a sua volta come una speculazione puramente numerica e quantitativa mirante a "depennare dalla cifra dell'infamia" qualche vittima, ( 2) trattandosi in realtà della semplice verifica di una metodologia storiografica deliberatamente fallace.
E' facile del resto ritorcere l'accusa contro gli stessi accusatori, dimostrando che la speculazione puramente numerica e quantitativa è la preoccupazione precipua di un certo giornalismo completamente digiuno persino di storiografia sterminazionista che, nonostante ció, o forse proprio in virtù di ció, si erge a strenuo difensore di tesi che essa ha ormai da tempo abbandonato.
Un tipico esempio di questa volontà di speculazione numerica è offerto dal recente "scandalo" del giornale francese Libération, nel cui numero del 28 maggio 1987 è apparsa la seguente lettera:
Tarbes, 20 maggio 1987. [...] . É
comunemente ammesso, tutta la letteratura in proposito è
formale, che 4.000.000 di esseri umani sono stati assassinati
mediante gasazione poi incinerati ad Auschwitz. Sappiamo parimenti
che questo campo ha funzionato per quattro anni. Si puó
dunque affermare senza ingannarsi che ogni anno sono stati gasati
e incinerati 1.000.000 di esseri umani, il che, facendo una semplice
divisione, dà un totale di 2.739 persone al giorno, che
arrotonderemo a 3.000 per le esigenze del calcolo. Quando si
parla di 4.000.000, di 6.000.000, il cervello umano, poco aduso
all'astrazione, non comprende di che cosa si tratti e registra
semplicemente: è grande! Con 3.000 si entra nel dominio
della comprensione umana. Ma cosa possono rappresentare questi
3.000 cadaveri?
Superficie coperta: Altezza di un uomo: m 1,60. Larghezza di
un uomo: m 0,40, cioè per 3.000: 1,60 x 0,40 x 3.000 =
1.920 m2, il che rappresenta un rettangolo di 600 metri per 3,20,
cioè circa la metà di un campo di calcio o una
strada di 600 metri .
Volume spostato: Altezza di un corpo: m 0,15, cioè: 1.920
x 0,15 = 288 m3, il che rappresenta un blocco di metri 7 x 7
x 6.
Peso da spostare: Peso medio di un deportato: 50 kg, cioè
per 3.000: 3.000 x 50 = 150.000 kg, ossia 150 tonnellate.
E ció ogni giorno, tutti i giorni per quattro anni! E
ció soltanto durante la notte, cioè, in media,
dodici ore notturne!
Ma si è riflettuto ugualmente sul numero degli schiavi
necessari pe r: liberare le camere a gas, pulirle, trasportare
i cadaveri ai forni, ripulire delle ceneri i forni per essere
pronti a ripartire il giorno dopo, per quattro anni, per portare
felicemente a termine questo compito?
Ma si è riflettuto sul combustibile che sarebbe stato
necessario convogliare, caricare, scaricare, trasportare verso
i forni, al numero dei treni necessari per portare a termine
queste operazioni, treni di cui i Tedeschi avevano bisogno per
obiettivi di tutt'altro genere ?
Si dice che siamo il Popolo più intelligente della terra,
allora riflettiamo un pó! [...]. Georges Cazalot.
Il giornale ebraico Shalom commenta:
Considerando che il successo editoriale
di Libération è dovuto in gran parte allo
spazio dedicato alle lettere, si puó capire [sic]
le dimensioni dell' "incidente" che ha provocato una
comprensibile tempesta in redazione. La direzione di Libération
ha dovuto chiedere il ritiro dalle edicole del numero incriminato
e al redattore capo del quotidiano sono state chieste (e subito
presentate) le dimissioni.
La gravità di questo secondo "incidente" occorso
a Libération ha indotto peró molti francesi
a qualche amara considerazione: il virus neo-nazista si estende
in Francia molto al di là delle ristrette cerchie politiche
tradizionalmente antisemite di estrema destra, visto che gli
interventi ospitati, ancora una volta senza commento, su Libération
sono presumibilmente di lettori di sinistra. (3)
Non ci soffermeremo sulla tendenziosa equazione revisionismo = neonazismo, per la quale rimandiamo all'articolo "Quando i Wellers tacciono...", perché ci preme soprattutto osservare che:
1) la lettera incriminata non è una lettera revisionista, in quanto mette in dubbio la cifra dei "gasati" e non la realtà delle "camere a gas";
2) l'impossibilità materiale che ad Auschwitz siano state "gasate" 4.000.000 di persone è stata categoricamente sostenuta al congresso di Stoccarda del 3-5 maggio 1984 dal massimo storico sterminazionista, Raul Hilberg, che ha dichiarato testualmente:
«Ad Auschwitz non furono gasati 2.500.000 Ebrei. (4) Ció è impossibile (das ist eine Unmöglichkeit)».
Egli ha valutato "il numero delle vittime di Auschwitz a circa 1.000.000 di Ebrei". (5)
Di conseguenza, avendo affermato (a fortori) -- esattamente come il signor Cazalot e forse in base a considerazioni dello stesso ordine -- l'impossibilità dello "sterminio" ad Auschwitz di 4.000.000 di persone, anche Raul Hilberg è affetto dal "virus neonazista"!
Al colloquio di Parigi del 29 giugno-2 luglio 1982 Uwe Dietrich Adam ha asserito che le vittime di Auschwitz oscillano "tra 1.000.000 e 1.200.000" persone, (6) mentre lo steso Wellers, pur speculando sfrontatamente al rialzo, non arriva a più di 1.471.595 morti. (7)
Ecco dunque altri due prestigiosi storici affetti dal "virus neonazista" !
La morale che si trae da questo "incidente" è che un certo giornalismo ha un interesse vitale a mantenere in vita la menzogna dei 4 milioni -- menzogna riconosciuta tale dalla storiografia sterminazionista --, perpetrando in tal modo una speculazione puramente quantitativa e numerica basata, appunto, sulla menzogna, e dunque moralmente indegna.
Ma la cosa più sconfortante è che in Francia è considerato scandaloso persino un semplice invito alla riflessione sulla tecnica dello "sterminio", che potrebbe intaccare il dogma fondamentale della storiografia sterminazionista, formulato nei seguenti termini dalla famosa dichiarazione di storici francesi sulla "politica hitleriana di sterminio":
Non bisogna chiedersi come un tale assassinio in massa sia stato tecnicamente possibile. É stato tecnicamente possibile perché ha avuto luogo.
E, per mettere a tacere eventuali velleità di riflessione, la dichiarazione asserisce categoricamente:
Non c'è, non puó esserci dibattito sull'esistenza delle camere a gas, (8)
cioè è fatto divieto assoluto
di riflettere su questo dogma, che deve essere soltanto recepito
supinamente.
Con buona pace del famoso "spirito critico" francese
!
Pubblicato in Orion, n. 36, settembre 1987, pp. 440-441.
1 Come si falsifica la storia: Georges
Wellers e i "gasati" di Auschwitz. Edizioni La Sfinge,
Parma 1987.
2 Vedi
Orion, n. 32, maggio 1987, p. 255.
3 Shalom,
n. 6, 30 giugno 1987, p. 9.
4 Valutazione
di Rudolf Höss.
5 Der
Mord an den Juden im Zweiten Weltkrieg. Herausgegeben von
Eberhard Jäckel und Jürgen Rohwer, Deutsche Verlags-Anstalt,
Stuttgart 1985, p. 176.
6 Colloque
de l'Ecole des Hautes Etudes en sciences sociales. L'Allemagne
nazie et le génocide juif, Gallimard-Le Seuil,
1985, p. 253. Già in precedenza, un altro prestigioso storico
sterminazionista, Gerald Reitlinger, aveva scritto testualmente:
«Il mondo ha imparato a diffidare dei "coefficienti
di rettifica" e la cifra di quattro milioni fa ridere.»
(La soluzione finale. Il temtativo di sterminio degli
Ebrei d'Europa 1939-1945, Il Saggiatore, Milano 1965, p. 559).
7 Essai
de détermination du nombre de morts au camp d'Auschwitz,
Le Monde Juif, n. 112, octobre-décembre 1983,
p. 158.
8 Le
Monde, 21 febbraio 1979, p. 23.
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