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Nessuna gassazione a Dachau

Martin Broszat

Lettera apparsa il 19 agosto 1960 nel settimanale "Die Zeit", al quale era stata indirizzata da un autorevole membro (in seguito, direttore) dell'Institut für Zeitgeschichte (Monaco di Baviera), centro esente dal benché minuno sospetto quanto ad ortodossia antinazista e resistenziale in campo storiografico.


Né a Dachau né a Bergen-Belsen né a Buchenwald sono mai stati gassati ebrei o altri detenuti. La camera a gas di Dacbau non è mai stata portata a termine e messa "in servizio". Centinaia di migliaia di detenuti, morti a Dachau o in altri campi di concentramento situati all'interno delle frontiere dell'ex Reich (ossia delle frontiere tedesche del 1937), furono vittime soprattutto delle catastrofiche condizioni igieniche e di approvvigionamento: nei soli dodici mesi dal luglio 1942 al giugno 1943, 110.812 persone morirono di malattie e di fame in tutti i campi di concentramento del Reich, secondo le statistiche ufficiali della SS. L'annientamento in massa degli ebrei col gas cominciò nel 1941-1942 e fu posto in essere unicamente in alcuni luoghi appositarnente scelti e provvisti di installazioni tecniche adeguate, prima di tutto nel territorio polacco occupato (ma assolutamente non nell'ex Reich): ad Auschwitz-Birkenau, Sobibor, Treblinka, Chelmno e Belzec.

Là, e non a Bergen-Belsen, Dachau o Buchenwald, furono costruiti quei dispositivi di annientamento in massa, mascherati da docce o da camere per disinfestazione. Questa necessaria distinzione non toglie sicuramente nulla al carattere criminale dell'istituzione dei campi di concentramento. Ma può forse aiutare a por termine alla fatale confusione dalla quale risulta che molti incorreggibili si servono per scopi polenúci di argomenti in sé giusti ma separati dal loro contesto, come ne risulta che si affrettano a replicare persone che sicuramente possiedono un esatto giudizio d'insieme, ma che fanno riferimento a informazioni false o incomplete.

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Die Zeit, 19 agosto 1960.

Vedi Faurisson, Mémoire en défense, p. 181 ss.

Pubblicato in Il Caso Faurisson e il revisionismo olocaustico, Graphos, 1997, p. 77.




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