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IL VENTESIMO ANNIVERSARIO DEL GRANDE PROCESSO DELL'OLOCAUSTO

 

Michael Hoffman II

 

La data del 7 gennaio 2005 segna il ventesimo anniversario di quello che venne conosciuto in tutto il mondo come "Il Grande Processo dell'Olocausto", grazie principalmente all'energia, alla determinazione, al coraggio e all'intuizione di un uomo, Ernst Zundel, sostenuto da coloro che aveva ispirato.

Nel 1985 Zundel era un immigrato tedesco residente a Toronto, Canada, dove aveva creato un'azienda di pubblicità e arti grafiche di grande successo, situata in una stravagante residenza vittoriana nel quartiere bohémien di Cabbagetown.

Zundel considerava la storia dei "sei milioni" come una forma di genocidio mentale contro il popolo tedesco; apparentemente un racconto sublime della battaglia epocale per i diritti umani ma in realtà una forma subdola di propaganda denigratoria, che lanciava contro i tedeschi ogni calunnia immaginabile bollandoli con il marchio di Caino. Essendo sopravvissuto da bambino al bombardamento incendiario della propria città natale di Pforzheim, Zundel conosceva bene i crimini di guerra degli ipocriti Alleati e realizzò l'opera della propria vita nel discolpare il proprio popolo.

Per questa encomiabile iniziativa, Zundel ebbe i propri diritti postali annullati dal governo canadese nel 1983, e fu costretto ad aprire una casella postale a Buffalo, New York e a mandare un corriere a percorrere centinaia di miglia solo per ricevere la posta. Nel 1985 fu accusato di diffusione di "false notizie" in base ad un disusato articolo del codice municipale edwardiano, per aver pubblicato il pamphlet "Ne sono morti davvero sei milioni?". Se condannato avrebbe dovuto scontare due anni di prigione.

Come risposta Zundel decise di mettere lo stesso cosiddetto "Olocausto" sotto processo, assumendo come legale un semisconosciuto outsider della British Columbia, Douglas Christie, per sostenere la sua causa davanti al giudice Hugh Locke.

Seduto accanto a Christie c'era il dotto storico revisionista francese prof. Robert Faurisson, che guidava i fulminanti contro-interrogatori da parte di Christie di una lunga serie di "pii sopravvissuti dell''Olocausto'" presentati dalla Corona.

La linea difensiva di Zundel venne inizialmente giudicata assurda dalla stampa e dal pubblico. "Come si può negare l'Olocausto?", fu la risposta incredula alla notizia che Zundel avrebbe difeso con vigore sé stesso e i diritti alla libertà di parola di tutti i canadesi. Il processo venne atteso come una veloce ed ignominiosa disfatta per Zundel e la sua variopinta squadra.

Come si sbagliavano i fabbricanti di pronostici! Per la prima volta nella storia i sacri "sopravvissuti" dovettero sottomettere la loro "testimonianza" ad una verifica, alle regole della deposizione e del contro-interrogatorio, cosa mai successa prima di allora e da allora in poi. Seduto nella tribuna riservata alla stampa, osservavo come i miei colleghi del "quarto potere" diventassero sempre più sorpresi e scioccati davanti alle sorprendenti ammissioni che Christie e Faurisson cavavano dai "testimoni oculari" delle camere a gas. Reporter televisivi come Claude Adams e giornalisti del Toronto Star e del Globe and Mail fecero servizi e titoli che misero il Canada sottosopra.
I lettori e i telespettatori canadesi appresero che non esisteva prova scientifica delle camere a gas omicide, che le gassazioni omicide (diversamente dall'uso dello Zyklon B da parte dei tedeschi come profilattico salvavita contro il mortale pidocchio del tifo) erano una voce che gli internati ascoltarono ma che non verificarono mai realmente in prima persona - queste furono le affermazioni ottenute da Christie dai tanto vantati "testimoni oculari" di Auschwitz presentati dall'accusa!

Nel marzo del 1985 Zundel fu condannato da una giuria paurosa che aveva seguito le raccomandazioni preliminari di un giudice corrotto; ma la condanna fu ribaltata in appello e Zundel andò di nuovo sotto processo nel 1988, ottenendo infine vittoria da una decisione della Corte Suprema in favore della libertà di parola in Canada.

Il processo del 1988 è molto più conosciuto negli ambienti revisionisti. Zundel era già famoso e l'apparizione di Fred "dr. Morte" Leuchter, il designer degli apparati di esecuzione del sistema penitenziario americano, come perito della difesa, che aveva esaminato sul posto le pretese "camere a gas" di esecuzione ad Auschwitz, Polonia, stabilendo che non erano mai state usate per uccidere nessuno, suscitò uno scalpore internazionale.

Tuttavia, secondo il sottoscritto reporter, il processo del 1985 è della massima importanza. Essendosi scottato malamente la prima volta (il dr. Raoul Hilberg, il massimo storico dei Sei Milioni, ammise sul banco dei testimoni durante il primo processo che non c'era prova scientifica delle gassazioni - "Sono perduto", disse quando venne richiesto di produrre la prova), l'establishment ebraico tenne lontani tutti i propri infallibili santi e martiri dell'"Olocausto" dal secondo processo. Eppure è sulla parola di questi presuntamente indiscutibili "testimoni oculari" che la storia si aggrappa ed è stato nel primo processo che costoro si impiccarono con le proprie stesse menzogne. Fu il lato poetico della giustizia che questo accadde sotto l'ampia luce dei riflettori che essi avevano disposto in previsione del discredito testimoniale di Zundel.

Sono oggi vent'anni che lasciai Ithaca, New York, per Toronto, arrivando nel pomeriggio di una nevosa domenica nella Zundelhaus, un luogo brulicante di aspettativa e formicolante di attività. Lì incontrai molti anziani veterani dell'esercito tedesco, alcuni di loro quasi impazziti per il dolore e la sofferenza di fronte all'incontrollata - e sin qui largamente incontrastata - calunnia collettiva riversata sul popolo tedesco sulla scia della seconda guerra mondiale. Erano tutti - uomini e donne - dignitose persone e guardavano ad Ernst per togliere il marchio dell'assassino di ebrei dalle loro spalle stanche e invecchiate, e soprattutto dalle anime dei propri figli e nipoti.

Il 7 gennaio del 1985 il sottoscritto ebbe il privilegio di camminare direttamente dietro Zundel e Christie, attorniati dai terroristi della Jewish Defense League, fino all'aula di tribunale dove avrei raccontato il processo per otto settimane, prima sulle pagine dello Spotlight di Washington, e più tardi in un libro pubblicato dall'Institute for Historical Review, Il Grande Processo dell'Olocausto (ora esaurito).

E' difficile rendersi conto di come venti anni dopo Ernst Zundel stia completando il suo ventitreesimo mese di reclusione in una cella di isolamento, nella Guantanamo Bay del Nord: nella prigione canadese di Rexdale, sotto l'accusa del tribunale regio di essere un "terrorista", con la "prova" principale presentata in segreto, senza che l'imputato e i suoi legali possano mostrare o esaminare alcuna parte di essa.

Il pacifista che venne in Canada perché non aveva legge di coscrizione, l'attivista che venne ripetutamente bollato come reazionario dagli estremisti neo-nazisti e filo-ariani per la sua opposizione a qualunque forma di resistenza armata, ora marcisce in una cella striminzita, senza neppure un cuscino, una penna o un tavolino, puramente in ragione della vendetta talmudica più primitiva e tribale.

Ecco cos'è la "guerra al terrorismo": il ritorno delle prerogative della dittatura per eliminare tutti coloro che dissentono, come fu fatto con Cicerone quando contestò la distruzione della Repubblica Romana e i tiranni che la rimpiazzarono, per la qual cosa ebbe le mani e la testa inchiodate al podio del Senato. I Cesari dei nostri giorni, comunque, non hanno tale candore. Essi inchiodano uomini come Zundel nella segretezza e nell'oscurità e lo chiamano "diritti umani" e "lotta al terrorismo".

Il Grande Processo dell'Olocausto però non è stato combattuto invano e se c'è una storia dei diritti umani meritevole di essere scritta, Ernst Zundel sarà sulla prima pagina di ogni autentico compendio. La storia insegna che non si possono uccidere le idee con le prigioni e i gulag e fino a quando uomini come Zundel continueranno a conservare la propria fede nel potere della verità, altri si presenteranno ad alzare il vessillo. Questo è il modo con il quale i nostri diritti furono conquistati all'inizio e saranno assicurati nel futuro.

Il 7 gennaio accendete una candela, materialmente o nel vostro cuore, per tutti gli uomini e le donne che nel corso dei secoli hanno dato la propria vita per la libertà, tra i quali annoveriamo l'indimenticabile Ernst Zundel.

Gennaio 2005

 

* * * *

 

Traduzione di Andrea Carancini

Zündel è attualmente detenuto nel carcere di Mannheim, Germania.

Michael Hoffman è l'autore d'un resoconto del processo:
The Great Holocaust Trial, IHR 1985, 1986, Revised, expanded, Third commemorative edition, 1995, Wiswell Ruffin House, Dresden, NY (out of print).
This volume may (perhaps) be purchased from: "Remarks", PO Box 234, Aurora, NY 13026-0234, USA for $20.00.
Purtroppo, aspettiamo la ristampa.




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