"Hitler non ha mai ordinato né
consentito che chicchessia fosse ucciso a causa della sua razza
o della sua religione"
Serge Thion scrive: "La famora
frase: Hitler non ha mai ordinato...", scritta in diverse
occasioni da Faurisson, ha creato un innegabile malessere presso
la maggior parte dei suoi lettori. E' hstata presa di petto ed
è servita a respingere la totalità dei ragionamenti
di Faurisson. Naturalmente ha suscitato discussioni appassionate,
anche tra coloro che erano pronti a prendere in considerazione
gli argomenti di Faurisson, ma è rimasta inaccettabile
per molti di loro. Nel 1979, Faurisson ha redatto, per alcuni
di loro, una spiegazione".
Credo che questa frase sorprendente sia conforme al vero.
Definisco verità il contrario dell'errore e della menzogna.
Penso che la verità debba essere ammessa da ciascuno di
noi, a prescindere dall'opinione di colui che la professa. La
storia scientifica non professa opinioni e non avalla principi.
I principi sono affare personale di ognuno di noi. Su questo piano,
non tentiamo di nasconderci dietro la storia scientifica e di
farla parlare: essa è completamente muta.
Hitler ha sempre considerato gli ebrei come suoi nemici e li ha trattati di conseguenza.
Hitler e i nazisti dicevano: "Gli alleati e gli ebrei vogliono annientarci, ma saranno loro ad essere annientati".
Allo stesso modo, gli alleati e gli ebrei hanno detto: "Hitler e i nazisti vogliono annientarci, ma saranno loro ad essere annientati".
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Per uno schieramento come per l'altro, si trattava innanzitutto di vincere la guerra, sia contro i militari sia contro i civili (uomini, donne, vecchi e bambini compresi).
I vincitori dell'ultima guerra hanno avuto un bell'accumulare le misure coercitive contro le minoranze tedesche o giapponesi (giudicate pericolose in piena guerra o indesiderabili dopo la guerra), questi vìncitori hanno avuto un bel procedere ad internamenti di massa, ad esecuzioni legali (secondo la legge del vincitcre) o arbitrarie, a persecuzioni amministrative, poliziesche e giudiziarie contro i vinti, e ciò ancora 34 anni dopo l'armistizio del 1945, hanno avuto un bel procedere ad enormi deportazioni o "trasferimenti" di pepolazioni civili in condizioni orribili, mai tuttaviL le autorità degli alleati hanno ordinato o ammesso che qualcuno fosse ammazzato in ragione della sua appartenenza a queste minoranze nemiche, considerate pericolose o detestabili.
Lo stesso vale per Hitler rispetto alle minoranze che facevano parte del campo avversario e che egli giudicava pericolose o detestabili (1).
Detto ciò, quanti credono che in materia storica si possano formulare giudizi sulle responsabilità di questo o quello sono unite nel dire: sia Hitler sia gli alleati portano, dal punto di vista della morale e della storia, l'intera responsabilità di tutti i mali, di tutte le persecuzioni, di tutti i morti subiti dalle minoranze civili di tutti i paesi che sono stati in guerra aperta dal 1939 al 1945.
Robert Faurisson
1.) Il 5 settembre 1939, Chaim Weizmann, presidente dei Congresso ebraico mondiale, dichiarò guerra alla Germania. Per Hitler, gli ebrei erano i rappresentanti di una nazione ostile belligerante [Nota di Faurisson].
Thion commenta: "L'ultima frase del testo di Faurisson mi sembra quanto meno maldestra perché è ambigua. Anche se è possibile dimostrare che è formalmente corretta, resta il fatto più che probabile che Hitler, come altri responsabili politici e militari, sapeva che gli ebrei e le altre minoranze non ostili, non belligeranti, come gli zingari e gli omosessuali, morivano in gran numero a causa delle persecuzioni subi-
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te. Questo tipo di cinismo non è evidentemente appannaggio di un regime particolare. Tutti i giorni muoiono esseri umani a seguito di persecuzioni razziali, religiose, sessuali e politiche. Secondo me, sarebbe possibile fare di più per impedire queste persecuzioni.
"Ma torniamo a Faurisson.
"Il chiodo è ribattuto? Sicuramente no. Il medium non è valido. L'estrema destra non offre credibilità quanto alla ricerca, al dubbio, alla preoccupazione della verità. Pierre Viansson-Ponté ha ripreso i suoi attacchi contro la scuola che si definisce "revisionista": "Ci si può stupire che i responsabili di queste infamie non vengano identificati e perseguiti: ad essi toccano i rigori della legge che punisce l'incoraggiamento dell'odio razziale" (Nella stessa occasione V.-P. ha chiamato in causa "quel falsario di Rassinier", il che avrà come conseguenza l'entrata in scena dei sostenitori di Rassinier all'estrema sinistra.) Ci si può sicuramente chiedere su quale curiosa confusione giuridica poggi questo accostamento e anche se sia proprio un obbligo per un giornalista fare il delatore contro chi professi opinioni opposte alle sue; ma si deve riconoscere che V.-P. non ha osato denunciare per nome Faurisson, i cui scritti gli sono fin troppo noti".
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Estratto da Serge Thion, Vérité historique ou vérité politique? Le dossier de l'affaire Faurisson. La question des chambres à gaz, Paris, La Vieille Taupe, 1979, pp. 90-92.
Riprodutto in Robert Faurisson, Ecrits révisionnistes, 1974-1998, 1999, vol. I, p. 199-200.
Prima traduzione italiana: Il Caso Faurisson, acura di Andrea Chersi, [1981], p. 25-27. Le note sono assente.
Nova traduzione in Il Caso Faurisson e il revisionismo olocaustico, Graphos, 1997, pp.83-85. Anche la, le note sono assente.
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