18 novembre 1992
(Dall'inviato)
Vichy -- Insiste, con l'ostinazione di un kamikaze. Anche adesso,
nel momento in cui riemergono in Europa i fantasmi del razzismo
e dell'antisemitismo. Robert Faurisson ribadisce le sue teorie.
Fondatore (con l'americano Arthur Butz) della «scuola revisionista»
nel mondo, sostiene che le camere a gas hitleriane non sono mai
esistite. Nega l'Olocausto. Hitler, afferma, non progettò
mai lo sterminio degli ebrei. E nei campi di Auschwitz-Birkenau,
di Dachau e di Mauthausen, le vittime non furono sei milioni,
ma «poche centinaia di migliaia».
Non si avverte barlume di pietà nelle sue parole: e a noi
corre un brivido lungo la schiena, perché è come
se lo sentissimo, alle nostre spalie, lo sguardo dei milioni di
deportati uccisi, torturati, lasciati morire di fame, di freddo,
di malattia. Lui replica: «Io sono uno storico: mi interessano
solo le prove. Il mio dovere di ricercatore è smontare
una colossale impalcatura di menzogne.»
Non sono serviti a fargli cambiar parere le condanne in tribunale,
il disprezzo manifestatogli pubblicamente, le aggressioni fisiche
(otto; l'ultima delle quali lo ha mandato all'ospedale in gravi
condizioni), l'aver perso il suo posto di docente universitario.
Sessantatreenne, vive a Vichy, la città in cui si insediò
il governo collaborazionista francese. Una casa modesta. Una Renault
vecchia di dieci anni. Una moglie che «subisce molti pregiudizi»
per causa sua. Due figli che evitano di mettere il nome al campanello
di casa loro. Tre processi in corso per «contestazione del
verdetto di Norimberga» (in base a una legge francese del
13 luglio 1990). «La mia vita è fatta di una brutta
notizia al giorno e di una umiliazione a settimana, ma non mi
lamento», commenta.
Faurisson, lei è un nazista? L'hanno definito «il
profeta nero del revisionismo».
«Non sono nazista e non lo sono mai stato. Il nazional-socialismo
per me è morto con Adolf Hitler nell'aprile 1945.»
In Europa sono ricominciate le aggressioni agli ebrei. C'è
il fenomeno dei naziskin. Torna a sofflare il vento dell'intolleranza
e del razzismo. In quanto storico, che cosa ne pensa?
«Sospetto che dietro questi fenomeni ci sia molta invenzione
giornalistica. Non so chi siano quei giovani. Diffido di quel
che raccontano i giornali. E poi, di quali aggressioni parla?
Non conosco un solo universitario ebreo che abbia subito in questi
anni un'aggressione fisica, che abbia perso la sua cattedra d'insegnante,
che sia stato trascinato in tribunale perché ebreo.»
Ma non crede ad un pericolo nazista?
«Assolutamente no. So che esiste invece la tendenza
a mostrare come nazisti i revisionisti: eppure l'origine del revisionismo
appartiene semmai alla sinistra libertaria. Il suo primo fondatore,
Paul Rassinier, fu deportato a Buchenvald. Quando tornò
dai campi di concentramento scrisse un libro, La
Menzogna di Ulisse: sosteneva che molti deportati,
che avevano conosciuto cento prove, ne avevano raccontate mille
al loro ritorno, come Ulisse.»
I revisionisti sono antisemiti o no?
«E' possibile che alcuni lo siano: ma fra loro ci sono
anche, ed è il mio caso, molti antirazzisti, e perfino
degli ebrei: ad esempio David Cole, 24 anni, di Los Angeles.»
Veniamo alla sua tesi: esiste una prova concreta e definitiva
della non-esistenza delle camere a gas?
«La risposta è sì. Esistono ben quattro
perizie diverse, effettuate dal 1988, che vanno in questa direzione.»
Perizie fatte da chi?
«La prima è americana: risale all'aprile 1988.
La seconda è polacca; la terza austriaca; la quarta, tedesca;
è di quest'anno.»
Come mai la stampa non ne ha parlato?
«Ha parlato poco, e deformandone i risultati, solo della
prima, realizzata da Fred Leuchter, specialista americano delle
camere a gas di esecuzione. Leuchter si è recato nei campi
di concentramento tedeschi e ha concluso, in un rapporto di 193
pagine, che le camere a gas hitleriane non potevano esistere.
Noi sappiamo inoltre, grazie ad analisi chimiche su prelievi effettuati
nelle presunte camere a gas, che in quelle stanze non c'è
mai stato acido cianidrico: quest'ultimo resta per secoli nella
pietra, nel mattone, nell'intonaco.»
Ma come può parlare di invenzione? Le testimonianze
sono migliaia
«Esistevano solo camere a gas per sterilizzare e disinfettare.
Funzionavano con il gas Cyklon B. Non c'erano invece camere
a gas "omicide": basta esaminare la struttura e il funzionamento
delle "celle della morte" nei penitenziari americani
per rendersi conto di quali problemi comporti l'esecuzione anche
di un solo condannato. Ci sono problemi di tenuta stagna, di possibile
esplosione del gas, di ventilazione, di neutralizzazione del gas
dopo la sua utilizzazione. Come avrebbero potuto i nazisti gasare
2000 ebrei e poi penetrare nei luoghi come niente fosse, senza
maschere a gas? Sarebbero rimasti fulminati a loro volta.»
Eppure, ad Auschwitz le camere a gas si possono visitare ancor
oggi.
«Appunto, chiunque esamini quei locali può constatare
che erano inadatti all'uso descritto. Le perizie lo hanno confermato.
Perfino lo storico Arno Mayer, ebreo di Princeton, è stato
costretto ad ammettere nel suo libro sulla Soluzione finale (1988)
che "le fonti sulle camere a gas sono rare e non affidabili"».
Ci sono le foto, i film, le topografie: inventate anche queste?
«Riguardano solo i forni crematori e le camere di disinfestazione.
Non c'è nemmeno un semplice disegno di una camera hitleriana
concepita per uccidere.»
E i testimoni? Non contano niente?
«Nessuno dei sedicenti testimoni è mai stato
contro-interrogato fino al 1985, quando, nel corso di un processo
a Toronto, il dottor Rudolf Vrba, il miglior testimone possibile,
venne chiamato a deporre. Messo con le spalle al muro dall'avvocato
Douglas Christie, dovette riconoscere di essersi lasciato andare
alla "licentia poetarum". Gli altri che ho incontrato
hanno sempre finito col dirmi che, se avessere visto funzionare
una camera a gas, non sarebbero stati lì a raccontarmelo.
Il che significa che, per loro, non possono esserci veri testimoni
di un crimine gigantesco per la durata nel tempo (tre anni) e
per le proporzioni (milioni di vittime). Al che io rispondo: se
non ci sono nè prove nè testimoni, di che stiamo
parlando?»
Lei si ostina a credere ad una messinscena. Ma a che scopo
sarebbe stata orchestrata?
«Per dar vita ad una terrificante leggenda nera, per
far odiare il nemico: i nazisti.»
Ma gli ebrei non hanno già sofferto abbastanza? Che
bisogno avevano di inventarsi le camere a gas?
«Vogliono dimostrare di essere le vittime privilegiate della
seconda guerra mondiale. In questo conflitto sono morte 40 milioni
di persone, e gli ebrei vogliono far credere di avere sofferto
più degli altri, di essere stati sterminati in base a un
genocidio programmato. E poiché ogni crimine presuppone
l'esistenza di un'arma specifica, ecco comparire le camere a gas
omicide, fantastici mattatoi chimici per l'Olocausto.»
Non potrà negare però la persecuzione degli ebrei:
i tedeschi deportavano gli ebrei, non i cinesi o gli indiani
«Non c'erano solo ebrei fra i deportati. E poi per i
tedeschi gli ebrei rappresentavano una minoranza belligerante
e ostile che doveva essere neutralizzata: sono le regole di tutte
le guerre.»
Lei non crede di recar danno morale agli ebrei, con queste
dichiarazioni?
«A Galileo Galilei rimproverarono di far torto ai cristiani:
in realtà cercava di non far torto all'esattezza scientifica.
Ci hanno messo dei secoli, ma alla fine lo hanno riabilitato.»
Lei crede in Dio?
«No. Sono ateo.»
Recentemente sono stati aperti gli archivi dell'Est. Ha
trovato informazioni che confortino le sue tesi?
«Sì. I russi hanno lasciato 46 volumi di registri
mortuari presi ad Auschwitz nel gennaio del 1945. Da quei volumi
possiamo apprendere molte cose: per esempio che il numero degli
ebrei morti è stato incredibilmente gonfiato. Per il tribunale
di Norimberga il bilancio delle vittime ammonta a 4 milioni di
ebrei, cifra scolpita sul monumento di Birkenau davanti al quale
si sono inchinati tutti i grandi del mondo, compreso Giovanni
Paolo II. Adesso però a Gerusalemme dicono che
la cifra di 4 milioni non si può mantenere: si parla di
1 milione, 1 milione e mezzo, e l'iscrizione del monumento di
Birkenau è stata temporaneamente tolta. Mi aspetto altre
rivelazioni. Per quanto riguarda Auschwitz, i morti secondo i
miei calcoli sono stati 125.000 dal 1940 al 1945: la maggior parte
a causa di epidemie.»
Veniamo agli storici revisionisti. Ce ne sono anche in Italia?
«Ce ne sono dappertutto, e sempre più numerosi.
In Italia c'è Carlo Mattogno, che è un ricercatore
di grande valore. Ce ne sono negli Stati Uniti (all'lnstitute
for Historical Review di Los Angeles), in Canada (E. Zündel),
in Gran Bretagna (David Irving), in Germania (Wilhelm Stäglich
e Udo Walendy), in Austria (Gerd Honsik), in Spagna (Enrique Aynat),
in Giappone, in Australia, perfino nel mondo arabo (Ahmed Rami,
che vive a Stoccolma). Le nostre idee progrediscono: il revisionismo
è la grande avventura intellettuale della fine del secolo.»
Lei si sente come una specie di Salman Rushdie «nero»?
«Rushdie è molto più fortunato: le "belle
coscienze" stanno dalla sua parte. Lui dà fastidio
ai vivi: io vengo additato come il peggiore esempio di empietà
e di vigliaccheria, perché assassino i morti. Ma ho ereditato
forse da mia madre, che era scozzese, il coraggio dell'ostinazione.
E andrò avanti fino all'ultimo.»
+++++++++++++++++++
Il Resto del Carlino, 18 novembre 1992, Ed de Bologna,
p. 4.
L'indirizzo elettonico (URL) di questo documento è:<http://aaargh-international.org/ital
/archifauri/RF921118Bi.html>