19 gennaio 1995
«Auschwitz: la memoria del
male». E' sotto questo titolo che L'Express ha presentato
un inserto di venti pagine sul campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau (1).
Eric Conan è il principale responsabile di quell'inserto
che, riprendendo la solita tesi dello sterminio degli ebrei, tende
a dare ragione ai revisionisti su due punti principali: si è
molto esagerato il numero dei morti e, sul capitolo della «camera
a gas» che si visita ad Auschwitz-I, si è fatto ricorso
alle «falsificazioni», al «travisamento»
e all' «artificio».
Sul primo punto, il pubblico potrà prendere conoscenza
del nuovo numero dei morti, considerevolmente riveduto al ribasso,
ma senza che gli venga rivelato qual era il vecchio numero (4.000.000)
e senza che gli si dica che questo nuovo numero (1.500.000) è,
anch'esso, contestabile perché risulta non da un'inchiesta
storica propriamente detta ma da una decisione della presidenza
della Repubblica polacca!
Sul secondo punto, il pubblico continuerà ad essere ingannato:
«Per il momento, si lascia [la camera a gas] allo stato
e non si precisa nulla al visitatore. E' troppo complicato. Si
vedrà più tardi», ha dichiarato Krystyna
Oleksy, una dei responsabili del Museo nazionale di Auschwitz.
Tiriamo fuori, pagina dopo pagina, gli estratti revisionisti di
questo inserto sterminazionista. Le sottolineature sono nostre.
Ci limitiamo all'articolo stesso di Eric Conan (p. 54-60, 62,
64-65, 68-69).
-- Pagg. 54-55, didascalia della fotografia: «Non possiamo
correre il rischio di nuove accuse di falsificazione.»
-- Pag. 57: «degli edifici dall'autenticità
già ben strapazzata (...).
Quale parte di quelle vestigia risale ancora al 1945? "Almeno
il 60%", precisa Witold Smrek (conservatore generale), infastidito
dalle critiche che si levano ora contro quarant'anni di preservazione-costruzione
di Auschwitz. (...) Tutte queste precauzioni -- questa preoccupazione
di far bene, di non essere tacciati di falsificazione --
spiegano gli sforzi recenti delle autorità polacche
per liberare il vecchio campo di sterminio da quarant'anni di
una memoria comunista che aveva modellato il luogo fino
a negarne il significato.» (Commento: i comunisti
sono qui accusati di essere stati dei negatori o dei negazionisti.)
-- Pag. 58: «L'obitorio del crematorio (I) servì
a quest'uso [di gassaggio omicida] nei primi mesi del 1942.»
(Commento: E.cerca di minimizzare la durata di attività
di quella imbarazzante camera a gas che, secondo la versione ufficiale,
avrebbe funzionato dall'autunno 1941 fino alla fine dell'anno
1942.)
-- Pag. 60: Stefan Wilkanowicz (vice-presidente del Comitato internazionale
del Museo di Stato di Auschwitz): «Le più grandi
enormità sono state rettificate, ma le principali discussioni
non finiscono più e sono ben lontane dall'essere troncate.
Posso perfino dire che dei dibattiti essenziali, dolorosi, talvolta
imprevisti, non fanno che incominciare!»
«Il Comitato internazionale è stato tuttavia costretto,
soltanto qualche settimana fa, a porre un termine ad una controversia
che durava da cinque anni. Ha appena sostitutto, per le prossime
ceremonie del 50 o anniversario,
la targa commemorativa di Birkenau (in 20 lingue) che aveva fatto
immediatamente togliere nel 1990. Essa era il segno più
visibile e più fastidioso dell'influenza comunista sul
sito. Si poteva, in effetti, leggervi: "Qui, dal 1940 al
1945, quattro milioni di uomini, donne e bambini sono stati torturati
e assassinati dagli omicidi hitleriani". Non soltanto la
cifra era grossolaneamente erronea, ma il testo non faceva
alcuna allusione all'identità ebraica del 90% delle vittime.
()»
«Per decine d'anni, questa negazione del giudeicidio
fu una delle costanti della vicinanza staliniana.» (Commento:
Per decine d'anni, i grandi di questo mondo, compresi Valery Giscard
d'Estaing ed il Papa Giovanni Paolo II, hanno avallato
questa cifra menzognera di quattro milioni andando ad inchinarsi
davanti alle 19 -- non 20 -- targhe commemorative. I comunisti
sono, qui, di nuovo accusati di aver negato il genocidio degli
ebrei. In realtà, essi hanno proprio menzionato gli ebrei
tra le vittime, arrivando fino a consacrare loro un padiglione
particolare nel museo. Secondo l'uso, E. accusa i comunisti per
discolpare gli ebrei.)
-- Pag. 62: (Commento: E.spiega che, durante cinque anni, si è
litigato sulla nuova cifra da scolpire sul monumento di Birkenau.
Egli dice:) «Secondo le valutazioni più serie
-- quelle di Raul Hilberg, Franciszek Piper e Jean-Claude Pressac
-- da 800.000 a 1,2 milioni di persone sono state assassinate
a Auschwitz, delle quali da 650.000 a 1 milione di ebrei.»
(Commento: quei totali sono dei morti e non degli assassinati.
Nel 1993, J.-C.valutava il numero dei morti in 775.000, cifra
arrotondata a 800.000 (2), ma, l'anno successivo, egli rivedeva
quelle cifre al ribasso: da 630.000 a 710.000 morti e, tra questi,
da 470.000 a 550.000 ebrei gassati (3). F. Piper, lui,
valuta il numero dei morti in una cifra compresa tra 1.100.000
e 1.500.000 (4). Per conseguenza, le stime dei numeri dei morti
vanno da 630.000 a 1.500.000, ciò che dà un'idea
del carattere speculativo di quelle stime.)
«La discussione fu tesa. La soluzione logica consisteva
nel riprendere la stima -- 1,1 milioni di uccisi, di cui 960.000
ebrei -- stabilita dal dipartimento di storia del museo ed uscita
da dieci anni di lavori di Franciszek Piper. O nel non indicare
nessuna cifra, come proponeva il museo. Serge Klarsfeld suggeriva
di non menzionare una cifra globale, sconosciuta (...).
Stefan Wilkanowicz, da buon conciliatore, aveva proposto la formula:
"Più di 1 milione". In mancanza di accordo in
seno al comitato, la faccenda fu finalmente decisa alla cancelleria
della presidenza della Repubblica: 1,5 milioni. Non fu, invece,
nessuna discussione sulla necessità di colmare la "dimenticanza"
a proposito dell'identità ebraica della maggioranza delle
vittime. Il testo definitivo è esplicito: "Che questo
luogo in cui i nazisti hanno assassinato un milione e mezzo d'uomini,
donne e bambini, in maggioranza ebrei di diversi paesi d'Europa,
sia sempre per l'umanità un grido di disperazione e un
avvertimento".»
-- Pag. 68: «Altro argomento delicato: cosa fare delle
falsificazioni lasciate in eredità dalla gestione
comunista? Negli anni '50 e '60, parecchi edifici, che erano spariti
o che avevano cambiato uso, furono ricostruiti, con grossi
errori, e presentati come autentici. Taluni, troppo
"nuovi", sono stati chiusi al pubblico. Senza
parlare di camere a gas di spidocchiamento presentate talvolta
come camere a gas omicide. Queste aberrazioni sono
servite molto ai negazionisti che ne hanno tratto l'essenziale
dei loro intrecci. L'esempio del crematorio-I, l'unico di Auschwitz-I,
è significativo. Nel suo obitorio fu insediata la prima
camera a gas. Essa funzionò per poco tempo, all'inizio
del 1942: l'isolamento della zona, che i gassaggi implicavano,
perturbavano l'attività del campo. Fu dunque deciso, alla
fine d'aprile 1942, di trasferire quei gassaggi mortali a Birkenau,
dove furono praticati, su vittime essenzialmente ebraiche, a scala
industriale. (Commento: E.fa del romanzo). Il crematorio
fu, in seguito, trasformato in rifugio antiaereo, con sala operatoria.
Nel 1948, al momento della creazione del museo, il crematoriofu
ricostruito in uno stato d'origine supposto. TUTTO VI
E` FALSO: le dimensioni delle camere a gas, l'ubicazione delle
porte, le aperture per il versamento dello Zyklon-B, i forni,
riedificati secondo i ricordi di qualche sopravvissuto, l'altezza
del camino. Alla fine degli anni '70, Robert Faurisson sfruttò
ancor meglio quelle falsificazioni in quanto i responsabili
del museo ricalcitravano allora a riconoscerle. Un negazionista
americano ha appena girato un video nella camera a gas (sempre
presentata come autentica): lo si vede interpellare i visitatori
con le sue "rivelazioni". Jean-Claude Pressac, uno dei
primi a stabilire esattamente la storia di quella camera a gas
e delle sue modifiche durante e dopo la guerra, propone di restaurarla
nel suo stato del 1942, basandosi su dei piani tedeschi che ha
appena ritrovato negli archivi sovietici. (Commento: Falso.
R.aveva trovato quei piani nel 1976 e li aveva pubblicati nel
1979: quei piani e le rovine attuali -- molto eloquenti -- provano
che i revisionisti avevano ragione!) Altri, come Théo
Klein (ex presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni
ebraiche di Francia), preferiscono lasciarla allo stato, ma spiegando
al pubblico il travisamento: "La Storia è quella
che è: basta dirla, anche quando non è semplice,
piuttosto che aggiungere artificio ad artificio."
Krystyna Oleksy, il cui ufficio direzionale, che occupa l'ex ospedale
delle SS, dà direttamente sul crematorio-I, non vi si risolve:
"Per il momento, la si lascia allo stato e non si precisa
nulla ai visitatori. E' troppo complicato. Si vedrà più
tardi."»
Conclusione
Che cosa mi si può rimproverare per aver denunciato alla
fine degli anni '70 tante falsificazioni? Perché mi si
è allora trattato di falsificatore? Perché, oggi
ancora, mi trattano di falsificatore e perché si continua
a perseguitarmi nei tribunali, dove tre processi sono ancora pendenti
per «contestazione» della verità storica ufficiale?
L'inserto de L'Express costituisce una revisione della
storia menzognera d'Auschwitz. Ben altre revisioni di questa storia
dovranno venire. S.ha ragione di dichiarare che «dei
dibattiti essenziali, dolorosi, talvolta imprevisti, non fanno
che incominciare». Bisognerà progressivamente
ammettere che non è esistita ad Auschwitz la minima camera
a gas omicida e che il totale dei morti -- soprattutto a causa
delle epidemie -- si è dovuto innalzare a 150.000 persone.
Intanto, gli innumerevoli visitatori del crematoriopotranno, fin
d'ora, sottoporre alle guide la dichiarazione della signora Oleksy
ed esigere spiegazioni sull'impostura della «camera a gas».
NOTE
(1) L'Express, settimana dal 19 al 25 gennaio 1995, p.
54-73.
(2) Les Crématoires d'Auschwitz. La machinerie du meurtre
de masse, CNRS éditions, 1993, p. 148.
(3) Die Krematorien von Auschwitz. Die Technik des Massenmordes,
München, Piper Verlag, 1994, p. 202.
(4) Gutman and Michael Berenbaum (editore), Anatomy of the
Auschwitz Death Camp, Bloomington, Indiana University Press,
1994, p. 71-72.
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Sentinella d'Italia, maggio 1995, p. 3.
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