3 febbraio 1995
Organizzazioni ebraiche e lo Stato d'Israele ottengono l'affondamento
di una rivista giapponese con una tiratura di 250.000 copie.
«Il più grande tabù della storia del dopoguerra:
le camere a gas non sono esistite.» E` con questo titolo
che la rivista di lusso Marco Polo, con una tiratura di
250.000 copie, ha pubblicato un articolo di dieci pagine del Dr
Nishioka.
Delle organizzazioni ebraiche stabilite in Giappone e negli Stati
Uniti nonché lo Stato d'lsraele hanno immediatamente lanciato
una campagna contemporaneamente di protesta e di pressione sull'editore,
sugli inserzionisti pubblicitari della rivista, sulla rappresentanza
diplomatica giapponese negli Stati Uniti e su quella diplomatica
americana in Giappone e, infine, sul ministero degli affari
esteri a Tokyo. In un primo tempo, l'editore ha difeso con fermezza
l'articolo incriminato; in un secondo tempo, il gruppo editoriale
da cui dipende, la potente Bungei Shunju C·, ha proposto
la pubblicazione di un contro-articolo. La proposta è stata
rifiutata con un tono oltraggiato. Prestigiosi inserzionisti hanno
fatto sapere che ritiravano ogni pubblicità alla rivista;
tra di loro, il gioielliere francese Cartier, i fabbricanti di
automobili tedesche Volkswagen e giapponese Mitsubishi, così
come i gruppi Phillip Morris e Microsoft. La Bungei Shunju C·,
ritenendo probabilmente che quel boicottaggio rischiava di estendersi
a tutte le pubblicazioni del suo gruppo, ha deciso l'affondamento
della rivista. Già, nel 1994, delle organizzazioni ebraiche
avevano ottenuto che fosse ritirato dal commercio un libro su
Hitler. Come al solito, l'organizzazione che si è messa
a capo di questa campagna dell' «insoportabile polizia ebraica
del pensiero» (Annie Kriegel) è stata il «Centro
Simon Wiesenthal» di Los Angeles, diretto dai rabbini Marvin
Hier e Abraham Cooper (Lo ricordate, nella sporca faccenda
della taglia su Léon Degrelle? Cfr. Difendo Degrelle
di Guerin - N.d.T.).
In Francia, l'AFP ed il giornale Libération (27
gennaio) hanno fatto un onesto resoconto del caso. In compenso,
Le Monde (2 febbraio), a firma del suo corrispondente da Tokyo
Philippe Pons, ha totalmente mascherato il ruolo delle organizzazioni
ebraiche e dello Stato d'Israele ed ha presentato l'affondamento
della rivista come una iniziativa puramente giapponese dettata
da una indignazione spontanea! Le Monde aggiunge che l'opinione
pubblica giapponese ha una percezione «ingenua» di
una pretesa «cospirazione mondiale» degli ebrei.
E`, certo, ingenuo credere ad una cospirazione o ad una congiura
ebraica come lo è gridare al complotto antiebraico ma la
potenza ebraica nel mondo è una realtà. Le organizzazioni
ebraiche e lo Stato d'Israele si adattano molto bene, e spesso
ne tragono profitto, ad un antisemitismo che rimane verbale ma
il revisionismo storico, con i suoi argomenti imparabili e le
sue conclusioni scientifiche, ispira loro panico, ira e violenza.
Questo affondamento della rivista giapponese prova, una volta
di più, che nessuna potenza finanziaria al mondo può
infrangere il tabù delle camere a gas naziste sotto pena
di boicottaggio a scala planetaria. E` lo stesso per gli alti
dirigenti politici. Un alto dirigente -- fosse egli arabo ed antisionista
-- che sostenesse che quelle camere a gas non sono esistite esporrebbe
il suo paese al boicottaggio, al blocco, alla carestia (1).
Per Raymond Aron, «Israele è nato con la violenza,
non dura che con la violenza e rischia di perire domani con la
violenza» (Mémoires, Julliard, 1983, p. 658).
Ai revisionisti ripugna la violenza. Essi persistono nel proporre
un dibattito pubblico.
(1) Stato d'Israele è già un partigiano deciso del
blocco all'lraq che porta, per molti bambini irakeni, alla carestia
e alla morte.
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Sentinella d'Italia, giugno 1995, p. 3.