Il mensile Le Choc du mois
pubblicava, nel suo fascicolo del giugno 1991, uno studio intitolato:
«Milizie ebraiche - Quindici anni di terrorismo»,
del seguente tenore: «Gruppo ebraico d'azione, Organizzazione
ebraica di combattimento, Organizzazione ebraica di difesa Attivisti
ebrei, sotto queste diverse sigle, da quindici anni non cessano
di seminare il terrore nella più completa impunità.
Provocazioni che non hanno altro fine che quello di provocare
rappresaglie. Come se qualcuno volesse che la comunità
ebraica si debba sentire minacciata».
Lo studio passa in rassegna, dal 19 giugno 1976 al 20 aprile 1991,
cinquanta casi di aggressioni fisiche commesse da gruppi di ebrei
organizzati. Non sono dunque menzionate le aggressioni fisiche,
comunque assai rare, commesse da singoli ebrei.
Nei cinquanta casi passati in rassegna da Le Choc du mois,
le vittime si contano a centinaia. Si sono riscontrati: omicidi,
ferimenti seguiti da coma profondo, infermità permanenti,
così come gravi postumi per ustioni da vetriolo, «compimento
d'atti di barbarie», perdite di occhi, pestaggi in piena
regola in presenza di guardie o agenti di polizia che si sono
rifiutati d'intervenire, numerosi ricoveri ospedalieri, numerosi
agguati -- di cui almeno uno con la complicità degli organi
di stampa (il caso del quotidiano Libération). Queste
aggressioni sono state per lo più taciute dai media o brevemente
annotate. Alcune sono state approvate da pubblicazioni o da organizzazioni
ebraiche che, in generale, dopo vaghe frasi di condanna, davano
ad intendere che le vittime avevano meritato la loro sorte, che
è «naturale e normale» e che non ci si deve
attendere, per l'avvenire, nessuna indulgenza se mai di nuovo
si suscitasse la «collera» degli ebrei.
Degno di nota è il fatto che, in compenso, non un solo
ebreo è stato vittima di un solo attacco da parte di un
solo gruppo cosiddetto «d'estrema destra» o «revisionista»
(poiché, dopo tutto, la stampa ha fatto tutt'uno tra «revisionismo»
ed «estrema destra», mentre il revisionismo storico
è, in realtà, un fenomeno che interessa tutti i
gruppi di pensiero, dall'estrema sinistra all'estrema destra,
passando per tutti i partiti, escluso quello comunista, senza
contare gli apolitici (Paul Rassinier, fondatore del revisionismo
storico in Francia, era socialista).
Tra gli attacchi e le aggressioni compiute da milizie od organizzazioni
ebraiche, ci limiteremo a citare quelle di cui sono stati vittima,
di volta in volta, François Duprat, un convegno del GRECE,
Marc Fredriksen, Charles Bousquet, ancora Marc Fredriksen, Michel
Caignet, Pierre Sidos, Olivier Mathieu, Pierre Guillaume, gli
«Amici di Saint-Loup» e Robert Faurisson. Si potrebbero
citare molti altri casi, dal 1976 (quando, il 2 novembre, lo stabile
in cui abitava JeanMarie Le Pen fu interamente distrutto dopo
essere stato lesionato su cinque piani da un attentato dinamitardo
rivendicato da un «Gruppo della memoria ebraica»)
fino al 1991 (quando, il 2 aprile, Fabrice Benichou, strillone
di un giornale di Jean-Edern Hallier, morì nella sua casa
dopo essere stato brutalmente pestato nel quartiere ebraico del
Sentier a Parigi).
François Duprat
Membro della direzione del Fronte Nazionale, autore e diffusore
di scritti revisionisti, F.è stato ucciso il 18 marzo 1978
nella sua auto dall'esplosione di un sofisticato ordigno. Sua
moglie è rimasta gravemente ferita. L'attentato è
stato rivendicato da un «Commando della Memoria».
Patrice Chairoff aveva pubblicato, nel Dossier neo-nazismo
(Ramsay, 1977), d'accordo con Serge e Beate Klarsfeld, il
nome e l'indirizzo di F.insieme a quello di numerose altre persone
sospettate di fascismo, neo-nazismo o revisionismo (Le Monde,
23 marzo 1978, p. 26 aprile 1978, p.-9).
Nel Le Droit de vivre, organo della Lega contro il razzismo
e l'antisemitismo (LICA, divenuta in seguito LICRA), Jean Pierre-Bloch,
direttore di quest'organo e di questa pubblicazione, commenta
l'assassinio di F.senza neanche un accenno alla sorte della signora
Duprat. Il suo commento riflette una mentalità cabalistica:
J.-Pierre-Bloch finge di condannare un crimine «inqualificabile»
ma, per lui, questo crimine è dovuto al fatto che -- a
sentir lui -- fra il 1977 e il 1978 in Francia si sarebbe instaurato
un clima di «anarchia» e il «regno dei regolamenti
di conti politici»; inoltre, in quegli stessi anni «appelli
criminali vengono lanciati contro gli immigrati, gli ebrei o gli
zingari». Si sarà notato che J.-Pierre-Bloch
mette qui a confronto delle incontestabili azioni criminali
con degli «appelli criminali» di
cui non indica né il tenore, né le reali conseguenze.
Ancor più rivelatore è il seguente passaggio della
sua dichiarazione: «si, è vero: noi siamo pronti
a batterci e a morire per permettere ai nostri avversari di dire
ciò che pensano in tutta libertà, a meno che non
facciano apologia di reato o non alimentino l'odio razziale».
Collocate nel contesto di un preciso assassinio, queste parole
costituiscono un avvertimento verso coloro che potrebbero risultare
sgraditi agli ebrei seguendo l'esempio di F. (Le Monde,
7/8 maggio 1978).
D'altronde, qualche mese più tardi, J.-Pierre-Bloch, descrivendo
il professor Faurisson come un emulo di Louis Darquier de Pellepoix,
già commissario generale agli Affari ebraici nel Governo
di Vichy, annunciava: «Darquier sarà estradato.
Coloro che ricalcano le sue orme non vivranno a lungo. Presto
o tardi troveranno gli antirazzisti sulla loro strada»
(Le Droit de vivre, dicembre 1978, p.-23). La LICRA è
stata fondata nel 1927 da Bernard Lecache, con il nome di «Lega
contro i pogrom», per difendere un ebreo russo che, l'anno
precedente, aveva assassinato a Parigi il generale ucraino Simon
Petlioura. Il baccano fatto in favore dell'assassino condurrà
alla sua assoluzione; lo stesso genere di baccano doveva più
tardi condurre ad altre assoluzioni di assassini (per esempio,
il 5 maggio 1976, l'assoluzione dell'assassino Pierre Goldman).
In una cronaca di Le Monde il giornalista Pierre Viansson-Ponté
s'abbandonerà ad una operazione puramente delatoria nei
confronti di un opuscolo revisionista inglese che era stato diffuso
in Francia da F. in questa cronaca non faceva alcun riferimento
all'assassinio di F. («Le mensonge - seguito»,
Le Monde, 3/4 settembre 1978, p.-9).
Un convegno del GRECE
Il 9 dicembre 1979, il XIV convegno nazionale del GRECE (Gruppo
studi e ricerche sulla civilizzazione europea) viene attaccato
da un centinaio di individui muniti di caschi che saccheggiano
gli stands dei libri. Questi individui sfoggiavano degli strisconi
con il nome dell' «Organizzazione ebraica di difesa»
(OJD); una quindicina di partecipanti rimangono feriti, uno di
loro perderà un occhio. Diversi assalitori sono arrestati
dalla polizia, ma la sera stessa vengono rilasciati per l'intervento
di Jean-Pierre Pierre Bloch, figlio di J.-Pierre-Bloch e amico
di Jacques Chirac. Jean-Pierre Pierre-Bloch è stato, e
sarà in seguito, implicato in altre aggressioni o in altri
interventi in favore di identici aggressori.
Marc Fredriksen
Il 19 settembre 1980, un commando dell' «Organizzazione
ebraica di difesa» (OJD) attacca al Palazzo di giustizia
di Parigi simpatizzanti di Marc Fredriksen, responsabile della
FANE (Federazione d'azione nazionalista ed europea). Si contano
sei feriti, di cui due gravi. In questa come in tutte le altre
circostanze identiche, le guardie del Palazzo di giustizia, pur
incaricate di mantenere l'ordine, in pratica lasciano agire le
milizie ebraiche più o meno liberamente. Quanto a Jean
Pierre-Bloch, questi dichiarerà: «La legge del
taglione potrebbe tornare [] Se uno solo dei nostri viene toccato,
noi applicheremo la formula "occhio per occhio, dente per
dente" [] Se bisogna organizzarsi militarmente, lo faremo»
(Le Monde, 1 ottobre 1980). La formula «Se uno
solo dei nostri viene toccato» significa che nei fatti
mai un solo ebreo è stato toccato. Ciò che era vero
nel 1980 lo resta nel 1995. Nel quadro della loro lotta contro
i nazionalisti o i revisionisti, gli ebrei toccano, feriscono
o uccidono ma non sono né toccati, né feriti, né
uccisi; se ciò fosse accaduto, i media di tutto il mondo
avrebbero pubblicato con tutta evidenza le didascalie delle fotografie
(non sospette) che avrebbero attestato lo stato delle vittime:
ebrei accecati, con la faccia sfigurata dal vetriolo, in coma,
dilaniati, ospedalizzati, portati all'obitorio, etc. Qualcuno
riesce a immaginare come e quanto sarebbero stati sfruttati questi
orrori nei cinque continenti?
Charles Bousquet
Marc Fredriksen
Il 3 ottobre 1980, a Parigi, un attentato contro la sinagoga
di rue Copernic causa quattro morti e ventisette feriti. I quattro
morti sono semplici passanti; tra questi si trova un' israeliana
la cui presenza non è mai stata chiarita. Il giorno stesso,
Christian Bonnet, ministro degli Interni, riceve informazioni
che gli permettono di identificare nella circostanza un attentato
palestinese, ma, sotto la pressione delle organizzazioni ebraiche
e d'intesa con la grande stampa, lascia credere ad un'azione dell'estrema
destra. Si saprà poi che l'attentato è stato effettivamente
compiuto da un palestinese venuto da Cipro. La sera stessa dell'attentato,
i locali della FANE sono devastati e la Librairie française,
in rue de l'AbbéGrégoire, è fatta oggetto
di un nuovo tentativo d'incendio. Questa libreria, di proprietà
di Jean-Gilles Malliarakis, subirà in pochi anni più
di dieci attacchi o attentati. La sede dell'_uvre française
di Pierre Sidos viene mitragliata. Scene di linciaggio si svolgono
a Parigi dove gruppi di manifestanti ebrei se la prendono con
giovani passanti isolati, purché alti, biondi e con i capelli
corti (Le Monde, 9 ottobre 1980, p.-12).
Il 7 ottobre, a Neuilly, Charles Bousquet, 84 anni, è attaccato
e vetrioleggiato in casa sua da un gruppo di sconosciuti che lo
avevano verosimilmente confuso con il militante nazionalista Pierre
Bousquet (fra i due non esiste alcun rapporto). Dovrà essere
ricoverato per un mese all'ospedale Foch nel reparto grandi ustionati,
e riporterà postumi delle ferite. Bousquet rinuncia a sporgere
denuncia perché suo figlio Pierre, professore di Storia
all'Università Paris-IV, gli chiede di farlo «a
causa degli israeliti»: «Quelli che l'hanno
fatto sono a Gerusalemme o a Tel-Aviv. Sarà tutto inutile.
Voglio dimenticare» (intervista concessa a R.il 2 maggio
1984).
Il 12 ottobre 1980, Marc Fredriksen viene pestato e ricoverato,
in gravi condizioni, all'ospedale di Rambouillet. In sua assenza
il suo appartamento viene devastato. In terapia a Berk-sur-Mer
per fratture multiple, rischia di subire una nuova aggressione:
tre giovani si presentano e domandano di vederlo; la loro descrizione
corrisponde a quella del gruppo Aziza che, pochi mesi dopo, colpirà
col vetriolo un ragazzo di 26 anni, Michel Caignet (vedere sotto).
Il 20 ottobre, lo scrittore André Figueras è attaccato
nella sua casa.
Michel Caignet
Il 29 gennaio 1981 lo studente Michel (Miguel) Caignet, 26
anni, che sta preparando un dottorato di linguistica anglo-tedesca,
lascia la sua abitazione di Courbevoie per recarsi all'Università
quando quattro individui lo affrontano, lo gettano a terra e lo
immobilizzano: uno gli cosparge di vetriolo il volto e la mano
destra.
M.era stato nel FANE ed era revisionista. Era stato denunciato
dal settimanale VSD. In seguito all'azione devastante del
vetriolo il suo volto è diventato così orribile
che soltanto due giornali hanno osato pubblicarne la fotografia.
L'autore principale dell'aggressione, Yves Aziza, studente di
medicina, figlio di Charles Aziza (aiuto farmacista a Montreuil),
è stato individuato dalla polizia subito dopo l'attentato,
ma la polizia e la giustizia francesi, in condizioni scandalose
delle quali sono conosciuti anche i dettagli, hanno lasciato a
Y.tutto il tempo di fuggire verso la Germania e di qui verso Israele.
Al ministero della Giustizia, un certo Main, appartenente alla
direzione degli Affari criminali (direttore Raoul Béteille),
glissa con tono sarcastico su tutte le domande relative al notevole
ritardo (quattordici giorni) nell'apertura di un'inchiesta giudiziaria.
Fra i corrispondenti di Y.-Aziza, si scopre il nome di Daniel
Ziskind, figlio di Michèle Ziskind, sorella di Jean-Pierre
Pierre-Bloch, lui stesso figlio di Jean Pierre-Bloch.
Pierre Sidos
Il 18 settembre 1981, duecento membri dell" «Organizzazione
ebraica di combattimento» (OJC) dettano legge al Palazzo
di giustizia di Parigi dove si tiene il processo per diffamazione
intentato da Pierre Sidos, presidente dell'_uvre française,
contro Jean Pierre-Bloch. Gli ebrei, come al solito, si dedicano
al pestaggio di diversi spettatori.
Il 25 novembre, i locali della libreria Etudes et documentations
sono incendiati da un commando.
L'8 maggio 1988, in piazza Saint-Augustin a Parigi, commandos
della OJC attaccano a sprangate i militanti dell'_uvre
française che partecipano al tradizionale corteo
in onore di Giovanna d'Arco; fanno una quindicina di feriti, di
cui due molto gravi. Quattro aggrediti devono essere ricoverati
in ospedale; un settantenne rimarrà in coma per diverse
settimane. Dieci membri dell'OJC sono interrogati dalla polizia.
La sera stessa, Jean-Pierre Pierre-Bloch interviene in loro favore
presso la polizia giudiziaria. Alcuni procedimenti penali sono
intentati nei confronti di qualche aggressore: vengono abbandonati
con la seguente motivazione del giudice istruttore: «Istruttoria
inopportuna». Altri aggressori sono processati non senza
che pressioni venute dal più alto livello politico siano
state esercitate sulla Procura della Repubblica. In totale, solo
tre aggressori saranno giudicati e condannati a due anni di prigione
con il beneficio della condizionale!
Olivier Mathieu
Il 6 febbraio 1990, milioni di telespettatori hanno potuto
assistere all'aggressione commessa sulla persona di Olivier Mathieu
durante una trasmissione condotta da Christophe Dechavanne. Jean-Pierre
Pierre-Bloch è in platea con un gruppo di militanti dell'OJC.
Mathieu ha giusto il tempo di gettare un grido: «Faurisson
ha ragione!». Una decina di energumeni lo picchiano insieme
alla sua fidanzata e a Marc Botrel. E` presente un esponente di
spicco delle milizie ebraiche: Moshe Cohen, vecchio tenente dell'esercito
israeliano, all'epoca responsabile del Tagar, vale a dire
l'organizzazione studentesca del Betar (59, boulevard de
Strasbourg, Paris Xème). Le aggressioni continuano fuori
della platea e fin nella strada. Uno degli aggressori sarà
interrogato dalla polizia e rilasciato qualche ora più
tardi per l'intervento di JeanPierre Pierre-Bloch.
Pierre Guillaume
Pierre Guillaume, di estrema sinistra, è il responsabile
della casa editrice La Vieille Taupe, che ha pubblicato opere
revisioniste di svariati autori e, in particolare, del professor
Faurisson. Guillaume è stato vittima di numerose aggressioni,
sia contro la sua persona -- alla Sorbona, nella sua libreria
di rue d'Ulm, al Palazzo di giustizia di Parigi (dove gli agenti
in servizio non sono intervenuti) -- sia contro i suoi beni (depositi
di libri, materiale video e librario). Nel 1991, gruppi di manifestanti,
principalmente ebrei, hanno regolarmente assediato la sua libreria
in rue d'Ulm ed hanno finito per ottenerne la chiusura nel 1992
dopo numerose violenze (rottura di vetrine, imbrattamento dei
locali, tentativi d'incendio, intimidazioni fisiche ed altro).
Gli «Amici di Saint-Loup»
Il 20 aprile 1991, alla «Maison des Mines», a
Parigi, una cinquantina di individui definitisi appartenenti al
Gruppo d'azione ebraica (GAJ), armati di spranghe di ferro e di
mazze da baseball, attaccano in occasione di un incontro organizzato
in onore dello scrittore Saint-Loup (Marc Augier). Si contano
tredici feriti, in maggior parte persone anziane, di cui due gravi.
Juliette Cavalié, 67 anni, trasportata all'ospedale Beaujon,
rimarrà in coma per circa tre mesi; dopo aver ripreso conoscenza,
sarà condannata per il resto dei suoi giorni a non poter
più mangiare da sola, né a camminare. Il giornalista
Alain Léauthier, di Libération, parente del
deputato socialista e massimalista ebreo Julien Dray, ha assistito,
passo dopo passo, ai preparativi e alla perpetrazione dell'attacco.
Ne fornisce un rendiconto ironico e soddisfatto («Un commando
sionista si invita a un meeting neonazista», Libération,
22 aprile 1991, p.-28).
Robert Faurisson
Il professor Faurisson è stato vittima di dieci aggressioni
fisiche tra il 20 novembre 1978 e il 31 maggio 1993 (due a Lione,
due a Vichy, due a Stoccolma e quattro a Parigi). Sette di queste
aggressioni sono dovute ad organizzazioni o a milizie ebraiche
francesi (due a Lione, una a Vichy, una a Stoccolma da parte di
ebrei francesi venuti in aereo da Parigi ed unitisi a ebrei svedesi,
una alla Sorbona ed una al Palazzo di giustizia di Parigi).
La prima di queste sette aggressioni ha avuto luogo il 20 novembre
1978: è stata annunciata su Libération-Lyon
dal giornalista ebreo Bernard Schalscha, che ha indicato il giorno,
il luogo e l'ora del corso tenuto dal professore. Membri dell'Unione
degli studenti ebrei venuti in treno da Parigi, in prima classe,
attaccano il professore all'Università; il dottor Marc
Aron, cardiologo, presidente del comitato di coordinamento delle
istituzioni e delle organizzazioni ebraiche di Lione, è
presente sulla scena.
La seconda aggressione ha avuto luogo quando il professore, qualche
settimana più tardi, ha tentato di riprendere i suoi corsi;
quel giorno il dottor Marc Aron era di nuovo presente all'università.
Il 12 settembre 1987, alla Sorbona, membri di una milizia ebraica
hanno attaccato Henry Chauveau (ferito gravemente), Michel Sergent,
Pierre Guillaume e Freddy Storer (belga), nonché il professor
Faurisson, ferendo tutti. Le guardie della Sorbona hanno arrestato
uno degli aggressori, ma un responsabile della polizia, in borghese,
ha fatto rilasciare l'aggressore ed ha espulso con violenza il
professore dall'aula dell'università. Ricordiamo che R.aveva
insegnato alla Sorbona.
Il 16 settembre 1989, R.è stato vittima di un'imboscata
vicino a casa sua, in un parco di Vichy, da un gruppo di tre giovani:
senza l'intervento di un passante, sarebbe stato finito a calci
in testa. Ferito, ha dovuto subire una lunga operazione chirurgica;
l'inchiesta della polizia giudiziaria confermerà che l'aggressione
era imputabile a «giovani attivisti ebraici parigini».
La sera dell'aggressione, R.aveva notato con sorpresa la presenza,
in prossimità del parco, di un certo Nicolas Ullman (nato
nel 1963); il 12 giugno 1987, quest'ultimo aveva violentemente
colpito il professore allo Sporting-Club di Vichy. Alla polizia
giudiziaria, N.-Ullman, interrogato sulle ragioni della sua
presenza nei luoghi sopraddetti, forniva risposte vaghe e contraddittorie;
inoltre, pretendeva di aver partecipato, lo stesso giorno dell'aggressione,
ad un «ballo mascherato» che avrebbe avuto luogo a
Parigi -- di qui l'evidente impossibilità per chiunque,
se non per il suo amico e ospite, di confermarne per quel giorno
la presenza a Parigi. Si deve notare che il giudice istruttore
di Cusset (vicino Vichy), Jocelyne Rubantel, non ha mai convocato
il professore per ascoltarlo: lo ha ricevuto nel suo ufficio come
un criminale, solo per informarlo che avrebbe chiesto un non luogo
a procedere, che infatti ha finito per ottenere. Non c'è
stata alcuna perquisizione alla sede del Betar-Tagar a Parigi.
Una tale perquisizione avrebbe provocato troppa «collera»
nella comunità ebraica.
Il 16 ottobre 1989, giusto un mese dopo l'attentato di Vichy,
una bomba esplode, devastandoli, davanti ai locali del periodico
Le Choc du mois di Parigi. L'attentato è rivendicato
dall'OJC e da gruppi di estrema sinistra. Eric Letty, che aveva
dedicato un articolo al caso del professor Faurisson, sarebbe
stato ucciso dalla bomba se non avesse, per miracolo, scoperto
in tempo l'imminenza dell'esplosione.
Ci manca lo spazio per elencare qui tutte le altre aggressioni
di cui il professore è stato bersaglio.
Altri casi
Si potrebbero citare molti altri casi di attacchi o di aggressioni
in gruppo perpetrati da ebrei: bisognerebbe prendere in considerazione,
oltre ai casi elencati nell'articolo di Le Choc du mois
per gli anni 1976-1991, quelli non citati e, infine, quelli avvenuti
dopo il 1992.
Ripetiamo: il totale delle vittime ammonta a diverse centinaia
mentre, per contro, non un solo ebreo è mai stato bersaglio
di attacchi fisici concertati.
Il 14 gennaio 1988, a Lione, il professor Jean-Claude Allard è
stato ricoverato in ospedale dopo l'attacco di un gruppo rivendicato
dall'OJC che gli aveva teso un'imboscata nel parcheggio dell'università
di Lyon-III; nel giugno 1985, egli aveva presieduto la commissione
esaminatrice della tesi del revisionista Henri Roques su «Le
confessioni di Kurt Gerstein» (la discussione della
quale è stata annullata, fatto senza precedenti negli annali
dell'Università francese, sotto la pressione degli ebrei
«in collera»).
Il 13 aprile 1994, durante l'interruzione di una seduta del processo
agli «hooligans del Parco dei Principi» (di cui almeno
uno appartenente alla comunità ebraica), miliziani ebrei
armati si abbandonano a nuove violenze; tuttavia questi hooligans
avevano fatto vittime tra la polizia e non tra degli ebrei. I
miliziani si erano introdotti nel Palazzo di giustizia con armi
e spranghe di ferro. «Dettaglio interessante: non è
stata decisa alcuna inchiesta per chiarire questa vicenda ed il
solo arresto compiuto è stato nei confronti di uno dei
"militanti nazionalisti" aggrediti e che aveva osato
difendersi» («Le milizie ebraiche dettano legge»,
Le Libre Journal, 27 aprile 1994, p. vedere anche «Il
Betar detta legge al Palazzo di Giustizia», Rivarol,
22 aprile 1994, p.-5).
Il 28 aprile 1994, il tedesco Ludwig Watzal, invitato ufficiale
dell'Università di Nanterre, è colpito da membri
di organizzazioni ebraiche o di sinistra.
Numerosi sono i saccheggi di librerie: oltre ai casi di Bleu-Blanc-Rouge,
di Ogmios, della Libreria francese, della Libreria
della Vieille Taupe, si possono contare quelli della Libreria
Gregori e della Joyeuse Garde (in quest'ultimo caso,
rottura di vetrine, colla per bloccare la saracinesca, escrementi,
etc.). Uffici, immobili, una chiesa (Saint-Nicolas-du-Chardonnet,
a Parigi, il 21 dicembre 1978), alcune esposizioni, un deposito
di libri -- sono stati tutti bersaglio di attentati rivendicati
dalle organizzazioni ebraiche.
Il luogo più pericoloso di Francia:
il Palazzo di giustizia di Parigi e le sue vicinanze
La città più pericolosa, per le vittime designate
di queste milizie, è Parigi. E, a Parigi, uno dei distretti
più pericolosi è il primo distretto. Qui, il punto
più pericoloso è il Palazzo di giustizia e le sue
immediate vicinanze. Tuttavia questo luogo è sotto particolare
sorveglianza di polizia perché il Palazzo ha un suo proprio
«presidio» dotato di centinaia di guardie armate,
dal momento che di fianco al Palazzo si trova il «Quai des
Orfèvres», sede della polizia giudiziaria. Ma proprio
guardie e polizia, durante questi ultimi anni, lasciano che vengano
perpetrate numerose violenze, in particolare contro i revisionisti
convocati in tribunale o venuti ad assistere ai processi.
Quando una milizia ebraica decide di fare irruzione al Palazzo,
lo scenario è invariabilmente il seguente: i sicari, il
cui comportamento ne tradisce le bellicose intenzioni, non sono
in alcun modo tenuti lontani dalle guardie dalle vittime designate;
nessun ufficiale delle guardie tenta di prendere contatto con
i capi di queste squadre d'assalto per notificargli che nessuna
violenza sarà tollerata; si lascia che gli assalitori insultino,
provochino e poi colpiscano; alcune guardie si sforzano di proteggere
le vittime; se un militante si segnala per qualche atto eclatante
di violenza, tre guardie lo portano via precipitosamente, poi
lo liberano; le vittime, sulle quali piovono i colpi, non possono
far fermare i bruti, ne conoscere la loro identità. Una
volta che la milizia ha fatto il suo lavoro e che si eclissa,
le guardie si dirigono verso le vittime peste o sanguinanti e
simulano un comportamento da tate in lacrime.
Il 9 maggio 1995, un processo al professor Faurisson si è
svolto senza la presenza delle suddette milizie. Niente di sorprendente
in questo, poiché l'avvocato Jean-Serge Lorach, rappresentante
delle associazioni delle parti civili, dichiarava nella sua arringa
di aver chiesto ai «sopravvissuti» (e ai giornalisti)
di non venire ad assistere al processo. Ma, nei fatti, il responsabile
del Betar-Tagar, Moshe Cohen in persona, era presente con qualche
complice davanti alla XVII camera correzionale. Poi, all'uscita
del Palazzo di giustizia, sorvegliava con altri quattro uomini,
di cui uno munito di telefonino, il professor Faurisson, il suo
avvocato e le persone che li accompagnavano. Questa squadra aveva
a disposizione un'auto «civetta» (una R19 targata
356 JEK 75) accostata sul marciapiede della grande cancellata
del Palazzo (in posizione di partenza). Moshe Cohen, l'uomo di
tutti i bassi traffici del Betar-Tagar, era dunque là con
l'autorizzazione del commissario del primo distretto di Parigi,
Robert Baujard, e con il consenso del colonnello Roger Renault,
comandante delle guardie del Palazzo, le quali avevano per consegna
di rispondere ai curiosi che quella vettura apparteneva «alla
polizia».
Collusioni tra il ministero degli Interni e le milizie ebraiche
La signora Françoise Castro e suo marito, Laurent Fabius,
sono entrambi ebrei. Nel 1986, all'epoca in cui L.era primo ministro
di Francia, F.ha rivelato che il ministero degli Interni e le
milizie ebraiche lavoravano in piena intesa. Ha dichiarato: «Straordinaria
novità nel comportamento politico, la sinistra ha permesso
a milizie ebraiche di installarsi in alcuni quartieri di Parigi,
come anche di Tolosa, Marsiglia e Strasburgo [e di avere] contatti
regolari con il ministero degli Interni» (Le Monde,
7 marzo 1986, p.-8).
Per una sorta di consenso generale sembra convenuto che in Francia
gli ebrei debbano essere trattati come una minoranza privilegiata,
di cui si deve perdonare la «collera» (questa parola
ritorna in maniera tormentosa nella stampa). Le loro milizie sono
le sole in Francia a beneficiare del diritto di essere armate
(il 14 ottobre 1986 il giornale Libération pubblicava
a p.la fotografia di un ebreo armato di una pistola mitragliatrice
sul tetto di un immobile in rue de Nazareth). La polizia giudiziaria
francese è paralizzata nelle sue inchieste sui crimini
commessi da queste milizie («i giovani attivisti ebrei parigini»,
come si è arrivato pudicamente a definirli).
In Francia, queste milizie godono di una garanzia d'immunità
almeno parziale. Il peggio che i suoi membri possano temere è
di rimanere per qualche tempo in esilio in Germania o in Israele.
Gli apologeti della violenza ebraica
Simone Veil, già segretario generale del Consiglio
superiore della magistratura ed ex ministro, rappresenta l'esempio
stesso di quegli esponenti della comunità ebraica francese
che incitano all'assassinio. Nel 1985 ha dichiarato a proposito
di Klaus Barbie: «Guardate, molto sinceramente penso
che non sarei stata scioccata da un'esecuzione sommaria [di Klaus
Barbie]» (Le Monde, 24 dicembre 1985, p.-14).
E` stata recidiva il 22 aprile 1992 durante una trasmissione del
secondo canale televisivo consacrato a «Vichy, la memoria
e l'oblio», dove ha dichiarato, a proposito del processo
Touvier del quale era rimasta delusa (malgrado la condanna all'ergastolo
di un ottuagenario malato di cancro): «Se si voleva un
processo nel quale si parlasse veramente delle cose, e che non
finisse come il processo Touvier, allora, ci sarebbe voluto in
fondo che qualcuno, come me per esempio, in un momento qualsiasi
assassinasse freddamente qualcuno». Questo assassino
sarebbe allora stato in grado, secondo S.-Veil, di spiegare pubblicamente
le ragioni del suo atto. S.è stata recidiva una seconda
volta in occasione dell'omicidio di René Bousquet, compiuto
da un illuminato inebriato dagli appelli alla vendetta che si
moltiplicavano su tutta la stampa francese e negli ambienti ebraici,
allorché ha dichiarato: «D'altronde, se ne avessi
avuto il coraggio, sarei andata io stessa ad ucciderlo»
(Globe Hebdo, 11-17 maggio 1994, p.-21).
Il 14 dicembre 1992, sulle onde di una radio americana, si è
potuto ascoltare il professor Pierre Vidal-Naquet dichiarare in
inglese: «Io odio Faurisson. Se potessi lo ucciderei
personalmente».
Lunga sarebbe la lista delle dichiarazioni incendiarie dei
responsabili ebrei francesi che si appellavano alla violenza fisica.
L'assassinio politico è una pratica che non ripugna affatto
gli ebrei. Si può leggere, sul soggetto, la recente opera
di Nachman Ben-Yehuda, Political Assassination by Jews. A Rhetorical
Device for Justice (New York, State University of New
York Press, 1993, XXII+527 pagg.). E` conosciuto il considerevole
ruolo giocato dagli ebrei nella Rivoluzione bolscevica: Lenin
e Trotsky altro non essendo se non i due ebrei più sanguinari
della polizia politica dei bolscevichi. In Francia, l'inno dei
partigiani è stato scritto da due ebrei, Joseph Kessel
(1898-1979) e Maurice Druon, entrambi divenuti poi membri dell'Accademia
Francese; il ritornello di quest'inno è ben noto: «Ohe!
Assassini con la pistola o con il coltello-/ Uccidete velocemente!».
Il caso dei coniugi Klarsfeld
Nel suo Lettera a un kepi bianco (Robert Laffont, 1975),
Bernard Clavel scrive: «La guerra avvelena lapace.
Guardate questa tedesca, Beate Klarsfeld, che passa la sua vita
nell'odio, che non vive se non per la vendetta» (p.-93).
In seguito all'incriminazione di Kurt Lischka, a Colonia, il 24
luglio 1978 Serge Klarsfeld dichiarava, nel corso di una conferenza
tenuta a Parigi: «Noi non cerchiamo la vendetta. Se tale
fosse il nostro fine, ci sarebbe stato facile abbattere
tutti i criminali nazisti di cui si fosse trovata traccia».
Alla domanda: «E se il tribunale di Colonia rifiutasse
di processare Lischka?», Serge Klarsfeld rispondeva:
«Avrebbe in qualche modo firmato la sua condanna a morte»
(Le Monde, 26 luglio 1978, p.-4).
Nel 1982, i Klarsfeld lodavano i servigi di un sicario, un socialista
boliviano di origine indiana e di nome Juan Carlos, per uccidere
Klaus Barbie (Life, febbraio 1985, p.-65), ma l'operazione
doveva fallire.
Nel 1986, Beate Klarsfeld si abbandona a rivelazioni su di un
giornale americano: «[Racconta] come lei abbia dato la
caccia ad almeno tre vecchi nazisti fino a che essi non sono
morti o si sono suicidati; come abbia organizzato tentativi
di rapirne altri; come abbia fatto ricorso a trucchi per ottenere
dalla stampa grossi titoli che permettessero di trascinare
in tribunale persone convinte che il mondo si fosse
dimenticato di loro e di rovinare la loro carriera [] di
come abbia schiaffeggiato in pubblico il cancelliere [tedesco]
Kurt Kiesinger nel 1968 []. Una volta, con altri amici, aveva
deciso di rapire Kurt Lischka» ma la vettura prevista
sfortunatamente aveva due soli sportelli invece che quattro. Quanto
a Ernst Ehlers «tormentato dalle manifestazioni che
i Klarsfeld organizzavano davanti alla sua casa, prima
si è dimesso dalla sua carica [di giudice] poi si è
suicidato». I Klarsfeld avevano trovato traccia di Walter
Rauff in Cile: manifestarono davanti alla sua casa e ruppero le
sue finestre. L'uomo «morì qualche mese più
tardi. Ero felice perché questa gente, vivendo per cosi
tanto tempo, rappresentava un'offesa alle loro vittime [] Mio
marito ed io non siamo dei fanatici [] Un giorno, mio marito ha
messo una pistola alle tempie di Rauff solo per mostrargli che
noi potevamo ucciderlo, ma non ha premuto il grilletto»
(The Chicago Tribune, 2 giugno 1986).
Nel 1988 S.dichiarava: «Nessuno si è mai veramente
mobilitato contro Le Pen. Si sarebbe dovuto affrontarlo per []
fargli portare all'estremo le sue posizioni» (Le Soir,
Bruxelles, ed in seguito Rivarol, 1 giugno 1988, p.-5).
Nel 1990, in occasione dell'assemblea dell'Unione degli studenti
ebrei di Francia tenutasi a Lione dove aveva insegnato il professor
Faurisson, S.dichiarava agli studenti: «Nella vostra
vita di ebrei, passate all'azione per difendere la memoria,
per difendere lo Stato ebraico» (Le Progrès
de Lyon, 2 novembre 1990, p.-6).
Nel 1991, Beate Klarsfeld s'introduceva in Siria con documenti
falsi per rinnovare, davanti al presunto domicilio di Alois Brunner
(già sfigurato e senza più due dita per l'esplosione
di lettere-bomba), il tipo di operazione condotto davanti alle
case di vecchi nazionalsocialisti o davanti alla casa (scassinata,
saccheggiata e devastata) di Paul Touvier nel 1972.
Nel 1992, i Klarsfeld organizzavano ciò che Le Monde
doveva chiamare «La squadra selvaggia del Betar a
Rostock»«seminando il terrore sulla piazza
centrale del municipio di Rostock, drappelli sparsi di
francesi ed ebrei, trattando i passanti come
"sporchi tedeschi, sporchi nazisti"» (Le
Monde, 21 ottobre 1992, p.-4).
In seguito Beate Klarsfeld approvava l'assalto al Goethe Institut
di Parigi compiuto dal Betar, e vi ravvisava una «violenza
legittima», i poliziotti di Rostock essendo colpevoli
di aver interrogato qualche aggressore, per poi rilasciarlo (Der
Standard, Vienna, 23 ottobre 1992). Si erano contati nove
feriti fra i poliziotti; molti di essi, colpiti con mazze da baseball
e spranghe di ferro e irrorati di gas «da difesa»,
avevano dovuto farsi ricoverare in ospedale.
L'8 giugno 1993, René Bousquet, già segretario generale
della Polizia ai tempi del governo di Vichy, poi deportato dai
tedeschi, veniva ucciso nella sua abitazione da un illuminato;
quest'ultimo, rigurgitante dei propositi alla Klarsfeld, spiegava
il suo gesto come quello di un giustiziere che, prima, aveva tentato
di uccidere Paul Touvier. Annick Cojean, del giornale Le Monde,
scriveva a proposito di Serge Klarsfeld: «Non era poi
lui che faceva lo spaccone nei confronti di Bousquet?
Colui che gli ha dato la caccia, che lo ha perseguitato,
attaccato e costretto a dimettersi da tutte le sue responsabilità
tra il 1978 e il 1989? E non gli hanno così rubato [per
questo assassinio] un processo atteso, preparato da lunga data?
L'avvocato sorride dolcemente: "Perché negarlo?
Ciò che oggi provo è soprattutto un senso di sollievo.
E tanto peggio se ciò va contro gli interessi della causa!
Io non posso desiderare la vita di quella gente. E` più
forte di me"» (Le Monde, 10 giugno 1993,
p.-28).
Già il 16 settembre 1989, apprendendo la notizia dell'attentato
perpetrato contro il professor Faurisson, S.aveva dichiarato sulle
onde di Radio-J (la «J» sta per «Juive»):
«Non è poi così sorprendente, perché
qualcuno che provoca da tanti anni la comunità ebraica
si deve attendere questo genere d'eventi. Non si può insultare
la memoria delle vittime senza subirne le conseguenze. E` qualcosa,
direi, forse di increscioso, ma anche di normale e naturale».
Da parte sua, Beate Klarsfeld affermava: «Cosa c'è
di più normale che in qualche giovane sia cresciuta una
tale collera e che abbia deciso di dare una lezione a Faurisson?»
(Le Monde, 19 settembre 1989, p.-14).
L'avvocato S. Klarsfeld, ufficiale dell'Ordine nazionale del Merito,
non ha mai nascosto il suo gusto per l'azione violenta da quando
ritiene di avere a che fare con coloro che lui chiama dei «criminali».
Il suo ricorso alla menzogna e al ricatto non lo nasconde neanche
(vedere Arno Klarsfeld, «Perché sono ebreo»,
Information juive, giugno 1994, p. e Serge Klarsfeld, «Lettera
a François Mitterrand», Libération,
12 settembre 1994, p.-6, dove si legge la seguente frase diretta
al Presidente della Repubblica: «Da dove mi è
venuta l'insolenza di evocare il Suo passato a Vichy e di manipolarLa
[con un'informazione falsa] per dirigerLa nel senso giusto: a
una vera lettura dei crimini consentiti da Vichy?»).
Nel 1989, in seguito all'attentato di cui era stato vittima a
Vichy, il professor Faurisson aveva confidato allo Choc du
mois (dicembre 1989, pp.-42-43) delle riflessioni che, a distanza
di tempo e, in particolare, dopo l'assassinio di R.-Bousquet,
hanno un certo rilievo come, per esempio, questa: «[]
è facile [per i Klarsfeld o per un certo consigliere
dell'ambasciata israeliana a Parigi] eccitare gli animi e
suscitare l'azione dei giustizieri». Il professore
concludeva: «Penso [] che esista un terrorismo ebraico;
è "lamentoso"; le lamentele coprono i
colpi e le grida delle vittime []. Per farmi tacere,
bisognerà uccidermi. Allora, in Francia e all'estero,
una schiera di revisionisti mi darà il cambio».
Violenze non solo fisiche
La presente relazione è incentrata sulle violenze
fisiche perpetrate dalle milizie ebraiche. Prova che, nel
nostro paese, la comunità ebraica, «felice come
Dio in Francia» (proverbio yiddish), beneficia di privilegi
esorbitanti.
Questi privilegi sarebbero anche ben illustrati dal resoconto
di violenze non certo fisiche. Prendiamo solo due esempi: Robert
Faurisson all'Università di Lyon-II, e Bernard Notin all'Università
di Lyon-III, avevano entrambi il diritto -- incontestabile agli
occhi della legge -- di esercitare la loro professione e di riprendere
i loro corsi. Il dr.Aron ha deciso altrimenti, e, con lui, le
organizzazioni come l'Unione degli studenti ebrei di Francia che,
cinicamente, hanno dichiarato che, per loro, questi insegnanti
non dovrebbero mai più lavorare. A questo perentorio
ordine si sono piegati, senza profferir parola, tutti i futuri
presidenti della Repubblica, tutti i primi ministri, tutti i ministri
per l'educazione, tutti i rettori dell'università e tutti
i sindacati. R.ha saputo, a mezzo posta ordinaria, molti mesi
dopo la decisione e senza alcuna spiegazione, che la cattedra
d'insegnamento, di cui era titolare, era stata soppressa. Quando,
nel giugno 1994, Bernard Notin ha creduto di trovare una via d'uscita
e quando Le Monde ha annunciato: «Bernard Notin va
ad insegnare in Marocco» (9 giugno 1994,p.-14), si è
potuto leggere che l'annuncio della sua partenza per l'Università
di Oujda «aveva provocato una reazione "scandalizzata"
dell'Unione degli studenti ebrei di Francia che domandava l'annullamento
della convenzione siglata tra le due istituzioni [marocchina e
francese] e "la definitiva radiazione di Notin dal corpo
insegnante"» (Le Monde, 11 giugno 1994, p.-6).
Non si è levata una sola voce, tra la grande stampa, per
sottolineare che il dr.Aron e le sue istituzioni o organizzazioni
ledevano gravemente i diritti dei funzionari, impedivano la libera
esplicazione della professione e causavano un danno considerevole
non solo ad alcune persone, ma anche al normale funzionamento
delle istituzioni di questo paese. Il dr.Aron e le sue milizie
si fanno obbedire seminando il terrore et la paura. In un primo
tempo, vigilano sul fatto che i professori che suscitano la loro
«collera» non potessero più fare il loro lavoro;
in un secondo tempo, possono contare sul Canard enchaîné
per denunciare lo scandalo di questi professori che sono pagati
(lo stretto necessario) e invece non lavorano!
I rappresentanti della comunità ebraica e i loro organi
di comunicazione trionfano nella repressione giudiziaria o mediatica.
«La forza ingiusta della legge» si esercita a profitto
di questa comunità e a spese di persone tacciate di essere
«anti-ebrei»; questi, per la minima parola, per il
minimo pensiero giudicato eretico, si vedono condannare pesantemente.
Ammende, pagamenti per risarcimento di danni, pene detentive spezzano
le vite, distruggono le famiglie, opprimono i figli. I media,
le cui ghiandole velenifere non si seccano mai, danno il loro
contributo a questa isteria vendicativa.
All'estero, il terrorismo ebraico sembra presentare le medesime
caratteristiche: gli ebrei, eccezion fatta per il particolare
quadro della guerra tra israeliani e palestinesi, si comportano
da aggressori senza essere, da parte loro, aggrediti fisicamente
da alcun gruppo anti-ebreo o ritenuto tale.
Conclusione
Nel periodo qui preso in esame (1976-1995), la Francia non
ha mai conosciuto gruppi, commandos, milizie che abbiano
esercitato violenze fisiche sugli ebrei (gli attentati arabo-palestinesi
sono un'altra cosa). Ma tanta evidenza sembra sfuggire agli osservatori
politici di tutte le tendenze. Il bilancio, sin qui, è
il seguente: da una parte, una cinquantina di aggressioni organizzate
e perpetrate da milizie armate con, come risultato, centinaia
di vittime, e, dall'altro lato, zero aggressioni fisiche subìte!
Con il Betar-Tagar, la minoranza ebraica francese possiede, d'accordo
con il ministero degli Interni, formazioni paramilitari di cui
non esiste l'equivalente per nessun'altra parte della popolazione
francese e per nessun'altra minoranza straniera sul suolo di Francia.
Così come notava lo Choc du mois nel suo dossier
su tali milizie (giugno 1991, p.-11), il quinto canale della
televisione francese diffondeva, il 4 aprile 1990, un servizio
sui militanti del Betar-Tagar. Si vedeva uno studente pestato
dai «Tagarim» all'uscita della Facoltà di Assas,
a Parigi. Il 18 maggio dello stesso anno, il solito canale televisivo
diffondeva un secondo servizio consacrato all'addestramento, «ricalcato
su quello del soldato israeliano», che i militanti del Betar-Tagar
ricevevano due volte alla settimana in un castello nei pressi
di Sarcelles (periferia di Parigi): esercitazioni paramilitari
e addestramento al combattimento corpo-a-corpo sotto gli ordini
del drappello israeliano. Prese a sé, esercitazioni di
questo tipo possono costituire, per gli spiriti deboli, una sorta
di rappresentazione o forse «cinema», ma, con il Betar-Tagar
queste attività trovano espressione sia negli attentati
criminali, sia nelle azioni di commandos che beneficiano
dell'appoggio del ministero degli Interni, del sostegno (nei fatti
se non nelle parole) delle leghe o organizzazioni cosiddette antirazziste
e di un trattamento di favore da parte dei media.
Già nel 1990 Annie Kriegel denunciava «una insopportabile
polizia ebraica del pensiero» (Le Figaro, 3 aprile
1990, p.e L'Arche, aprile 1990, p.-25). Effettivamente,
questa polizia ha forza della legge -- grazie al rabbino Sirat,
colui che ha lanciato l'idea di una legge antirevisionista (Bulletin
de l'Agence télégraphique juive, 2 giugno
1986, p.-1), e grazie a Laurent Fabius che ne ha a giusto titolo
rivendicato l'iniziativa del voto in sede parlamentare. La ripugnante
montatura mediatica organizzata intorno alla profanazione delle
tombe ebraiche nel cimitero di Carpentras (profanazione in cui
sembra implicato il f1glio di un officiante della sinagoga) ha
poi paralizzato ogni opposizione al voto f1nale della legge Sirat-Fabius-Gayssot.
Ma, a fianco di questa insopportabile polizia del pensiero, esiste
in Francia una insopportabile polizia armata, di stile israeliano,
che si esercita alla forza aperta.
Il 7 maggio 1995, a Toronto (Canada), l'abitazione del revisionista
Ernst Zündel è stata devastata da un incendio criminale.
Qualche giorno dopo, lo stesso E.-Zündel riceveva un pacco-bomba
(finalmente consegnato alla polizia che lo ha fatto esplodere).
Ci sarebbero da segnalare molti altri esempi di questa violenza
-- preceduti da un'odiosa campagna di stampa. Sul soggetto, si
può leggere l'opuscolo di Mark Weber: The Zionist Terror
Network. Background and Operations of the Jewish Defense League
and other Criminal Zionist Groups. A Special Report (Institute
for Historical Review, P.O. Box 2739, Newport Beach, Ca. 92659,
USA, Revised and Updated Edition 1993). In Francia tali violenze
rischiano di moltiplicarsi, se la minoranza ebraica continua a
disporre di milizie armate.
Noi reclamiamo la fine dei privilegi di cui beneficia questa minoranza.
Nell'attesa che venga presa una decisione politica in questo senso,
noi esigiamo, come prima misura d'urgenza, che il Palazzo di giustizia
di Parigi e le sue immediate vicinanze siano interdette
a tutti i gruppi o tutti i responsabili di gruppi (à
la Moshe Cohen) dei quali siano chiare le intenzioni terroristiche.
E` inammissibile che una certa categoria di persone in attesa
di giudizio e chi le accompagna debbano aver paura di passare
direttamente dai dintorni della XVII camera correzionale (presieduta
da Martine Ract-Madoux e da Jean-Yves Monfort) o della XI camera
della corte d'appello (presieduta da Françoise Simon e
da Violette Hannoun) all'ospedale. E` odioso che responsabili
delle milizie si accampino al Palazzo con tutti i privilegi accordati
ai membri dei differenti corpi della polizia nazionale. «I
piccoli nazistaldi hanno ricevuto la bastonatura che si meritavano
davanti al Palazzo di giustizia», sentenziava nel
1980 Jean Pierre-Bloch a proposito dei linciaggi avvenuti dentro
e davanti al Palazzo di giustizia (Libération, 24
settembre 1980). Nessuno può pretendere di ignorare queste
violenze f1siche che il presidente della LICRA approvava pubblicamente
quindici anni fa, e che, dopo quindici anni, si ripetono con
la complicità delle forze dell'ordine. Dopo quindici
anni, né i magistrati, né gli avvocati e neppure
i loro rispettivi sindacati sono stati capaci di esigere la fine
di questo stato di fatto che disonora la giustizia francese.
Quanto al summenzionato Moshe Cohen, sarebbe tempo di ricordargli
le dichiarazioni che ha fatto a L'Evénement du jeudi
(26 settembre 1991), secondo le quali ogni ebreo avrebbe le sue
radici e il suo avvenire in Israele e così sarebbe, in
Francia, «una persona fuori posto» [profugo - NdT]
(sic). Dopo mezzo secolo, M.che, nel momento stesso in cui noi
scriviamo, è in Israele in attesa di tornare in Francia,
avrebbe tutte le ragioni per compiere definitivamente il suo aliyah,
sarebbe a dire la sua «ascesa» (sic) in Israele.
Il presente testo ha valore puramente informativo. E` stato indirizzato
alle autorità francesi e, in particolare, a quelle citate
di seguito. Tradotto in inglese, è stato diffuso presso
le organizzazioni internationali.
Destinatari:
Jacques CHIRAC, Presidente della Repubblica
Jacques TOUBON, ministro della Giustizia
Jean-Louis DEBRÉ, ministro degli Interni
Pierre DRAI, primo presidente della Corte di Cassazione di Parigi
Myriam EZRATTY, primo presidente della Corte d'appello di Parigi
Colonnello Roger RENAULT, comandante militare del Palazzo di giustizzia
di Parigi
Robert BAUJARD, commisario di polizia del primo distretto di Parigi
Moshe COHEN, responsabile del Betar-Tagar
Henri HAJDENBERG, presidente del Consiglio dei rappresentanti
delle istituzioni ebraiche di Francia (CRIF)
Jean-Marc SAUVÉ, segretario generale alla Censura e del
governo.
++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Orion, nr 155, agosto 1997, p. 23-39.