Edizioni di Ar, Padova, via Falloppio 83, 1996.
Traendo occasione da un decreto del Ministro degli Esteri di Francia del 19 dicembre 1994, che proibiva su tutto il territorio nazionale "la circolazione, la diffusione e la messa in vendita" del libro revisionista L'Holocauste au scanner di Jürgen Graf (1), venti docenti universitari e uomini di cultura italiani di varie tendenze politiche hanno firmato un appello su "laicismo, di stampa e di ricerca storica" che è apparso su La Stampa il 2 marzo 1995. I firmatari vi rivendicano il principio imprescindibile della libertà di ricerca storica, affermando con vigore:
"Noi pensiamo che in Europa come in Iran, nella Germania come in Italia e in Francia, la ricerca storica debba essere libera da ogni vincolo, e debba essere garantita la più completa libertà di circolazione delle idee: idee la cui fondatezza e veridicità può risultare solo dal libero dibattito scientifico, e non dai verdetti di qualsivoglia tribunale o dalle campagne strumentali e demonizzanti di qualsivoglia strumento di informazione". (2)
L'astrattezza del principio formulato appariva purtroppo in netto contrasto con l'atteggiamento pratico dei firmatari nei confronti del revisionismo storico, del quale avevano una concezione completamente distorta. Ad esempio, il prof. Losurdo scriveva: " Non c'è infamia che l'odierna ondata di 'revisionismo storico' non cerchi di giustificare o relativizzare" (3) ; e il prof. Moffa restringeva metodologicamente il significato dell'appello propugnando "la liceità laica del 'dubbio' nei confronti non dell'indubitabile sterminio degli ebrei, ma di una 'teologia dell'Olocausto' " e precisando che il dubbio "non riguarda la "negazione" dello sterminio -- fatto storico indubitabile -- ma semplicemente il diritto -- dovere di indagarlo in tutti i suoi aspetti, cause, contestualizzazioni, ecc. senza il timore di violare una verità per l'appunto religiosa" (4). In altri termini, è lecito il dubbio nell'Olocausto, non il dubbio dell'Olocausto. Ma poiché nessuno ha mai minacciato la libertà di questo tipo di dubbio, non si comprende neanche la necessità di un pubblico appello per difenderla.
Queste contraddizioni si spiegano con il terrore panico da cui gli intellettuali sono travolti alla sola idea di violare la verità religiosa dell'Olocausto e alla semplice prospettiva di essere additati come simpatizzanti del revisionismo, e ciò, in un circolo vizioso perfetto, si spiega a sua volta con la concezione completamente distorta che essi hanno dei fini e dei metodi revisionisti.
Un rapido sguardo alle bibliografie di questi intellettuali mostra che essi non leggono i libri revisionisti, ma leggono Pierre Vidal-Naquet; ingannati dalla fama di cui questo storico gode nell'ambito della sua specializzazione -- la storia antica -- essi credono in buona fede che egli abbia altrettanta competenza e credibilità anche nelle sue analisi del revisionismo; questi intellettuali leggono "Gli assassini della memoria" (5) e vedono il revisionismo attraverso la lente deformante del signor Pierre Vidal-Naquet.
Da tale penosa constatazione è nata l'idea della pubblicazione di una critica storica dell'opera summenzionata che sgombrasse il campo da tutti i pregiudizi antirevisionisti introdottivi dallo storico francese. Nel corso del lavoro mi sono però reso conto che la semplice critica del libro, a causa della superficialità e, diciamolo pure, del dilettantismo che il signor Pierre Vidal-Naquet vi ostenta, avrebbe potuto mettere in evidenza le sue metodologie capziose, ma non chiarire in modo adeguato gli argomenti, che egli, ad eccezione di un solo caso, insinua più che esporre.
Ho ritenuto pertanto necessario aggiungere al saggio su Pierre Vidal-Naquet una critica dettagliata della sua fonte principale per quanto concerne, appunto, gli argomenti: Georges Wellers.
Ciò è stato tanto più facile in quanto, già dalla fine degli anni Ottanta, giacevano inutilizzati nel mio cassetto due studi inediti su questo storico; uno era destinato alla Francia, ma non poté essere pubblicato per ragioni contingenti; per quanto concerne il secondo, alla morte di Georges Wellers, avvenuta il 3 maggio 1991 (6), abbandonai per ovvie ragioni l'idea della pubblicazione.
Ora, a cinque anni di distanza dal funesto evento, pubblicando una parte delle argomentazioni formulate in questi due studi, non ritengo di venir meno ai doveri della pietas, né di poter incorrere nell'accusa di aver atteso che lo storico francese morisse per criticarlo, soprattutto perché avevo già espresso pubblicamente i miei argomenti -- senza ricevere risposta -- quando egli era ancora in vita (7).
Questo libro non rappresenta una difesa né di Faurisson, né del revisionismo: da un lato, Faurisson non ha bisogno di un difensore d'ufficio, anzi ha già risposto a Pierre Vidal-Naquet con una critica molto serrata (8) che questi ha liquidato sbrigativamente con una semplice battuta (9) ; dall'altro, il revisionismo, o più correttamente, alcuni revisionisti, sostengono tesi che non condivido in parte o in toto; l'opera costituisce invece una verifica storico--metodologica dell'onestà polemica di Pierre Vidal-Naquet, già messa in dubbio, ma in una prospettiva diversa, da Cesare Saletta (10), e di Georges Wellers ; essa è dunque la mia risposta al signor Pierre Vidal-Naquet, che mi ha chiamato in causa in modo subdolo, e, conseguentemente, una esposizione dei miei argomenti revisionisti.
Poiché altri critici improvvisati del revisionismo, al pari di Pierre Vidal-Naquet, godono, presso gli intellettuali ignari, di un credito del tutto immeritato, in questo studio analizzo le metodologie di altre due colonne portanti della propaganda antirevisionista, Till Bastian e Deborah Lipstadt.
Un esame particolare dedico inoltre ai principali critici del rapporto Leuchter, ma anche in questo caso non già per difendere Leuchter, bensi per mostrare con quali argomenti pseudoscientifici il suo rapporto venga da costoro dichiarato pseudoscientifico.
Concludo la mia carrellata su questi veri e propri dilettanti allo sbaraglio con le doverose risposte a qualche squallido critico di casa nostra, non tanto per confutare argomenti, che non hanno, quanto piuttosto per mostrare la meschinità e la malafede dei loro metodi.
Dopo la stesura finale del testo, ho avuto occasione di leggere un libro francese molto acrimonioso contro Paul Rassinier scritto da un allievo di Pierre Vidal-Naquet, tale Florent Brayard. Considerato il carattere subdolo dell'opera, che non mancherà di essere utiliazzata contro il revisionismo attuale, mi è sembrato opportuno presentarne una breve analisi critica in un capitolo supplementare, il settimo.
Con questo studio non pretendo -- né mi aspetto -- di convincere gli uomini di cultura della validità delle tesi revisioniste che espongo, ma mi attendo che essi si persuadano del valore scientifico dei miei metodi di lavoro storiografici e dei miei argomenti -- cosa che credo di aver dimostrato a sufficienza ; quanto alle conclusioni che ne traggo, ognuno giudichi secondo coscienza.
NOTE
(1) Testo in: La lente di Marx sui fatti e le culture del mondo. 3/1995, p. 69. Per l'opera di Jürgen Graf vedi la Bibliografia revisionista essenziale che presento in fondo al libro.
(2) Per il testo dell'appello e le reazioni che ha suscitato vedi: La lente di Marx, rivista citata, pp. 69--99 (testo dell'appello a p.71) e Marxismo oggi. Rivista quadrimestrale di cultura e politica, 1995/3, pp. 61-97.
(3) Marxismo oggi, rivista citata, p.63. Il prof. Losurdo fa parte del Comitato di Direzione della rivista.
(4) Ibidem, p.84 e 92. L'esempio di dubbio lecito addotto dal prof. Moffa concerne la querelle tra intenzionalisti e funzionalisti (p.92).
In questa rivista appare un "Dossier sul revisionismo" che contiene, tra l'altro, un velenoso attacco contro di me (pp.48-60): me ne occupo nel capitolo VI di questo studio.
(5) Pierre Vidal-Naquet, Gli assassini della memoria, Editori Riuniti. Roma 1993.
(6) Le Monde Juif, N° 143, juillet-septembre 1991, pp. 127-132.
(7) Wellers e i "gasati" di Auschwitz, Edizioni La Sfinge. Parma 1987 ; Nota sulla polemica Wellers-Faurisson, in: Auschwitz : le "confessioni" di Hoess. Edizioni La Sfinge, Parma 1987, pp. 33-39 ; "Comment on falsifie l'histoire", in: Annales d'Histoire Révisionniste, N° 3, automne-hiver 1987, pp. 89-94.
(8) Robert Faurisson, Réponse à Pierre Vidal-Naquet. Edité par l'Auteur. 1982; seconda edizione accresciuta: Réponse à Pierre Vidal-Naquet, La Vieille Taupe, 1982.
(9) "La recente pubblicazione, a cura di R. Faurisson, di un opuscolo intitolato Réponse à Pierre Vidal-Naquet, Paris, La Vieille Taupe, 1982, non richiede alcuna nuova discussione da parte mia". Gli assassini della memoria, op.cit., p. 154.
(10) Cesare Saletta, L'onestà polemica del signor Vidal-Naquet. A proposito dell'edizione italiana di un suo libro. Per conto dell'autore. 1985 ; Per il revisionismo storico, contro Vidal-Naquet,. Graphos, Genova 1993 (seconda edizione accresciuta).
1/4
1. SINE IRA ET STUDIO.
Prima di accingersi allo "smantellamento" delle "menzogne"
di Faurisson (p. 63) e di tutto il revisionismo, "ad analizzare
i loro testi come si fa l'anatomia di un falso" (p.X), Pierre
Vidal-Naquet (1) previene l'ovvia domanda che si pone qualunque
lettore conosca la sua fama di storico dell'antichità;
egli spiega dunque che, prima di intraprendere l'impresa, ha esitato
a lungo: "Storico dell'antichità, che ci facevo in
un periodo che non era 'il mio'? " (p.3). Ma questo argomento
non lo preoccupava molto.
"Avendo sempre combattuto la superspecializzazione delle corporazioni storiche, avendo sempre lottato per una storia libera da lacci e lacciuoli, avevo l'occasione, per nulla nuova, di mettere in pratica le mie teorie. Per di più l'argomento non è cosi difficile da precludere ogni rapida indagine informativa" (p.3).[Corsivo mio].
Parole sacrosante. Se ci si
pone sul piano superficiale di una "rapida indagine informativa",
nessun argomento risulta difficile; nella fattispecie, se invece
di studiare i documenti nel loro testo originale e integrale si
leggono i libri e gli articoli che ne riportano solo qualche stralcio;
se sul valore e sul significato di tali documenti ci si affida
ciecamente al giudizio altrui, allora non c'è dubbio, lo
studio dell'argomento " non è cosi difficile ".
L'accusa di dilettantismo che muovo al nostro uomo è forse
eccessiva? Il lettore attento avrà senza dubbio rilevato
che nell'impianto delle note del suo libro -- redatto con pedantesca
ostentazione di erudizione -- non appare un solo riferimento a
un documento originale (2) : tutte le conoscenze di Pierre Vidal-Naquet
derivano dagli scritti e sono filtrate dai giudizi di altri autori,
primo fra tutti Georges Wellers, al quale tutto si puo rimproverare
tranne l'ignoranza dei documenti originali; il suo impianto argomentativo
è invece tratto in massima parte dall'articolo di Nadine
Fresco Les redresseurs de morts (3), uno dei primi saggi
contro il revisionismo in cui sono già fissati quasi tutti
gli argomenti capziosi adottati dai propagandisti successivi.
Ma qui sorge un'altra domanda alla quale il nostro uomo non fornisce
risposta: visto che, contro il revisionismo, si era già
pronunciato uno storico specialista dell'Olocausto, che necessità
c'era della fiera presa di posizione di un dilettante, semplice
compilatore di idee altrui?
Sceso in campo, Pierre Vidal-Naquet rivendica subito la sua rigorosa
dirittura morale in campo storiografico:
"Sono cresciuto con un'alta,
alcuni diranno forse con una megalomaniaca, concezione del lavoro
dello storico" (p.55).
"Che i fatti siano accertati con il massimo di precisione
possibile, che lo storico abbia cura di purgare la sua opera
di ogni elemento inventato, leggendario, mitico, è il
minimo dei requisiti ed è un compito evidentemente senza
fine" (p.102).
In virtù di questi sani
principi, la sua trattazione del revisionismo sarà svolta
sine ira et studio :
"Ma a questa accusa globale
non intendo rispondere mettendomi sul piano dell'affettività.
Qui non si tratta di sentimenti ma di storia" (p.X).
Ma se poi egli dà molto
spazio ai sentimenti, pochissimo alla storia, e si abbandona ad
espressioni non propriamente scevre di affettività (4)
-- cio non è altro che il prorompere della virtuosa indignazione
di colui che sa:
"Noi che, dal 1945, sappiamo,
siamo tenuti a dimostrare, a essere eloquenti, a usare le armi
della retorica, a entrare nel mondo di quella che i greci chiamavano
la peithô, la persuasione, di cui essi avevano fatto
una dea che non è la nostra" (p.21).
Contrapponendosi con la sua
possente statura morale a Faurisson, che "non cerca il vero
ma il falso" (pp.67-68), Pierre Vidal-Naquet cerca nobilmente
il vero e rifugge con orrore dal falso.
Nobili intenti, nobili parole: ma i fatti?
Cominciamo da cio che lo storico francese dice di me:
"Il revisionismo italiano
si è sviluppato in seguito intorno a due personaggi: un
discepolo di Rassinier, Cesare Saletta, autore in particolare
di un opuscolo intitolato Il caso Rassinier, 1981, e di
altri due diretti contro il sottoscritto, L'onestà
polemica del signor Vidal-Naquet e In margine ad una recensione,
1985 e 1986; e un fascista dichiarato, Carlo Mattogno, le cui
opere principali sono state pubblicate da La Sentinella d'Italia.
I due autori sviluppano gli stessi temi; ed è un testo
dello scrittore fascista che La Vieille Taupe ha deciso di pubblicare
nel n.1 delle Annales d'histoire révisionniste (primavera
1987) : Le mythe de l'extermination des Juifs. Introduction
historico--bibliographique à l'historiographie révisionniste,
pp.15-107" (p.158).
A questa domanda Pierre Vidal-Naquet risponde con il linguaggio
spassionato del puro ricercatore della verità che non si
lascia turbare dall'affettività: i revisionisti sono "una
setta minuscola ma tenace" che
"consacra tutti i suoi sforzi e usa ogni mezzo (volantini, storielle, fumetti, studi sedicenti scientifici e critici, riviste specializzate) al fine di distruggere, non la verità, che è indistruttibile, ma la presa di coscienza della verità" (p.IX);
essi sono dei "falsari"
(p.31) in preda a "deliri ideologici" (p.53), e in loro
"la parte dell'antisemitismo, dell'odio patologico per gli
ebrei, è enorme" (pp.20--21). I revisionisti costituiscono
una "piccola banda abietta " che si accanisce a negare
la realtà delle camere a gas omicide (5).
Con la profondità di pensiero che compete ad uno storico
del suo calibro, e con la sua notoria obiettività, Pierre
Vidal-Naquet schizza lapidariamente le origini della "setta"
faurissoniana :
"Un adepto del metodo
paranoico ipercritico, per plagiare un'espressione di Dali, si
sforza di dimostrare che le camere a gas hitleriane non sono
mai esistite. Il tentativo è assurdo, ma poiché
avviene a proposito di altre assurdità, una piccola setta
si raccoglie intorno al professore in vena di delirio e di pubblicità.
Questa setta raggruppa, come altre, qualche pazzoide, qualche
pervertito e qualche flagellante, oltre alla consueta percentuale
di creduloni e di imbecilli che fanno capo a organismi del genere"
(p.74).
Nella sua critica , Pierre Vidal-Naquet distingue anzitutto tra
principi e metodi di lavoro revisionisti. Riguardo ai primi, egli
afferma:
"Di fatto i "revisionisti"
condividono tutti più o meno alcuni principi estremamente
semplici:
1. Non c'è stato genocidio, e lo strumento che lo simboleggia,
la camera a gas, non è mai esistito.
2. La "soluzione finale" non è mai stata altro
che l'espulsione degli ebrei verso l'est europeo, il "refoulement",
come dice elegantemente Faurisson (Vérité,
p.90). Poiché "la maggior parte [degli ebrei di Francia]
proveniva dall'est", se ne dedurrà che non si trattava
che di un rimpatrio, un po' come le autorità francesi
rimpatriarono gli algerini nell'ottobre 1961 verso i loro "villaggi"
d'origine.
3. La cifra delle vittime ebraiche del nazismo è molto
inferiore a quella che si è detta: "Non esiste nessun
documento degno di questo nome che valuti la perdita totale della
popolazione ebraica durante l'ultima guerra a più di 200.000
... Aggiungiamo pure che nel numero totale delle vittime ebraiche
sono compresi i casi di morte naturale", scrive tranquillamente
l'avvocato tedesco Manfred Roeder; il che, demograficamente,
significa che il tasso di mortalità delle comunità
ebraiche è stato eccezionalmente basso. Altri, bontà
loro, arrivano ad un milione (Rassinier, Butz), attribuendo una
larga parte di queste morti all'aviazione alleata. Faurisson,
da parte sua, divide questo milione press'a poco in due parti:
alcune centinaia di migliaia di morti in uniforme (una bella
testimonianza di valore) e altrettanti uccisi ("per episodi
di guerra", Vérité, p.197) (8). Quanto
alla cifra dei morti di Auschwitz, "è stata di 50.000
circa" (ibidem).
4. La Germania hitleriana non ha la maggiore responsabilità
della seconda guerra mondiale; la condivide, per esempio, con
gli ebrei (Faurisson, in Vérité,p.187) oppure
non ne ha proprio nessuna.
5. Il maggior nemico del genere umano durante gli anni Trenta
e Quaranta non è la Germania nazista, ma l'Urss di Stalin.
6. Il genocidio è un'invenzione della propaganda alleata,
specialmente ebraica, e in particolare sionista, che si puo facilmente
spiegare, mettiamo, con la propensione degli ebrei a fornire
cifre immaginarie sotto l'influenza del Talmud" (pp.19-20).
Sui metodi di lavoro dei revisionisti,
Pierre Vidal-Naquet è alquanto prolisso. Riporto integralmente
le sue affermazioni.
"Di fatto si possono cosi riassumere i principi del metodo
revisionista:
1. Ogni testimonianza diretta fornita da un ebreo è una
menzogna o una fantasia.
2. Ogni testimonianza, ogni documento, anteriore alla liberazione
è un falso o è ignorato e considerato una "voce".
Butz e Rassinier ignorano completamente, per esempio, i documenti
scritti da alcuni componenti del Sonderkommando di Auschwitz,
da loro nascosti e ritrovati dopo la guerra, documenti che danno
una descrizione precisa e in accordo con notizie da altra fonte
sul funzionamento delle camere a gas. Faurisson si limita a prendere
in giro (Le Monde del 16 gennaio 1979; Vérité,
p.110) i "manoscritti -- miracolosamente -- ritrovati "
di cui non tenta nemmeno di dimostrare la non autenticità.
3. Ogni documento, in generale, che ci dà informazioni
di prima mano sui metodi dei nazisti è un falso o è
un documento truccato. Cosi Faurisson classifica sbrigativamente
fra le opere "false, apocrife o sospette" (Vérité,
p.284) l'eroica "cronaca" che si trovava negli archivi
del ghetto di Varsavia tenuti da Emanuel Ringelblum e da una équipe
di cui conosco personalmente un componente. Dopo debite indagini,
ho saputo che la cronaca è stata effettivamente mutilata,
soprattutto nella edizione polacca al momento della sua pubblicazione
a Varsavia nel 1952 di alcuni passi poco piacevoli per l'orgoglio
nazionale polacco. Queste mutilazioni non modificano affatto la
qualità del documento per quel che riguarda la politica
nazista.
4. Ogni documento nazista che fornisce una testimonianza diretta
è preso al suo valore nominale se è scritto in codice,
ma ignorato (o sottointerpretato ) se è scritto in un linguaggio
diretto, come certi discorsi di Himmler, per esempio questo che
è del 16 dicembre 1943:" Quando in un villaggio sono
stato costretto a dare l'ordine di marciare contro i partigiani
ed i commissari ebrei -- lo dico davanti a questo uditorio, e
le mie parole sono ad esso esclusivamente destinate -- ho dato
sistematicamente l'ordine di uccidere anche le donne e i bambini
di questi partigiani e commissari"; o anche questo, che figura
nel Diario di Goebbels, in data 13 maggio 1943:" I
popoli moderni non hanno dunque altra soluzione che quella di
sterminare gli ebrei". In compenso ogni manifestazione di
razzismo di guerra nel campo alleato (e non ne sono mancate, come
si puo immaginare) è presa nel suo significato estremo.
5. Ogni testimonianza nazista posteriore alla fine della guerra
resa in un processo all'est o all'ovest, a Varsavia o a Colonia,
a Gerusalemme o a Norimberga, nel 1945 o nel 1963, è considerata
come ottenuta sotto tortura o per intimidazione. Tornero su questo
punto importante, ma noto subito che è un po' sorprendente
che nessun ufficiale SS abbia negato l'esistenza delle
camere a gas. Più esattamente Paul Rassinier "crede
di sapere" (Ulysse trahi, p.132) che l'ultimo comandante
di Auschwitz, Richard Baer,, "dichiara che a Auschwitz sotto
il suo comando non c'è mai stata camera a gas" ma
Baer mori, certo provvidenzialmente, in prigione nel giugno 1963.
6. Tutto un arsenale pseudotecnico è mobilitato per mostrare
l'impossibilità materiale della gassazione di massa. Sul
valore degli argomenti "chimici" di Faurisson leggeremo
più avanti la nota di un chimico. Quanto alle sue considerazioni
sulle camere a gas che servono all'esecuzione dei condannati a
morte in certi Stati americani e sulle precauzioni di cui il loro
uso è circondato (Vérité, pp.301--309), esse
non provano affatto che le gassazioni di massa siano irrealizzabili.
Faurisson paragona cose non paragonabili, lontane l'una dall'altra
come la voracità di un affamato e un pranzo da Maxim's.
L'operazione di gassare, come quella di nutrirsi, si puo realizzare
in condizioni immensamente differenti.
7. Un tempo l'esistenza di Dio veniva provata col fatto che l'esistenza
era insita nel concetto stesso di Dio. E' la famosa "prova
ontologica". Si puo dire che per i "revisionisti"
le camere a gas non esistono perché la non esistenza è
uno dei loro attributi. E' la prova non ontologica. Per esempio
la parola Vergasung significa si gassazione se compare nella forma
negativa in una lettera dello storico Martin Broszat a Die Zeit
(19 agosto 1960): Keine Vergasung in Dachau (nessuna gassazione
a Dachau), ma Vergasungskeller significa "camera di carburazione"
in un documento del gennaio 1943 citato da Georges Wellers (Faurisson,
Vérité, pp.104 e 109).
8. Infine e soprattutto, tutto cio che puo rendere conveniente,
credibile, questa spaventosa storia, che puo segnare l'evoluzione,
fornire termini di paragone, è ignorato o falsificato.
Neppure una riga in Faurisson e in Thion ricorda le imprese degli
Einsatzgruppen (le famose fosse di Baby Yar, per esempio). Non
una riga in Thion e in Faurisson che ricordi che i malati di mente
tedeschi sono stati sterminati dal 1939 al 1941 e che alcuni responsabili
di questa operazione avrebbero esercitato il loro talento sugli
ebrei, per esempio F. Stangl a Treblinka" (pp. 21--24).
Cercando con attenzione, tra un dotto excursus sul cannibalismo
(pp.5--9), una lezione erudita su "La distruzione degli iloti
di Sparta" (pp.97--100) e gli altri molteplici riferimenti
alla storia antica, si possono reperire queste altre affermazioni
sui principi e sulla metodologia dei revisionisti:
"Cosi, respingere, per principio, tutte le testimonianze
dirette per ammettere come decisive le testimonianze di coloro
che, a quanto essi stessi dicono, non hanno visto niente, come
i delegati del Comitato internazionale della Croce Rossa, è
chiaramente un segnale che non inganna" (p.48).[corsivo mio].
"Al limite, non si confuta un sistema chiuso, una menzogna
totale che non rientra nell'ordine del confutabile, in quanto
la conclusione vi precede le prove" (p.80).
"Il metodo dei "revisionisti" contemporanei, dei
negatori, è stato analizzato più volte: Come scrivono
Nadine Fresco e Jacques Baynac:" Strani storici davvero,
questi che invece di sforzarsi di conoscere "come sono andate
effettivamente le cose", si proclamano giudici dei "corpi
del reato", di un processo che ha luogo soltanto perché
essi negano l'esistenza dell'oggetto della controversia, e che
al momento del verdetto saranno dunque necessariamente portati
a dichiarare false tutte le prove contrarie all' a priori da cui
essi non recedono" (p.109).
"Poiché i "revisionisti" hanno deciso che
soltanto i libri nazisti sono degni di fede, a patto che non si
tratti di nazisti pentiti [...]" (p.119).
"Mentre l'antisemitismo francese tradizionale -- quello di
Maurras -- è spesso filoisraeliano, tutti i revisionisti
sono risolutamente antisionisti. Alcuni scivolano dall'antisionismo
all'antisemitismo, ed è questo il caso di una certa ultrasinistra.
Altri compiono il cammino inverso. L'assoluta necessità
del discorso antisionista nel revisionismo si spiega benissimo.
Si tratta di giocare d'anticipo sulla creazione dello Stato d'Israele.
Israele è uno Stato che usa i mezzi della violenza e del
dominio. E' cosi possibile, operando come se tale entità
fosse già esistente nel 1943, far dimenticare che le comunità
ebraiche erano comunità disarmate. Al limite, si potrà
anche spiegare che il nazismo è una invenzione, indubbiamente
fantastica, del sionismo" (p.85).
Nel paragrafo 1 ho denunciato la menzogna di Pierre Vidal-Naquet
relativa a Carlo Mattogno "fascista dichiarato"; ora
è giunto il momento di spiegare, come ho preannunciato,
perché il nostro integerrimo critico sia ricorso a questa
menzogna. E' indubbiamente improbabile che Pierre Vidal-Naquet
abbia letto i miei sette scritti pubblicati in Italia fino al
1987 (9), data di pubblicazione dell'edizione francese di Gli
assassini della memoria, ma è certo che egli ha letto il
mio saggio Le mythe de l'extermination des Juifs. Introduction
historico--bibliographique à l'historiographie révisionniste
apparso nel n.1 delle Annales d'histoire révisionniste
(printemps 1987), che egli cita nello stesso passo in cui formula
la menzogna.
Di fronte a questo saggio, che è la traduzione riveduta
e ampliata del libro Il mito dello sterminio ebraico. Introduzione
storico--bibliografica alla storiografia revisionista,(10)
Pierre Vidal-Naquet si è trovato spiazzato: in esso non
ho mai affermato -- e, preciso, non l'ho mai fatto né prima
né dopo -- che gli storici del museo di Auschwitz sono
dei falsari, né ho considerato Thies Christophersen
il testimone dei revisionisti, (11) né ho menzionato
l' "immaginaria dichiarazione di guerra a Hitler", né
ho citato il libro di Theodore Kaufmann, nonostante il suo "uso
massiccio" da parte dei revisionisti"; per la parte
originale ed essenziale del saggio, non ho utilizzato "le
stesse fonti", al contrario, ho usato parecchie fonti ignote
o poco note persino a specialisti come G.Wellers, alcune delle
quali in polacco, di cui, in ogni caso, ho verificato e tradotto
il testo originale; non ho menzionato lo Stato di Israele né
la tesi, a mio avviso falsa, della storia delle camere a gas come
invenzione del sionismo durante o dopo la guerra; ho citato la
lettera di Martin Broszat del 19 agosto 1960 a Die Zeit
correttamente e nel suo contesto:
"Ni à Dachau, ni à Bergen--Belsen, ni à Buchenwald, des juifs ou d'autres détenus n'ont été gazés. La chambre à gaz de Dachau n'a jamais été complètement terminée ni mise "en service". [...].
"L'extermination massive des juifs par l'emploi des gaz à commencé en 1941-1942 et a eu lieu exclusivement (ausschliesslich) en quelques rares emplacements choisis à cet effet et pourvus des installations techniques correspondantes, avant tout (vor allem) dans le territoire polonais occupé (mais en aucun endroit de l'Ancien Reich): à Auschwitz--Birkenau, à Sobibor-sur-Bug, à Treblinka, Chelmno et Belzec". (12)
Dunque non sono incorso neppure nella "menzogna" che
apparirebbe "in tutti gli opuscoli della setta".
Inoltre, nella mia indagine storica, non ho assunto aprioristicamente
nessuno dei principi formulati da Pierre Vidal-Naquet che i revisionisti
dovrebbero condividere "tutti più o meno" (13)
e non ho adottato nessuno dei metodi che Pierre Vidal-Naquet attribuisce
ai revisionisti.
Per chi non fosse convinto, aggiungo una riflessione. Il primo
numero delle Annales d'histoire révisionniste, sia
perché è apparso in concomitanza con il processo
Barbie, sia, senza falsa modestia, perché vi appariva il
mio saggio, ha destato molto scalpore in Francia e la stampa ne
ha parlato molto: quale ghiotta occasione per "smantellare"
le mie presunte "menzogne" mostrando la presenza, nel
mio saggio, dei principi e del metodo fissati da Pierre Vidal-Naquet!
Che cosa fa invece il nostro uomo? Tace. Egli che, per documentare
le sue tesi preconcette, ritiene degno di citazione anche il personaggio
più oscuro, tace, non ha nulla da dire, non sa che cosa
dire; dunque non c'è altra via d'uscita se non la menzogna:
basta affermare che Carlo Mattogno è un "fascista
dichiarato" per screditare a priori sia il suo scritto sia
la sua persona, e se lo afferma Pierre Vidal-Naquet, deve essere
vero: chi oserà mai dubitare dell'onestà intemerata
e dell'integerrima dirittura morale del nostro storico?
Un'argomentazione davvero brillante! E' come dire che le sue tesi
sono senza valore perché egli è un ebreo dichiarato!
Con cio ci troviamo già proiettati nei meandri della metodologia
di Pierre Vidal-Naquet. Non resta che proseguire l'esame dei suoi
metodi, ma prima è necessaria una premessa.
Nel campo revisionista, come in ogni altro campo, compreso quello
olocaustico, (16) ci sono ricercatori, polemisti e propagandisti.
Pierre Vidal-Naquet mette tutti nello stesso calderone in un guazzabuglio
generale in cui personaggi di secondo o di terzo piano come App
(p.20), Bardèche (p.32 e passim), Bennet (p.52 e passim),
Chomsky (p.64 e passim), Barnes (p.78 e passim), Felderer (p.84),
Christophersen (p.41 e passim), Harwood (p.37 e passim) hanno
lo stesso valore di un Faurisson, di un Butz, di un Roques, di
uno St_glich, di un Guillaume e di un Mattogno, che sono ossi
un po' più duri per i denti del nostro storico:
"Da questo punto di vista, bisogna ammettere che due libri revisionisti, The Hoax of the 20th Century, di Arthur Butz, e Der Auschwitz--Mythos, di Wilhelm Staeglich, raggiungono un risultato abbastanza notevole: l'apparenza di un racconto storico, anzi, di una indagine critica con tutti gli elementi esteriori che caratterizzano un'opera storica. Tranne quello che ne costituisce il pregio: la verità" (p.95).
Sfortunatamente per loro, anche questi due scrittori sono incappati
nel nostro fiero smantellatore di menzogne, che demolisce il valore
scientifico di queste due opere con argomentazioni profonde e
inconfutabili:
(Confutare Butz? E' possibile, beninteso, è perfino facile, purché si conosca la documentazione, ma è impresa lunga e fastidiosa( (p.49),
percio non vale la pena di intraprendere la confutazione; basti
al lettore il giudizio ex cathedra di Pierre Vidal-Naquet.
Per quanto concerne Staeglich -- e anche Roques -- la confutazione
è ancora più facile: il libro dell'uno è
"un libro nazista" (p.115), un libro "schiettamente
nazista" (p.152), l'altro è un "intellettuale
nazista" (p.115) e un "militante dell'estrema destra
antisemita" (p.111). Quanto a Guillaume, egli ha "una
personalità perversa e megalomane" (p.114).
Spigolando indiscriminatamente in questo guazzabuglio, Pierre
Vidal-Naquet ha creato un metodo revisionista che non esisteva
prima e che non esiste ora. Novello Kant, egli ha fissato i principi
trascendentali della gnoseologia revisionista: in ogni tempo e
in ogni luogo i revisionisti saranno condizionati da questi principi,
percio in ogni tempo e in ogni luogo i revisionisti ricercheranno
il falso e non il vero. Proprio in virtù di questi principi
trascendentali, la "setta" revisionista è "del
tutto incapace di evolversi" (p.131), sicché non è
necessario rispondere ad ogni membro di essa:
"Se, ogni volta che un "revisionista" produce una nuova affabulazione, bisognasse rispondergli, le foreste del Canada non basterebbero" (p.63).
Questo è anche un comodo alibi per ignorare -- lui, cosi
pronto ad accusare l'uno o l'altro di aver ignorato un singolo
documento -- l'intera letteratura revisionista dal 1980 al 1987
(data della pubblicazione dell'edizione originale del suo libro)
e al 1992, data dell'uscita della traduzione italiana.
Nonostante l'anatema solenne lanciato dal nostro storico, il revisionismo
si è evoluto e continua ad evolversi, e gli argomenti che
ha portato e la letteratura che ha prodotto, rispetto all'inizio
degli anni Ottanta, sono estremamente più rigorosi ed ampi
(17); non solo, ma proprio in Francia, un personaggio di grande
spicco della cultura francese come Pierre Garaudy ha abbracciato
recentemente il punto di vista revisionista!. (18)
ll principio del metodo di Pierre Vidal-Naquet si puo riassumere
in una frase: poiché l'Olocausto è esistito, tutti
coloro che lo negano sono a priori dei mentitori; si puo dire,
parafrasando le parole del nostro storico, che l'Olocausto esiste
perché l'esistenza è uno dei suoi attributi. Non
si tratta di una semplice boutade polemica, ma di un principio
metodologico sancito solennemente dalla "déclaration
d'historiens" sulla "politica hitleriana di sterminio"
sottoscritta anche da Pierre Vidal-Naquet:
"Il ne faut pas se demander comment, techniquement, un tel meurtre de masse a été possible. Il a été possible techniquement puisqu'il a eu lieu. Tel est le point de depart obligé de toute enquÍte historique sur ce sujet. Cette vérité, il nous appartenait de la rappeler simplement: il n'y a pas, il ne peut y avoir de débat sur l'existence des chambres à gaz". (19)
Ecco dunque la "prova ontologica" che Pierre Vidal-Naquet
attribuisce alla metodologia revisionista: l'Olocausto è
esistito perché è esistito e al riguardo non puo
sussistere dibattito!
Vediamo ora in che modo Pierre Vidal-Naquet ha creato questo metodo.
Il procedimento è semplice: basta dichiarare solennemente
che le affermazioni o le omissioni che ricorrono in tre o quattro
scritti revisionisti non sono delle semplici affermazioni o omissioni,
ma la rigorosa applicazione di principi e di metodi prestabiliti.
In taluni casi i principi della metodologia revisionista fissati
da Pierre Vidal-Naquet non sono neppure indebite astrazioni elevate
a principi universali, ma semplici escogitazioni ad usum Delphini
, ed egli non tenta neppure di dimostrarli con un singolo riferimento
ad una singola affermazione di un singolo revisionista: al lettore
deve bastare la parola del nostro integerrimo storico.
Analizziamo le sue affermazioni.
"1. Ogni testimonianza diretta fornita da un ebreo è
una menzogna o una fantasia" (p.21). Questo principio è
una menzogna o una fantasia di Pierre Vidal-Naquet, che infatti
non è in grado di documentarla in alcun modo.
"2. Ogni testimonianza, ogni documento anteriore alla liberazione
è un falso o è ignorato e considerato 'una voce'
" (p.21). A dimostrazione di questa affermazione, Pierre
Vidal-Naquet rileva il fatto che né Butz né Rassinier
menzionano i manoscritti del Sonderkommando, (20) e che
Faurisson ironizza sulle circostanze del loro ritrovamento. Egli
dimentica di dire che Staeglich menziona ed analizza criticamente
questi documenti. (21) Pierre Vidal-Naquet, con sublime onestà
intellettuale, spaccia per principi aprioristici quelle che in
questi autori sono soltanto delle conclusioni, e se è vero
che Faurisson "non tenta nemmeno di dimostrare la non autenticità"
di questi documenti (p.22), è altrettanto vero che Pierre
Vidal-Naquet non tenta nemmeno di dimostrare la loro veridicità,
e, meno che mai, di confutare le osservazioni di Staeglich al
riguardo -- ma forse cio è chiedere troppo, visto che il
suo è un libro "schiettamente nazista" ed ha
dunque ontologicamente insito l'attributo della menzogna! Ritorno
sulla questione nel para. 6 di questo capitolo.
"3. Ogni documento, in generale, che ci dà informazioni
di prima mano sui metodi dei nazisti è un falso o è
un documento truccato" (p.22). La prova della validità
universale di questo principio è il fatto che Faurisson
esprime dubbi sull'autenticità della "cronaca"
di Emanuel Ringelblum! Qui il nostro storico si appiglia ad un
elemento insignificante per colpire l'essenziale: in effetti,
la "cronaca" di Ringelblum, che sia autentica o no,
nulla aggiunge e nulla toglie alla questione essenziale delle
camere a gas omicide.
"4.Ogni documento nazista che fornisce una testimonianza
diretta è preso al suo valore nominale se è scritto
in codice, ma ignorato (o sottointerpretato) se è scritto
in un linguaggio diretto" (p.22). Pierre Vidal-Naquet cita,
a questo riguardo, un brano del discorso di Himmler del 16 dicembre
1943 e uno del Diario di Goebbels in data 13 maggio 1943.
Il primo brano è stato citato da Staeglich insieme con
altre "testimonianze dirette" di Himmler sullo stesso
tema con il seguente commento:
"La procedura indifferenziata anche contro donne e bambini nella guerra partigiana era indubbiamente un provvedimento brutale e spietato, estremamente contestabile sulla base del diritto internazionale e moralmente, che Himmler aveva probabilmente ogni motivo di giustificare davanti a questi capi dell'esercito, perché a stento resto segreto. (22)
Dunque questo documento "scritto in un linguaggio diretto"
non è stato né "ignorato" né "sottointerpretato".
Quanto al Diario di Goebbels, il fatto che egli abbia scritto
"I popoli moderni non hanno dunque altra soluzione che quella
di sterminare gli ebrei " (p.22), dimostra forse che era
in atto uno sterminio di Ebrei ad opera dei Tedeschi? (23)
"5 .Ogni testimonianza nazista posteriore alla fine della
guerra resa in un processo all'est o all'ovest, a Varsavia o a
Colonia, a Gerusalemme o a Norimberga, nel 1945 o nel 1963, è
considerata come ottenuta sotto tortura o intimidazione"
(pp.22-23). In questo contesto, Pierre Vidal-Naquet si sorprende
del fatto che "nessun ufficiale SS abbia negato l'esistenza
delle camere a gas" (p.22).
Cio è falso. I nazisti che hanno confessato " sotto
tortura o intimidazione " sono pochissimi; il caso più
clamoroso è quello di Rudolf Hoess, come ormai ammette
perfino Jean-Claude Pressac. (24) Quanto agli altri, ho già
esposto altrove l' elementare meccanismo psicologico che li indusse
a confessare. (25) Qui rilevo sommariamente che, in base agli
articoli 19 e 21 dello statuto di Londra dell' 8 agosto 1945,
il tribunale di Norimberga non era legato alle regole della dimostrazione
e non doveva richiedere la prova dei "fatti generalmente
noti". (26) Ora, in tutti i processi, anteriori e posteriori,
lo sterminio ebraico in camere a gas è sempre stato assunto
aprioristicamente come fatto generalmente noto e indiscutibile,
sicché la negazione di questo dogma sarebbe stata per gli
imputati una difesa strategicamente disastrosa. L'interesse immediato
degli imputati non era quello di dire la verità, ma di
uscire dal processo con i minori danni possibili, percio, in linea
generale, essi adottarono la linea difensiva consistente nell'affermare
il dogma dello sterminio, escludendo nel contempo il loro coinvolgimento
e la loro responsabilità diretta. Cio significa non già
che queste testimonianze siano false a priori, ma soltanto che
non sono vere a priori, e anch'esse devono essere esaminate criticamente
per giudicare il loro grado di attendibilità. Al riguardo
posso rimandare al mio studio su Rudolf Hoess. (27)
Per concludere, contrariamente a cio che afferma Pierre Vidal-Naquet,
almeno in un caso un ufficiale SS ha negato l'esistenza delle
camere a gas. Josef Kramer, che fu comandante del campo di Birkenau
dal maggio al dicembre del 1944, dichiaro:
"I have heard of the allegations of former prisoners in Auschwitz referring to a gas chamber there, the mass executions and whippings, the cruelty of the guards employed, and that all this took place either in my presence or with my knowledge. All I can say to all this is that it untrue from beginning to end". (28)
Resosi conto che in Tribunale questa linea difensiva sarebbe stata
suicida, a Josef Kramer non resto che ritrattare e ammettere il
dogma dello sterminio. (29)
Anche i casi di Hans Lammers e Hans Frank sono particolarmente
istruttivi.
Al processo di Norimberga Hans Lammers, che era stato capo della
Cancelleria del Fuehrer, dunque uno degli uomini più
informati del regime nazista, interrogato dal dott. Thoma (difensore
di Rosenberg), asseri di sapere molte cose riguardo alla soluzione
finale. Nel 1942 egli apprese che il Fuehrer aveva
affidato a Heydrich -- tramite Goering -- l'incarico di risolvere
la questione ebraica. Per saperne di più, egli si mise
in contatto con Himmler e gli chiese "che cosa significasse
propriamente soluzione finale della questione ebraica". Himmler
gli rispose che aveva ricevuto dal Fuehrer l'incarico di
attuare la soluzione finale della questione ebraica e che "questo
incarico consisteva essenzialmente nel fatto che gli Ebrei dovevano
essere evacuati dalla Germania". Successivamente questa spiegazione
gli fu confermata dal Fuehrer in persona.
Nel 1943 sorsero voci secondo le quali gli Ebrei venivano uccisi.
Lammers cerco di risalire alla fonte di tali voci, ma senza esito,
perché esse risultavano sempre fondate su altre voci, per
cui giunse alla conclusione che si trattasse di propaganda radiofonica
nemica. Tuttavia, per chiarire la faccenda, Lammers si rivolse
di nuovo a Himmler, il quale nego che gli Ebrei venissero uccisi
legalmente: essi venivano semplicemente evacuati all'Est e questo
era l'incarico affidatogli dal Fuehrer. Durante tali evacuazioni
potevano certo accadere casi di morte tra persone vecchie o ammalate,
potevano verificarsi disgrazie, attacchi aerei e rivolte, che
Himmler era costretto a reprimere nel sangue a mo' d'esempio,
ma questo era tutto.
Allora Lammers ando di nuovo dal Fuehrer, che gli diede la stessa
risposta di Himmler:
" egli mi disse: 'Decidero successivamente dove andranno
gli Ebrei, per il momento sono sistemati là' ".
Il dott. Thoma chiese poi a Lammers:
"Himmler Le ha mai detto che la soluzione finale degli Ebrei
dovesse aver luogo con il loro sterminio?
Lammers -- Di cio non si è mai fatto parola. Egli ha parlato
soltanto di evacuazioni.
Dott. Thoma -- Ha parlato soltanto di evacuazuioni?
Lammers -- Soltanto di evacuazioni.
Dott. Thoma -- Quando ha sentito che questi cinque milioni di
Ebrei sono stati sterminati?
Lammers -- L'ho sentito qui qualche tempo fa [Davon habe ich
hier vor einiger Zeit gehoert]". (30)
Dunque il capo della Cancelleria del Fuehrer aveva saputo
solo a Norimberga del preteso sterminio ebraico!
Anche Hans Frank, l'ex governatore generale della Polonia, rese
a Norimberga una testimonianza simile. Egli racconto che una volta
gli giunse la voce che a Belzec era accaduto qualcosa.
"Il giorno dopo mi recai a Belzec. Globocnik mi mostro un gigantesco fossato che egli costruiva come vallo di protezione con molte migliaia di operai, evidentemente Ebrei."
Nella zona Hans Frank non vide altro. Ma le voci sull'uccisione
degli Ebrei non cessavano, sicché il 7 febbraio 1944 egli
chiese spiegazioni a Hitler in persona:
"In presenza di Bormann gli domandai:' Mio Fuehrer, le voci sullo sterminio degli Ebrei non cessano. Si sentono dappertutto. Non si entra da nessuna parte. Una volta giunsi di sorpresa ad Auschwitz per vedere il campo. Lungo la strada fui dirottato con la mia automobile con la giustificazione che al campo infuriava un'epidemia'. Chiesi: 'Mio Fuehrer, che cosa succede?'. Il Fuehrer disse:' Lo puo immaginare, avvengono delle esecuzioni, sono i rivoltosi. Per il resto non so nulla. Ne parli con Heinrich Himmler'. A quel punto ribattei:' Bene, Himmler a Cracovia ci ha tenuto un discorso nel quale ha dichiarato davanti a tutte le persone che avevo convocato ufficialmente:' Queste voci su uno sterminio sistematico degli Ebrei sono false; gli Ebrei vengono portati all'Est'. Allora il Fuehrer disse: 'Allora deve crederci".
Hans Frank ricevette "i primi dettagli" (die ersten
Details) sullo sterminio ebraico solo dalla stampa straniera nel
1944" (aus der Auslandpresse 1944). (31)
"6. Tutto un arsenale pseudotecnico è mobilitato per
mostrare l'impossibilità materiale della gassazione di
massa" (p.23). Per dimostrare l'infondatezza degli argomenti
chimici di Faurisson, Pierre Vidal-Naquet si affida ad un ingegnere
chimico, tale Pitch Bloch, di cui egli pubblica come "Allegato"
una breve nota sullo Zyklon B (pp.57-61). Vediamo di che cosa
si tratta.
Dopo lunghe ed infruttuose ricerche nelle enciclopedie, il nostro
chimico è riuscito finalmente a trovare la definizione
dello Zyklon B "in un'opera classica di chimica industriale,
edita in Germania nel 1954" (p.58). Eccellente approccio
dilettantistico: egli non ha mai sentito parlare delle opere classiche
sull'acido cianidrico e lo Zyklon B note da anni ai revisionisti,
come ad esempio:
-- Doetzer, Walter, Entkeimung, Entseuchung und Entwesung. Arbeitsanweisungen
fuer Klinik und Laboratorium des Hygiene--Institutes der Waffen-SS,
Berlin. Verlag von Urban und Schwarzenberg, Berlin und Wien, 1943;
-- Flury, Ferdinand / Zernik, Franz, Schaedliche Gase, Daempfe,
Nebel, Rauch- und Staubarten, Berlin, Verlag von Julius Springer,
1931;
-- Lenz, Otto/Gassner, Ludwig, Schaedlingsbekaempfung mit hochgiftigen
Stoffen. Heft 1: Blausaeure. Verlagsbuchhandlung von Richard Schoetz,
Berlin 1934;
-- Peters, Gerhard, Blausaeure zur Schaedlingsbekaempfung. Sammlung
chemischer und chemisch-technischer Vortraege. Neue Folge Heft
20. Verlag von Ferdinand Enke in Stuttgart, 1933;
-- Puntigam, Franz / Breymesser, Erich / Bernfus, Erich, Blausaeure
zur Fleckfieberabwehr. Grundlagen, Planung und Betrieb. Sonderveroeffentlichung
des Reicharbeitsblattes, Berlin 1943,
-- Richtlinien fuer die Anwendung von Blausaeure (Zyklon) zur
Ungeziefervertilgung (Entwesung) [documento NI-9912].
E' noto che Faurisson ritiene l'esistenza delle camere a gas omicide
"radicalmente impossibile". (32) Personalmente, non
condivido questo giudizio, ma neppure quello di Pierre Vidal-Naquet
secondo cui " gassare alla grande non pone essenzialmente
problemi diversi dal gassare in modo 'artigianale' " (p.12).
Sulla questione ritornero successivamente. Qui importa rilevare,
dal punto di vista metodologico, che cosa Pitch Bloch -- con l'avallo
di Pierre Vidal-Naquet -- obietta agli argomenti tecnici di Faurisson:
altri argomenti tecnici? No: testimonianze di seconda mano, per
di più false, i cosiddetti "Protocolli di Auschwitz",
di cui mi occupo in modo approfondito nel paragrafo 6.
Metodologia veramente degna di Pierre Vidal-Naquet. Cio è
come confutare chi, come me, ritiene -- a buon diritto -- radicalmente
impossibile l'affermazione del testimone oculare (membro del Sonderkommando)
Dov Paisikovic secondo la quale, nei forni di Birkenau, "les
cadavres mettaient environ quatre minutes à se consumer"
("i cadaveri impiegavano circa quattro minuti a consumarsi"),
(33) opponendogli , appunto, la testimonianza di Dov Paisikovic.
Un'altra "prova ontologica"!
L'unica obiezione tecnica che il nostro chimico muove a Faurisson è questa:
"A proposito del gas che si sprigiona dai sali cianidrici sotto l'effetto dell'acqua Faurisson scrive: "Per la prima volta nella storia della chimica , del sale aggiunto all'acqua dava un gas". Senza essere "storico della chimica", penso che parecchi lettori sappiano, per esempio, come funziona (o hanno avuto l'occasione di vederlo) un banale generatore d'acetilene in cui del carburo di calcio (un "sale" e un solido) viene sciolto in acqua per ottenere acetilene gassoso" (p.60).
Vediamo qual è il valore scientifico di questa obiezione.
Josef Kramer ha confessato di aver eseguito delle gasazioni omicide
a Stutthof. Faurisson commenta:
"Les absurdités techniques abondent. On lit sur place la "confession" de Joseph Kramer, ancien commandant du camp. Kramer dit que c'est par un "trou" (sic!) qu'il versait lui-meme "une certaine quantité de sels cyanhydriques", puis "une certaine quantité d'eau": le tout dégageait, parait-il, un gaz (!!!) qui tuait en un minute". (34)
La questione è dunque questa: dei sali cianidrici coll'aggiunta
di acqua possono sviluppare un gas tossico dall'azione fulminante?
La risposta di Pitch Bloch è invece questa: il carburo
di calcio coll'aggiunta di acqua sviluppa acetilene gassoso.
La malafede del nostro chimico è lampante: non c'è
bisogno di essere ingegneri chimici per sapere che i sali "sono
composti che risultano dalla reazione di un acido con una base
o viceversa". (35) I "sali cianidrici" , o cianuri,
sono appunto "i sali dell'acido cianidrico", (36) come
ad esempio il cianuro di potassio -- KCN -- e il cianuro di sodio
-- NaCN.
Forse il nostro "ingegnere chimico. Scuola politecnica federale
di Zurigo dottore in scienze" (p.61) troverà ancora
più sconveniente ricevere un'altra piccola lezione di chimica
da uno storico, per di più revisionista.
Tra i disinfestanti usati dai Tedeschi negli anni Trenta e Quaranta
c'era il Cyancalcium (calciocianammide) -- Ca(CN)2 -- che era
commercializzato col nome di Cyanogas e sviluppava acido cianidrico
con l'acqua o con l'umidità secondo la reazione: Ca(CN)2
+ 2H2O = 2HCN + Ca(OH)2. (37)
Pitch Bloch aveva ragione, ma non lo sapeva!
Per quanto concerne il "sapone umano", che Faurisson
considera, dal punto di vista chimico, "una leggenda assurda"
(p.60), essa è si una leggenda, come ammette Pierre Vidal-Naquet
(p.150, nota 11), ma per nulla assurda chimicamente. Qui Pitch
Bloch ha pienamente ragione.
"7.Si puo dire che per i "revisionisti" le camere
a gas non esistono perché la non esistenza è uno
dei loro attributi" (p.23). Ho già mostrato che questo
principio, mutatis mutandis, è "le point de départ
obligé" proprio di Pierre Vidal-Naquet, per il
quale lo sterminio ebraico esiste perché l'esistenza è
uno dei suoi attributi. Per giustificare la sua affermazione,
Pierre Vidal-Naquet scrive:
"Per esempio la parola Vergasung significa si gassazione se compare nella forma negativa in una lettera dello storico Martin Broszat a Die Zeit (19 agosto 1960): Keine Vergasung in Dachau (nessuna gassazione a Dachau), ma Vergasungskeller significa "camera di carburazione" in un documento del gennaio 1943 citato da Georges Wellers (Faurisson, Vérité, pp.104 e 109)"
.
Argomentazione davvero straordinaria! Evidentemente il contesto,
per il nostro storico, non conta nulla. Nel primo caso, poiché
lo scopo della lettera di Martin Broszat era appunto quello di
dichiarare che non c'era stata nessuna gasazione omicida a Dachau,
è ovvio che Vergasung significa gasazione omicida;
nel secondo caso, poiché non si conosce né lo scopo
né la funzione del Vergasungskeller, non è
altrettanto ovvio che Vergasung significhi gasazione omicida;
Pierre Vidal-Naquet assume questo significato sulla base, appunto,
della "prova ontologica" che rimprovera ai revisionisti:
il Vergasungskeller è una camera a gas omicida,
dunque Vergasung significa gasazione omicida. E' proprio
vero: la conclusione precede le prove!
Pierre Vidal-Naquet, cosi amante della verità, sarà
felice di apprendere il giudizio di Jean-Claude Pressac su questo
Vergasungskeller:
(To adfirm, SOLELY on the basis of the letter of 29th January 1943 that the term "Vergassungskeller" [sic] designated a homicidal gas chamber installed in Leichenkeller 1/corpse cellar 1 of Krematorium II was irresponsible". (38)
L'affermazione, o meglio, l'insinuazione di Pierre Vidal-Naquet
è dunque "irresponsabile".
"8.Infine e soprattutto, tutto cio che puo rendere conveniente,
credibile, questa spaventosa storia, che puo segnare l'evoluzione,
fornire termini di paragone, è ignorato o falsificato"
(p.23).
Pierre Vidal-Naquet evoca qui "le imprese degli Einsatzgruppen
(le famose fosse di Baby Yar, per esempio) e l'uccisione dei malati
di mente tedeschi".
E' vero che il libro di S.Thion Vérité historique
ou vérité politique? non dice nulla degli Einsatzgruppen,
(39) ma Butz dedica ad essi varie pagine. (40) Di Babi Jar si
è occupato approfonditamente Herbert Tiedemann; (41)John
Ball ha pubblicato una fotografia aerea scattata una settimana
dopo la fine della presunta cremazione delle vittime (42) che
non mostra il minimo indizio di questa colossale impresa. (43)
Per quanto riguarda la questione dell'eutanasia, essa ha ben poco
ha che vedere con l'Olocausto.
NOTE
(1)Per ragioni di praticità,
cito l'opera di Pierre Vidal Naquet nella traduzione menzionata
nella nota 5 indicando soltanto le pagine tra parentesi tonda.
Adotto questo sistema anche per le opere analizzate nei capitoli
successivi. L'edizione originale (Les assassins de la mémoire.
La Découverte) è uscita nel 1987. ll saggio Un
Eichmann de papier era già apparso nel libro Les
Juifs, la mémoire et le présent. PCM/ petite
collection Maspero, Paris 1981 (trad. it.: Gli Ebrei, la memoria
e il presente, Editori Riuniti, Roma 1985); le "Tesi
sul revisionismo" sono state pubblicate in italiano nel 1983
(Rivista di storia contemporanea, Fascicolo 1, Gennaio
1983, pp.3-24).
(2) Con cio mi riferisco anche alle fotocopie di documenti originali.
(3) Nadine Fresco, Les redresseurs de morts. Chambres à
gaz: la bonne nouvelle. Comment on révise l'histoire,
in: "Les Temps Modernes", 35e année, N·
407, Juin 1980, pp.2150-2211.
(4) Vedi infra, paragrafo 2.
(5) "La petite bande abjecte qui s'acharne encore aujourd'hui
à nier la réalité du crime de génocide,
en s'en prenant à ce qui en fut, pendant la seconde guerre
mondiale, son instrument privilégié : la chambre
à gaz, a bien choisi son objectif, car ce fut effectivement
un instrument de l'extermination". Pierre Vidal-Naquet, Les
degrés dans le crime, in: "Le Monde", 16
giugno 1987, p.2.
(6) La Vieille Taupe, Paris 1980.
(7) Vedi al riguardo la Bibliografia revisionista essenziale che
presento alla fine del volume.
(8) Pierre Vidal-Naquet stravolge le affermazioni di Faurisson,
il quale in realtà ha dichiarato che il numero degli Ebrei
morti durante la seconda guerra mondiale "pourrait être
de l'ordre d'un million mais, plus probablement, de plusieurs
centaines de milliers si l'on ne compte pas les Juifs combattant
sous les uniformes militaires alliés" (Serge Thion,
Vérité historique ou vérité politique
?, op. cit., p.197). La divisione di questo milione
in due parti è di Pierre Vidal Naquet, non di Faurisson,
che inoltre non menziona affatto la mortalità "per
episodi di guerra". L'ironia di Pierre Vidal-Naquet sugli
Ebrei morti negli eserciti alleati è decisamente fuori
luogo, perché è noto che, nel solo esercito sovietico,
si arruolarono 500.000 Ebrei (Solomon Grayzel, Storia degli
Ebrei. Roma, Fondazione per la Gioventù Ebraica, 1964,
p.695).
(9) Vedi la Bibliografia alla fine dell'opera..
(10) Sentinella d'Italia, 1985.
(11) Thies Christophersen è menzionato, soltanto nella
sezione bibliografica, in una pagina fitta di titoli di opere
revisioniste, cosi:" Thies Christophersen, Der Auschwitz--Betrug,
Kritik nr 27 (Kritik Verlag, Mohrkirch), s.d." . Le mythe
de l'extermination des juifs, rivista citata, p.63).
(12) Le mythe de l'extermination des juifs, rivista citata,
p.75.
(13) Il fatto che io non creda alla tesi di uno sterminio in massa
in camere a gas omicide e che non consideri il termine Endloesung
(soluzione finale) sinonimo di sterminio, non sono principi, ma
conclusioni.
(14) Cito, per tutti, la segnalazione apparsa su "Le Monde"
(12 maggio 1987, p.10): "Annales d'histoire révisionniste.
Une revue met en cause l'extermination des juifs", dove è
citata la fine del mio saggio.
(15) Mi riferisco a tale Bougenaa Amara che avrebbe espresso un
giudizio revisionista sull'Opinione di Rabat (p.156, nota 44):
personalmente, non avevo mai sentito nominare né l'uomo
né il giornale.
(16) Pierre Vidal-Naquet parla al riguardo di "un'intera
sottoletteratura che rappresenta una forma davvero immonda di
sollecitazione al consumo sadico" (p.15). Ma c'è anche
di peggio. In un opuscolo del 1945 si legge tra l'altro:"
Ziereis, capo del campo di Mauthausen ha ammesso che, nei distretti
di Varsavia, Kovno, Riga e Libau sono state assassinate circa
10 milioni di persone. Un certo Moll, incaricato del forno crematorio
di Dachau, ha confessato d'aver bruciato, tra il 1942 e il 1945,
più di 7 milioni di persone. Nel campo di Belsen, su 45.000
ebrei internati, solo 60 sono sopravvissuti e non meno di 400.000
individui sono stati bruciati nei forni. [...] Sempre a Belsen,
in un solo forno, venivano bruciati mille cadaveri all'ora e,
in un solo giorno, furono gettati nei forni 80.000 ebrei [a].
Edgard Wall, Il processo di Norimberga contro i maggiori criminali
di guerra. Tipografia editoriale Lucchi, Milano 1945, pp.25-26.
[a] Poiché in questo campo esistevano due forni crematori,
la cremazione di un cadavere duro in media due secondi!
(17) Vedi al riguardo la Bibliografia revisionista essenziale
che presento alla fine del libro..
(18) Roger Garaudy, Les mythes fondateurs de la politique israélienne.
La Vieille Taupe. Hiver 1995 (N· spécial, hors commerce).
Il libro contiene, tra l'altro, un capitolo su Le mythe de
la justice de Nuremberg e uno su Le mythe de l'Holocauste
(pp.72-147).
(19) La politique hitlérienne d'extermination: une déclaration
d'historiens, in: "Le Monde", 21 febbraio 1979,
p.23.
(20) Rassinier è morto nel 1967 (p.31), mentre questi documenti
sono stati pubblicati nel 1972 (p.143, nota 43): la sua omissione
è dunque gravissima!
(21) Wilhelm Staeglich, Der Auschwitz--Mythos. Legende oder
Wirklichkeit? Grabert Verlag, Tubingen 1979, pp. 129-134.
(22) Ibidem, p.100 e 102.
(23) Staeglich si occupa delle altre "testimonianze dirette"
ben più importanti di Goebbels, op.cit., pp.115-119.
(24) Vedi capitolo IV.
(25) Intervista sull'Olocausto, Edizioni di Ar, 1995, pp.
29-30.
(26) Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem internationalen
Militaergerichtshof. Nuernberg 14.November 1945--1.Oktober
1946. Veroeffentlicht in Nuernberg, Deutschland, 1949 [d'ora in
avanti: IMG], vol.I, p.16.
(27) Auschwitz: le "confessioni" di Hoess, Edizioni
La Sfinge, Parma 1987.
(28) Trial of Josef Kramer and Forty-four Others (The Belsen
Trial). Edited by Raymond Philips, William Hodge and Company,
Limited, London Edinburgh Glasgow, 1946, p.731.
(29) Ibidem, p. 157.
(30) IMG, vol. XI, pp.61-63.
(31) IMG, vol.XII, pp.25-26.
(32) S.Thion, Vérité historique ou vérité
politique?, op.cit., p.174.
(33) Un survivant du Sonderkommando, in: Auschwitz, présenté
par Léon Poliakov, Julliard, Paris 1964, p.162.
Dov Paisikovic è uno dei pochi testimoni "oculari"
che Pierre Vidal-Naquet oppone ai revisionisti. Eccellente testimone!
(34) S.Thion, Vérité historique ou vérité
politique?, op.cit.,p.312.
(35) Michele Giua e Clara Giua-Lollini, Dizionario di chimica
generale e industriale. Unione Tipografico-Editrice Torinese.
Torino 1950, vol.III, p.437.
(36) Ibidem, vol. I, p.905.
(37) G.Peters, Blausaeure zur Schaedlingsbekaempfung, op.cit.,
p.66.
(38) Jean-Claude Pressac, Auschwitz: Technique and Operation
of the Gas Chambers. The Beate Klarsfeld-Foundation, New York
1989, p.503.
(39) La cosa non è cosi sorprendente come finge di credere
Pierre Vidal-Naquet, visto che il sottotitolo di questo libro
è Le dossier de l'affaire Faurisson. La question des
chambres à gaz, e che esso si occupa essenzialmente,
appunto, di camere a gas.
(40) The Hoax of the Twentieth Century, Historical Review
Press, 1977, pp.197-204; dell'argomento si è occupato diffusamente
anche Udo Walendy: Einsatzgruppen im Verbande des Heeres,
in: "Historische Tatsachen", Nr. 16 e 17, Verlag fuer
Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, Vlotho, 1983.
(41) Babi Jar: Kritische Fragen und Anmerkungen, in: Grundlagen
zur Zeitgeschichte. Ein Handbuch ueber strittige Fragen des 20.
Jahrhunderts. Grabert Verlag, Tuebingen 1994, pp.375-399.
(42) Secondo la storiografia ufficiale, nella gola di Babi Jar
gli Einsatzgruppen avrebbero ucciso il 29 e 30 settembre 1941
33.771 Ebrei; nel 1943 i cadaveri sarebbero stati riesumati e
cremati, dal 18 agosto al 19 settembre. Enzyklopaedie des Holocaust.
Die Verfolgung und Ermordung der europaeischen Juden. Argon
Verlag, Berlin 1993, vol.I, pp.144-145.
(43) John C. Ball, Air Photo Evidence. Auschwitz, Treblinka,
Majdanek, Sobibor, Bergen Belsen, Babi Jar, Katyn Forest.
Ball Resource Services Limited, Delta, B.C., Canada, 1992.
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seguente
Estratto
del libro: Carlo Mattogno, Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio,
Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstadt, Till Bastian,
Florent Brayard et alii contro il revisionismo storico, Padova,
Edizioni di Ar (via Fallopio, 83), 1996, 322 p.
Distribuzione: Libreria Ar, largo Dogana Regia, Salerno. (40 000 Lire)
La compra de questo libro de la Libreria Ar e fortamente consigliata. Vede il website della libreria Ar.
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