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La critica di R. Faurisson al libro

"KL Majdanek. Eine historische und technische Studie"


Carlo Mattogno

Amicus Plato, sed magis amica veritas.



Una critica emozionale

Nel numero di giugno 1999 dei Vierteljahrshefte für freie Geschichtsforschung è apparso uno scritto di R. Faurisson intitolato Eine Revisionistische Monographie über Majdanek (pp. 209-212) che vorrebbe essere una recensione critica dell'opera KL Majdanek. Eine historische und technische Studie (Castle Hill Publisher, Hastings 1998), da me redatta in collaborazione con Jürgen Graf, ma che invece risente pesantemente di fattori emozionali che nulla hanno a che vedere con una sana critica scientifica. Faurisson vi confonde il piano argomentativo con quello personale, fornendo un resoconto dell'opera malevolo e riduttivo, basato chiaramente su una lettura superficiale e incompleta.

L'unica opera revisionistica senza meriti

Per Faurisson la nostra opera non ha praticamente alcun merito storiografico. Il fatto che per la prima volta vi venga resa accessibile la ricca letteratura polacca sul KL Majdanek, il fatto che per la prima volta vi venga affrontato scientificamente il problema del numero dei decessi, il fatto che per la prima volta vi venga ricostruita la storia dei crematori, il fatto che per la prima volta il problema delle camere a gas vi venga studiato scientificamente sulla base di documenti in massima parte inediti e su un'analisi accurata delle installazioni, il fatto che per la prima volta vi sia delineata l'origine della storia delle gasazioni omicide, il fatto che per la prima volta (nel mondo occidentale) venga presentato uno studio esaustivo sulle forniture di Zyklon B al KL Majdanek (che corregge i risultati dell'unico studio polacco dedicato a questo tema), il fatto che per la prima volta vi venga esposta una critica storico-tecnica della Erntefest, il fatto che per la prima volta vi venga dato un resoconto generale dei processi-Majdanek, tutto ció, per lui, non ha alcuna importanza.
Nelle 319 pagine dell'opera, Faurisson ha trovato soltanto "ein paar sehr interessanten Seiten" nel capitolo dedicato alla Erntefest, ma si è affrettato a dichiarare subito dopo la sua insoddisfazione, perché la conclusione del capitolo è introdotta da un insoddisfacente "sehr wahrscheinlich", ovviamente dovuto alla mancanza di documenti. Questo rimprovero è stupefacente: che cosa si aspettava, Faurisson, che io fabbricassi qualche documento per rendere le mie conclusioni più "soddisfacenti"? Del resto, se qualcuno, per criticare la sua tesi dell'impossibilità radicale delle camere a gas omicide, gli chiedesse, ad esempio, dove sono finiti gli Ebrei deportati ad Auschwitz che non furono immatricolati, non sarebbe costretto a rispondere anch'egli che "sehr wahrscheinlich" furono trasferiti altrove?
E se questa conclusione non rende insoddisfacenti le sue conclusioni sulle camere a gas di Auschwitz, perché mai dovrebbe rendere insoddisfacenti le mie sulla Erntefest?

Un falso problema

Faurisson adduce cinque argomenti -- che esamineró successivamente -- per dimostrare che alcuni storici ufficiali non considerano il KL Majdanek un "Vernichtungslager", come se noi avessimo sostenuto che tutti gli storici ufficiali lo considerano tale! In realtà noi abbiamo affermato quanto segue:
"Der offiziellen westlichen Geschichtsschreibung zufolge diente Majdanek zugleich als Arbeits- und Vernichtungslager" (p.14).
Perció Faurisson ha sollevato un falso problema e i suoi rimproveri sono infondati già in partenza.
Egli fraintende completamente l'intenzione degli autori, perché lo scopo del nostro libro, come viene dichiarato esplicitamente a p.18, era quello di colmare una lacuna storiografica, consistente nel fatto che all'epoca non esisteva alcuno studio scientifico sul KL Majdanek. Per fare il punto della situazione, nell'Introduzione abbiamo esposto sinteticamente le posizioni della storiografia olocaustica occidentale e polacca -- secondo le quali Majdanek era un campo di concentramento e di sterminio o soltanto di sterminio -- e di quella revisionistica. Ovviamente abbiamo preso in considerazione le opere più autorevoli, in forma di libro o di articolo. Non era minimamente nostra intenzione e non c'era alcun motivo di stilare una noiosa lista di tutti gli autori che abbiano scritto due righe su Majdanek.
In questa prospettiva, Faurisson ci rimprovera inoltre di non aver segnalato al lettore la "völlige Verwirrung" che regna anche tra gli storici ufficiali che attribuiscono al KL Majdanek la funzione di "Vernichtungslager" e che si manifesta concretamente nelle "Schwankungen in der vorgegebenen Zahlen der Opfer" (p. 209). In realtà a tale questione abbiamo dedicato un intero paragrafo ("Die Zahlen der westlichen Historiker", pp. 88-90).

Il vero problema

Il problema essenziale dibattuto nel libro non è se Majdanek fosse o non fosse un "Vernichtungslager", ma se le camere a gas che ancora vi esistono siano state o non siano state impiegate a scopo omicida. Faurisson, invece, non solo crea il falso problema del "Vernichtungslager", ma tenta anche di sostenere la sua tesi ricorrendo ad argomenti inconsistenti.
E' vero che al processo di Norimberga (argomento 1, p. 209) il KL Majdanek non ebbe praticamente alcun rilievo, ma esso fu comunque presentato come campo di sterminio dotato di camere a gas omicide nei documenti URSS-29 e URSS-93.
L. Poliakov (argomento 2, p. 209) ha scritto sí che Majdanek "n'était pas un camp d'extermination immédiate", ma ha aggiunto poi che "c'était un camp de travail, c'est-à-dire un camp d'extermination différée", al quale, seguendo la Commissione di inchiesta polacca, egli ha attribuito 200.000 vittime nel 1943 e nel 1944. (1) Nel 1963 L. Poliakov ha pubblicato un resoconto del processo Eichmann di Gerusalemme nel quale ha riportato ampi brani della sentenza. Il punto 126 si riferisce al KL Majdanek. Vi si legge:
"Le camp de Maidanek, un grand camp près de Lublin, servait également de lieu d'extermination de Juifs. Ils y étaient tués par fusillades et par les gaz. [...]. Des chambres à gaz furent également installées à Maidanek" (2). Non mi risulta che L. Poliakov abbia mai contestato questo passo della sentenza.
G. Reitlinger (argomento 3, p. 209) ha rilevato che a Majdanek "si impiegavano i cristalli di Zyklon B e, pare, su scala ridotta" (3), e non si riferiva certamente alla disinfestazione.
M. Broszat (argomento 4, p. 209), nella famosa lettera a Die Zeit del 19 agosto 1960 ha semplicemente omesso il campo di Majdanek nella lista dei luoghi in cui, a suo parere, avvenne "die Massenvernichtung durch Vergasung" (4). Tuttavia nel 1976 Broszat inserí anche il campo di Majdanek nella lista suddetta nella "Nota preliminare" all'articolo di Ino Arndt e Wolfgang Scheffler "Organisierter Massenmord an Juden in nazionalsozialistischen Vernichtungslagern" (5).
La citazione (tre parole!) tratta dalla sentenza dell'8 maggio 1950 di un Tribunale di Berlino (argomento 5, p. 209) si riferisce al processo Sobibor. Dunque, per Faurisson, tre parole scritte dai giudici di Berlino che giudicavano su Sobibor e non avevano pertanto alcuna competenza sul KL Majdanek, sono più importanti delle conclusioni dei giudici di Düsseldorf, che hanno giudicato esclusivamente sul KL Majdanek!
Con la stessa logica egli pone autori che hanno dedicato due o tre righe a questo campo al di sopra di coloro che hanno scritto al riguardo libri e articoli. In questo contesto, egli passa sotto silenzio la nostra citazione a p.14 dall'autorevole Enzyklopädie des Holocaust, che attribuisce esplicitamente al KL Majdanek sia camere a gas omicide sia il carattere di Vernichtungslager (p. 14).
Cosí, di nuovo, per Faurisson qualche riga scritta da Poliakov, Broszat o Reitlinger è enormemente più importante di un articolo specifico dell' Enzyklopädie des Holocaust!

Un KL insignificante?

Faurisson afferma che nella letteratura olocaustica occidentale il KL Majdanek ha attualmente un valore del tutto secondario o addirittura insignificante e "die beiden Verfasser dieses Buches hätten den Leser darauf aufmerksam machen müssen" (p. 209).
Questo rimprovero rivela una prospettiva divulgativa che è in antitesi con il carattere scientifico della nostra opera. Se Faurison è abituato a scrivere per persone che non sanno neppure quale sia l'importanza di un campo di concentramento, questa è una sua scelta personale che io rispetto, ma egli non puó pretendere di imporla anche a noi. Il nostro libro è invece destinato essenzialmente agli specialisti, non solo revisionisti, ma anche antirevisionisti.
Faurisson prende come un rimprovero personale la nostra semplice constatazione, senza il minimo intento polemico, che sul KL Majdanek non esisteva alcuna opera scientifica revisionistica, a tal punto che sente il bisogno di giustificarsi, adducendo il fatto della "Bedeutungslosigkeit" di tale campo per la letteratura olocaustica.
Il senso di tale giustificazione è questo: gli storici ufficiali hanno attribuito scarsa importanza a Majdanek, dunque neanche i revisionisti se ne sono occupati! Ció implica una visione storiografica alquanto gretta. Come se il compito del revisionismo fosse soltanto ed unicamente quello di negare ció che gli storici ufficiali hanno affermato! In questo modo si dà solo ragione agli avversari che definiscono il revisionismo, appunto, negazionismo.
Il senso del suo rimprovero è invece che, in fondo, il nostro libro era perfettamente inutile, perché le conclusioni essenziali sul KL Majdanek erano già state proclamate da lui, sicché "jetzt haben J. Graf und C. Mattogno sie lediglich bestätigt" (p. 209).
Egli elenca poi le sue dichiarazioni sul KL Majdanek a partire dal 1975, quando scoprí "dass es in Majdanek keine Gaskammern zur Menschentötung gab oder gegeben haben kann" e ci rimprovera di non averle menzionate, al pari di quelle di D. Felderer (p. 210).
La pretestuosità dell'argomento della "Bedeutungslosigkeit" del KL Majdanek è evidente: se questo campo aveva veramente un peso storiografico cosí insignificante, perché Fred Leuchter vi è stato mandato da E. Zündel, proprio su proposta di Faurisson, a dimostrare che le sue presunte camere a gas omicide non erano tali?

Le "scoperte" di Faurisson

Il fatto che nella nostra opera non appaia alcun accenno a Felderer e a Faurisson è la conseguenza di una scelta ponderata.
Di Felderer, su Majdanek, abbiamo vagliato la scarna deposizione al processo Zündel del 1988 (6); di Faurisson abbiamo letto le poche righe sparse qua e là in Vérité historique ou vérité politique del 1980. Ma le loro affermazioni, non suffragate del resto da alcuna prova, nella nostra struttura argomentativa storico-tecnica, basata su documenti inediti e su nuove osservazioni architettoniche, erano del tutto irrilevanti e conseguentemente inutilizzabili. Non c'era dunque ragione di menzionarle.
Nel paragrafo intitolato "Le camere a gas di Majdanek nella letteratura revisionistica" (pp. 154-159) abbiamo preso in considerazione soltanto gli scritti su Majdanek presentati in forma di studio organico, non esistendo alcun motivo per fare una rassegna di tutti coloro che hanno scritto qualche riga sull'argomento. E né Faurisson, né Felderer hanno scritto qualcosa di organico su Majdanek.
E' vero che Faurisson ha affermato già da decenni che le camere a gas del KL Majdanek erano un impianto di disinfestazione, ma, nei suoi scritti, non ho mai trovato alcuna prova, né documentaria né architettonica né chimica né di altro genere di questa semplice affermazione, che dunque i revisionisti dovevano accettare soltanto in virtù del principio di autorità dell' ipse dixit.
In Vérité historique ou vérité politique, che è apparso nel 1980, Faurisson ha scritto quanto segue:
"Pour ce qui est de Majdanek, la visite des lieux s'impose. Elle est, s'il se peut, encore plus concluante que celle du Struthof. Je publierai un dossier sur la question" (p. 87).
A 19 anni di distanza, attendiamo ancora l'apparizione di questo dossier.
L'affermazione di Faurisson secondo la quale le camere a gas di Majdanek erano delle camere di disinfestazione è inoltre fuorviante, anzitutto perché egli non ha mai sfiorato il problema essenziale della presunta camera a gas omicida ad ossido di carbonio, che avrebbe funzionato con due bombole di ossido di carbonio. Queste bombole, prima della mia scoperta che esse recano incisa la scritta CO2 (anidride carbonica), passavano appunto per bombole di ossido di carbonio: allora, come si poteva conciliare una gasazione con ossido di carbonio (che non è un insetticida né un germicida) con le gasazioni di disinfestazione? E, conseguentemente, come poteva affermare Faurisson che questo locale era una camera di disinfestazione? In secondo luogo, egli non ha mai spiegato per quale ragione la camera di disinfestazione che è rimasta allo stato originario non poteva essere usata a scopo omicida.
Dunque le rivendicazioni di Faurisson ad un presunto primato argomentativo sulle camere a gas del KL Majdanek sono completamente fuori luogo.

Il rapporto Leuchter

Nel capitolo sulle "camere a gas" del KL Majdanek, redatto da me, non potevamo passare sotto silenzio il rapporto Leuchter. Il bilancio della mia analisi critica degli argomenti di Leuchter è decisamente negativo. Faurisson, mescolando anche qui il piano personale con quello argomentativo, mi accusa di aver esposto "leichtfertige persönliche Angriffe auf einen Gegner [...], der sich nicht einmal wehren kann" (p. 212).
Quanto io sia un "nemico" di Leuchter, risulta dal fatto che, ogni volta che ne ho avuto occasione, l'ho difeso dalle critiche infondate dei veri avversari. Ad esempio, nel mio Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio (Edizioni di Ar, 1996) ho dedicato un intero capitolo alla difesa di Leuchter (Rapporto Leuchter: La parola agli "esperti"), tra l'altro, anche dalle accuse infondate di Pressac!.
Per quanto a qualcuno possa risultare difficile comprendere la distinzione, io non ho portato "persönliche Angriffe" a Leuchter, ma ho esposto critiche documentate alle sue argomentazioni infondate.
Quanto poi le mie critiche siano "leichtfertige", risulta dal fatto che Faurisson non ne discute neppure una. Anche in questo caso il lettore si deve accontentare dell' ipse dixit. Il rimprovero che io ho criticato una persona che non puó difendersi, quand'anche fosse vero, è ingenuo: secondo questa logica, nessuno, in nessun campo, dovrebbe più criticare gli autori del passato, che, essendo morti, non possono difendersi! Per addurre un esempio più attinente al nostro tema, nessun revisionista dovrebbe più criticare gli scritti di Georges Wellers, che è morto nel 1991 e non puó più difendersi.
Ora, poiché Faurisson ha avuto una parte cospicua nella progettazione e, presumo, nella redazione del rapporto Leuchter, chi più di lui dovrebbe essere capace di confutare eventuali critiche "leichtfertige" che gli vengono mosse? Quale migliore occasione per dimostrare la "Böswilligkeit" di C. Mattogno? Egli invece si accontenta di una semplice affermazione, che tradisce la sua incapacità di rispondere sul piano argomentativo alle mie critiche, e dunque il carattere strettamente personalistico ed emotivo della sua accusa.
Nella mia critica scientifica a Leuchter, Faurisson vede soltanto il presunto fatto che "in der Geschichtsschreibung der Revision des 'Holocaust' Revisionisten mit einer Böswilligkeit sondergleichen in aller Öffentlichkeit andere Revisionisten bekämpfen" (p. 212).
Qui evidentemente si fronteggiano due concezioni antitetiche del revisionismo, quella di Faurisson, come ideologia, e quella nostra, come metodologia aperta a ogni forma di critica seria. Solo una ideologia storiografica dogmatica e settaria puó considerare la critica scientifica come gratuita "Böswilligkeit".
Faurisson mi accusa inoltre di scorrettezza metodologica, ossia del fatto "dass C. Mattogno nicht einmal F. Leuchters Beweisführung darlegt", di aver riferito gli argomenti di Leuchter tramite un suo nemico dichiarato, Pressac, infine di aver citato "nur winzige Bruchstücke seines Gutachtens" (p. 210).
In un "Nota bene" finale egli afferma che "nur wenige Revisionisten kennen den Leuchter-Bericht über Auschwitz, Birkenau und Majdanek in seinem ganzen Umfang" (p. 212).
Questo è un rimprovero indiretto rivolto a me, perché le citazioni del rapporto Leuchter che appaiono nel nostro libro sono tratte dalla traduzione abbreviata di U. Walendy.
Rassicuro Faurisson: io sono uno dei pochi fortunati che posseggono l'edizione integrale americana del rapporto Leuchter. L'analisi dei suoi argomenti su Majdanek è stata condotta sul testo originale, ma l'Editore, per ovvie ragioni, ha preferito riferirsi alla traduzione tedesca per cosí dire "ufficiale" già esistente.
Il fatto che io abbia citato il giudizio del "nemico" Pressac sulla parte del rapporto Leuchter che si riferisce al KL Majdanek e che io concordi con tale giudizio, puó scandalizzare soltanto chi attribuisce a Pressac il carattere demonologico della menzogna assoluta, dell'incapacità ontologica di cogliere la verità, che finora gli avversari più virulenti avevano attribuito a Faurisson stesso!
E' comunque falso che io abbia riferito gli argomenti di Leuchter tramite Pressac, come è falso che io non abbia esposto "nicht einmal" la "Beweisführung" di Leuchter. In realtà la mia critica si basa sulla lettura integrale degli argomenti di Leuchter nell'edizione originale americana, da cui ho citato i passi salienti, cioè quelli indicati alle note 426 e 430-439 (pp. 154-156) del nostro libro.
L'accusa che queste citazioni siano "nur winzige Brüchstücke" del rapporto Leuchter -- che contraddice apertamente quella secondo cui "C. Mattogno nicht einmal F. Leuchters Beweisführung darlegt" -- non dipende certo da una mia malevola volontà riduttiva, ma dal fatto che, come tutti coloro che posseggono l'edizione originale del rapporto sanno, Leuchter ha scritto pochissimo sulle camere a gas del KL Majdanek, ossia poco più di tre pagine (i punti 12.001-12.006 e 17.000-17.008), di cui una pagina e mezza -- cioè i punti 17.000-17.004 -- non contiene alcun argomento, ma soltanto la descrizione degli impianti. Gli argomenti sono esposti in poco più di una pagina nei punti 12.002-12.006 e 17.005; quelli rilevanti non sono più di otto!

J.-C.Pressac

Faurisson mi rimprovera poi di aver fornito nel capitolo VI "ein unvollständiges Portait von J.-C. Pressac" -- come se io fossi il suo biografo! -- e di aver citato "lobrednerisch" il suo articolo "Les carences et incohérences du rapport Leuchter" senza dire nulla "über die Schwächen dieser Studie", e, soprattutto, senza aver esposto "die ganze Reichweite" della critica di Pressac alle autorità del Museo di Majdanek.
Io avrei dovuto inoltre segnalare al lettore un articolo di Faurisson del 1989 nel quale egli era giunto alla convinzione "dass Pressac nicht an das Vorhandensein von Gaskammern zur Menschentötung in diesem Lager glaubt" (p. 211).
E' chiaro che Faurisson non ha capito o non ha voluto capire la struttura argomentativa del capitolo VI della nostra opera. Io vi ho utilizzato le acute riflessioni di Pressac sulle camere a gas di Majdanek solo come punto di partenza per un approfondimento ulteriore, basato su nuovi documenti e su un'ispezione più accurata dei luoghi, che supera e corregge tali riflessioni, e questo è tutto. Poiché, in tale prospettiva, mi interessavano soltanto gli argomenti relativi alle camere a gas di Majdanek, non c'era alcun motivo di parlare delle "Schwächen" dell'articolo in questione, e ancor meno delle accuse di Pressac alle autorità del Museo.
L'articolo del 1989, intitolato "Pressac devant le rapport Leuchter" (7), è l' unica risposta di Faurisson (8) allo studio di Pressac "Les carences et incohérences du rapport Leuchter" (9), perció ne dovrebbe dimostrare le "Schwächen", ma in realtà non dimostra nulla, essendo di una superficialità estrema: esso liquida gli argomenti di Pressac su Auschwitz in cinque righe! Quanto a Majdanek, Faurisson cita i passi in cui Pressac esprime serie riserve circa l'impiego di acido cianidrico a scopo omicida nelle camere a gas, ma si guarda bene dal riferire che, per Pressac, "il ne peut exister le moindre doute sur la criminalité" del presunto sistema ad ossido di carbonio, e che egli ritiene che le camere a gas di Majdanek, costruite originariamente come camere di disinfestazione, furono poi trasformate in camere a gas omicide funzionanti ad ossido di carbonio (10) Ed è solo grazie a questa omissione che Faurison puó scrivere:"Sur Majdanek, je ne crois pas exagéré de dire que Pressac ne croit pas à l'existence de chambres à gaz homicides dans ce camp" (11).
Faurisson suppone una evoluzione in direzione revisionistica delle idee di Pressac sulle camere a gas di Majdanek e mi rimprovera di non aver menzionato gli scritti in cui apparirebbe questa evoluzione, cioè l'articolo "Les camps de la mort" (Historia nel n.34/1995), dove, a dire di Faurisson, Pressac avrebbe esposto una trattazione "vernichtend" delle camere a gas di Majdanek, e Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers (1989), dove Pressac "anerkannte, dass die sinnbildliche Gaskammer von Majdanek, die immer wieder als zu Menschentötung bestimmt präsentiert wird, in Wirklichkeit eine Entwesungskammer war". Naturalmente "C. Mattogno übergeht das mit Stillschweigen".
In realtà, in entrambi i casi, Pressac ha riaffermato ció che aveva già scritto nell'articolo del 1988 ("Les carences et incohérences du rapport Leuchter") che io ho utilizzato come punto di partenza nel capitolo sulle camere a gas.
Per quanto riguarda Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers, Faurison rimanda alla p. 557, dove, nella didascalia di una fotografia, Pressac parla in effetti di "disinfestation gas chambers", ma egli passa sotto silenzio che Pressac, a p. 555, ammette la possibilità che persino l'impianto di disinfestazione sia stato usato a scopo omicida ("I am not saying that it was never used to kill people, for that is still possible") e menziona poi "the Majdanek homicidal and/or delousing gas chambers".
Nell'articolo apparso su Historia sei anni dopo, che dovrebbe mostrare ancor più chiaramente la presunta evoluzione di Pressac, egli ha scritto:
"Puis, le bloc d'épouillage subit une dernière modification, ne visant plus à améliorer la destruction des poux mais à asphyxier les Juifs inaptes au travail. Le toxique retenu fut le monoxyde de carbone en bouteille métallique, estimé moins dangereux à manipuler que le Zyklon B" (p. 122).
In conclusione, Pressac non ha mai cambiato le sue idee sulla presunta camera a gas omicida ad ossido di carbonio, e Faurisson è in errore anche su questo.

Erudizione e crematori

Faurisson mi accusa ancora di eccesso di erudizione! Fatto da lui, che ha sempre citato ogni fonte possibile e immaginabile e ha sempre fatto sfoggio di una erudizione eccezionale, questo rimprovero appare sorprendente.
Le sue osservazioni sulla capacità di cremazione dei forni crematori sono invece di una superficialità disarmante. Egli afferma (come esempio della mia scarsa padronanza della materia) che, se si vuole dimostrare che la capacità di cremazione addotta dagli storici ufficiali è esagerata, "dann braucht man keine hochtechnischen Betrachtungen über die Bauweise der Verbrennungsöfen und deren Betriebsweise; man wird sich statt dessen im wesentlichen damit begnügen, uns zu sagen, was heute, nach einem halben Jahrhundert, die Verbrennungsleistung irgendeines Krematoriums unserer Städte ist. Die Zahlen sprechen für sich selbst".
Con ció Faurisson mostra di non avere alcuna nozione della problematica relativa alla cremazione. Egli ignora che il sistema costruttivo di un forno crematorio e la sua conduzione sono fattori fondamentali per la sua capacità di cremazione. Per fare un solo esempio concreto, dalle liste di cremazione del crematorio di Terezin risulta una durata media di una cremazione di 36 minuti (12). Quale crematorio moderno puó vantare prestazioni simili?
Se le dichiarazioni di Ivan Lagacé sono esatte, i forni del crematorio di Calgary sono enormemente meno efficienti di quelli degli anni Quaranta, e, in ogni caso, i conseguenti calcoli di Leuchter sulla capacità dei forni di Auschwitz-Birkenau e Majdanek sono del tutto infondati. L'ostinata perseveranza con cui Faurisson resta attaccato a tutti i costi a questi calcoli di Leuchter resta per me un fatto incomprensibile.

Un consiglio non troppo velato ai nostri contributori

A proposito dei nostri viaggi e dei nostri contributori, Faurisson si permette una indebita intromissione scrivendo:
"Haben die beiden Verfasser wirklich geglaubt, sie könnten sich mit der Herausgabe dieses Buches bei denen ins rechte Licht setzen, die ihre Expedition in Ostpolen, in den baltischen Staaten und Russland finanziert haben -- ein Unternehmen, das übrigens keineswegs ihren grossen Hoffnungen und unseren Erwartungen entsprach? Dies fragte ich mich" (p. 212).
Questa è una chiara esortazione ai nostri contributori a non finanziare più eventuali viaggi futuri.
Qui Faurisson non ha alcun diritto di interloquire. Egli non ha né il diritto né la competanza per giudicare i risultati dei nostri viaggi. Non ne ha il diritto, perché non figura tra i nostri contributori; non ne ha la competenza, perché non conosce la portata reale dei risultati dei nostri viaggi, di cui il libro su Majdanek è soltanto la prima pubblicazione. Nell'ambito di questi risultati rientrano infatti i miei attuali progetti di studio, a cominciare dal libro La "Zentralbauleitun der Waffen-SS und Polizei Auschwitz", già apparso nel 1998, a quello sui forni crematori di Auschwitz, che ho finalmente terminato e che dovrebbe essere pubblicato a fine anno, e ad altri ancora che non sto qui ad elencare.
E se la realizzazione di questi progetti ha richiesto più tempo del previsto, ció è dovuto anche al fatto che, nel frattempo, ho sentito il dovere di scrivere due libri (complessivamente circa 500 pagine) per difendere, tra gli altri, proprio Faurisson e Leuchter dagli ingiusti attacchi degli avversari (Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio, 1996, e L"irritante questione" delle camere a gas ovvero da cappuccetto rosso ad ... Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty, 1998).

Una lezione di stile

Concludendo, la critica di Faurisson non ha un carattere argomentativo e razionale, ma puramente emozionale. Due fatti hanno scatenato le sue ire: il non essere stato menzionato nel libro e l'essere stato criticato indirettamente attraverso il rapporto Leuchter, che egli considera una specie di sua creatura.
Quanto ció sia vero, risulta dal fatto che egli non ha detto una sola parola in difesa di G. Rudolf, sebbene questi, nel nostro libro, sia stato criticato non meno aspramente di Leuchter.
Ció dimostra che Faurisson non si preoccupa degli "attacchi" di revisionisti ad altri revisionisti, ma degli "attacchi" di revisionisti a Leuchter-Faurisson. Se ad essere "attaccati" sono altri revisionisti non appartenenti al cenacolo faurissoniano come G. Rudolf, ció non è degno neppure di una parola!
Proprio G. Rudolf ha dato invece a tutti una bella lezione di stile: pur avendo subíto, al pari di Fred Leuchter, critiche anche severe, egli non solo le ha accettate di buon grado, ma ha persino pubblicato il libro in cui erano formulate!
Questo è sano revisionismo.


NOTE
1) L. Poliakov, Bréviaire de la haine, Calmann-Levy 1979, p.219.
2) L. Poliakov, Le procès de Jérusalem. Jugement-Documents, Paris 1963, p.228.
3) G. Reitlinger, La soluzione finale. Il Saggiatore, Milano 1965, p.177.
4) Die Zeit, 19 agosto 1960, p. 16.
5) Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Heft 2, 1976, p.109.
6) Testimonianza riportata in Did Six Million Really Die? Toronto 1992, pp.164-165.
7)
Revue d'Histoire Révisionniste, n.3, 1990-91, pp.145-146.
8) Nell' Opus magnum di Faurisson Ecrits Révisionnistes (1999), su questo tema esiste soltanto il medesimo articolo menzionato nella nota 7 (vol.III, pp. 1240-1241).
9) J.-C. Pressac, "Les carences et incohérences du rapport Leuchter", Jour J, dicembre 1988, p. VIII.
10) Idem.
11) Ved. nota 7, p. 145.
12) Queste liste, insieme ad altre e del crematorio di Westerbork e di quello di Gusen, vengono analizzate nel mio studio sui forni crematori di Auschwitz di prossima pubblicazione.

NOTA
E' apparsa una malevola recensione di Robert Faurisson del libro KL Majdanek. Eine historische und technische Studie redatto da Jürgen Graf e da me nel 1998. La risposta di Jürgen Graf, in forma di "offener Brief" a Robert Faurisson, è stata pubblicata nel numero di Settembre della suddetta rivista (13, dove è seguita da una replica di Faurisson (14). La mia risposta, invece, non è stata pubblicata per mancanza di spazio, e sarebbe scivolata al numero di Dicembre. Per non alimentare tardive e inutili polemiche, avevo inizialmente deciso di rinunciare alla pubblicazione della mia risposta. Tuttavia la replica di Faurisson mi ha convinto della necessità di far conoscere anche il mio punto di vista sulla questione. Ció è anche doveroso, sia perché le critiche di Robert Faurisson si riferiscono pressoché esclusivamente alla parte del libro scritta da me, sia perché non è giusto che Jürgen Graf si assuma responsabilità che non gli competono.
Presento dunque in questa sede, che è senza dubbio la più adatta, la mia risposta alle critiche di Robert Faurisson.
13) J.Graf, Offener Brief an Prof. Robert Faurisson, in: VffG, 3.Jg., Heft 3, September 1999, pp. 327-330.
14) R. Faurisson, Antwort an Jürgen Graf, in: VffG, 3.Jg., Heft 3, September 1999, pp. 330-332.


Cf Faurisson: Auschwitz: Technique and operation of the gas chambers (1989)ou Bricolage et "gazouillages" à Auschwitz et à Birkenau selon J.-C. Pressac (1989), Additif 2.




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