Amicus Plato, sed magis amica veritas.
Una critica emozionale
Nel numero di giugno 1999 dei Vierteljahrshefte für freie
Geschichtsforschung è apparso uno scritto di R. Faurisson
intitolato Eine Revisionistische Monographie über Majdanek
(pp. 209-212) che vorrebbe essere una recensione critica dell'opera
KL Majdanek. Eine historische und technische Studie (Castle
Hill Publisher, Hastings 1998), da me redatta in collaborazione
con Jürgen Graf, ma che invece risente pesantemente di fattori
emozionali che nulla hanno a che vedere con una sana critica scientifica.
Faurisson vi confonde il piano argomentativo con quello personale,
fornendo un resoconto dell'opera malevolo e riduttivo, basato
chiaramente su una lettura superficiale e incompleta.
L'unica opera revisionistica senza meriti
Per Faurisson la nostra opera non ha praticamente alcun merito
storiografico. Il fatto che per la prima volta vi venga resa accessibile
la ricca letteratura polacca sul KL Majdanek, il fatto che per
la prima volta vi venga affrontato scientificamente il problema
del numero dei decessi, il fatto che per la prima volta vi venga
ricostruita la storia dei crematori, il fatto che per la prima
volta il problema delle camere a gas vi venga studiato scientificamente
sulla base di documenti in massima parte inediti e su un'analisi
accurata delle installazioni, il fatto che per la prima volta
vi sia delineata l'origine della storia delle gasazioni omicide,
il fatto che per la prima volta (nel mondo occidentale) venga
presentato uno studio esaustivo sulle forniture di Zyklon B al
KL Majdanek (che corregge i risultati dell'unico studio polacco
dedicato a questo tema), il fatto che per la prima volta vi venga
esposta una critica storico-tecnica della Erntefest, il
fatto che per la prima volta vi venga dato un resoconto generale
dei processi-Majdanek, tutto ció, per lui, non ha alcuna
importanza.
Nelle 319 pagine dell'opera, Faurisson ha trovato soltanto "ein
paar sehr interessanten Seiten" nel capitolo dedicato alla
Erntefest, ma si è affrettato a dichiarare subito
dopo la sua insoddisfazione, perché la conclusione del
capitolo è introdotta da un insoddisfacente "sehr
wahrscheinlich", ovviamente dovuto alla mancanza di documenti.
Questo rimprovero è stupefacente: che cosa si aspettava,
Faurisson, che io fabbricassi qualche documento per rendere le
mie conclusioni più "soddisfacenti"? Del resto,
se qualcuno, per criticare la sua tesi dell'impossibilità
radicale delle camere a gas omicide, gli chiedesse, ad esempio,
dove sono finiti gli Ebrei deportati ad Auschwitz che non furono
immatricolati, non sarebbe costretto a rispondere anch'egli che
"sehr wahrscheinlich" furono trasferiti altrove?
E se questa conclusione non rende insoddisfacenti le sue conclusioni
sulle camere a gas di Auschwitz, perché mai dovrebbe rendere
insoddisfacenti le mie sulla Erntefest?
Un falso problema
Faurisson adduce cinque argomenti -- che esamineró successivamente
-- per dimostrare che alcuni storici ufficiali non considerano
il KL Majdanek un "Vernichtungslager", come se noi avessimo
sostenuto che tutti gli storici ufficiali lo considerano tale!
In realtà noi abbiamo affermato quanto segue:
"Der offiziellen westlichen Geschichtsschreibung zufolge
diente Majdanek zugleich als Arbeits- und Vernichtungslager"
(p.14).
Perció Faurisson ha sollevato un falso problema e i suoi
rimproveri sono infondati già in partenza.
Egli fraintende completamente l'intenzione degli autori, perché
lo scopo del nostro libro, come viene dichiarato esplicitamente
a p.18, era quello di colmare una lacuna storiografica, consistente
nel fatto che all'epoca non esisteva alcuno studio scientifico
sul KL Majdanek. Per fare il punto della situazione, nell'Introduzione
abbiamo esposto sinteticamente le posizioni della storiografia
olocaustica occidentale e polacca -- secondo le quali Majdanek
era un campo di concentramento e di sterminio o soltanto di sterminio
-- e di quella revisionistica. Ovviamente abbiamo preso in considerazione
le opere più autorevoli, in forma di libro o di articolo.
Non era minimamente nostra intenzione e non c'era alcun motivo
di stilare una noiosa lista di tutti gli autori che abbiano scritto
due righe su Majdanek.
In questa prospettiva, Faurisson ci rimprovera inoltre di non
aver segnalato al lettore la "völlige Verwirrung"
che regna anche tra gli storici ufficiali che attribuiscono al
KL Majdanek la funzione di "Vernichtungslager" e che
si manifesta concretamente nelle "Schwankungen in der vorgegebenen
Zahlen der Opfer" (p. 209). In realtà a tale questione
abbiamo dedicato un intero paragrafo ("Die Zahlen der westlichen
Historiker", pp. 88-90).
Il vero problema
Il problema essenziale dibattuto nel libro non è se Majdanek
fosse o non fosse un "Vernichtungslager", ma se le camere
a gas che ancora vi esistono siano state o non siano state impiegate
a scopo omicida. Faurisson, invece, non solo crea il falso problema
del "Vernichtungslager", ma tenta anche di sostenere
la sua tesi ricorrendo ad argomenti inconsistenti.
E' vero che al processo di Norimberga (argomento 1, p. 209) il
KL Majdanek non ebbe praticamente alcun rilievo, ma esso fu comunque
presentato come campo di sterminio dotato di camere a gas omicide
nei documenti URSS-29 e URSS-93.
L. Poliakov (argomento 2, p. 209) ha scritto sí che Majdanek
"n'était pas un camp d'extermination immédiate",
ma ha aggiunto poi che "c'était un camp de travail,
c'est-à-dire un camp d'extermination différée",
al quale, seguendo la Commissione di inchiesta polacca, egli ha
attribuito 200.000 vittime nel 1943 e nel 1944. (1) Nel 1963 L.
Poliakov ha pubblicato un resoconto del processo Eichmann di Gerusalemme
nel quale ha riportato ampi brani della sentenza. Il punto 126
si riferisce al KL Majdanek. Vi si legge:
"Le camp de Maidanek, un grand camp près de Lublin,
servait également de lieu d'extermination de Juifs. Ils
y étaient tués par fusillades et par les gaz. [...].
Des chambres à gaz furent également installées
à Maidanek" (2). Non mi risulta che L. Poliakov abbia
mai contestato questo passo della sentenza.
G. Reitlinger (argomento 3, p. 209) ha rilevato che a Majdanek
"si impiegavano i cristalli di Zyklon B e, pare, su scala
ridotta" (3), e non si riferiva certamente alla disinfestazione.
M. Broszat (argomento 4, p. 209), nella famosa lettera a Die
Zeit del 19 agosto 1960 ha semplicemente omesso il campo di
Majdanek nella lista dei luoghi in cui, a suo parere, avvenne
"die Massenvernichtung durch Vergasung" (4). Tuttavia
nel 1976 Broszat inserí anche il campo di Majdanek nella
lista suddetta nella "Nota preliminare" all'articolo
di Ino Arndt e Wolfgang Scheffler "Organisierter Massenmord
an Juden in nazionalsozialistischen Vernichtungslagern" (5).
La citazione (tre parole!) tratta dalla sentenza dell'8 maggio
1950 di un Tribunale di Berlino (argomento 5, p. 209) si riferisce
al processo Sobibor. Dunque, per Faurisson, tre parole scritte
dai giudici di Berlino che giudicavano su Sobibor e non avevano
pertanto alcuna competenza sul KL Majdanek, sono più importanti
delle conclusioni dei giudici di Düsseldorf, che hanno giudicato
esclusivamente sul KL Majdanek!
Con la stessa logica egli pone autori che hanno dedicato due o
tre righe a questo campo al di sopra di coloro che hanno scritto
al riguardo libri e articoli. In questo contesto, egli passa sotto
silenzio la nostra citazione a p.14 dall'autorevole Enzyklopädie
des Holocaust, che attribuisce esplicitamente al KL Majdanek
sia camere a gas omicide sia il carattere di Vernichtungslager
(p. 14).
Cosí, di nuovo, per Faurisson qualche riga scritta da Poliakov,
Broszat o Reitlinger è enormemente più importante
di un articolo specifico dell' Enzyklopädie des Holocaust!
Un KL insignificante?
Faurisson afferma che nella letteratura olocaustica occidentale
il KL Majdanek ha attualmente un valore del tutto secondario o
addirittura insignificante e "die beiden Verfasser dieses
Buches hätten den Leser darauf aufmerksam machen müssen"
(p. 209).
Questo rimprovero rivela una prospettiva divulgativa che è
in antitesi con il carattere scientifico della nostra opera. Se
Faurison è abituato a scrivere per persone che non sanno
neppure quale sia l'importanza di un campo di concentramento,
questa è una sua scelta personale che io rispetto, ma egli
non puó pretendere di imporla anche a noi. Il nostro libro
è invece destinato essenzialmente agli specialisti, non
solo revisionisti, ma anche antirevisionisti.
Faurisson prende come un rimprovero personale la nostra semplice
constatazione, senza il minimo intento polemico, che sul KL Majdanek
non esisteva alcuna opera scientifica revisionistica, a tal punto
che sente il bisogno di giustificarsi, adducendo il fatto della
"Bedeutungslosigkeit" di tale campo per la letteratura
olocaustica.
Il senso di tale giustificazione è questo: gli storici
ufficiali hanno attribuito scarsa importanza a Majdanek, dunque
neanche i revisionisti se ne sono occupati! Ció implica
una visione storiografica alquanto gretta. Come se il compito
del revisionismo fosse soltanto ed unicamente quello di negare
ció che gli storici ufficiali hanno affermato! In questo
modo si dà solo ragione agli avversari che definiscono
il revisionismo, appunto, negazionismo.
Il senso del suo rimprovero è invece che, in fondo, il
nostro libro era perfettamente inutile, perché le conclusioni
essenziali sul KL Majdanek erano già state proclamate da
lui, sicché "jetzt haben J. Graf und C. Mattogno sie
lediglich bestätigt" (p. 209).
Egli elenca poi le sue dichiarazioni sul KL Majdanek a partire
dal 1975, quando scoprí "dass es in Majdanek keine
Gaskammern zur Menschentötung gab oder gegeben haben kann"
e ci rimprovera di non averle menzionate, al pari di quelle di
D. Felderer (p. 210).
La pretestuosità dell'argomento della "Bedeutungslosigkeit"
del KL Majdanek è evidente: se questo campo aveva veramente
un peso storiografico cosí insignificante, perché
Fred Leuchter vi è stato mandato da E. Zündel, proprio
su proposta di Faurisson, a dimostrare che le sue presunte camere
a gas omicide non erano tali?
Le "scoperte" di Faurisson
Il fatto che nella nostra opera non appaia alcun accenno a Felderer
e a Faurisson è la conseguenza di una scelta ponderata.
Di Felderer, su Majdanek, abbiamo vagliato la scarna deposizione
al processo Zündel del 1988 (6); di Faurisson abbiamo letto
le poche righe sparse qua e là in Vérité
historique ou vérité politique del 1980. Ma
le loro affermazioni, non suffragate del resto da alcuna prova,
nella nostra struttura argomentativa storico-tecnica, basata su
documenti inediti e su nuove osservazioni architettoniche, erano
del tutto irrilevanti e conseguentemente inutilizzabili. Non c'era
dunque ragione di menzionarle.
Nel paragrafo intitolato "Le camere a gas di Majdanek nella
letteratura revisionistica" (pp. 154-159) abbiamo preso in
considerazione soltanto gli scritti su Majdanek presentati in
forma di studio organico, non esistendo alcun motivo per fare
una rassegna di tutti coloro che hanno scritto qualche riga sull'argomento.
E né Faurisson, né Felderer hanno scritto qualcosa
di organico su Majdanek.
E' vero che Faurisson ha affermato già da decenni che le
camere a gas del KL Majdanek erano un impianto di disinfestazione,
ma, nei suoi scritti, non ho mai trovato alcuna prova, né
documentaria né architettonica né chimica né
di altro genere di questa semplice affermazione, che dunque i
revisionisti dovevano accettare soltanto in virtù del principio
di autorità dell' ipse dixit.
In Vérité historique ou vérité
politique, che è apparso nel 1980, Faurisson ha scritto
quanto segue:
"Pour ce qui est de Majdanek, la visite des lieux s'impose.
Elle est, s'il se peut, encore plus concluante que celle du Struthof.
Je publierai un dossier sur la question" (p. 87).
A 19 anni di distanza, attendiamo ancora l'apparizione di questo
dossier.
L'affermazione di Faurisson secondo la quale le camere a gas di
Majdanek erano delle camere di disinfestazione è inoltre
fuorviante, anzitutto perché egli non ha mai sfiorato il
problema essenziale della presunta camera a gas omicida ad ossido
di carbonio, che avrebbe funzionato con due bombole di ossido
di carbonio. Queste bombole, prima della mia scoperta che esse
recano incisa la scritta CO2 (anidride carbonica), passavano appunto
per bombole di ossido di carbonio: allora, come si poteva conciliare
una gasazione con ossido di carbonio (che non è un insetticida
né un germicida) con le gasazioni di disinfestazione? E,
conseguentemente, come poteva affermare Faurisson che questo locale
era una camera di disinfestazione? In secondo luogo, egli non
ha mai spiegato per quale ragione la camera di disinfestazione
che è rimasta allo stato originario non poteva essere usata
a scopo omicida.
Dunque le rivendicazioni di Faurisson ad un presunto primato argomentativo
sulle camere a gas del KL Majdanek sono completamente fuori luogo.
Il rapporto Leuchter
Nel capitolo sulle "camere a gas" del KL Majdanek, redatto
da me, non potevamo passare sotto silenzio il rapporto Leuchter.
Il bilancio della mia analisi critica degli argomenti di Leuchter
è decisamente negativo. Faurisson, mescolando anche qui
il piano personale con quello argomentativo, mi accusa di aver
esposto "leichtfertige persönliche Angriffe auf einen
Gegner [...], der sich nicht einmal wehren kann" (p. 212).
Quanto io sia un "nemico" di Leuchter, risulta dal fatto
che, ogni volta che ne ho avuto occasione, l'ho difeso dalle critiche
infondate dei veri avversari. Ad esempio, nel mio Olocausto:
Dilettanti allo sbaraglio (Edizioni di Ar, 1996) ho dedicato
un intero capitolo alla difesa di Leuchter (Rapporto Leuchter:
La parola agli "esperti"), tra l'altro, anche dalle
accuse infondate di Pressac!.
Per quanto a qualcuno possa risultare difficile comprendere la
distinzione, io non ho portato "persönliche Angriffe"
a Leuchter, ma ho esposto critiche documentate alle sue argomentazioni
infondate.
Quanto poi le mie critiche siano "leichtfertige", risulta
dal fatto che Faurisson non ne discute neppure una. Anche in questo
caso il lettore si deve accontentare dell' ipse dixit. Il rimprovero
che io ho criticato una persona che non puó difendersi,
quand'anche fosse vero, è ingenuo: secondo questa logica,
nessuno, in nessun campo, dovrebbe più criticare gli autori
del passato, che, essendo morti, non possono difendersi! Per addurre
un esempio più attinente al nostro tema, nessun revisionista
dovrebbe più criticare gli scritti di Georges Wellers,
che è morto nel 1991 e non puó più difendersi.
Ora, poiché Faurisson ha avuto una parte cospicua nella
progettazione e, presumo, nella redazione del rapporto Leuchter,
chi più di lui dovrebbe essere capace di confutare eventuali
critiche "leichtfertige" che gli vengono mosse? Quale
migliore occasione per dimostrare la "Böswilligkeit"
di C. Mattogno? Egli invece si accontenta di una semplice affermazione,
che tradisce la sua incapacità di rispondere sul piano
argomentativo alle mie critiche, e dunque il carattere strettamente
personalistico ed emotivo della sua accusa.
Nella mia critica scientifica a Leuchter, Faurisson vede soltanto
il presunto fatto che "in der Geschichtsschreibung der Revision
des 'Holocaust' Revisionisten mit einer Böswilligkeit sondergleichen
in aller Öffentlichkeit andere Revisionisten bekämpfen"
(p. 212).
Qui evidentemente si fronteggiano due concezioni antitetiche del
revisionismo, quella di Faurisson, come ideologia, e quella nostra,
come metodologia aperta a ogni forma di critica seria. Solo una
ideologia storiografica dogmatica e settaria puó considerare
la critica scientifica come gratuita "Böswilligkeit".
Faurisson mi accusa inoltre di scorrettezza metodologica, ossia
del fatto "dass C. Mattogno nicht einmal F. Leuchters Beweisführung
darlegt", di aver riferito gli argomenti di Leuchter tramite
un suo nemico dichiarato, Pressac, infine di aver citato "nur
winzige Bruchstücke seines Gutachtens" (p. 210).
In un "Nota bene" finale egli afferma che "nur
wenige Revisionisten kennen den Leuchter-Bericht über Auschwitz,
Birkenau und Majdanek in seinem ganzen Umfang" (p. 212).
Questo è un rimprovero indiretto rivolto a me, perché
le citazioni del rapporto Leuchter che appaiono nel nostro libro
sono tratte dalla traduzione abbreviata di U. Walendy.
Rassicuro Faurisson: io sono uno dei pochi fortunati che posseggono
l'edizione integrale americana del rapporto Leuchter. L'analisi
dei suoi argomenti su Majdanek è stata condotta sul testo
originale, ma l'Editore, per ovvie ragioni, ha preferito riferirsi
alla traduzione tedesca per cosí dire "ufficiale"
già esistente.
Il fatto che io abbia citato il giudizio del "nemico"
Pressac sulla parte del rapporto Leuchter che si riferisce al
KL Majdanek e che io concordi con tale giudizio, puó scandalizzare
soltanto chi attribuisce a Pressac il carattere demonologico della
menzogna assoluta, dell'incapacità ontologica di cogliere
la verità, che finora gli avversari più virulenti
avevano attribuito a Faurisson stesso!
E' comunque falso che io abbia riferito gli argomenti di Leuchter
tramite Pressac, come è falso che io non abbia esposto
"nicht einmal" la "Beweisführung" di
Leuchter. In realtà la mia critica si basa sulla lettura
integrale degli argomenti di Leuchter nell'edizione originale
americana, da cui ho citato i passi salienti, cioè quelli
indicati alle note 426 e 430-439 (pp. 154-156) del nostro libro.
L'accusa che queste citazioni siano "nur winzige Brüchstücke"
del rapporto Leuchter -- che contraddice apertamente quella secondo
cui "C. Mattogno nicht einmal F. Leuchters Beweisführung
darlegt" -- non dipende certo da una mia malevola volontà
riduttiva, ma dal fatto che, come tutti coloro che posseggono
l'edizione originale del rapporto sanno, Leuchter ha scritto pochissimo
sulle camere a gas del KL Majdanek, ossia poco più di tre
pagine (i punti 12.001-12.006 e 17.000-17.008), di cui una pagina
e mezza -- cioè i punti 17.000-17.004 -- non contiene alcun
argomento, ma soltanto la descrizione degli impianti. Gli argomenti
sono esposti in poco più di una pagina nei punti 12.002-12.006
e 17.005; quelli rilevanti non sono più di otto!
J.-C.Pressac
Faurisson mi rimprovera poi di aver fornito nel capitolo VI "ein
unvollständiges Portait von J.-C. Pressac" -- come se
io fossi il suo biografo! -- e di aver citato "lobrednerisch"
il suo articolo "Les carences et incohérences du rapport
Leuchter" senza dire nulla "über die Schwächen
dieser Studie", e, soprattutto, senza aver esposto "die
ganze Reichweite" della critica di Pressac alle autorità
del Museo di Majdanek.
Io avrei dovuto inoltre segnalare al lettore un articolo di Faurisson
del 1989 nel quale egli era giunto alla convinzione "dass
Pressac nicht an das Vorhandensein von Gaskammern zur Menschentötung
in diesem Lager glaubt" (p. 211).
E' chiaro che Faurisson non ha capito o non ha voluto capire la
struttura argomentativa del capitolo VI della nostra opera. Io
vi ho utilizzato le acute riflessioni di Pressac sulle camere
a gas di Majdanek solo come punto di partenza per un approfondimento
ulteriore, basato su nuovi documenti e su un'ispezione più
accurata dei luoghi, che supera e corregge tali riflessioni, e
questo è tutto. Poiché, in tale prospettiva, mi
interessavano soltanto gli argomenti relativi alle camere a gas
di Majdanek, non c'era alcun motivo di parlare delle "Schwächen"
dell'articolo in questione, e ancor meno delle accuse di Pressac
alle autorità del Museo.
L'articolo del 1989, intitolato "Pressac devant le rapport
Leuchter" (7), è l' unica risposta di Faurisson (8)
allo studio di Pressac "Les carences et incohérences
du rapport Leuchter" (9), perció ne dovrebbe dimostrare
le "Schwächen", ma in realtà non dimostra
nulla, essendo di una superficialità estrema: esso liquida
gli argomenti di Pressac su Auschwitz in cinque righe! Quanto
a Majdanek, Faurisson cita i passi in cui Pressac esprime serie
riserve circa l'impiego di acido cianidrico a scopo omicida nelle
camere a gas, ma si guarda bene dal riferire che, per Pressac,
"il ne peut exister le moindre doute sur la criminalité"
del presunto sistema ad ossido di carbonio, e che egli ritiene
che le camere a gas di Majdanek, costruite originariamente come
camere di disinfestazione, furono poi trasformate in camere a
gas omicide funzionanti ad ossido di carbonio (10) Ed è
solo grazie a questa omissione che Faurison puó scrivere:"Sur
Majdanek, je ne crois pas exagéré de dire que Pressac
ne croit pas à l'existence de chambres à gaz homicides
dans ce camp" (11).
Faurisson suppone una evoluzione in direzione revisionistica delle
idee di Pressac sulle camere a gas di Majdanek e mi rimprovera
di non aver menzionato gli scritti in cui apparirebbe questa evoluzione,
cioè l'articolo "Les camps de la mort" (Historia
nel n.34/1995), dove, a dire di Faurisson, Pressac avrebbe esposto
una trattazione "vernichtend" delle camere a gas di
Majdanek, e Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers
(1989), dove Pressac "anerkannte, dass die sinnbildliche
Gaskammer von Majdanek, die immer wieder als zu Menschentötung
bestimmt präsentiert wird, in Wirklichkeit eine Entwesungskammer
war". Naturalmente "C. Mattogno übergeht das mit
Stillschweigen".
In realtà, in entrambi i casi, Pressac ha riaffermato ció
che aveva già scritto nell'articolo del 1988 ("Les
carences et incohérences du rapport Leuchter") che
io ho utilizzato come punto di partenza nel capitolo sulle camere
a gas.
Per quanto riguarda Auschwitz: Technique and Operation of the
Gas Chambers, Faurison rimanda alla p. 557, dove, nella didascalia
di una fotografia, Pressac parla in effetti di "disinfestation
gas chambers", ma egli passa sotto silenzio che Pressac,
a p. 555, ammette la possibilità che persino l'impianto
di disinfestazione sia stato usato a scopo omicida ("I am
not saying that it was never used to kill people, for that is
still possible") e menziona poi "the Majdanek homicidal
and/or delousing gas chambers".
Nell'articolo apparso su Historia sei anni dopo, che dovrebbe
mostrare ancor più chiaramente la presunta evoluzione di
Pressac, egli ha scritto:
"Puis, le bloc d'épouillage subit une dernière
modification, ne visant plus à améliorer la destruction
des poux mais à asphyxier les Juifs inaptes au travail.
Le toxique retenu fut le monoxyde de carbone en bouteille métallique,
estimé moins dangereux à manipuler que le Zyklon
B" (p. 122).
In conclusione, Pressac non ha mai cambiato le sue idee sulla
presunta camera a gas omicida ad ossido di carbonio, e Faurisson
è in errore anche su questo.
Erudizione e crematori
Faurisson mi accusa ancora di eccesso di erudizione! Fatto da
lui, che ha sempre citato ogni fonte possibile e immaginabile
e ha sempre fatto sfoggio di una erudizione eccezionale, questo
rimprovero appare sorprendente.
Le sue osservazioni sulla capacità di cremazione dei forni
crematori sono invece di una superficialità disarmante.
Egli afferma (come esempio della mia scarsa padronanza della materia)
che, se si vuole dimostrare che la capacità di cremazione
addotta dagli storici ufficiali è esagerata, "dann
braucht man keine hochtechnischen Betrachtungen über die
Bauweise der Verbrennungsöfen und deren Betriebsweise; man
wird sich statt dessen im wesentlichen damit begnügen, uns
zu sagen, was heute, nach einem halben Jahrhundert, die Verbrennungsleistung
irgendeines Krematoriums unserer Städte ist. Die Zahlen sprechen
für sich selbst".
Con ció Faurisson mostra di non avere alcuna nozione della
problematica relativa alla cremazione. Egli ignora che il sistema
costruttivo di un forno crematorio e la sua conduzione sono fattori
fondamentali per la sua capacità di cremazione. Per fare
un solo esempio concreto, dalle liste di cremazione del crematorio
di Terezin risulta una durata media di una cremazione di 36 minuti
(12). Quale crematorio moderno puó vantare prestazioni
simili?
Se le dichiarazioni di Ivan Lagacé sono esatte, i forni
del crematorio di Calgary sono enormemente meno efficienti di
quelli degli anni Quaranta, e, in ogni caso, i conseguenti calcoli
di Leuchter sulla capacità dei forni di Auschwitz-Birkenau
e Majdanek sono del tutto infondati. L'ostinata perseveranza con
cui Faurisson resta attaccato a tutti i costi a questi calcoli
di Leuchter resta per me un fatto incomprensibile.
Un consiglio non troppo velato ai nostri contributori
A proposito dei nostri viaggi e dei nostri contributori, Faurisson
si permette una indebita intromissione scrivendo:
"Haben die beiden Verfasser wirklich geglaubt, sie könnten
sich mit der Herausgabe dieses Buches bei denen ins rechte Licht
setzen, die ihre Expedition in Ostpolen, in den baltischen Staaten
und Russland finanziert haben -- ein Unternehmen, das übrigens
keineswegs ihren grossen Hoffnungen und unseren Erwartungen entsprach?
Dies fragte ich mich" (p. 212).
Questa è una chiara esortazione ai nostri contributori
a non finanziare più eventuali viaggi futuri.
Qui Faurisson non ha alcun diritto di interloquire. Egli non ha
né il diritto né la competanza per giudicare i risultati
dei nostri viaggi. Non ne ha il diritto, perché non figura
tra i nostri contributori; non ne ha la competenza, perché
non conosce la portata reale dei risultati dei nostri viaggi,
di cui il libro su Majdanek è soltanto la prima pubblicazione.
Nell'ambito di questi risultati rientrano infatti i miei attuali
progetti di studio, a cominciare dal libro La "Zentralbauleitun
der Waffen-SS und Polizei Auschwitz", già apparso
nel 1998, a quello sui forni crematori di Auschwitz, che ho finalmente
terminato e che dovrebbe essere pubblicato a fine anno, e ad altri
ancora che non sto qui ad elencare.
E se la realizzazione di questi progetti ha richiesto più
tempo del previsto, ció è dovuto anche al fatto
che, nel frattempo, ho sentito il dovere di scrivere due libri
(complessivamente circa 500 pagine) per difendere, tra gli altri,
proprio Faurisson e Leuchter dagli ingiusti attacchi degli avversari
(Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio, 1996, e L"irritante
questione" delle camere a gas ovvero da cappuccetto rosso
ad ... Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty, 1998).
Una lezione di stile
Concludendo, la critica di Faurisson non ha un carattere argomentativo
e razionale, ma puramente emozionale. Due fatti hanno scatenato
le sue ire: il non essere stato menzionato nel libro e l'essere
stato criticato indirettamente attraverso il rapporto Leuchter,
che egli considera una specie di sua creatura.
Quanto ció sia vero, risulta dal fatto che egli non ha
detto una sola parola in difesa di G. Rudolf, sebbene questi,
nel nostro libro, sia stato criticato non meno aspramente di Leuchter.
Ció dimostra che Faurisson non si preoccupa degli "attacchi"
di revisionisti ad altri revisionisti, ma degli "attacchi"
di revisionisti a Leuchter-Faurisson. Se ad essere "attaccati"
sono altri revisionisti non appartenenti al cenacolo faurissoniano
come G. Rudolf, ció non è degno neppure di una parola!
Proprio G. Rudolf ha dato invece a tutti una bella lezione di
stile: pur avendo subíto, al pari di Fred Leuchter, critiche
anche severe, egli non solo le ha accettate di buon grado, ma
ha persino pubblicato il libro in cui erano formulate!
Questo è sano revisionismo.
NOTE
1) L. Poliakov, Bréviaire de la haine, Calmann-Levy
1979, p.219.
2) L. Poliakov, Le procès de Jérusalem. Jugement-Documents,
Paris 1963, p.228.
3) G. Reitlinger, La soluzione finale. Il Saggiatore, Milano
1965, p.177.
4) Die Zeit, 19 agosto 1960, p. 16.
5) Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte, Heft 2,
1976, p.109.
6) Testimonianza riportata in Did
Six Million Really Die? Toronto 1992, pp.164-165.
7) Revue d'Histoire Révisionniste, n.3, 1990-91,
pp.145-146.
8) Nell' Opus magnum di Faurisson Ecrits Révisionnistes
(1999), su questo tema esiste soltanto il medesimo articolo
menzionato nella nota 7 (vol.III, pp. 1240-1241).
9) J.-C. Pressac, "Les carences
et incohérences du rapport Leuchter", Jour
J, dicembre 1988, p. VIII.
10) Idem.
11) Ved. nota 7, p. 145.
12) Queste liste, insieme ad altre e del crematorio di Westerbork
e di quello di Gusen, vengono analizzate nel mio studio sui forni
crematori di Auschwitz di prossima pubblicazione.
NOTA
E' apparsa una malevola recensione di Robert Faurisson del libro
KL Majdanek. Eine historische und technische Studie redatto da
Jürgen Graf e da me nel 1998. La risposta di Jürgen
Graf, in forma di "offener Brief" a Robert Faurisson,
è stata pubblicata nel numero di Settembre della suddetta
rivista (13, dove è seguita da una replica di Faurisson
(14). La mia risposta, invece, non è stata pubblicata per
mancanza di spazio, e sarebbe scivolata al numero di Dicembre.
Per non alimentare tardive e inutili polemiche, avevo inizialmente
deciso di rinunciare alla pubblicazione della mia risposta. Tuttavia
la replica di Faurisson mi ha convinto della necessità
di far conoscere anche il mio punto di vista sulla questione.
Ció è anche doveroso, sia perché le critiche
di Robert Faurisson si riferiscono pressoché esclusivamente
alla parte del libro scritta da me, sia perché non è
giusto che Jürgen Graf si assuma responsabilità che
non gli competono.
Presento dunque in questa sede, che è senza dubbio la più
adatta, la mia risposta alle critiche di Robert Faurisson.
13) J.Graf, Offener Brief an Prof. Robert
Faurisson, in: VffG, 3.Jg., Heft 3, September 1999, pp.
327-330.
14) R. Faurisson, Antwort an Jürgen
Graf, in: VffG, 3.Jg., Heft 3, September 1999, pp. 330-332.
Cf Faurisson: Auschwitz:
Technique and operation of the gas chambers (1989)ou Bricolage
et "gazouillages" à Auschwitz et à Birkenau
selon J.-C. Pressac (1989), Additif 2.