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[Archivio Mattogno]

OLOCAUSTO: DILETTANTI ALLO SBARAGLIO

CARLO MATTOGNO

CAPITOLO SETTIMO



[Il testo che segue è une rielaborazione del capitolo settimo del libro Diliettanti allo sbaraglio, Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstad, Till Bastian, Florent Brayard et allii contro il revisionismo storico, pubblicato dalle Edizioni di Ar (novembre 1996) che ci hanno concesso gentilmente di utilizzarlo.

Il libretto de Graphos contiene une premessa di Cesare Saletta.]


Florent Brayard e la nascita del revisionismo

Florent Brayard è l'autore di un recente libro intitolato Comment l'idée vint à M. Rassinier. Naissance du révisionnisme (1).

Nei rituali Ringraziamenti egli informa che la sua opera costituisce il coronamento di un lavoro iniziato nel 1988, le cui prime tappe sono state un mémoire de maitrise sostenuto nel 1990 all'Università di Nancy II e una dissertazione presentata l'anno seguente all'Ecole des hautes études en sciences sociales davanti a una commissione presieduta da Pierre Nora, della quale faceva parte anche Pierre Vidal-Naquet.

Costui, per ammissione dell'Autore, ha esercitato un'influenza decisiva sull'impostazione del libro:

«Senza gli incoraggiamenti amichevoli e i consigli sempre giudiziosi di Pierre Vidal-Naquet, un lavoro di largo respiro come la redazione di questo libro, di cui egli ha voluto essere il rilettore attento, non sarebbe stato senza dubbio possibile. Che egli trovi qui l'espressione della mia riconoscenza e della mia devozione» (p. 17).

In quale direzione si sia esercitata questa influenza si può desumere facilmente dal principio metodologico che Pierre Vidal-Naquet pone alla base di ogni indagine sul
[14]
revisionismo e che sancisce lapidariamente nella prefazione al libro stesso del Brayard:

«Per cancellare dalla storia questo massacro, bisogna avere solide (o meglio, sordide) ragioni ideologiche, bisogna essere per esempio un neo- o paleo-nazista» (p. 10).

Florent Brayard ha messo bene a frutto gli insegnamenti del maestro: egli ha cercato queste «sordide ragioni ideologiche» sordidamente, è il caso di dirlo in Paul Rassinier.

Il libro di Florent Brayard rappresenta una nuova strategia di attacco contro il revisionismo, al tempo stesso la radicalizzazione e la copertura pseudoscientifica delle ignobili tesi sostenute da Deborah Lipstadt (2). Esso verte, apparentemente, su tre punti: le intenzioni, la metodologia e le argomentazioni di Rassinier; in realtà, il punto veramente essenziale è il primo, in quanto l'opera costituisce uno sforzo immane quanto insulso di attribuire a Paul Rassinier l'etichetta di neo-nazista, nella vana illusione di colpire, nel suo fondatore, il revisionismo attuale. In questo disegno, le critiche che Florent Brayard muove alla metodologia e alle argomentazioni di Rassinier critiche in parte giuste svolgono semplicemente una funzione surrettizia di appoggio alla tesi principale: se Rassinier ha commesso degli abusi in campo metodologico e argomentativo, ciò dipende soltanto dal fatto che egli era un sordido neo-nazista, naturalmente antisemita, che mirava unicamente a riabilitare il nazismo falsificando la storia. E se il fondatore del revisionismo era un falsario neo-nazista... Quest'attacco è diretto in via subordinata anche contro Robert Faurisson; Florent Brayard analizza in modo alquanto contorto le fasi iniziali della sua attività revisionista, insinuando che fin dall'immediato dopoguerra
[15]
Faurisson si diceva antisemita e nazista. Inutile dire che la fonte di questa insinuazione è l'autorevole testimonianza (risalente al 1981!) dell'integerrimo Pierre Vidal-Naquet (p. 439). Così Florent Brayard crea ex nihilo una bella accoppiata di neo-nazisti!

Nelle 464 pagine di Comment l'idée vint à M. Rassinier in massima parte una tediosa annalistica di spicciola erudizione giornalistica che non apporta nessuna conoscenza importante, con un massiccio apparato di lunghissime note, estenuanti quanto insulse è fatica sprecata cercare, nel senso sordido indicato da Pierre Vidal-Naquet, «come l'idea venne al signor Rassinier»: l'Autore si è perduto nella sua immensa marea di futile aneddotica. Al contrario, egli mostra involontariamente che Rassinier iniziò la sua attività revisionista ante-litteram per solide ragioni intellettuali e morali:

«L'atteggiamento che egli adotta più ancora, che ostenta è quello dello storico: egli vuole prove, ordini scritti, testimonianze inconfutabili. E certamente il suo atteggiamento sarebbe lodevole se la realtà non fosse così complessa. All'occorrenza, Rassinier aveva ragione a dire che, sul genocidio e sulle camere a gas, "i documenti [portati a conoscenza del pubblico] sono rari": a causa del segreto che circondava queste operazioni, essi lo sono effettivamente. Non è stato trovato alcun ordine scritto di pugno da Hitler che ordinasse il massacro di tutti gli Ebrei del continente europeo, e senza dubbio non c'è stato: la querelle storiografica tra "intenzionalisti" e "funzionalisti" sulla data in cui questa decisione fu presa, quest'ordine fu impartito, poi ripetuto, sempre oralmente e nel più grande segreto, è sempre alquanto vivace. Lo storico, come accade spesso, non avendo trovato l'atto, il documento inestimabile, è dunque costretto a interrogare i lapsus amministrativi, le cifrature imperfette, per ciò che concerne le fonti scritte, oppure le fonti orali. I documenti presentati che riguardano tali questioni sono dunque eventualmente "imprecisi" o "incompleti", può persino rincarare Rassinier. Ma quando egli aggiunge che sono "troncati" [tronqués], cambia
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registro e postula che esista una volontà di travestimento [sic] della realtà storica d'altra parte, egli spera che "la buona fede presiede[] alle ricerche", le quali ne sono dunque sprovviste» (pp. 100-101).

Contrariamente a ciò che afferma Florent Brayard, l'atteggiamento di Rassinier è stato «lodevole» proprio perché la realtà era così complessa: esigendo «prove, ordini scritti, testimonianze inconfutabili», egli ha dimostrato di essere l'unico storico dotato di senso critico in un mondo di pennivendoli che esercitavano il loro talento storiografico nella ricerca dei «lapsus amministrativi» e delle «cifrature imperfette»! E quanto sia fondato il rimprovero finale di Brayard risulta dal fatto che i pennivendoli con i quali aveva a che fare Rassinier erano i fautori di quella storiografia olocaustica che J.C. Pressac ha definito giustamente

«una storia basata in massima parte su testimonianze raccolte secondo l'umore del momento, troncate per formare verità arbitrarie, e cosparsa di pochi documenti tedeschi di valore disparato e senza connessione reciproca» (3),

il che implica una indubbia volontà di travisamento della realtà storica.

Questa era la disposizione d'animo con la quale Rassinier intraprese le sue ricerche e scrisse, nel 1949, la sua prima opera critica: La menzogna di Ulisse. In questo senso, Florent Brayard ha di nuovo involontariamente ragione quando scrive che

«Rassinier si era potuto sentire investito di una missione quando aveva scritto la sua Menzogna di Ulisse» (p. 214).

Quest'opera era stata forse il frutto di un sentimento antisemitico sia pure latente in Rassinier? Florent Brayard, che ha studiato la copiosa corrispondenza intercorsa negli anni
[17]
Cinquanta tra Albert Paraz, uno scrittore anarco-pacifista, e Paul Rassinier, spazza via anche questo dubbio:

«Nell'imponente complesso di lettere che Rassinier invia ad Albert Paraz non c'è una nota sull'antisemitismo e non sembra inoltre che vi sia una nota antisemitica» (p. 146).

All'allievo di Pierre Vidal-Naquet non resta dunque che pescare nel torbido travisando intenzionalmente il senso e il valore dell'avvicinamento tutto esteriore alla destra francese iniziato da Rassinier verso la metà degli anni Cinquanta (4) e culminato nel 1960 con la sua decisione di collaborare al giornale di destra «Rivarol» con lo pseudonimo di Jean-Pierre Bermont (p. 275).

Florent Brayard si accinge dunque a

«tentare di stabilire una cronologia di questa collusione, così grave, tra Rassinier e la destra più estrema» (p. 249, corsivo mio),

In un crescendo di insinuazioni ignobili quanto infondate, Florent Brayard trasforma dunque Rassinier in un neofita nazista:

«Per non mettere in pericolo la sorta di verginità politica di cui Rassinier ha de facto adornato questo movimento che si chiamerà in seguito "revisionismo" o "negazionismo", né Bardèche né Coston intervengono direttamente, e non prendono la parola su questo argomento» (p. 268),

perciò non hanno esercitato un'influenza dimostrabile sull'origine del revisionismo.

Indi la malevola fantasia di Florent Brayard straripa incontenibilmente.

«E la sua nuova posizione politica non era propriamente "insostenibile"?» (p. 273, corsivo mio).

«In un secondo tempo, conviene studiare il modo in cui Rassinier rivendica la sua nuova appartenenza» (p. 274, corsivo mio).
[18]
«Certamente, il "rinnegamento" di Rassinier, quand'anche in un primo tempo vi fosse stato costretto, era deliberato: ora Rassinier assumeva il suo destino, il suo delirio» (p. 276, corsivo mio).

Dunque Rassinier avrebbe assunto una nuova posizione politica ovviamente di destra , avrebbe addirittura rivendicato la sua appartenenza alla destra e infine avrebbe rinnegato deliberatamente i suoi ideali socialisti e pacifisti. A sostegno di queste vuote chiacchiere, Florent Brayard non apporta la minima prova, anzi, come gli accade spesso, dimostra il contrario di ciò che insinua.

All'inizio dell'estate del 1951, Albert Paraz, che aveva scritto la prefazione alla prima edizione de La menzogna di Ulisse, diventa cronista di «Rivarol» (p. 185). In conseguenza di ciò egli «aveva acquistato una reputazione di collaboratore e le sue negazioni non avevano più effetto» (p. 189). La reazione di Rassinier (agosto 1952): egli desidera che l'amico smetta di scrivere per questo giornale (p. 201).

In questo periodo comincia anche l'isolamento di Rassi-nier: il 19 aprile 1951 egli viene espulso dal Partito socialista (p. 183); la sua domanda di riammissione viene respinta nel dicembre dello stesso anno (p. 220).

Vistosi rinnegato dalla sinistra, Rassinier che poteva contare ancora solo sull'ausilio di piccoli gruppi pacifisti comincia a meditare, non senza rammarico, di rivolgersi alla destra, per poter far giungere le sue tesi ad un pubblico più vasto:

«In ogni caso, il dilemma intellettuale si risolve nell'azione, questo impulso che dipende dalla strategia e dalle contingenze: "Noi abbiamo la scelta spiega Rassinier: o lavorare da soli e riuscire perdenti o lavorare con i meno nocivi... Indubbiamente i meno nocivi sono quelli che ci aiutano"» (p. 153, corsivo mio).

Di conseguenza la scelta della destra per Rassinier rappresentava il male minore.

Florent Brayard rileva inoltre che Rassinier

«sperava di conservare il beneficio del suo profilo eroico di socialista-resistente-deportato e accrescere il suo
[19]
pubblico seducendo l'estrema destra. Egli agiva su due fronti guelfo con i ghibellini, ecc. Ma accadde che vinse sull'uno in modo più netto di quanto prevedesse, e perse sull'altro in modo più completo di quanto avesse temuto» (p. 220).

Ma il fatto che Rassinier abbia perduto sul fronte della sinistra è dipeso in gran parte dal vile rinnegamento della sinistra nei suoi confronti, e il fatto che egli abbia vinto sul fronte della destra può forse essergli imputato a demerito?

Quel che è certo, è che l'avvicinamento di Rassinier alla destra francese (e poi a quella tedesca) fu dettato da ragioni tattiche e che egli non ha mai rinnegato i suoi ideali socialisti e pacifisti. Florent Brayard non adduce una sola prova della presunta adesione di Rassinier all'ideologia della destra: egli non solo non ha mai rivendicato «la sua nuova appartenenza», ma ha sempre respinto con durezza le accuse di collaborazione con ex SS (p. 278) o di appartenenza «ad un gruppo internazionale di tendenza fascista» come «abominevole calunnia» (p. 373). E non è un caso che, dopo che la sua collaborazione a «Rivarol» con lo pseudonimo di Jean-Pierre Bermont divenne di pubblico dominio,

«una sola rivista, confidenziale, quella dell'Associazione operaia anarchica, rinnovò a Rassinier la sua fiducia e la sua fedeltà» (p. 384).

Ma forse anche questi operai anarchici facevano parte dello stesso fantomatico «gruppo internazionale di tendenza fascista»!

E non è un caso neppure che, di ritorno da un ciclo di conferenze tenute in Germania dal 21 marzo al 10 aprile 1960, Rassinier

«affida le sue impressioni alla rivista pacifista "La voie de la paix"» (p. 277).

Nel suo ultimo libro, Les responsables de la Seconde Guerre mondiale, pubblicato l'anno stesso della sua morte (1967), Rassinier scrisse quasi come testamento spirituale:

«Che la politica di Hitler sia stata e sia ancora molto contestata, è del tutto naturale [...]. Per dare tutto il suo significato a questo studio, non è forse indifferente
[20]
ricordare che il suo autore figura tra coloro che l'hanno contestata fino al limite estremo la deportazione e che, contrariamente a ciò che pretendono gli avversari delle sue tesi nelle campagne di stampa che scatenano periodicamente contro di lui, egli non ha mai variato in questa opinione» (pp. 401-402).

E non c'è nessuna ragione per dubitare della sincerità delle sue parole. I titoli di merito di Paul Rassinier escono intatti da questo sordido attacco e spazzano via le basse insinuazioni di Florent Brayard:

«Il 18 giugno 1945, Paul Rassinier fu rimpatriato a Bel-fort. Le conseguenze delle torture che aveva subito gli valsero una invalidità stimata al 100 + 5%, presto seguita da una pensione anticipata, e la sua attività durante la guerra la medaglia d'argento della Reconnaissance française, la médaille de la Résistance e la rosette de la Résistance» (p. 30).



Lo sviluppo delle opinioni di Rassinier sulla questione delle camere a gas omicide, se di sviluppo si può parlare, dimostra che egli ha proceduto sulla via tracciata sin dall'inizio senza concessioni alla destra. Nel 1950 egli scriveva al riguardo:

«La mia opinione sulle camere a gas? Ce ne sono state, non tante quante si crede. Ci sono stati anche degli stermini: non tanti quanti si dice» (p. 98).

In una lettera ad Albert Paraz in data 8 marzo 1951, Ras-sinier precisò che egli non negava l'esistenza delle camere a gas, ma la loro destinazione, e se esse erano state utilizzate, la qual cosa era da dimostrare, non era avvenuto per ordine superiore, perché non era stato trovato alcun ordine in tal senso (p. 122).

Nel 1952, in un progetto di prefazione alla seconda edizione de La menzogna di Ulisse, Rassinier ribadiva:

«Che degli stermini con i gas siano stati praticati mi pare certo. Non c'è fumo senza arrosto» (p. 282).

[21]
Nel 1954, nella prefazione definitiva, egli modificò così il giudizio precedente:

«Che degli stermini con i gas siano stati praticati mi pare possibile, se non certo: non c'è fumo senza arrosto» (p. 282).

Nel 1959, la posizione di Rassinier sulla questione delle camere a gas era questa:

«L'esistenza [delle camere a gas] non è negabile, il numero si riduce a tre certe, secondo E. Kogon e David Rousset, e, quanto alla loro utilizzazione per asfissiare, a mio avviso e secondo le mie ricerche, che vi prego di credere minuziose, resto persuaso che essa fu non già sistematica, ma abbastanza rara da essere considerata una eccezione da imputare all'arbitrio di cui i responsabili, sia SS sia detenuti dei campi, hanno così spesso dato l'esempio» (pp. 282-283).

In conclusione, Rassinier non ha mai negato l'esistenza delle camere a gas.

Florent Brayard rileva che l'opinione di Rassinier sullo sterminio degli ebrei mediante gas

«precedette ogni studio serio, o più ancora sistematico: l'opinione, presso Rassinier, è preesistente allo studio, e lo falsa» (p. 363),

e ciò è vero nella misura in cui è vero, mutatis mutandis, per Florent Brayard stesso e per tutti coloro che sono cresciuti nel clima della asfissiante propaganda olocaustica iniziata sin dall'immediato dopoguerra, ma dimostra se non altro che Rassinier, per quanto riguarda la sua attività di ricercatore, non deve nulla all'ideologia della destra.



Per quanto riguarda la metodologia e le argomentazioni di Paul Rassinier, non c'è dubbio che esse lascino spesso a desiderare, e che le critiche di Florent Brayard siano spesso giuste (ma l'assenza di rigore scientifico è un carattere tipico dell'epoca in cui scriveva Rassinier e si riscontra in misura
[22]
analoga anche nei suoi avversari). Io stesso, undici anni or sono, in una delle mie prime pubblicazioni, ho segnalato gli errori più importanti commessi da Rassinier nella trattazione del rapporto Gerstein (5). Giuste sono anche gran parte delle critiche che Florent Brayard rivolge all'analisi di Rassinier della testimonianza di Rudolf Höss, della conferenza di Wannsee, e qualche critica al suo studio statistico sulle perdite ebraiche durante la seconda guerra mondiale. Qui la strategia di Florent Brayard, che del revisionismo attuale sa poco o nulla, consiste nell'insinuare subdolamente che, se i metodi e le argomentazioni del maestro erano dubbie, i metodi e le argomentazioni dei discepoli lo sono ancora di più.

Su questa importante questione è necessario fornire un chiarimento essenziale: Rassinier è sì il fondatore del revisionismo attuale e ciò è innegabile , ma non ne è il maestro, né i revisionisti attuali sono i suoi discepoli nel senso in cui Pierre Vidal-Naquet è il maestro di Florent Brayard e questi è suo discepolo. Rassinier ha catalizzato l'attenzione di alcuni studiosi su un tema, ha indicato una via, ma poi questi studiosi hanno proceduto per proprio conto, verificando la sua metodologia e le sue argomentazioni e lasciandosi alle spalle tutto ciò che in esse c'era di dubbio o di infondato. Il revisionismo attuale dipende da Rassinier solo storicamente, non già metodologicamente e argomentativamente, sicché sperare di abbatterlo colpendo le tesi di Rassinier è una pia illusione.



Resta infine da esaminare quale sia il valore dei metodi e degli argomenti di Florent Brayard. Se egli si fosse limitato alle giuste critiche a Rassinier, non avrebbe potuto scrivere più di dieci pagine; egli invece ha voluto strafare, mostrandosi in ciò degno discepolo del suo maestro. Qui prendo in considerazione tre argomenti importanti trattati da Florent Brayard: il rapporto Korherr, il rapporto Gerstein e la testimonianza di Miklos Nyiszli.

[23]
1) Il rapporto Korherr

Per rendere più comprensibili l'argomentazione di Rassinier e la relativa critica di Florent Brayard, premetto un breve inquadramento storico della questione.

Il 10 aprile 1943 l'SS-Obersturmbannführer Rudolf Brand inviò a Korherr una lettera nella quale lo informava:

«Il Reichsführer-SS ha ricevuto il Suo rapporto statistico su "La soluzione finale della questione ebraica in Europa". Egli desidera che in nessun punto si parli di "trattamento speciale degli ebrei" [Sonderbehandlung der Juden] . A pagina 9, punto 4, si deve dire come segue:

"Trasporto [Transportierung] degli ebrei dalle province orientali nell'Est russo:

furono fatti passare:

attraverso i campi del Governatorato generale...

attraverso i campi del Warthegau...".

Un'altra formulazione non può essere ammessa. Le rimando un'esemplare del rapporto già siglato dal Reichsführer-SS con la preghiera di modificare nel modo indicato la pagina 9 e di rispedirlo» (6).

Il 28 aprile Korherr rispedì il rapporto con la modifica richiesta (7). A pagina 9 di tale rapporto (8), punto 4, l'espressione Transportierung von Juden aus Ostprovinzen nach dem russischen Osten sostituisce infatti l'originaria Sonderbehand-lung, che però, inspiegabilmente, nonostante il divieto formale di Himmler, compare ancora a p. 10, punto 5:

«Evakuierungen insgesamt (einschl. Theresienstadt und einschl. Sonderbehandlung)... 1.875.549 Juden».

Georges Wellers, citando questo passo del rapporto Korherr in luogo di quello della lettera di Rudolf Brand, giunge alla conclusione che in tale rapporto Evakuierung

[24]
(evacuazione) è sinonimo di Sonderbehandlung (trattamento speciale), che è a sua volta sinonimo di uccisione (9).


In realtà, proprio da questo passo risulta chiaro che la Sonderbehandlung copre soltanto una parte delle Evakuierungen. E infatti il paragrafo V del rapporto Korherr, intitolato L'evacuazione degli ebrei (Die Evakuierung der Juden), si articola in 6 punti che riassumono le evacuazioni effettuate dall'ottobre 1939 al 31 dicembre 1942:

«L'evacuazione sostituì, perlomeno nel territorio del Reich, l'emigrazione degli ebrei. Essa fu preparata in grande stile a partire dalla proibizione dell'emigrazione ebraica dell'autunno 1941 e fu ampiamente realizzata nel 1942 in tutto il territorio del Reich. Nel bilancio dell'ebraismo essa figura come "emigrazione" [Abwande-rung]. Fino al 1 o gennaio 1943 partirono, secondo le liste dell'Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich

dal Vecchio Reich
col territorio dei Sudeti ............................ 100.516 ebrei
dall'Ostmark [Austria] ............................. 47.555 "
dal Protettorato ........................................ 69.677 "

totale........................................................ 217.748 ebrei

In queste cifre sono compresi anche gli ebrei evacuati nel ghetto per anziani di Theresienstadt.

Complessivamente le evacuazioni nel territorio del Reich inclusi i territori orientali e inoltre nella sfera di potere e di influenza tedesca in Europa dall'ottobre 1939 o successivamente fino al 31 dicembre 1942, fecero risultare le seguenti cifre:
[25]
1. Evacuazione [Evakuierung] di ebrei dal Baden e dal Palatinato verso la Francia ..................................... 6.504 ebrei

2. Evacuazione di ebrei dal territorio del Reich inclusi Protettorato e distretto di Bialystock verso l'Est ....................... 170.642 "

3. Evacuazione di ebrei dal territorio del Reich e dal Protettorato a Theresienstadt .................................... 87.193 "

4. Trasporto [Transportierung = Sonderbehandlung] di ebrei dalle province orientali verso l'Est russo .................................... 1.449.692 "

Furono fatti passare:
attraverso i campi del Governatorato generale ............... 1.274.166 "

attraverso i campi del Warthegau .................................. 145.301 "

5. Evacuazione [Evakuierung] di ebrei da altri paesi, cioè:

Francia (per quanto occupata
prima del 10.11.1942) ........................ 41.911 "
Olanda ............................................... 38.571 "
Belgio ................................................ 16.886 "
Norvegia ........................................... 532 "
Slovacchia ......................................... 56.691 "
Croazia .............................................. 4.927 "

Evacuazioni complessivamente (inclusa Theresienstadt e inclusa Sonderbehandlung) ................ 1.873.549 ebrei
senza Theresienstadt ............................. 1.786.549 "

6. A ciò si aggiunge anche, secondo i dati dell'Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich l'evacuazione di .................... 633.300 ebrei nei territori russi inclusi negli ex paesi baltici dall'inizio della campagna orientale.
[26]
Nelle cifre summenzionate non sono compresi i detenuti dei ghetti e dei campi di concentramento. Le evacuazioni dalla Slovacchia e dalla Croazia furono intraprese da questi stessi Stati» (10).

Come si vede, l'originaria Sonderbehandlung si riferisce esclusivamente al punto 4: essa non è dunque sinonimo di Evakuierung, ma di Transportierung. In termini numerici, la Sonderbehandlung copre 1.449.692 ebrei, le altre Evakuierungen 1.057.157.

Se si accettasse l'ipotesi infondata di Wellers, fino al 31 dicembre 1942 risulterebbero sottoposti a Sonderbehand-lung e dunque uccisi soltanto 1.449.692 dei complessivi 2.506.849 ebrei evacuati dai tedeschi, cioè esclusivamente quelli «fatti passare» (durchgeleust) per i campi del Gover-natorato generale e del Warthegau: 1.274.166 uccisi nei campi di sterminio di Belzec, Sobibor, Treblinka e Majdanek (Go-vernatorato generale) e 145.301 nel campo di sterminio di Chelmno (Warthegau) (11).

Di conseguenza, nessuno degli ebrei deportati ad Ausch-witz fino al 31 dicembre 1942 è stato sottoposto a Sonderbe-handlung e dunque ucciso. Non sono stati sottoposti a Son-derbehandlung e dunque uccisi i 633.000 ebrei evacuati nei territori russi, né i 170.642 evacuati all'Est, né, a maggior ragione, i 6.505 evacuati in Francia, né gli 87.193 evacuati nel ghetto di Theresienstadt.

In particolare, non è stato sottoposto a Sonderbehandlung e dunque ucciso non solo nessuno degli ebrei deportati ad Auschwitz :

41.911 ebrei dalla Francia (41.951 secondo il Memoriale di Klarsfeld) (12)

[27]
16.886 ebrei dal Belgio (16.621 secondo il Memoriale di Steinberg) (13)

29.112 ebrei dall'Olanda (14),

ma neppure i 24.378 ebrei slovacchi evacuati a Sobibor (15).

Naturalmente Wellers non accetta le conseguenze che scaturiscono dalla sua ipotesi truffaldina, le quali lo priverebbero di oltre un milione di "gasati", e considera invece appunto "gasati" dunque sottoposti a Sonderbehandlung l'80% degli ebrei evacuati ad Auschwitz e tutti assassinati dunque, di nuovo, sottoposti a Sonderbehandlung, i 633.000 ebrei evacuati nei territori russi (16) .

Korherr conclude il suo rapporto con questo rilievo:

«Dal 1937 all'inizio del 1943 il numero degli ebrei d'Eu-ropa dovrebbe essere diminuito approssimativamente di 4 milioni, sia a causa dell'emigrazione, sia a causa dell'eccedenza della mortalità degli ebrei dell'Europa centro-occidentale, sia a causa delle evacuazioni soprattutto nei territori orientali più intensamente popolati, le quali qui vengono conteggiate come perdita [die hier als Abgang gerechnet werden]» (17).
[28]
Rassinier argomenta:

«Questa conclusione si deduce dalle lunghe colonne di cifre, di cui faccio grazia al lettore, le quali stabiliscono che l'altra metà è stata "evacuata" nei campi di concentramento. Per ogni uomo di buon senso [...], essa significa che alla data del 31 dicembre 1942 4 milioni di cittadini ebrei o sono emigrati fuori dei paesi occupati dalla Germania, o sono stati inviati nei campi di concentramento, e che ad essi bisogna aggiungere 500.000 morti dovuti sia alla mortalità naturale, sia alla guerra» (p. 301)

Florent Brayard commenta:

«Questa interpretazione era inconcepibile. Da una parte, egli attribuiva alla parola "evacuazione" il senso mitigato di deportazione in un campo di concentramento; ma Korherr aveva parimenti stabilito, accanto alle popolazioni evacuate, una categoria che computava quelle detenute nei campi di concentramento: perché egli avrebbe dato due denominazioni ad un unico oggetto?» (p. 301).

Qui la malafede del discepolo di Pierre Vidal-Naquet è lampante. Egli si riferisce come fonte alla traduzione francese del libro di Léon Poliakov e Josef Wulf Das Dritte Reich und die Juden (18) . In quest'opera viene riportata la trascrizione
[29]
della versione abbreviata del rapporto Korherr (19), ed è vero, come dice Florent Brayard, che in esso, sotto la rubrica Campi di concentramento, fino al 31 dicembre 1942 sono registrati 9.127 ebrei (p. 301, nota 2) (20), ma nel libro La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie tanto per restare nel campo della letteratura olocaustica (21) Georges Wellers pubblica la trascrizione della versione integrale del rapporto Korherr (22), nella quale, sotto la rubrica Campi di concentramento, che comprende sempre 9.127 ebrei detenuti in data 31 dicembre 1942, si legge:

«Nicht enthalten sind die im Zug der Evakuierungsaktion in den Konzentrationslagern Auschwitz und Lublin untergebrachten Juden» [non sono compresi gli ebrei alloggiati nei campi di concentramento di Auschwitz e di Lublino nel quadro dell'azione di evacuazione] (23).

L'elenco dei campi di concentramento menzionati nel primo documento comprende Lublino, Auschwitz, Buchen-wald, Mauthausen/Gusen, Sachsenhausen, Stutthof e Ra-vensbrück (24); esso dunque non include i campi del Governa-torato generale e quelli del Warthegau attraverso i quali, fino al 31 dicembre 1942, erano stati fatti passare 1.449.692 ebrei inviati «verso l'Est russo». Dunque Rassinier aveva ragione.

La malafede di Florent Brayard sta nel fatto che egli non solo conosce il libro di Wellers summenzionato, ma lo ha anche studiato bene, perché alla pagina seguente scrive:

«Riprendo qui in parte l'analisi di Georges Wellers, La Solution finale et la mythomanie néo-nazie, L'Existence
[30]
des chambres à gaz, Le Nombre des victimes
(Paris, CDJC, 1979)» (p. 302, nota 4).

Indi Florent Brayard, in un goffo tentativo di strafare, aggiunge:

«D'altra parte, era difficile dare a "evacuazione" un senso benigno come a quello di deportazione. Uno scambio di corrispondenza, citato allusivamente da Poliakov, chiariva in effetti le condizioni della redazione di questo rapporto. Himmler stesso aveva domandato a Korherr, capo dell'ispezione statistica della SS [sic] (25), un rapporto sulla "soluzione finale della questione ebraica" si apprenderà più tardi che, dietro questa iniziativa, c'era il ministro della produzione di guerra, Albert Speer, il quale si preoccupava della preservazione della forza di lavoro. Himmler si era preso cura di precisare nel suo ordine che non bisognava impiegare l'espressione di "trattamento speciale", ma "evacuazione" » (p. 301).

Florent Brayard riprende dunque la falsificazione di Wellers che ho già segnalata in precedenza, secondo la quale nel rapporto Korherr il termine Sonderbehandlung (trattamento speciale) non è stato sostituito dal termine Transportierung (trasporto), ma dal termine Evakuierung (evacuazione). Non conosco la traduzione francese dell'opera di Poliakov e Wulf summenzionata, alla quale si riferisce Florent Brayard, ma nell'edizione tedesca la lettera di Brand a Korherr del 10 aprile 1943 viene pubblicata in fotocopia dell'originale. Comunque sia, Georges Wellers, nell'opera ben nota a Brayard La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie, pubblica sia la fotocopia del documento originale, sia una traduzione in francese in cui il termine «Transportierung» viene reso correttamente con «transportation» (26), sicché la falsificazione di Florent Brayard è intenzionale.

[31]
Egli commette un'altra falsificazione scrivendo alla pagina successiva:

«La sola conclusione che si poteva trarre dalle statistiche di Korherr era il fatto che alla data del 31 dicembre 1942 il totale delle persone "evacuate" sterminate ammontava a 2.506.849» (p. 302, corsivo mio),

mentre, come ho spiegato sopra, la rubrica Evakuierung copre solo 1.057.157 dei complessivi 2.506.849 ebrei presi in considerazione da Korherr, e solo abusivamente si può affermare che essi, in data 31 dicembre 1942, risultino "sterminati".


2) Il rapporto Gerstein

La difesa d'ufficio della testimonianza oculare di Kurt Gerstein, che Florent Brayard incautamente intraprende, è un'impresa tanto ardua che, se si vuole creare l'illusione che egli superi «vittoriosamente la prova», per usare l'espressione di Pierre Vidal-Naquet (27), è giocoforza ricorrere all'impostura. Florent Brayard non sfugge alla regola. Con riferimento a un passo del rapporto Gerstein, egli rileva:

« Questa narrazione suscita qualche interrogativo in Rassinier. Egli scrive: "Globocnik, incaricato dello sterminio degli ebrei nel Warthegau, [...] non ha ancora trovato altro mezzo per portare a termine il suo compito che... il gas di scappamento dei motori Diesel (!!) che egli fa arrivare nelle camere appositamente preparate a questo scopo". Lo stupore di Rassinier non era ammissibile: l'asfissia mediante ossido di carbonio era stato il procedimento adottato per lo sterminio dei malati mentali nel corso dell'operazione T4 del 1940-1941. Léon Poliakov, fin dal 1951, aveva dato una giusta descrizione di questi assassinii di massa il cui bilancio
[32]
ammonterà a 70.000 persone; evidentemente, il procedimento era efficace, come erano efficaci i "camion della morte" che utilizzavano lo stesso sistema» (p. 336).

Ecco la descrizione di Léon Poliakov:

«In ogni stabilimento si isolò ermeticamente un piccolo locale, trasformato in camera da doccia. Vi veniva fatta penetrare una serie di tubi a cui si adattavano dei cilindri contenenti l'ossido di carbonio. Prima di essere condotti a gruppi di dieci o di quindici dentro alla camera a gas, i malati venivano generalmente insonnoliti con iniezioni di morfina o di scopolamina, o drogati con pastiglie sonnifere» (28).

Florent Brayard paragona dunque cose non paragonabili: un conto è gasare con bombole di ossido di carbonio puro, un altro conto gasare con i gas di scarico di un motore Diesel, che contengono normalmente meno dell'1% di CO.

L'ing. Fritz Berg, che ha studiato a fondo la questione, rileva che, per la gasazione omicida, la scelta più logica tra il motore Diesel e il motore a benzina come fonti di CO sarebbe a favore di quest'ultimo, che produce normalmente il 7% di CO (29) .

Da parte mia aggiungo che, nel 1942, per uno sterminio in massa, la scelta più logica tra l'ossido di carbonio e l'acido cianidrico pretesamente già in uso ad Auschwitz sarebbe stata a favore del secondo. L'acido cianidrico, infatti, secondo la formula di Haber (30), ha un «prodotto di tossicità» di
[33]
1.000 (per alte concentrazioni), l'ossido di carbonio di 70.000 (31), il che significa che l'HCN è 70 volte più tossico
[34]
del CO. L'ironia di Rassinier riguardo a gasazioni in massa con i gas di scarico di un motore Diesel era dunque pienamente giustificata.

Circa l'efficacia di questo procedimento, Florent Brayard si contraddice immediatamente riferendo poche righe dopo lo scopo della missione di Gerstein:

«Il ruolo di Gerstein era di trovare la soluzione tecnica a questo problema nuovo: "Ci vuole un gas più tossico e che agisca più rapidamente, come l'acido prussico", dichiara Globocnik a Gerstein» (p. 337),

il che significa, appunto, che il metodo del motore Diesel, presuntamente allora in uso, non era poi così efficace. Flo-rent Brayard aggiunge:

«A questo scopo a Gerstein era stato chiesto di portare al campo di Belzec 100 kg di acido prussico, il cui nome industriale era Zyklon B» (p. 331).

Tuttavia nessuno dei difensori d'ufficio di Kurt Gerstein, a cominciare da Léon Poliakov e Georges Wellers, ha mai spiegato, tra l'altro:

1) perché il RSHA abbia ordinato a Gerstein di prelevare a Kolin acido cianidrico liquido (in 45 bottiglie d'acciaio), e non Zyklon B (32);

2) perché a Gerstein sia stato ordinato di prelevare il cospicuo quantitativo di 100 kg di acido cianidrico (33);

3) perché Gerstein non abbia eseguito la sua missione che, bisogna rammentare, era un segreto di Stato e perché a Berlino nessuno gli abbia chiesto conto di questa missione (34).

[35]
Riguardo al punto 1, rilevo che l'acido cianidrico liquido non era più usato nella disinfestazione dall'introduzione dello Zyklon B (35); esso inoltre poteva essere trasportato soltanto refrigerato, di notte e con un veicolo speciale (36). Per quanto concerne il punto 2, osservo che, se ci si basa sul dosaggio indicato da Rudolf Höss (6 kg di Zyklon B per 1.500 persone) (37) che avrebbe prodotto, è il caso di ricordare anche questo, una concentrazione teorica di gas quasi 50 volte superiore a quella immediatamente mortale (38) -- 100 kg di HCN sarebbero stati sufficienti ad uccidere circa 25.000 persone (circa 125.000 impiegando la stessa concentrazione delle camere a gas di esecuzione americane (39) ): un po' troppo per una
[36]
semplice trasformazione sperimentale degli impianti di sterminio di Belzec!

Infine, come si può credere seriamente che gli ufficiali superiori del Reichssicherheitshauptamt (Ufficio centrale di sicurezza del Reich), dopo aver affidato a Gerstein una missione coperta dal segreto di Stato (einen äusserst geheimen Reichsauftrag (40) ), non gli abbiano chiesto conto del suo operato?


Florent Brayard tenta poi di liquidare altrettanto capziosamente un altro argomento di Rassinier:

«Rassinier trova un motivo supplementare di stupore e d'ironia nel breve racconto di Gerstein: "Si deduce ancora che il Führer era a Lublino l'antivigilia 15 agosto (non si indietreggia apparentemente davanti a nulla nelle officine di fabbrica di falsi storici)". In questo caso, Rassinier prende una millanteria di Globocnik, destinata ad accrescere il suo credito e a manifestare bene sia il carattere segreto sia l'importanza della missione in corso. Che Hitler sia o non sia stato presente a Lublino il 15 agosto 1942, e che egli abbia o non abbia dato del "mio Globocnik" a questo subordinato che glorificava il suo piano, non ha importanza riguardo alla credibilità di Gerstein: ciò che importa è soltanto che Globocnik abbia effettivamente pronunciato queste parole che Ger-stein si accontenta di riportare» (p. 337).

Ma il problema sollevato da Rassinier è proprio qui. Queste non sono le parole effettivamente pronunciate da Globocnik, ma quelle che Gerstein afferma siano state pronunciate da Globocnik: come può essere così sicuro, Florent Brayard, che queste parole non siano una pura invenzione di Gerstein? E in effetti, considerate le altre enormità che Gerstein attribuisce a Globocnik (41), la conclusione più
[37]
ragionevole è che Gerstein abbia inventato non solo la storia della visita di Hitler a Lublino, ma anche quella del suo incontro con Globocnik, del quale, guarda caso, ignora persino il grado: egli lo presenta come «SS-Gruppenführer General» (42), mentre Globocnik il giorno del presunto incontro, il 17 agosto 1942, era «SS- und Polizeiführer» di Lublino e in tale funzione aveva il grado di «SS-Brigadeführer und General-major der Polizei». Egli fu nominato «SS-Gruppenführer und Generalleutnant der Polizei» il 9 novembre 1942 (43) .

Florent Brayard rimprovera inoltre a Rassinier di aver calcolato per Belzec, Sobibor e Treblinka un totale di 28.350.000 vittime, moltiplicando, con metodo aberrante, il rendimento quotidiano dei campi per le rispettive giornate di esistenza:

«Se il totale al quale giungeva Rassinier era aberrante, dipendeva dal fatto che lo era il suo calcolo: come nel caso della sua analisi della testimonianza di Miklos Nyiszli, egli aveva confuso la capacità di una
[38]
installazione con la sua utilizzazione effettiva, e tra l'una e l'altra cosa c'è una grande differenza» (pp. 337-338).

Florent Brayard dimentica di menzionare il totale dei gasati indicato da Gerstein: 25 milioni soltanto per i campi di Belzec e Treblinka! (44) Come è potuto giungere il nostro testimone oculare a questa cifra se non ricorrendo allo stesso calcolo di Rassinier?

L'affermazione di Gerstein relativa alla gasazione di 700-800 persone in camere a gas di 20 o 25 mq. di superficie e di 38 o 47,5 mc. di volume (45) -- che infligge da sola un colpo mortale alla credibilità di Gerstein -- inquieta non poco Florent Brayard, come ha inquietato prima di lui Georges Wellers, il quale, per trarsi d'impaccio, ha escogitato un'argomentazione fasulla che Florent Brayard si è affrettato a far sua.

«Georges Wellers, che si impegnò a fare questa dimostrazione, mostrò anzitutto che la superficie di una camera a gas data da Gerstein era senza dubbio inferiore alla realtà (34 mq. invece di 25 mq.). Egli ricordò poi che, secondo un rapporto dell'SS-Obersturmbannführer [sic] 46 del 5 giugno 1942, "la capacità normale delle vetture era di 9-10 metri quadrati" ossia dieci persone su ciascuno dei metri quadrati dei camion a gas. Egli rilevò infine che Gerstein segnalò che c'erano molti bambini tra le future vittime e concluse: "Non si sarà probabilmente molto lontani dalla terribile verità ammettendo che si trattava di circa 500 persone"» (pp. 340-341).

Quand'anche l'affermazione di Wellers circa la superficie delle camere a gas fosse vera ma è dimostrabilmente falsa , il fatto che in un locale di 34 mq. sia possibile stipare, al massimo, 500 persone, non solo non esclude che in questo stesso locale sia impossibile stiparne 750, ma lo dimostra a fortiori.
[39]
Perciò l'assurdità riferita da Gerstein resta tale anche nel caso di camere a gas di 34 mq. Per giungere a questo dato, Wellers argomenta in questo modo: l'edificio adibito allo sterminio misurava m 24 x 10 (= 240 mq.); esso era suddiviso in 6 camere a gas collocate ai due lati di un corridoio che attraversava l'intero edificio e che era dunque lungo 24 metri e largo, a detta del testimone Rudolf Reder, m 1,5 (=36 mq.) (47) . Sot-traendo la superficie del corridoio alla superficie totale dell'edificio e dividendo per il numero delle camere a gas, Wel-lers perviene a 34 mq.: (240 - 36) : 6 = 34 (48) .

L'argomentazione è ineccepibile, tranne per l'insignificante particolare che Wellers ha inventato di sana pianta le dimensioni dell'edificio di sterminio, che non sono attestate da nessun documento e da nessuna testimonianza, e ciò è tanto vero che egli non indica alcun riferimento alla fonte. Secon-do la sentenza del processo Belzec del 21 gennaio 1965, le sei camere a gas di tale campo misuravano 20 mq. ciascuna (m 4 x 5) (49) .

Tuttavia Florent Brayard non sembra troppo convinto della fondatezza di questa argomentazione di Wellers e ritiene necessario aggiungerne un'altra sua. Introducendola, egli tradisce la grande inquietitudine, per non dire stizza, che gli procura la critica di Rassinier all'assurdità di Gerstein:

«Un altro argomento potrebbe senza dubbio mettere fine a questa polemica abbastanza sordida iniziata da Rassinier» (p. 341).

Tipico esempio di mentalità vidal-naquetiana: un testimone oculare dice di aver visto una cosa evidentemente
[40]
impossibile, ma, se qualcuno rileva questa impossibilità e ne chiede conto, inizia una «polemica abbastanza sordida»!

L'argomentazione presentata da Florent Brayard non è meno assurda dell'assurdità che vuole giustificare razionalmente matematicamente, addirittura , ed è basata sulla menzogna e sull'impostura:

«Nel corso di un interrogatorio, il 6 maggio 1945, Gerstein era stato indotto a ritornare su questa questione del numero di persone contenute in una camera a gas. E molto probabile che questo interrogatorio consistette in una lettura fatta da lui del suo racconto in tedesco, lettura senza dubbio frammezzata dalle domande degli inquirenti. Di questo interrogatorio possediamo una traduzione francese e una traduzione inglese, come pure una versione tedesca. Gerstein, nella versione francese del testo, racconta così l'entrata dei deportati nella camera a gas: "Le camere a gas si riempiono. Caricate bene , ha ordinato il capitano Wirth. Essi camminano gli uni sui piedi degli altri. Da 700 a 800 esseri umani su 25 mq., su 45 mc. Io ricapitolo, più della metà sono bambini, peso medio al massimo 30 kg, peso specifico 1, dunque 25.250 kg di uomini per camera. Wirth ha ragione: con l'aiuto delle SS, 750 persone possono essere stipate in 45 mc. e le SS aiutano con le loro fruste e ne infornano quanti è fisicamente possibile. Le porte si chiudono". E molto importante che Gerstein interrompa, il 6 maggio, un racconto conforme fino ad allora ai suoi rapporti del 26 aprile e senta il bisogno di ricapitolare. La sua ricapitolazione, sotto forma di un calcolo le cui basi non sono date, sembra rispondere a una domanda: forse uno degli inquirenti è sussultato all'annuncio delle cifre di Gerstein e gli ha chiesto delle precisazioni alla qual cosa Gerstein, si sarebbe prestato immediatamente» (p. 341).

Per il solito desiderio di strafare, in nota Florent Brayard si esercita in un'ardita spiegazione matematica:

«In effetti, Gerstein non specifica che in una camera a gas ci fossero solo bambini: adulti e bambini erano mescolati insieme, come egli racconta nel seguito del
[41]
rapporto. E molto interessante constatare che, se si risolve il problema matematico a doppia equazione (30a + 70b = 22.250 dove a e b rappresentano rispettivamente il numero dei bambini e il numero degli adulti ai quali è stato attribuito un peso di 70 kg a persona e in cui i numeri sono dati in kg; a + b = 750), si trova una proporzione esatta di due terzi di bambini e di un terzo di adulti; Gerstein avrà senza dubbio preso queste frazioni semplici come base del suo calcolo a mente» (p. 341, nota 3).

L'argomentazione di Florent Brayard tende a questa conclusione:

«Tra la logica del testimone e quella di colui che studia la sua testimonianza c'è come una incompatibilità che rende il dialogo impossibile talvolta, e pericolosa la critica» (p. 341, corsivo mio).

In altri termini, l'assurdità di Gerstein e, conseguentemente, tutta la sua testimonianza, deve essere accettata acriticamente, perché la critica può essere pericolosa. Pericolosa per che cosa? Evidentemente, per la credibilità della testimonianza stessa!

Per giungere a questa conclusione liberatoria, Florent Brayard non esita a ricorrere a una volgare impostura.

Per cominciare, i tre documenti del 6 maggio menzionati da Florent Brayard non sono degli interrogatorii, ma dei semplici rapporti esattamente come quello, più noto, del 26 aprile (PS-1553). Questi documenti sono:

1) il rapporto datato «Tübingen, Württemberg, den 6. Mai 1945. Z. Zt. Rottweil. Hotel Mohren» (PS-2170);

2) il «Rapport du Dr. Gerstein de Tubingen du 6 Mai 1945», il cui testo segue abbastanza da vicino il PS-2170, ma comprende lunghi brani che in quest'ultimo non compaiono e altre varianti minori. Si tratta probabilmente della traduzione ampliata del PS-2170 eseguita da Gerstein stesso;

3) la traduzione inglese del rapporto in francese menzionato sopra («Report of Dr. Gerstein of Tuebingen, May 6, 1945. Translation») contrassegnata dalla sigla WC-23 presentata ed accolta come documento d'accusa T-1313a al processo Eichmann di Gerusalemme.

[42]
In nessuno di questi documenti appare la più vaga indicazione che si tratti di stesure di un interrogatorio o che siano stati redatti dopo un interrogatorio.

Dopo aver introdotto la sua argomentazione con questa menzogna, Florent Brayard tace disonestamente che nei primi due documenti Gerstein ha fornito indicazioni contraddittorie:

«Ich überschlage: Durchschnittsgewicht höchstens 35 kg., mehr als die Hälfte sind Kinder, spez. Gewicht 1. Also 25 250 kg. Menschen pro Kammer...» [Io calcolo: peso medio al massimo 35 kg, più della metà sono bambini, peso specifico 1. Dunque 25.250 kg di uomini per camera] (50).

«Je récapitule, plus de la moitié sont des enfants, poids moyen au maximum 30 kgs. Poid specifique 1, donc 25.250 kgs d'homme par chambre» [Io ricapitolo, più della metà sono bambini, peso medio al massimo 30 kg. Peso specifico 1, dunque 25.250 kg di uomini per camera] (51).

Nel «documento ufficiale del 2· Ufficio della 1 a Armata francese», noto per il resoconto del giornalista Geo Kelber, si legge:

«Le poids moyen de chaque homme étant de 65 kgs, nos chambres peuvent reçevoir 25.250 kgs d'êtres humains chacune. Avec un peu de bonne volonté, nous obtenons une honnête moyenne de 750 personnes par "opération"» [Il peso medio di ogni uomo essendo di 65 kg, le nostre camere possono ricevere 25.250 kg di esseri umani ciascuna. Con un po' di buona volontà, otteniamo un'onesta media di 750 persone per "operazione"] (52).

Contrariamente a ciò che afferma Florent Brayard, da questi testi risulta inoppugnabilmente che il peso medio indicato da Gerstein si riferisce a tutte le vittime della camera a gas, non soltanto ai bambini.

Il calcolo di Gerstein è decisamente assurdo: sebbene il peso medio da lui indicato
[43]
vari, il peso complessivo non solo è sempre lo stesso, 25.250 kg, ma è sempre sbagliato! (53)

Quanto al calcolo di Brayard, il meno che si possa dire, è che esso costituisce un affronto alla matematica, un oltraggio all'intelligenza del lettore. In effetti, se 30a + 70b = 25.250 , e a + b = 750, allora, in cifra tonda, a = 681 e b = 69, in quanto (30 x 681) + (70 x 69) = 25.260, la cifra più vicina a 25.250 senza ricorrere ai decimali (54), e (681 + 69) = 750. Tuttavia, in percentuale, il numero dei bambini non costituisce i 2/3 del totale, ossia circa il 67%, bensì oltre il 90%: (681 : 750) x 100 = 90,8 %, perciò il numero degli adulti non rappresenta circa il 33%, ma il 9,2%. Questo madornale errore è involontario? E certamente possibile che Florent Brayard si sia trovato in difficoltà con la sua «doppia equazione» (ma allora perché non si è rivolto ad un professore di matematica?), tuttavia l'errore risulterebbe evidente persino ad uno scolaretto con questa semplice verifica:

se i bambini sono i 2/3 del totale e il loro peso medio è di 30 kg, allora il loro peso è di (750 x 2)/3 x 30 = 15.000 kg; e se gli adulti sono 1/3 del totale e il loro peso medio è di 70 kg (55), allora il loro peso è di (750 x1)/3 x 70 = 17.500, sicché il peso totale di bambini e adulti insieme è di (15.000 + 17.500 =) 32.500 kg, non già di 25.250!

E chiaro dunque che Florent Brayard ha falsato intenzionalmente i risultati del calcolo prendendosi gioco del lettore per dimostrare ad ogni costo che Gerstein aveva ragione. Ciò spiega anche perché egli abbia scelto il peso medio del rapporto in francese e non quello del rapporto in tedesco, la lingua materna di Gerstein: in questo caso la sua «doppia
[44]
equazione» sarebbe insensata, in quanto il prodotto di 35 x 750 , 26.250, già supera di 1.000 kg il risultato di 25.250!

Come si vede, chi, su questo argomento, fa una «polemica abbastanza sordida», è proprio Florent Brayard.


La malafede del discepolo di Pierre Vidal-Naquet appare evidente anche nella sua critica a Rassinier sulla questione della durata delle gasazioni omicide.

Rassinier riferisce che il suo misterioso visitatore gli disse: 1) che in ogni camera a gas c'erano al massimo 40 o 50 persone, e 2) che la gasazione di queste 40-50 persone per camera durò un quarto d'ora. Su questo punto egli si dimostrò irremovibile. Rassinier commenta:

«Dopo, disegni alla mano, ho interrogato molti specialisti di motori a scoppio, di combustione dei fluidi e di tossicologia: nessuno ha ammesso una durata inferiore a un'ora e mezzo, o due ore» 56 .

Florent Brayard obietta:

«Perché, se il volume totale delle camere a gas è di 270 mc., man mano che queste camere sono riempite dalle future vittime, lo spazio non occupato, nel quale il gas potrebbe diffondersi, questo spazio si riduce. Non c'è bisogno di calcoli per stimare la diminuzione di questo spazio: basta sapere che le camere a gas misuravano, secondo Gerstein, m 5 x 5 per 1,9 di altezza; immaginare poi che, in ciascuno di questi locali, si facevano entrare parecchie centinaia di persone ; ricordarsi che esse erano così stipate che alcuni venivano calpestati, che, quando la gasazione era terminata, quando si aprivano le camere a gas , le vittime erano "ancora in piedi, non avendo il minimo spazio per cadere o piegarsi"» (p. 364, corsivo mio).

Florent Brayard conclude:

«Gli interrogativi di Rassinier, così, erano poco pertinenti. Le basi dei suoi calcoli, come quelle dei suoi
[45]
ragionamenti erano false. La logica minorativa di Rassi-nier, che voleva che vi fosse stato il meno possibile di vittime, si fondava sulla testimonianza sollecitata di Pfannenstiel: nel corso delle gasazioni a Belzec non ci sarebbero state tremila vittime, come indicava Gerstein, ma soltanto 250-300 dieci volte di meno. La logica attenuativa che gli faceva rifiutare l'atrocità della descrizione l'invitava ad accettare la precisazione di Pfannen-stiel secondo la quale erano state riempite le sei camere a gas, e non quattro di esse, come affermava Gerstein: dunque non c'erano più di 40-50 persone per locale. Ogni logica, così, era invertita» (p. 365).

Quest'accusa è veramente incredibile: Florent Brayard la lancia utilizzando egli sì, e in perfetta malafede una logica invertita. Rassinier non ha mai preteso di muovere l'obiezione summenzionata a Gerstein, ma soltanto ed esclusivamente al suo visitatore, al quale aveva già obiettato che

«Gerstein, proprio conoscendo le limitazioni del motore Diesel, aveva voluto ridurre al minimo il volume da rendere tossico, e nonostante ciò, questo volume d'aria non era stato reso tossico che dopo 32 minuti» (57),

ma il visitatore aveva insistito sulla sua versione.

Fingendo di credere che la critica di Rassinier fosse diretta contro Gerstein, Florent Brayard ha mostrato ancora una volta la sua aperta malafede.


Ciò che Florent Brayard scrive riguardo al misterioso visitatore di Rassinier non merita troppa attenzione. Egli completa semplicemente il procedimento argomentativo dei suoi predecessori. Rassinier riferisce che nel giugno 1963 un anziano tedesco, di cui non ha mai rivelato il nome, gli fece visita a casa sua e gli raccontò una storia di gasazioni artigianali a Belzec (58) . Georges Wellers, che ha dedicato qualche pagina a questa vicenda, ipotizza che questo misterioso
[46]
personaggio «può (peut) ben essere il professor, dottor Wilhelm Pfannenstiel» (59); Pierre Vidal-Naquet, con la sua solita onestà intellettuale, trasforma questa mera ipotesi di Wellers in una certezza assoluta:

«l'identificazione assolutamente certa del visitatore nazista con Pfannenstiel è stata stabilita da Georges Wellers (Mythomanie, cit., pp. 32-35)» (60).

In realtà, se c'è una cosa assolutamente certa, è che questo personaggio non era Wilhelm Pfannenstiel. Il 3 agosto 1963 Pfannenstiel scrisse a Paul Rassinier una lettera che comincia con queste parole:

«Egregio signor Rassinier,
confermo con molti ringraziamenti il ricevimento della Sua lettera del 29 luglio 1963. Come già Le disse il nostro amico comune Grabert, io sarei molto lieto di conoscerLa personalmente (würde ich sehr freuen, Sie persönlich kennen zu lernen)».

Questa lettera dimostra che Pfannenstiel il 2 agosto 1963 non conosceva personalmente Rassinier, perciò non poteva essere il misterioso personaggio che aveva fatto visita a Rassinier due mesi prima.

Pfannenstiel continua:

«I Suoi sospetti sulla realizzazione del suo [di Gerstein] rapporto, una letteratura dozzinale in effetti estremamente inattendibile in cui la "letteratura" prevale di gran lunga sulla verità, nonché su come egli [Gerstein] è morto, sono probabilmente esatti anche a mio parere» (61).

[47]
Poiché Pfannenstiel condivideva i sospetti di Rassinier, è chiaro che smentiva di aver assistito ad una gasazione omicida a Belzec, perché Rassinier sospettava che il cosiddetto rapporto Gerstein fosse opera di due ufficiali alleati (62).

Brayard, che conosce questa lettera, spazza via la contraddizione cronologica che da essa risulta affermando che

«Rassinier aveva mentito. Egli aveva mentito sulle condizioni nelle quali era stato realizzato l'incontro con Pfannenstiel» (p. 362),

poiché Rassinier e Pfannestiel si erano incontrati in Germania il 26 settembre 1963 e Rassinier aveva trasposto geograficamente e temporalmente questo incontro (pp. 360-361).

Le prove? Nessuna, e poco importa che la vedova di Ras-sinier abbia confermato che l'incontro con il misterioso personaggio era avvenuto effettivamente a Parigi (63): per Florent Brayard ha mentito anche lei.

Naturalmente aveva mentito anche il visitatore di Rassi-nier, che, pur essendo un mentitore, avrebbe comunque confermato, sull'essenziale, il racconto di Gerstein! Per smentire che le gasazioni erano rare e riguardavano solo poche persone, Florent Brayard ricorre ad un'altra impostura di Wellers, che ha scritto:

«All'inizio di febbraio del 1943 dal campo di Belzec è stato spedito al ministero dell'Economia del Reich un vagone contenente 3.000 kg di capelli di donna destinati all'industria di filatura (doc. n. 1257 [sic] e URSS 511). Questo peso corrisponde a circa 200.000 capigliature soltanto di donne» (64).

Florent Brayard ribadisce:

[48]

«Egli [il visitatore] parlava di "qualche vagone di tanto in tanto"? Nel febbraio 1943, un convoglio di 3 tonnellate di capelli di donne fu spedito al ministero dell'Eco-nomia per essere trasformato in feltro per i sottomarini come riferiva Gerstein: questa spedizione rappresentava le capigliature di circa 200.000 donne» (p. 354).

Questa affermazione è grossolanamente falsa. Il documento URSS 511 è semplicemente l'ordine dell'SS-Wirtschafts-Verwaltungshauptamt dell'8 agosto 1942 relativo all'uso industriale dei capelli tagliati ai detenuti dei campi di concentramento, mentre il documento NO-1257, datato 6 febbraio 1943, menziona sì l'invio al Ministero dell'Economia del Reich di un vagone contenente 3.000 kg di capelli femminili, ma non già dal campo di Belzec, bensì dai campi di Lublino-Majdanek e di Auschwitz (65)!

Anche supponendo, con Wellers, che una capigliatura femminile pesi soltanto 15 grammi, il che è quantomeno dubbio, ciò non significherebbe che i summenzionati 3.000 kg di capelli appartenessero necessariamente a 200.000 donne, perché nel documento in questione non è specificato a quale periodo si riferisca la raccolta dei capelli e ai detenuti i capelli venivano tagliati periodicamente. Da un documento relativo al campo di Majdanek risulta infatti che dal settembre 1943 al gennaio 1944 in questo campo furono raccolti complessivamente (Gesamtbestand) 2.954 kg di capelli (66).


3) Il testimone Miklos Nyiszli

Florent Brayard scrive al riguardo.

«La critica che Rassinier fa di questo documento è veramente esemplare del suo metodo, e ciò per parecchie ragioni» (p. 194).

[49]
Rassinier ha esposto la sua critica organica della testimonianza di Nyiszli nell'opera già citata Il dramma degli ebrei europei, dove ha presentato cinque pagine di argomentazioni di valore disparato, alcune delle quali sicuramente infondate. Ora, che cosa fa Florent Brayard per analizzare la metodologia di Rassinier? Esamina una sola argomentazione, quella più debole: calcolando il numero delle vittime di Auschwitz sulla base dei dati forniti da Nyiszli, Rassinier ha esteso indebitamente questi dati al periodo anteriore, al quale essi non si riferiscono, giungendo così alla cifra di 45 milioni di gasati (pp. 196-197). Riguardo a questa argomentazione, l'unica ripeto che egli prenda in considerazione, Florent Brayard ha pienamente ragione: ma come può l'allievo di Vidal-Naquet desumere seriamente da questo singolo caso la metodologia di Rassinier?

L'esame della questione sollevata da Rassinier, che ho eseguito nello studio "Medico ad Auschwitz": Anatomia di un falso, al quale rimando per le fonti (67), porta alla seguente conclusione: Nyiszli pretende di aver visto con i suoi occhi «due milioni di innocenti fino alle camere a gas» e di aver «assistito all'orrore dei roghi». A questi due milioni, bisogna aggiungere, appunto, le vittime dei roghi, le quali, tenuto conto delle circostanze temporali, si possono calcolare a circa 650.000. Numero totale: 2.650.000. Tuttavia, sommando le vittime delle otto ondate di gasazioni che egli menziona (68), si arriva ad un totale di circa 605.000 vittime. Non solo, ma poiché ai roghi andava a finire «l'eccedente della rampa», ne consegue che il numero eccedente 650.000 è superiore al numero ecceduto 605.000! Il discepolo di Vidal-Naquet, con le sue "doppie equazioni", sarà senza dubbio in grado di risolvere quest'altro mistero matematico!

[50]
Florent Brayard conclude il capitolo IX della sua opera con queste parole ironiche:

«Nella famiglia revisionista non era immaginabile di procedere all'uccisione del padre spirituale, s'intende» (p. 368).

Questa osservazione si adatta perfettamente a Brayard stesso: mentre i revisionisti più seri hanno avuto il coraggio di indicare gli errori metodologici e argomentativi di Paul Ras-sinier e se li sono lasciati alle spalle, Florent Brayard non solo non ha avuto il coraggio di indicare gli errori (e le falsificazioni e le imposture) dei suoi padri spirituali, s'intende , ma li ha adottati scientemente per infangare, in Paul Rassinier, tutto il revisionismo storico.

 

NOTE

1. Fayard, Paris 1996. Per ragioni di praticità, cito quest'opera indicando soltanto le pagine (tra parentesi tonda).

2. Nel libro Denying the Holocaust. The Growing Assault on Truth and Memory (A Plume Book, New York 1994) Deborah Lipstadt riconduce la genesi del revisionismo storico ad una sorta di cospirazione mondiale i cui Savi Anziani a cominciare da Bardèche e da Rassinier , tramando nell'ombra, hanno forgiato nelle loro fucine infernali uno strumento diabolico per riabilitare e risuscitare il nazismo: il revisionismo storico, appunto.

3. Jean-Claude Pressac, Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers, The Beate Klarsfeld Foundation, New York 1989, p. 264.

4. Nell'autunno del 1954 Henry Coston espresse a Rassinier la sua disponibilità a pubblicare Le mensonge d'Ulysse (p. 250), cosa che fece l'anno seguente (p. 267).

5. Il rapporto Gerstein: Anatomia di un falso, Sentinella d'Italia, Monfalcone 1985, pp. 175-177.

6. NG-5196.

7. ZS Ludwigsburg, USA Film n. 2, 419.

8. NO-5194.

9. Georges Wellers, Qui est Robert Faurisson?, «Le Monde Juif», n. 127, juillet-septembre 1987, pp. 101-102, e Les chambres à gaz ont existé. Des documents, des témoignages, des chiffres, Galli-mard, Paris 1981, p. 36.

10. NO-5194, pp. 9-10

11. Restano (1.449.692 - 1.274.166 - 145.301 =) 30.225 sottoposti a Sonderbehandlung che non sono stati "fatti passare" né per i campi del Governatorato generale né per quelli del Warthegau.

12. Le mémorial de la déportation des Juifs de France, edité et publié par Beate et Serge Klarsfeld, Paris 1979, p. 13 (mia numerazione).

13. Mémorial de la déportation des Juifs de Belgique présenté par Serge Klarsfeld et Maxime Steinberg, Bruxelles 1994, p. 42.

14. Het Nederlandsche Roode Kruis, Auschwitz, Deel II, p. 5; Deel III, pp. 14-15 e 65, S'Gravenhage, 1948/1952.

15. Adalbert Rückerl, NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, DTV Dokumente, München 1979, p. 148.

16. Georges Wellers, La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie edité par Beate et Serge Klarsfeld, Paris 1979, pp. 49 e 54.

17. NO-5194, p. 15. Quest'ultima frase esclude categoricamente che i suddetti evacuati siano stati uccisi. In questo caso, infatti, non avrebbe senso affermare che tali evacuazioni qui (hier) vengono conteggiate come perdita. Il significato della frase è un altro. Korherr enuncia le tre cause principali della diminuzione del numero degli ebrei europei, due delle quali l'emigrazione e l'eccedenza della mortalità [*] costituiscono una perdita reale, mentre la terza, l'evacuazione, rappresenta una perdita puramente nominale. Ap-punto per questo Korherr precisa che le evacuazioni, sebbene non costituiscano una perdita reale, qui, cioè nel suo rapporto statistico, vengono nondimeno conteggiate come perdita, senza dubbio perché i territori orientali in questione non venivano più considerati come parte dell'Europa.

[*] Fino al 31 dicembre 1942 risultano emigrati dal Vecchio Reich col territorio dei Sudeti, dall'Austria e dalla Boemia-Moravia 557.357 ebrei; in questi stessi paesi, l'eccedenza della mortalità è di 82.776 ebrei; i dati relativi all'emigrazione e all'eccedenza della mortalità ammontano a 762.593 ebrei per i territori orientali con Bialystock e il Governatorato generale con Lemberg [NO-5193, p. 4]. Ciò significa che Hitler, dal 1933 alla fine del 1942 ha lasciato emigrare oltre un milione di ebrei che avrebbe dovuto sterminare "per il solo fatto di essere ebrei"!

18. Léon Poliakov-Josef Wulf, Das Dritte Reich und die Juden. Do-kumente und Aufsätze, Arani-Verlag, Berlin-Grunewald 1955.

19. Si tratta del documento NO-5193.

20. Cfr. L. Poliakov-J. Wulf, Das Dritte Reich und die Juden, cit., p. 247.

21. Al pari del suo maestro, Florent Brayard conosce i documenti unicamente attraverso la letteratura olocaustica.

22. Si tratta del documento NO-5194.

23. Georges Wellers, La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie, cit., p. 74.

24. NO-5193, p. 6.

25. Korherr era Inspekteur für Statistik, ispettore di statistica (NO-5193, p. 1).

26. G. Wellers, La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie, cit., pp. 61 e 64.

27. Pierre Vidal-Naquet, Gli assassini della memoria, Editori Riuniti, Roma 1992, p. 26.

28. Léon Poliakov, Il Nazismo e lo sterminio degli Ebrei, Einaudi, Torino 1977, p. 253.

29. Friedrich Paul Berg, Die Diesel-Gaskammern: Mythos in Mythos, in Grundlagen zur Zeitgeschichte. Ein Handbuch über strittige Fragen des 20. Jahrhunderts, Grabert-Verlag, Tübingen 1994, pp. 328-329.

30. Il chimico tedesco Fritz Haber determinò sperimentalmente il potere tossico di vari aggressivi chimici, che indicò come «prodotto di tossicità», espresso dalla nota formula

ct = P/A = W

dove c è il peso in mg della sostanza tossica, t il tempo in minuti, A il volume in mc. di aria inspirata, P il peso dell'individuo, W = ct il «prodotto di tossicità». Per i veleni che vengono in parte espirati, come l'acido cianidrico, la formula di Haber si modifica così: (c - e) = W. Il «prodotto di tossicità» (= tempo t che la cavia impiega a morire alla concentrazione c di sostanza tossica) determinato sperimentalmente da Fritz Haber per l'acido cianidrico è di 1.000 per concentrazioni alte, 4.000 per concentrazioni basse [a]. Ciò significa che alle alte concentrazioni la morte subentra in t = (1.000:c) minuti, trascurando il fattore e (aria espirata) che diventa trascurabile [a].
La concentrazione "immediatamente mortale" di acido cianidrico per un uomo è di 0,3 grammi per metro cubo d'aria (o 300 mg/mc.), mentre una concentrazione di 0,2 grammi per metro cubo d'aria è mortale in 5-10 minuti [b]. Nei due casi, il tempo in cui si verifica la morte è approssimativamente di (1.000 : 300) = circa 3 minuti e (1.000 : 200) = circa 5 minuti.
Assumendo, con il Giua, che un adulto respiri in media 8 litri di aria al minuto, la dose letale d di acido cianidrico ad alte concentrazioni è data dalla formula d = (8 x ct) : 1.000.
Assumendo la concentrazione "immediatamente mortale" di 0,3 g/mc. ed esprimendo più esattamente t con il quoziente 1.000/300, la dose letale risulta di [8 x 300 x (1.000 :300)]: 1.000 = 8 mg. Dunque a questa concentrazione, l'assunzione di 8 mg di acido cianidrico provoca la morte.
I chimici tedeschi che lavoravano nel campo della disinfestazione esprimevano il «prodotto di tossicità» in milligrammi per metro cubo per minuto (mgm) o in grammi per metro cubo per ora (gst). Il «prodotto di tossicità» dell'acido cianidrico è di 1.000 mgm o di 0,02 gst. [c]. Secondo questo metodo, 1.000 mg di acido cianidrico sono mortali in 1 minuto, dunque 300 mg in circa 3 minuti, come risulta dalla formula di Haber.

[a] Michele Giua e Clara Giua-Lollini, Dizionario di chimica generale e industriale, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1950, vol. I, pp. 312-313 (voce «Aggressivi chimici di guerra»).

[b] Ferdinand Flury-Franz Zernik, Schädliche Gase, Dämpfe, Nebel, Rauch- und Staubarten, Berlin, Verlag von Julius Springer, 1931, pp. 453-454.

[c] mgm = Milligramme/Minute. gst = Gramme/Stunde. Gerhad Peters, Chemie und Toxicologie der Schädlingsbekämpfung, Stuttgart 1942, p. 58.

31. M. Giua e C. Giua-Lollini, Dizionario di chimica generale e industriale, cit., vol. I, p. 313.

32. Interrogatorio di Gerstein del 19 luglio 1945 da parte del giudice Mattei. G. Wellers, Encore sur le "Témoignage Gerstein", «Le Monde Juif», n. 97, janvier-mars 1980, p. 29.

33. T-1310, p. 5; PS-1553, p. 5, PS-2170, p. 2.

34. Giudice Mattei: «A chi avete reso conto dell'esecuzione della vostra missione?». Gerstein: «Al mio ritorno a Berlino da un viaggio che è durato circa due settimane, non ho reso conto a nessuno dell'esecuzione delle mia missione. Nessuno mi ha chiesto nulla» (G. Wellers, Encore sur le "Témoignage Gerstein", cit., p. 29).

35. O. Lenz-L. Gassner, Schädlingsbekämpfung mit hochgiftigen Stof-fen, Heft 1: Blausäure, Verlagsbuchhandlung von Richard Schoetz, Berlin 1934, pp. 8-10.

36. Schwurgericht in Frankfurt am Main, Sitzung vom 28. März 1949, in C.F. Rüter, Justiz und NS-Verbrechen. Sammlung deutscher Strafurteile wegen nationalsozialistischer Tötungsverbre-chen, 1945-1966, Amsterdam 1968-1981, Bd. XIII, p. 137.

37. NI-034, interrogatorio di R. Höss del 20 maggio 1946; NI-036, interrogatorio di R. Höss del 14 maggio 1946.

38. In riferimento ai crematori II e III di Birkenau. Secondo le piante originali della Zentralbauleitung di Auschwitz, la presunta camera a gas misurava 30 metri di lunghezza, 7 di larghezza e 2,41 di altezza [a] ed aveva 7 colonne di cemento di m 0,40 x 0,40 x 2,41 [b], perciò il suo volume era di circa 503 mc. L'introduzione di 6 kg (valore medio indicato da Höss) di Zyklon B - equivalenti a 6 kg di HCN - nel locale, dopo la vaporizzazione, avrebbe prodotto una concentrazione teorica di vapori di HCN di (6.000 : 503 =) 11,9 g/mc. Considerando il volume occupato dai corpi delle vittime, con un peso medio di 60 kg [c] dunque [(1500 x 60)] : 1000 =) 90 mc., il volume disponibile sarebbe stato di 413 mc. e la concentrazione dell' HCN di 14,53 g/mc., 44 volte superiore a quella immediatamente mortale.

[a] J.C. Pressac, Auschwitz: Technique and Operation..., cit., p. 286.

[b] Op. cit., pp. 285 e 324.

[c] Op. cit., p. 475.

39. 3.200 parti per milione, equivalenti a circa 3,5 g/mc. Robert Lenski, The Holocaust on Trial. The Case of Ernst Zündel, Reporter Press, 1989, p. 391.

40. T-1310, p. 5.

41. Eccone un piccolo florilegio: il rendimento giornaliero degli impianti di sterminio: 15.000 uccisioni a Belzec, 20.000 a Sobibor e 25.000 a Treblinka [PS-2170, p. 3], cifre decisamente assurde in considerazione del numero e della superficie delle rispettive camere a gas; l'utilizzazione media (durchschnittliche Ausnutzung) degli impianti di Belzec: 11.000 uccisioni al giorno dal mese di aprile (seit April) sino ad allora (bisher) [PS-2170, p. 3], il che corrisponde alla gasazione di circa un milione e mezzo di persone, mentre la cifra ufficiale delle vittime è 600.000; l'impossibile ignoranza da parte di Globocnik della posizione di Sobibor («Sobibor, bei Lublin in Polen, ich weiss nicht genau wo» Sobibor, presso Lublino in Polonia, non so esattamente dove) [*]; la menzione di Majdanek come campo di sterminio di Globocnik, che invece non era sotto la sua giurisdizione.

[*] Qui Gerstein mette in bocca a Globocnik un'altra sciocchezza: Globocnik e Gerstein si trovano a Lublino, in Polonia, ma, menzionando Sobibor, Globocnik sente il bisogno di precisare che tale campo si trovava «presso Lublino in Polonia»! A quale altra Lublino avrebbe potuto pensare Gerstein?

42. PS-2170, p. 3.

43. A. Rückerl, NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafpro-zesse, cit., pp. 37 e 49.

44. PS-1553, p. 7.

45. PS-1553, p. 5 (m 4 x 5 = 20 mq.); T-1310, p. 11, PS-2170, p. 4 (m 5 x 5 = 25 mq.); PS-1553, p. 5 (m 4 x 5 x 1,90 = 38 mc.); PS-1553, p. 6 (25 mq. e 45 mc.).

46. Si tratta dell'SS-Obersturmbannführer Rauff.

47. Il riferimento è a Rudolf Reder, Belzec, Centralna Zydowska Komisja Historyczna przy C.K. Zydow Polskich - Oddzial w Kra-kowie, Krakow, 1946, p. 44, che non indica né la superficie dell'edificio di sterminio, né quella delle singole camere a gas.

48. G. Wellers, A propos d'une thèse de doctorat "explosive" sur le "Rapport Gerstein", «Le Monde Juif», janvier-mars 1986, p. 8.

49. A. Rückerl, NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafpro-zesse, cit., p. 133.

50. PS-2170, p. 5.

51. Rapport du Dr. Gerstein de Tubingen du 6 Mai 1945, p. 7.

52. Geo Kelber, Un bourreau des camps nazis avoue: "J'ai exterminé jusqu'à 11.000 personnes par jour", «France Soir», 4 luglio 1945, p. 1. In questo testo Gerstein viene presentato come un criminale nazista.

53. 750 x 30 = 22.500; 750 x 35 = 26.250; 750 x 65 = 48.750.

54. Le cifre esatte sono a = 681,25, b = 68,75.

55. Questo dato non è mai menzionato da Gerstein; esso è stato introdotto da Florent Brayard.

56. Paul Rassinier, Il dramma degli ebrei europei, Edizioni "Euro-pa", Roma 1967, p. 75.

57. P.Rassinier, op. cit., p. 75.

58. Op. cit., pp. 70-80.

59. G. Wellers, La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie, cit., p. 34.

60. P. Vidal-Naquet, Gli assassini della memoria, cit., p. 144, nota 51.

61. Lettera di Wilhelm Pfannenstiel a Paul Rassinier in data 2 agosto 1963; fotocopia in Wilhelm Stäglich-Udo Walendy, NS-Bewälti-gung. Deutsche Schreibtischtäter, Historische Tatsache(n), n. 5, Historical Review Press, 1979, p. 20.

62. P. Rassinier, Il dramma degli ebrei..., cit., pp. 59-60. Il sospetto di Rassinier è infondato.

63. L'affaire Roques. Une réponse de M. Henri Roques et une réplique de M. Georges Wellers, «Le Monde Juif», n. 122, avril-juin 1986, p. 50, e Florent Brayard et les menteurs, lettera circolare di Henri Roques, giugno 1996, pp. 3-4.

64. G. Wellers, La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie, cit., p. 35.

65. Cfr. Henry Monneray, La persécution des Juifs dans les pays de l'Est présentée à Nuremberg, Editions du Centre, Paris 1949, fotografia fuori testo tra le pp. 144 e 145.

66. Fotocopia fuori testo in Jozef Marszalek, Majdanek. The Concentration Camp in Lublin, Interpress, Warsaw 1986.

67. "Medico ad Auschwitz": Anatomia di un falso, Edizioni La Sfinge, Parma 1988, pp. 43-44.

68. Ebrei ungheresi, quartiere ceco, ebrei di Corfù, campo zingaro, campo C, ghetto di Riga, ghetto di Litzmannstadt, ghetto di Theresienstadt.

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precedente I Bibliografia

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Questo testo è une rielaborazione del capitolo settimo del libro Diliettanti allo sbaraglio, Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstad, Till Bastian, Florent Brayard et allii contro il revisionismo storico, pubblicato dalle Edizioni di Ar (novembre 1996) che ci hanno concesso gentilmente di utilizzarlo.

Il libretto era titolato: Rassinier, il revisionismo olocaustico et il loro critici Florent Brayard, Graphos, dicembre 1996, 50 p., con une premessa di Cesare Saletta

Estratto del libro: Carlo Mattogno, Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio, Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstadt, Till Bastian, Florent Brayard et alii contro il revisionismo storico, Padova, Edizioni di Ar (via Fallopio, 83), 1996, 322 p.

Distribuzione: Libreria Ar, largo Dogana Regia, Salerno. (40 000 Lire)

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