È veramente deprimente dover constatare
che in Italia ogni nuovo attacco al revisionismo è più
scadente e insulso del precedente. Coloro che avevano al riguardo
qualche nozioncina spigolata qua e là, dopo aver lanciato
il sasso nello stagno revisionistico, prima hanno nascosto la
mano, poi si sono dati ad una precipitosa fuga, rifugiandosi infine
in una poco dignitosa latitanza letteraria. Fuor di metafora,
dopo le mie risposte, costoro mantengono un ostinato quanto inglorioso
silenzio. Gli epigoni, capaci a loro volta soltanto di rovistare
in questo confuso ciarpame anti- "negazionistico", si
vengono evidentemente a trovare in una situazione ancor più
insostenibile.
Se con il vianellismo [1] il furioso anelito antirevisionistico
degli olo-pedagogisti nostrani assume la forma di una parodia
farsesca della critica storica, con un tale Vincenzo Sciacca esso
si trasforma in una sorta di trance olocaustica in cui si manifesta
il preoccupante fenomeno del visionarismo mediatico.
Costui ha redatto uno scritto intitolato "Il revisionismo
intorno al nazismo da Ernst Nolte a Carlo Mattogno" che "su
richiesta dell'autore" è stato pubblicato nel sito
"Astratti Furori"[2].
Sciacca, tra l'altro, mi ha attribuito varie partecipazioni, negli
anni Novanta, al "Maurizio Costanzo Show", scrivendo:
«Negli anni novanta Mattogno è stato varie volte ospite del Maurizio Costanzo Show dove ha cercato di porre all'attenzione del pubblico l'urgenza della questione ebraica in Italia (????). Questo il suo inqualificabile ragionamento: l'Italia ospita comunità ebraiche piuttosto numerose; in caso di guerra esse sarebbero come corpi estranei nella nazione dai quali attendersi ogni sorta di sabotaggio. In caso di guerra? ma quale guerra? contro chi dovremmo farla questa guerra? e perché mai gli italianissimi ebrei di Roma o di Torino dovrebbero essere "corpi estranei"? Sono in Italia da secoli, hanno contribuito alla nostra cultura, alla nostra letteratura, ed hanno fatto il servizio militare nel nostro esercito. L'unico "corpo estraneo" alla nazione è quello di Carlo Mattogno, isolato propalatore di scempiaggini che gli stessi negazionisti trovano indigeribili».
Venuto a conoscenza dell'articolo in questione, non avendo mai partecipato a quella trasmissione e non avendo mai detto o scritto tali cose, ho anzitutto inviato alla redazione di "Astratti Furori" una smentita, che è stata pubblicata con una risposta di Vincenzo Sciacca. Al riguardo egli ha precisato:
«Se la memoria mi ha ingannato (appena mi sarà possibile controllerò, perchè mi pare di avere conservato le registrazioni), attribuendo a Mattogno le parole di qualche altro negazionista, mi scuso con l' interessato e con i lettori. È comunque abbastanza singolare che di tutto l'articolo Mattogno contesti soltanto un banale errore di memoria»[3].
Accetto le scuse, anche se la procedura
di affibbiare un "inqualificabile ragionamento" a qualcuno
per poi tacciarlo di "propalatore di scempiaggini" senza
alcuna verifica delle fonti e confidando soltanto nella memoria
- che si è rivelata inaffidabile - è deplorevole
già dal punto di vista semplicemente metodologico, per
non parlare di onestà e correttezza.
Vincenzo Sciacca si stupisce «che di tutto l'articolo Mattogno
contesti soltanto un banale errore di memoria», invitandomi
ad una replica al suo articolo, cosa che ho fatto di buon grado,
inviando prontamente alla redazione di "Astratti Furori"
una breve risposta preliminare che essa, ovviamente, si è
guardata bene dal pubblicare e di cui questo scritto è
una rielaborazione.
Inizialmente ho avuto la tentazione di trattare questo nuovo critico
alla stregua dei dilettanti sprovveduti più o meno vianellisti
con i quali ho avuto a che fare sino ad ora e di adottare il linguaggio
che ad essi si addice, ma poi ho visto nel sito summenzionato
la fotografia di Vincenzo Sciacca e non me la sono sentita di
infierire su di lui con la doverosa ironia. A ciò, del
resto, ha già provveduto egli stesso, pubblicando il suo
scritto in una rubrica che si intitola, molto appropriatamente,
"La discarica di Ulisse". In effetti...
Mi limiterò pertanto ad esporre un' analisi oggettiva dell'articolo
di Sciacca, senza gli adeguati commenti che meriterebbe. 1) In
un paragrafo intitolato "Breviario del negazionista",
Sciacca vorrebbe esporre le tesi revisionistiche «come se
foss[e] un negazionista convinto», ma ne presenta una semplice
parodia farsesca. E' bene precisare che il "breviario"
è un oggetto di culto che fa parte della liturgia olocaustica,
con i suoi sacri dogmi, come quello del «linguaggio criptico
della burocrazia nazista». Il revisionismo non ha dogmi,
come risulta già da una delle critiche di Sciacca, sulla
quale ritornerò sotto. 2) «L' Olocausto è
un'invenzione della propaganda sionista». Questa non è
una tesi revisionistica, meno che mai mia. 3) «In Francia
il 14 luglio 1990 è stata approvata la legge Fabius che
infligge una pesante pena a chiunque metta in dubbio il numero
di sei milioni; in Italia la stessa cosa è prevista dalla
legge Mancino».
Non mi risulta che la legge Mancino infligga una "pesante
pena" a chi neghi il numero dei sei milioni: o forse Sciacca
ne conosce una clausola segreta? 4) «I filmati girati dagli
alleati nei campi di concentramento non provano nulla: sono dei
falsi realizzati con l'ausilio di comparse e montati ad Hollywood
dal regista Alfred Hitchcock».
Neppure questa non è una tesi revisionistica. Nessuno afferma
che tali filmati siano dei "falsi realizzati con l'ausilio
di comparse", ma piuttosto si contesta che essi siano la
prova di uno sterminio di massa intenzionale, come molto spesso
vengono presentati.
5) «Stando alle testimonianze considerate valide dagli storici "sterminazionisti", la gasazione degli ebrei avveniva con un gas a base di acido cianidrico chiamato Zyklon B. I prigionieri che componevano i Sonderkommados avrebbero avuto l'incarico di versarlo nelle camere della morte attraverso condutture metalliche che avevano l'imboccatura sul tetto. Ciò è assurdo, perché lo Zyclon B, fabbricato dalla ditta tedesca Deghesch [sic] di Francoforte, era confezionato in pasticche solide e sigillato in scatole di latta. Non poteva dunque essere "versato" nelle condutture come fosse un liquido. L'unico modo per spargere Zyklon B su una determinata area è quello di disseminare le pasticche a terra ed attendere per parecchie ore che i reagenti a contatto con l'aria sviluppino dei fumi tossici. Le testimonianze dunque che parlano di gas che esalava da finte docce sono necessariamente false».
Sciacca confonde le critiche revisionistiche
alle testimonianze che pretendevano che lo Zyklon B affluisse
nelle presunte camere a gas attraverso "docce" con la
questione delle presunte aperture di introduzione dello Zyklon
B nei Leichenkeller (camere mortuarie seminterrate) dei crematori
II e III di Birkenau. La tesi delle "docce" fu sostenuta
da qualche testimone anche al processo Gerhard Peters, ma fu riconosciuta
tecnicamente infondata e dunque falsa perfino dalla Corte d'Assise
di Francoforte sul Meno nella sentenza del 28 marzo 1949 [4].
Ciò non impedì a due sedicenti esperti del KL Mauthausen,
Vincenzo e Luigi Pappalettera, di scrivere oltre vent'anni dopo:
«Avviati alla doccia, i prigionieri venivano investiti,
anziché dall'acqua, dal micidiale gas che usciva dai forellini»![5]
Sulla questione delle presunte aperture di introduzione dello
Zyklon B mi soffermerò nel punto 26. 6) Lo Zyklon B era
«confezionato in pasticche solide» e sviluppava fumi
tossici grazie a «reagenti a contatto con l'aria».
Lo Zyklon B era normalmente costituito da granuli di farina fossile
(nome commerciale: Diagriess) imbevuti di acido cianidrico liquido;
i vapori di acido cianidrico non si sviluppavano grazie a "reagenti",
ma per semplice evaporazione del liquido. 7) «L' ingegnere
Fred Leuchter, esperto statunitense di camere a gas, ha compiuto
degli studi chimici sugli intonaci della cosiddetta camera a gas
di Auschwitz (che in realtà era un semplice obitorio sotterraneo)
e non ha trovato alcuna traccia di acido cianidrico. Questo significa
che in quei locali non fu mai utilizzato Zyklon B e prova definitivamente
che tutte le testimonianze a riguardo sono false».
Secondo la storiografia ufficiale, ad Auschwitz non esistette
"la" camera a gas, ma molteplici camere a gas. Leuchter
ha infatti prelevato campioni di muratura dalle presunte camere
a gas dei crematori I, II, III, IV e V.
È inoltre inesatto che Leuchter, in tali campioni, non
abbia «trovato alcuna traccia di acido cianidrico»,
in quanto 13 campioni su 31 sono risultati positivi, con un quantitativo
massimo di cianuri di 7,9 mg/kg (nel crematorio I)[6]. Il "rapporto
Leuchter" è stato ampiamente superato dal "rapporto
Rudolf"[7], sicché è su questo che si dovrebbero
appuntare gli strali critici di Vincenzo Sciacca.
Fin qui il presunto "breviario" revisionistico. Sciacca
passa poi a "confutare" le mie tesi e ad esporre le
"prove" olocaustiche. 8) Sciacca azzarda perfino una
risposta ad una mia argomentazione relativa alla impossibilità
di cremare a Birkenau i cadaveri dei presunti gasati con il quantitativo
di coke fornito ai crematori nel periodo marzo-ottobre 1943 (in
cui, secondo la storiografia olocaustica, non furono impiegate
"fosse di cremazione"):
«L'apparente acribia metodologica di cui Mattogno fa sfoggio
crea un macabro balletto di cifre organizzate in tabelle che non
ha alcuna attendibilità, sia perché non si sono
mai fatti studi scientifici sul coke effettivamente necessario
per cremare un cadavere, sia perché si basa esclusivamente
sui documenti della Bauleitung, considerati sempre attendibili
(mentre le testimonianze dei sopravvissuti sono dichiarate SEMPRE
false). Ma è del tutto razionale e perfino ovvio pensare
che la documentazione nazista sulle modalità dello sterminio
sia da prendere con le pinze, poiché essa fu probabilmente
manipolata per occultare ogni traccia di quello che stava succedendo
in Lager».
L'affermazione che «non si sono mai fatti studi scientifici
sul coke effettivamente necessario per cremare un cadavere è
verissima per quanto riguarda la storiografia olocaustica, falsa
per quanto concerne quella revisionistica. Per ora rimando al
mio studio "The Crematoria Ovens of Auschwitz and Birkenau"[8],
che contiene, tra l'altro, i risultati di uno studio scientifico
sul consumo di coke dei forni crematori di Auschwitz-Birkenau
(essenzialmente basato sul consumo effettivo del forno Topf a
due muffole del crematorio del KL Gusen), sul quale ritornerò
alla fine dell'articolo.
La presunta inattendibilità dei documenti della Zentralbauleitung
in virtù di una "probabile" manipolazione delle
SS è una supposizione originale, ma purtroppo non suffragata
da nessuno specialista che abbia studiato tali documenti, a cominciare
da Jean- Claude Pressac, da Robert Jan van Pelt e da Franciszek
Piper. La Zentralbauleitung di Auschwitz aveva ben altro da fare
che manipolare documenti [9].
A quanto pare, Sciacca si è ispirato a una povera vianellista,
tale Annalisa Sbrizzo, che già in precedenza aveva "confutato"
la mia argomentazione summenzionata in questo modo:
«L'autore espone candidamente numeri, dati, statistiche,
postulando aristotelicamente e gesuiticamente la veridicità
dei documenti della Bauleitung: risulta inverosimile e astorico
pensare che un tale abietto disegno conosciuto ricordiamo solo
da pochi ufficiali e mantenuto a costo della vita fosse così
a portata di ispezione. Che diamine, bastava dare un'occhiata
alla completa e non certo parca di dettagli documentazione delle
SS! Uno storico studia i fatti, ma anche il contesto in cui i
fatti avvengono e quello in cui vengono documentati. La prova
documentale contiene in molti casi un resoconto volutamente manipolato
o incompleto degli eventi. Il contesto in questione non prevedeva
certo l'obbligo di allegare alle fatture per il coke anche quelle
per il potenziamento dei crematori e dei ventilatori per l'areazione
di una Leichenkeller con la causale "lavori extra per velocizzare
sterminio di massa". Avete mai sentito parlare di doppi registri?
Di semplici omissioni? Si falsificano registri, firme, bilanci,
si fa la cresta sui soldi per la spesa dati dalla mamma, si evade
il fisco, si timbra mille volte lo stesso biglietto della metro,
figuriamoci cosa si è potuto fare per tentare di occultare
le prove dello sterminio di milioni di persone!»[10].
La scoperta dei "doppi registri" è davvero sconvolgente!
Così la nostra Annalisa ha svelato astutamente anche il
segreto delle mia partecipazione al Maurizio Costanzo Show: avete
mai sentito parlare di "doppie trasmissioni"? 9) «...mentre
le testimonianze dei sopravvissuti sono dichiarate SEMPRE false».
Qui c'è un errore terminologico: bisogna dire: "sono
sempre dimostrate false", e l'avverbio "sempre"
significa che ciò vale per tutte le testimonianze che ho
esaminato, ad esempio quella di Miklos Nyiszli, di Kurt Gerstein,
di Sigismund Bendel, di Ada Bimko, di Filip Müller[11] e
anche quelle di cui mi occuperò nel punto 18.. 10) Le
presunte camere a gas di Auschwitz-Birkenau «in qualche
caso furono ricostruite a distanza di decenni ed adibite ad abitazione
civile».
Affermazione assolutamente infondata che si basa su una futile
millanteria di Marcello Pezzetti[12].
Sulla questione dei presunti "Bunker" di Birkenau è
appena uscito il mio libro di 266 pagine "The Bunker of Auschwitz.
Black propaganda versus History"[13], che presenta, tra l'altro,
una raccolta di una trentina di false testimonianze sui "Bunker",
a cominciare da quella classica di Szlama Dragon. 11) Tra le
"prove" in base alle quali, dell'esistenza ad Auschwitz
di camere a gas omicide, «si può essere certi oltre
ogni ragionevole dubbio», Sciacca, appellandosi al presunto
«linguaggio criptico della burocrazia nazista», menziona
«una lettera della ditta Topf & söhne [sic], appaltatrice
dei forni crematori, la quale informa la Bauleitung di aver richiesto
alle ditte fornitrici dieci rivelatori di acido cianidrico (lo
Zyclon B!) per installarli in un leichenkeller».
Si tratta della famosa lettera della ditta Topf alla Zentralbauleitung
di Auschwitz del 2 marzo 1943. In realtà, come ho dimostrato
in uno studio specifico[14], questo documento non dimostra minimamente
l'esistenza di una camera a gas nel crematorio II di Birkenau,
meno che mai di una camera a gas omicida.
12) «... per installarli in un leichenkeller».
I presunti "rivelatori di acido cianidrico" non erano
strumenti che si potessero "installare" da qualche parte.
L'apparato di prova del gas residuo si chiamava in realtà
Gasrestnachweisgerät e non "Anzeigegerät[e] für
Blausäure-Reste" (indicatore di residui di acido cianidrico),
come appare nel documento summenzionato; un tale strumento - così
lo considerava Pressac - non è mai esistito. L'apparato
in questione era infatti una cassetta con cartine e reagenti chimici:
la cartina reattiva, imbevuta di una soluzione preparata al momento,
veniva esposta da un uomo munito di maschera antigas in un locale
gasato a scopo di disinfestazione: l'intensità della sua
colorazione tendente al blu indicava la concentrazione di acido
cianidrico residuo nel locale. 13) Nello studio "Sonderbehandlung"
ad Auschwitz. Genesi e significato[15], ho dimostrato, sulla base
di numerosi documenti inediti e ignoti agli specialisti, che la
storia del «linguaggio criptico della burocrazia nazista»,
per quanto riguarda Auschwitz, non ha alcun fondamento. 14) «Più
significativi ancora sono alcuni documenti che portano la data
del 1943, nei quali un burocrate stila una relazione sullo stato
del Lager e chiama impudicamente, per disattenzione o insipienza,
vergasungskeller (locale sotterraneo per la gasazione) il locale
che nelle mappe era definito leichenkeller».
Esiste un solo documento (non "alcuni") in cui appaia
il termine "Vergasungskeller": la lettera del capo della
Zentralbauleitung, SS-Hauptsturmführer Bischoff, al Gruppo
di Uffici C dell'SS-WVHA (Ufficio Centrale Economico e Amministrativo
delle SS) del 29 gennaio 1943. Questo termine non aveva nulla
a che vedere con una camera a gas omicida. In un studio specifico
ho spiegato l'origine e il significato di questo "Vergasungskeller"
nel suo contesto storico[16]. 15) «Pressac dimostra inoltre
in modo incontrovertibile che il presunto leichenkeller era dotato
di finestre e porte a prova di gas, inspiegabili in un obitorio».
Affermazione in contrasto con la struttura architettonica degli
edifici, perché i crematori II e III erano dotati di Leichenkeller
ma non di finestre, i crematori IV e V avevano sì finestre,
ma non Leichenkeller [17] . 16) Sciacca riporta e commenta così
il famoso passo del discorso di Posen di Himmler del 4 ottobre
1943:
«"Voglio qui parlarvi con tutta franchezza di un tema
difficile. È un discorso che va affrontato apertamente
una volta per tutte fra noi, e tuttavia non ne parleremo mai pubblicamente.
Intendo parlare dell'evacuazione degli ebrei, dell'eliminazione
del popolo ebraico [.]. Nei confronti del nostro popolo noi avevamo
il dovere morale di uccidere questo popolo che voleva ucciderci".
(miei i corsivi). L'abitudine al linguaggio criptico spinge Himmler
ad adottare il solito eufemismo (evacuazione), ma si corregge
subito perché davanti ad un uditorio di alti gerarchi nazisti
la finzione è inutile, ed "evacuazione" si trasforma
immediatamente in "eliminazione". La chiosa successiva
è poi inequivocabile:"noi avevamo il diritto di uccidere..."».
Il testo del discorso è pubblicato nel volume XXIX degli
atti del processo di Norimberga e il passo in questione si trova
a p. 145 dell'edizione tedesca. Tuttavia la frase «nei confronti
del nostro popolo noi avevamo il dovere morale di uccidere questo
popolo che voleva ucciderci» - che conferisce all'intera
citazione un significato criminale, nel testo originale non appare
affatto. Un'altra citazione "a memoria"?
La mia spiegazione del passo in questione si trova nel libro "Leugnung
der Geschichte?" - Leugnung der Beweise! - Keine "Beweiskonvergenz"
im Holocaust. Antwort an M. Shermer und A. Grobman", apparso
in due parti nella rivista «Vierteljahreshefte für
freie Geschichtsforschung»[18]. 17) «Tra tutte le
testimonianze dei sopravvissuti rivestono una particolare rilevanza
quelle degli ebrei dei Sonderkommandos dei campi di Sobibor e
Treblinka, addetti alle camere a gas e ai crematori».
Come è noto, secondo la storiografia olocaustica, Sobibor
e Treblinka non ebbero mai crematori. 18) «Fuggiti dal
Lager nel corso di due rivolte, questi ebrei hanno fornito resoconti
completi ed attendibili di quanto essi stessi andavano compiendo
per ordine dei nazisti».
Nel libro "Treblinka. Extermination Camp or Tansit Camp?[19],
che ho redatto in collaborazione con Jürgen Graf, ho esposto
questi "resoconti completi ed attendibili": essi riferiscono
metodi di uccisione che vanno dall'azione di misteriosi "fluidi
tossici" alle "camere a gas mobili", al gas ad
effetto ritardato, ai vagoni cosparsi di calce viva, alle famose
"camere a vapore", all'aspirazione dell'aria dalle camere
della morte, all'avvelenamento mediante "gas-cloro e gas-Cyklon"!
Inoltre ho dimostrato quando e perché si impose - alquanto
tradivamente (alla fine del 1945!) - l'attuale versione dello
sterminio mediante gas di scarico di motori Diesel[20].
Secondo questi "resoconti", a Sobibor lo sterminio avveniva
per mezzo di una non meglio identificata "sostanza nera"
che veniva immessa nei locali di uccisione dall'alto, o con "corrente
di cloruro [sic]" o più semplicemente col "cloro";
a Belzec, secondo questi "resoconti", esistevano impianti
di folgorazione strutturati in modo vario (dal pavimento metallico
fisso a quello che si immergeva in una piscina sottostante, a
quello che si trasformava in una enorme piastra di cremazione
ecc. ecc.), treni della morte con vagoni cosparsi di calce viva
e una vera e propria fabbrica di sapone umano![21]
E questi sarebbero dei "resoconti attendibili"?
19) «Non c'è dubbio che i tre nazisti [Höss,
Eichmann e Stangl] durante il processo abbiano subito delle pressioni
psicologiche, ma nulla autorizza a credere che le loro confessioni
siano state estorte con metodi staliniani».
Questa è un'applicazione particolare del principio generale
attribuitomi da Sciacca, secondo il quale «tutte le confessioni
rese al processo di Norimberga dai nazisti sono naturalmente estorte
con la forza».
Naturalmente non ho mai affermato una cosa simile. Ciò
che affermo, invece, è semplicemente che le "confessioni"
degli imputati nazisti rientravano in una normale tattica processuale
difensiva e non hanno nulla a che vedere con l'accertamento della
verità. Il presunto sterminio ebraico era diventato un
dogma giuridico fin dal 1945, rientrando a pieno titolo nell'articolo
21 dello statuto del Tribunale di Norimberga, secondo il quale
esistevano "fatti notori" per i quali il Tribunale non
doveva esigere le prove[22]. Quale imputato avrebbe osato contestare
questo dogma? 20) «Höß prima dell'esecuzione
dichiarò che al momento della cattura gli inglesi lo avevano
picchiato selvaggiamente per indurlo a confessare. È una
notizia che possiamo considerare attendibile, ma non inficia in
alcun modo il valore della testimonianza del luciferino comandante
di Auschwitz. Le confessioni rilasciate in quel primo, violento,
interrogatorio furono infatti confermate tanto durante il processo
di Norimberga quanto in un memoriale dettagliatissimo che scrisse
durante la prigionia in Polonia, memoriale che nessuno gli aveva
richiesto».
Ciò invece inficia completamente il valore della testimonianza,
perché Höss stesso scrisse:
«Il mio primo interrogatorio si concluse con una confessione,
dati gli argomenti più che persuasivi usati contro di me.
Non so che cosa contenga la deposizione, sebbene l'abbia firmata.
Ma l'alcool e la frusta furono troppo, anche per me»[23].
[corsivo mio].
La sua prima «confessione», quella che contiene gli
elementi essenziali di tutte le altre «confessioni»
successive, che "nessuno gli aveva richiesto", fu dunque
redatta dagli inquirenti inglesi! Il fatto che R. Höss sia
stato torturato dagli Inglesi, è ormai storicamente accertato,
essendo stato ammesso dallo stesso torturatore (Bernard Clarke);
anche J.-C. Pressac [24] e da Fritjof Meyer[25] lo hanno riconosciuto.
Chiudo con una notazione personale.
21) «Mattogno si crede coltissimo, i suoi studi sono un
groviglio di citazioni in inglese, tedesco e francese; gli storici
di cui analizza le tesi sono, compresi i suoi colleghi negazionisti,
sempre "dilettanti", "falsari", "schiavi
del regime vigente", "incapaci", "dogmatici";
tutte le testimonianze sullo sterminio sono naturalmente false
o manipolate; tutte le confessioni rese al processo di Norimberga
dai nazisti sono naturalmente estorte con la forza. Cavilloso,
debordante, ostinatissimo, Mattogno è stato mandato a quel
paese dallo stesso Faurisson ed ormai non ha alcun pulpito dal
quale predicare tranne qualche rivistina neonazista».
Sciacca avrebbe potuto aggiungere anche: citazioni in svedese,
olandese, polacco e russo, ma non per questo mi credo "coltissimo"[26];
se un documento è importante, preferisco - nei limiti del
possibile - esaminarlo in versione originale e dare al lettore
interessato la possibilità di verificare la mia traduzione.
Cosa che generalmente non fanno gli altri, soprattutto coloro
che citano "a memoria". 22) E' vero che ho tacciato
di dilettanti vari individui, ma costoro non sono affatto "storici",
bensì critici improvvisati senza alcuna cognizione di revisionismo
e senza neppure i primi rudimenti della storiografia olocaustica,
come Vincenzo Sciacca, appunto.
Essi del resto hanno pienamente confermato il loro dilettantismo
eclissandosi dalla scena dopo le mie critiche, come Valentina
Pisanty, che non ha saputo obiettare nulla alla mia risposta al
suo libro[27] e come le decine di personaggi di cui mi sono occupato
in due libri specifici [28]. Se confutarmi è così
facile come pensa Sciacca, che cosa aspettano costoro a farlo?
Con gli storici veri mi comporto in modo diverso. Forse Sciacca
non sa che la morte di Pressac, avvenuta il 23 luglio 2003, è
passata sotto un vergognoso silenzio nella stampa ufficiale, la
quale lo aveva esaltato solo fino a qualche anno fa, e che soltanto
due persone lo hanno ricordato pubblicamente: due revisionisti,
Jürgen Graf ed io![29]. 23) Scrivendo che «Mattogno
è stato mandato a quel paese dallo stesso Faurisson»,
Sciacca non sa che quel che dice. Nel 1999 Faurison ha redatto
una recensione un po' malevola del libro da me scritto in collaborazione
con J. Graf KL Majdanek. Eine historisch und technische Studie[30],
alla quale ho risposto in modo adeguato [31]. Il punto centrale
del contendere erano le mie critiche al "rapporto Leuchter"
in riferimento al campo di Majdanek. Questo episodio dovrebbe
piuttosto far riflettere coloro che definiscono il revisionismo
una "setta" dogmatica. 24) Infine, riguardo al fatto
che io non avrei «alcun pulpito dal quale predicare tranne
qualche rivistina neonazista», consiglio a Sciacca di informarsi
un po' meglio sul mio conto, consultando l'elenco delle mie pubblicazioni
in tedesco e in inglese e dei miei articoli nelle riviste "Vierteljahreshefte
für freie Geschichtsforschung" e "The Revisionist"[32].
Sulla questione ritornerò alla fine di questo scritto.
Appendice
In una specie di "Forum" del
sito "Astratti Furori", un lettore diciottenne ha fatto
notare a Sciacca che le mie tesi non sono poi così "ciarlatanesche"
come egli vuole credere. Nella sua risposta, Sciacca ribadisce
i concetti espressi nell'articolo. 25) «Vedo dal suo intervento
che lei ha colto soltanto alcuni dei rilievi che muovevo al metodo
di Mattogno. Non ne facevo una semplice questione di ortografia.
Parlavo di uno sforzato tentativo di adattare i documenti alla
teoria, dichiarandoli falsi tutte le volte che non rientrano nel
quadro disegnato a priori e che appare una mera petizione di principio».
Non c'è nessun documento che io dichiari falso. In passato
ho avuto dei dubbi su due (e sottolineo due) documenti, non certo
perché non rientrassero in un mio presunto "quadro
disegnato a priori", ma semplicemente perché hanno
un contenuto storico, tecnico e burocratico insensato. A questi
documenti ho dedicato due studi specifici nei quali non appare
alcun accenno all'ipotesi della falsificazione[33]. 26) «Bisogna
poi ricordare che quelle rovine [dei crematori di Birkenau] giacciono
all'aperto da cinquanta anni. Le foto scattate dallo stesso Mattogno
mostrano un grado di disfacimento molto avanzato. Nel terriccio
depositatosi in tanti punti sono cresciute delle pianticelle,
cardi e margherite. Nessuna ispezione condotta su reperti in queste
condizioni può offrire elementi per smentire ciò
che dicono i documenti o per dichiarare la loro falsità».
Perché allora Charles D. Provan prima e la triade Daniel
Keren, Jamie McCarthy e Harry W. Mazal poi hanno preteso di aver
trovato presunte aperture di introduzione dello Zykon B sulla
copertura del Leichenkeller 1 del crematorio II di Birkenau?
27) Con riferimento al mio studio «"No holes, no gas
chamber(s)". Studio storico-tecnico sulle aperture di introduzione
per lo Zyklon b sulla copertura del Leichenkeller 1 del crematorio
II di Birkenau»[34], Sciacca scrive:
«Volendo esemplificare a scopo didattico il metodo di Mattogno
si può dire così : lei, che è un sopravvissuto,
dice non soltanto di aver visto la conduttura metallica utilizzata
per la gasazione, ma addirittura di averla costruita, su ordine
dei nazisti, e perciò è in grado di descriverla
in ogni dettaglio, e dice che la conduttura aveva una dimensione
di una cinquantina di centimetri; io allora, che sono un negazionista,
me ve vado in lager con il metro, misuro tutto quello che nelle
rovine delle camere a gas assomiglia ad un buco, siccome non ne
trovo manco uno che sia di cinquanta centimetri dichiaro falsa
la sua testimonianza. Niente buchi, niente sterminio. Poi, siccome
conosco il tedesco, mi metto a sfruttare certe debolezze e lacune
del materiale documentario. Ad esempio, se lei dichiara di aver
costruito la conduttura, in archivio dovrà esserci una
bolla, un ordine scritto, un disegno della medesima, qualcosa
insomma. Se non trovo niente, allora ho una ulteriore prova circa
la falsità della testimonianza. Si tratta di una prova,
come dire, "e silentio". Quasi tutti gli argomenti di
Mattogno si basano su ispezioni e su prove "e silentio"».
Volendo esemplificare a scopo didattico il mio argomento specifico,
posso dire così:
Sciacca afferma di avermi visto al Maurizio Costanzo Show, allora
un "negazionista" chiede alla redazione della trasmissione
una verifica; nell'archivio non risulta alcuna mia partecipazione,
perciò "e silentio" il "negazionista"
afferma che Mattogno non ha mai partecipato alla trasmissione
di Costanzo.
Tornando al nostro caso, un testimone, Michał Kula, detenuto
che lavorava nell'officina dei fabbri (Häftlings-Schlosserei),
dichiara di aver costruito il congegno per l'introduzione dello
Zyklon B per ordine delle SS. Tutte le ordinazioni effettuate
a tale officina sono elencate in un apposito registro (il registro
della WL- Schlosserei), nel quale sono riportate meticolosamente
anche le ordinazioni relative alle presunte camere a gas omicide,
come le "porte a tenuta di gas" (gasdichte Türen),
ma il congegno descritto dal testimone non vi appare affatto.
Perciò per "non esistenza" o, come piace a Sciacca,
"e silentio", Mattogno conclude che la dichiarazione
del testimone è falsa, come è falsa quella di chi
sostiene che Mattogno ha partecipato al Maurizio Costanzo Show.
Se poi c'è un altro testimone che conferma la dichiarazione
di Kula, come si può desumere da questa "concordanza"
che la sua dichiarazione sia veritiera? Se un'altra persona afferma
di avermi visto al Maurizio Costanzo Show, forse per questo l'affermazione
di Sciacca diventa vera?
Se infine il congegno di cui si è accertata la non esistenza
nel registro suddetto è anche in contraddizione con le
dimensioni delle aperture esistenti sulla copertura del Leichenkeller,
che cosa bisogna concludere da ciò? È presto detto.
In quanto sedicente costruttore del congegno, il testimone, secondo
la normale prassi, lo avrebbe realizzatoin base al disegno delle
SS con le relative misure, sicché qui non ci si può
neppure appellare ad un "un banale errore di memoria",
come direbbe Sciacca. Del resto il testimone rese la sua dichiarazione
appena due anni dopo la presunta costruzione del congegno. Questo,
secondo il testimone, non era una "conduttura", ma una
colonna vuota di rete metallica alta 3 metri e con sezione quadrata
di 70 centimetri (e non "di una cinquantina di centimetri").
Sittolineo ciò non già per uno sciocco puntiglio,
ma perché le misure, qui, hanno un'importanza particolare,
in quanto il congegno avrebbe dovuto attraversare la copertura
del Leichenkeller sbucando all'esterno al di sopra di essa. Il
testimone, dunque, adduce le misure esatte del presunto congegno,
e lo fa proprio in qualità di sedicente costruttore del
congegno stesso. Ma queste misure sono in aperto contrasto con
quelle delle aperture[35] esistenti sulla copertura del Leichenkeller,
perciò questa è una prova ulteriore del fatto che
la testimonianza è falsa. 28) «Finché si
resta "dentro" i libri di Mattogno, leggendo gli autori
che lo confutano soltanto attraverso le citazioni che lui stesso
fornisce, si è come avvinti da una logica implacabile.
Tutto sembra spiegato e provato, rocciosamente saldo, inconfutabile.
Esca fuori, legga dell'altro. Vedrà che in Mattogno non
c'è nulla di roccioso o di inconfutabile. Spero che lei
prima o poi si imbatta nei libri di Hilberg, massimo esperto di
Auschwitz».
Premetto che Hilberg non è affatto il "massimo esperto
di Auschwitz [36]; i massimi esperti olocaustici sono attualmente
Robert Jan van Pelt e Franciszek Piper.
Sciacca, che ha avuto modo di sperimentare personalmente il valore
della mia logica, ha ora un'ottima opportunità per dimostrare
che «in Mattogno non c'è nulla di roccioso o di inconfutabile».
Non gli resta dunque che smentire me con una replica dettagliata
a questo articolo o smentire clamorosamente sé stesso tacendo.
A lui la scelta. 29) «Lei dice bene, Mattogno è
ormai un'autorità presso i negazionisti[37]. Ma appunto,
soltanto presso i negazionisti: una conventicola internazionale,
molto simile ad una setta, che non ha alcun credito presso la
comunità scientifica».
Ciò è vero, ma non ha nulla a che vedere con il
valore scientifico dei miei studi, come sa bene chi, tali studi,
avrebbe dovuto confutare, se non altro per ragioni contrattuali.
Mi riferisco in particolare a Robert Jan van Pelt, il quale, nella
sua nota perizia sul campo di Auschwitz commissionatagli da Deborah
Lipstadt per il processo che le aveva intentato David Irving ("The
Pelt Report"), e nella successiva rielaborazione di essa[38],
si è dato la pena di confutare tutti gli studiosi revisionisti
che abbiano detto qualcosa su Auschwitz, tranne ovviamente me.
Eppure, come van Pelt sapeva bene, già allora avevo pubblicato
numerosi libri e articoli sull'argomento e già allora ero
considerato uno dei massimi esperti revisionisti di tale campo.
Si è trattato dunque di una scelta strategica molto oculata:
quando non si sa che cosa replicare, è meglio tacere. Che
sia stato avvinto anche lui dalla mia "logica implacabile"?
La stessa saggia decisione è stata presa anche dalla triade
Keren-McCarthy-Mazal dell' "Holocaust History Project":
volendo confutare, in un articolo che si fregia del roboante titolo
di "forensic investigation", gli argomenti revisionistici
contro l'inesistenza delle aperture per lo Zyklon B menzionate
sopra, hanno taciuto completamente lo scritto revisionistico più
documentato che esistesse sull'argomento[39], riconoscendo così
- "e silentio",- il valore delle mie argomentazioni.
Se queste fossero realmente le sciocchezze che crede Sciacca,
quale migliore occasione per confutarle pubblicamente? Invece
sono io che ho confutato le loro congetture infondate[40]. E questi
sono solo due casi tra i tanti.
Se ciò non bastasse, potrei aggiungere che la mia trilogia
sulla genesi delle presunte camere a gas omicide di Auschwitz
(ossia la rielaborazione del mio studio, ormai datato, "Auschwitz:
la prima gasazione"[41], che apparirà in inglese col
titolo "Auschwitz: The First Gassing. Rumor and Reality"[42],
il mio nuovo studio sulle presunte gasazioni omicide nel crematorio
I di Auschwitz, attualmente in corso di traduzione in inglese,
e il mio studio citato sopra "The Bunker of Auschwitz. Black
propaganda versus History"), soltanto a questi tre aspetti
preliminari delle presunte gasazioni omicide nei crematori di
Birkenau dedica oltre 600 pagine, mentre i massimi esperti olocaustici
di Auschwitz vi hanno consacrato, il più prolifico 33 pagine[43],
l'altro qualche paginetta in frammenti sparsi qua e là[44].
Nei tre studi summenzionati ho infatti raccolto e analizzato documenti
e testimonianze dei quali costoro ignoravano persino l'esistenza.
Se non bastasse ancora, potrei menzionare ancora il mio studio
sui forni crematori di Auschwitz[45], articolato in un volume
di testo di circa 500 pagine e uno contenente 270 documenti e
360 fotografie, che vedrà finalmente la luce quest'anno.
Dunque l'avere o il non avere qualche "credito presso la
comunità scientifica" nulla aggiunge e nulla toglie
al valore scientifico dei miei studi, e se questo valore non viene
riconosciuto, dipende soltanto dalle implicazioni politiche che
comporterebbe il ristabilimento della verità storica e
dalla ineluttabile rovina personale cui andrebbe incontro chi
tale verità osasse proclamare: qualunque esponente della
"comunità scientifica" ardisse violare il sacro
tabù dell'olocausto, sia pure con una documentazione inattaccabile,
sarebbe immediatamente travolto dalla "virtuosa indignazione"
dei tromboni della democrazia a senso unico, tacciato di "antisemistismo"
e sottoposto ad un linciaggio pubblico, come accade regolarmente
a personaggi anche più inoffensivi. Il recente caso di
Bruno Gollnisch, delegato generale del Fronte Nazionale, è
esemplare. Nell'ottobre 2004 egli ha dichiarato che l'esistenza
delle camere a gas è questione che riguarda gli storici,
cosa banalmente ovvia, ma non in Francia. Immediatamente egli
è stato trasformato in un "negazionista" negatore
del Sacro Dogma e sottoposto a una ignobile persecuzione ancora
in atto.
E questo evidentemente è solo un monito per i membri della
"comunità scientifica" che abbiano qualche recondito
dubbio scientifico su ciò che è "storicamente
corretto".
Per amore di esattezza e a costo di apparire "cavilloso,
debordante, ostinatissimo", ricordo infine a Vincenzo Sciacca
che i sostantivi, in tedesco, si scrivono con la iniziale maiuscola,
che il "Wert Almanac" è il "World Almanac",
che "Deghesch" si scrive "Degesch", che Le
macchine dello sterminio non è stato pubblicato da "Il
mulino", ma da "Feltrinelli". Carlo Mattogno,
gennaio 2005
N.B.: chi intendesse riprodurre questo articolo è pregato
di citarne la fonte, "Lettera d'Informazione", 20 gennaio
2005, e di riprodurlo per intero, comprese le note a piè
di pagina.
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[1] Vedi i miei articoli:
Da Francesco Germinario a Luigi Vianelli,
ossia il tracollo dell'anti-"negazionismo" in Italia;
Da Vianelli a Vianello, o il suicidio
dell'antirevisionismo italiano, in: http://www.aaargh-international.org/ital/archimatto/articoli/oldil2/enigma.html
[2] http://www.astrattifurori.it/news.asp?id=154 [Ved. anche Il
resto del siclo, Gennaio
2005.]
[3] http://www.astrattifurori.it/news.asp?id=215
[4] C.F. Rüter, Justiz und NS-Verbrechen. Sammlung deutscher
Strafurteile wegen nationalsozialisticher Tötungsverbrechen
1945- 1966. Amsterdam, 1968-1981, vol. XIII, p. 134.
[5] Storia illustrata. Numero speciale. Il processo di Norimberga,
n. 156, novembre 1970, p. 78.
[6] Fred A. Leuchter,
An engineering report on the alleged execution gas chambers
at Auschwitz, Birkenau and Majdanek, Poland. Fred A. Leuchter,
Associates, Boston, 5 aprile 1988.
[7] G. Rudolf, Das Rudolf Gutachten. Castle Hill Publishers, Hastings
2001.
[8] In: G. Rudolf (Ed.), Dissecting the Holocaust. The Growing
Critique of "Truth" and "Memory". Theses &
Dissertations Press, Chicago 2003, pp. 373-412.
[9] Vedi al riguardo il mio studio La "Zentralbauleitung
der Waffen- SS und Polizei Auschwitz". Edizioni di Ar, 1998.
[10] www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=10405
[11] Il rapporto Gerstein: Anatomia di un falso. Sentinella d'Italia,
1985; "Medico ad Auschwitz": Anatomia di un falso. La
Sfinge, Parma 1988; Auschwitz: due false testimonianze. La Sfinge,
Parma 1986; Auschwitz: un caso di plagio. La Sfinge, Parma1986.
[12] Vedi il mio articolo La "scoperta" del "Bunker
1" di Birkenau: vecchie e nuove imposture, in: «Olocausto:
dilettanti a convegno». Effepi, Genova 2002, pp. 102-117.
[13] Theses & Dissertations Press, Chicago.
[14] I Gasprüfer di Auschwitz. Analisi storico-tecnica di
una "prova definitiva", in: «I Quaderni di Auschwitz»,
Effepi, Genova, n, 2, 2004
[15] Edizioni di Ar, Padova 2001
[16] Die Leichenkeller der Krematorien von Birkenau im Lichte
der Dokumente, in: «Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung»7.
Jg., Heft 3 & 4, dicembre 2003, pp. 357-379.
[17] Anche riguardo a ciò rimando all'articolo menzionato
nella nota precedente.
[18] Parte prima: 8. Jg., Heft 2, luglio 2004, pp. 134-150; Parte
seconda: 8 jg., Heft 3, novembre 2004, pp. 291-310. La versione
originale italiana è in corso di stampa per conto dell'Editore
Effedieffe.
[19] Theses & Dissertations Press, Chicago 2004
[20] Idem, pp. 47-76.
[21] Vedi al riguardo il mio libro Belzec in Propaganda, Testimonies,
Archeological Research, and History. Theses & Dissertations
Press, 2004, pp. 9-34.
[22] Atti del Processo di Norimberga, vol. I, p. 16 dell'edizione
tedesca.
[23] Comandante ad Auschwitz. Memoriale autobiografico di Rudolf
Höss. Einaudi, Torino 1985, pp. 158-159.
[24] J.-C. Pressac, Le macchine dello sterminio. Auschwitz 1941-
1945, cit., p. 149.
[25] F. Meyer, , Die
Zahl der Opfer von Auschwitz. Neue Erkenntnisse durch neue
Archivfunde, in «Osteuropa. Zeitschrift für Gegenwartsfragen
des Ostens», n. 5, maggio 2002, p. 639.
[26] Chi si crede "coltissimo" è proprio Sciacca.
Nella "discarica" summenzionata egli ha riversato una
serie di brevi saggi sugli argomenti più disparati che
brillano per la loro mediocrità conformistica. Valga per
tutti il suo deprimente scritto su René Guénon,
il cui pensiero Sciacca conosce ancor meno del revisionismo.
[27] L' "irritante questione" delle camere a gas ovvero
da Cappuccetto Rosso ad... Auschwitz. Risposta a Valentina Pisanty.
Graphos, Genova 1998.
[28] Olocausto: Dilettanti allo sbaraglio.
Pierre Vidal-Naquet, Georges Wellers, Deborah Lipstadt, Till Bastian,
Florent Brayard et alii contro il revisionismo storico. Edizioni
di Ar, Padova 1996; Olocausto: dilettanti a convegno. Effepi Edizioni,
Genova 2002
[29] Vedi il mio Ricordo di Jean-Claude Pressac in: «I Quaderni
di Auschwitz», n. 2, 2004, pp. 7-12.
[30] Castle Hill Publishers, Hastings, 1998.
[31] La critica di R. Faurisson al libro "KL Majdanek. Eine
historische und technische Studie", in: http://vho.org/ITA/c/CM/faurisson.html
[32] Informazioni reperibili nel sito http://vho.org.
[33] "Schlüsseldokument" - eine alternative Interpretation.
Zum Fälschungsverdacht des Briefes der Zentralbauleitung
Auschwitz vom 28.6.1943 betreffs der Kapazität der Krematorien
(4. Jg., Heft 1, Juni 2000, pp. 50-56); I Gasprüfer di Auschwitz.
Analisi storico- tecnica di una "prova definitiva",
art. cit.
[34] http://vho.org/ITA/c/CM/niente.html.;
Keine Löcher, keine Gaskammer(n)". Historisch-technische
Studie zur Frage der Zyklon B- Einwurflöcher in der Decke
des Leichenkellers 1 im Krematorium II von Birkenau, in: «Vierteljahreshefte
für freie Geschichtsforschung», 6. Jg., Heft 3, settembre
2002, pp. 284-304;
[35] Come ho dimostrato ad abundantiam, queste aperture non hanno
nulla a che vedere con le presunte aperture di introduzione dello
Zyklon B, perché furono in parte causate dall'esplosione
del locale, in parte realizzate dopo la fuga delle SS dal campo.
[36] Nel suo noto libro La distruzione degli Ebrei d'Europa (Einaudi,
1995), su oltre 1.300 pagine, Hilberg ha dedicato al processo
di sterminio ad Auschwitz una mezza paginetta! (p. 1.038).
[37] Ma non ero un «propalatore di scempiaggini che gli
stessi negazionisti trovano indigeribili»?
[38] R.J. van Pelt, The Case for Auschwitz. Evidence from the
Irving Trial. Indiana University Press. Bloomington and Indianapolis
2002.
[39] Il già citato "No holes, no gas chamber(s)".
Studio storico- tecnico sulle aperture di introduzione per lo
Zyklon B sulla copertura del Leichenkeller 1 del crematorio II
di Birkenau.
[40] Die Einfüllöffnungen für Zyklon B - Parte
1: Die Decke der Leichenhalle von Krematorium I in Auschwitz.
- Parte 2: Die Decke des Leichenkellers von Krematorium II in
Birkenau, in: «Vierteljahreshefte für freie Geschichtsforschung»,
8 jg., Heft 3, novembre 2004, pp. 267-290.
[41] Edizioni di Ar, 1992.
[42] Per informazioni: http://vho.org/GB/Books/HHS.html
[43] F. Piper, Die Gaskammern und die Krematorien, in: «Auschwitz
1940-1945. Studien zur Geschichte des Konzentrationslagers Auschwitz».
Verlag des Staatlichen Museums Auschwitz-Birkenau, Oświęcim
1999, vol. III, pp. 137-169.
[44] R.J. van Pelt, The Case for Auschwitz. Evidence from the
Irving Trial, op. cit.
[45] Il titolo è : I forni crematori di Auschwitz. Studio
storico- tecnico con la collaborazione del dott. ing. Franco Deana.