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Il mito dello sterminio ebraico

Introduzione storico-bibliografica alla storiagrafia revisionista


Carlo Mattogno

Vedi la prima parte
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PARTE SECONDA

1 --NASCITA E SVILUPPO DEL REVISIONISMO

La politica nazionalsocialista di emigrazione ebraica, perseguita ufficialmente fino all'inizio di febbraio del 1942, pone dunque una domanda realmente "lancinante", secondo la definizione di Poliakov.

Infatti, se fosse vero che il processo dello "sterminio" ebraico "corrispondeva all'obiettivo fondamentale del nazionalsocialismo" (1); se fosse vero che esso non fu "il risultato di una imprevedibile esplosione di violenza, o della prevaricazione di subordinati, ma il frutto di una ideologia di morte e di un disegno organico" (2); se fosse vero che "tra gli scopi che, secondo Hitler, dovevano essere raggiunti per mezzo della guerra, aveva parte importantissima lo sterminio generale degli ebrei, e al raggiungimento di esso dedicò il governo tedesco gran parte delle sue forze" (3), per quale misteriosa ragione Adolf Hitler si sarebbe privato di almeno un milione di vittime predestinate permettendo loro di emigrare?

Era dunque inevitabile che un'accusa così atroce, basata essenzialmente su "deduzioni e considerazioni psicologiche", su "racconti di terza o di quarta mano", sul "gioco delle induzioni psicologiche", su "deduzioni" che "rasentano l'astrattezza e la gratuità" e su '"risposte frammentarie e talora ipotetiche" fosse messa in dubbio.

Già nell'immediato dopoguerra e negli anni successivi erano state espresse severe critiche ai processi contro i cosiddetti "criminali di guerra" nazisti -- in particolare
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al processo di Norimberga (4) -- e alla condotta di guerra degli Alleati (5).
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Ma colui che per primo mise in dubbio la realtà dello "sterminio" ebraico fu il francese Paul Rassinier (6), che è considerato a giusto titolo il precursore dell'attuale revisionismo storico. La sua opera fu ripresa e continuata da altri ricercatori che hanno creato una ricca letteratura revisionista, di cui menzioniamo i titoli più importanti.

Nel 1967 fu pubblicato a Vienna Geschichte der Verfehmung Deutschlands (Wien, Selbstverlag des Verfassers) di Franz Scheidl. Due anni dopo apparve anonimo negli Stati Uniti The Myth of the Six Million (The Noontide Press, Torrance, California), seguito, nel 1970, da The Big Lie: Six Million Murdered Jews (Fyshwick A.C.T. Unity Printers and Publishers), a cura di The History Research Unity, e "Auschwitz ou le Grand Alibi", a cura di La Vieille Taupe (Paris).

Nel 1973 videro la luce Die Auschwitz-Lüge (Kritik Verlag, Mohrkirch) di Thies Christophersen (trad it.: La Fandonia di Auschwitz, Edizioni La Sfinge, Parma 1984), The Six Million Swindle (Boniface Press, Takoma Park, Maryland) di Augustin App e Hexen-Einmal-Eins einer Lüge (Verlag Hohe Warte -- Franz von Bebenburg) di Emil Aretz.

L'anno dopo fu pubblicato in Inghilterra Did Six Million Really Die? (Historical Review Press,
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di Richard Harwood (trad. it.: Auschwitz o della soluzione finale. Storia di una leggenda, Le Rune, Milano 1978), seguito nel 1976, presso la stessa casa editrice, dall'eccellente opera The Hoax of the Twentieth Century di Arthur Butz.

Nel 1978 Robert Faurisson scrisse il noto articolo "Le <problème des chambres à gaz>" (Défense de l'Occídent, N 158, Juin 1978, pp. 32-40) e l'anno dopo apparvero l'eccellente studio Der Auschwitz-Mythos. Legende oder Wirklichkeit? (Grabert-Verlag, Tübingen) di Wilhelm Stäglich, The Six Million Reconsidered (Historical Review Press) a cura del Committe for Truth in History, gli importanti articoli di Robert Faurisson "Le camere a gas non sono mai esistite" (Storia illustrata, N. 261, agosto 1979, pp. 15-35) e "The <Problem of the "Gas Chambers"> or <The Rumor of Auschwitz>" (Revisionist Press), El mito de los 6 millones. El fraude de les Judios asesinados por Hitler (Ediciones BAU. S.P., Badalona) di J. Bochacha, "Anne Frank's Diary -- A Hoax" (Institute for Historical Review) di Ditlieb Felderer e Holocaust, hoe lang nog? (Haro Boekdienst, Antwerpen) (7).
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Nel settembre 1979 presso la Northrop University di Los Angeles si è tenuta la prima "Revisionist Convention", organizzata dall'Institute for Historical Review, che dalla primavera del 1980 pubblica l'importante rivista trimestrale The Journal of Historical Review, alla quale collaborano ì più importanti storici revisionisti di ogni paese.

Ciò ha contribuito ulteriormente a rendere il revisíonismo storico una realtà inconfutabile e un movimento di pensiero inarrestabile. Infatti la tesi revisionista guadagna sempre più sostenitori.

Dal 1980 ad oggi sono state pubblicate parecchie opere, soprattutto in Francia, sulla scia dell' "Affare Faurisson".
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Oltre ai numerosi articoli apparsi nella rivista "The Journal of Historical Review", segnaliamo:

"Auschwitz Exit" (Vol. I, Täby, Svezia, 1980), di Ditlieb Felderer,

"1981 Revisionis't Bibliography. A Select Bibliography of Revisionist Books Dealing with the Two World Wars and their Aftermaths. Compiled and Annoted by Keith Stimely" (Institute for Historical Review, 1980), che comprende anche le opere revisioniste sullo "sterminio" ebraico in lingua inglese;

"Vor dem Tribunal der Sieger: Gesetzlose Justiz in Nümberg" (Verlag K.W. Schütz KG -- Preuss. Oldendorf, 1981), di Hildegard Fritzsche;

"Auschwitz im IG-Farben Prozess. Holocaustdokumente?" (Herausgegeben von Udo Walendy, Verlag für Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, Vlotho/Weser, 1981);

"Holocaust nun unterirdisch?" (Historische Tatsachen Nr. 9, Vlotho/Weser, 1981), "Kenntnismängel der Alliierten" (Historische Tatsachen Nr. 15, VIotho/Weser. 1982),"Adolf Eichmann und die "Skelettsammlung des Ahnenerbe e.V."" (Historische Tatsachen Nr. 18, Vlotho/Weser,1983), "Einsatzgruppen im Verbande des Heeres" (Historische Tatsachen Nr. 16 e 17, Vlotho/Weser, 1983), "Alliierte Kriegspropaganda 1914-1919" (Historische Tatsachen Nr. 22, Vlotho/Weser, 1985), "Macht + Prozesse = "Wahrheit? (Historische Tatsachen Nr. 25, Vlotho/Weser, 1985) ,tutti di Udo Walendy;

"<Massentötungen> oder Desinformation?" (Historische Tatsachen Nr. 24, Vlotho/Weser 1985), di Ingrid Weckert;

"Ich suchte -- und fand die Wahrheit" (Kritík Nr. 58, Mohrkirch, 1982), di Robert Faurisson;

"The "Holocaust"": 120 Questions and Answers (Institute for Historical Review, 1983), di C. E. Weber;
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"Nazi Gassing a Myth?" (IHR Special Report. Institute for Historical Review, 1983);

"The Dissolution of the Eastern European Jewry" (Institute for Historical Review, 1983), di Walter Sanning;

"Les grands truquages de l'histoire" (Jacques Grancher éd., Paris, 1983), di Hervé Le Goff (opera in cui compare uno studio sull'impostura del diario di Anna Frank: pp. 13-40) (8);

"The man who invented "genocide"" (Institute for Historical Review, 1984) di James J. Martin;

"Dachau... Buchenwald... Belsen... etc..." (Antwerpen, Vrij Historisch Onderzoek, 1984), di Z. L. Smith;

"Het Dagboek van Anne Frank: een vervalsing" (Antwerpen, Vrij Historisch Onderzoek, 1985), di Robert Faurisson;

"Worldwide Growth and Impact of "Holocaust" Revisionism" (Institute for Historical Review, 1985), IHR Special Report.

Aggiungiamo le opere più significative sull'"Affare Faurisson":

"Vérité historique ou vérité politique? Le dossier de l'affaire Faurisson. La question des chambres à gaz" (La Vieille Taupe, Paris, 1980) di Serge Thion;

"Mémoire en défense contre ceux qui m'accusent de falsifier l'histoire. La question des chambres à gaz" (La Vieille Taupe, Paris, 1980) di Robert Faurisson, opere di valore eccezionale;

"L'Affaire Faurisson" (Le lutteur de classe, novembre 1981);

"Intolérable intolérance" (Editions de la Différence, 1981) di autori vari;
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"Les petits suppléments au Guide des droits des victimes. N. 1. L'incroyable Affaire Faurisson" (La Vieille Taupe, Paris, 1982) a firma "Le Citoyen";

"Réponse à Pierre Vidal-Naquet" (Edité par l'Auteur, 1982) di Robert Faurisson;

"L'Affaire Faurisson" (Université de Bordeaux III. Option Journalisme 1982-1983) di Marie- Paule Mémy;

"Epilogue judiciaire de l'"Affaire Faurisson" (La Vieille Taupe, Paris, 1983) di J. Aitken;

"Il caso Faurisson" (edito dall'Autore) di Andrea Chersi (Castenedolo 1983) (9).

Nel gennaio 1985 è apparso il primo numero della rivista revisionista spagnola "Revisión" (Alicante, Spagna).

Segnaliamo inoltre la rivista revisionista "Taboe. Revisionístisch tijdschrift voor kritisch en wetenschappelijk onderzoek" (Tabù. Rivista revisionista di ricerca critica e scientifica) (Antwerpen, Belgio).

Ci sia infine consentito di menzionare tre nostri studi:

"Il rapporto Gerstein. Anatomia di un falso" (Sentinella d'Italia, Monfalcone 1985);

"La Risiera di San Sabba" (Sentinella d'Italia, Monfalcone 1985);

"<Medico ad Auschwitz>. Anatomia di un falso. La falsa testimonianza di Miklos Nyiszli" (10) (di prossima pubblicazione).
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Questa vasta letteratura è di valore disparato e va dalla divulgazione superficiale e spesso inesatta -- giustamente criticata dagli storici sterminazionisti, come vengono chiamati dai revisionisti i sostenitori della realtà dello "sterminio" ebraico -- alla ricerca scientifica metodica e approfondita.

Essa ha suscitato reazioni di varia natura (11).

Sul piano letterario alcuni scritti, fortemente passionali, tendono essenzialmente a screditare i revisionisti sia mediante la diffamazione personale, sia deformandone le tesi per poi facilmente volgerle al ridicolo, sia tentando di far passare il revisionismo per una "parte costitutiva di un movimento neonazista internazionale", come insinua espressamente Robert Kempner (12), cioè per un rigurgito di antisemitismo nazista.

Questo tentativo appare chiaramente già dai titoli più ricorrenti di tale letteratura:

"Sulla critica della pubblicistica dell'estremismo di destra antisemita" (13) ; "Sguardo sulla letteratura neona-
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zista" (14); -- La Soluzione Finale e la Mitomania Neonazista" (15);

"La <soluzione finale> della questione ebraica nella recente letteratura neo-nazista" (16).

Tra gli articoli più virulenti segnaliamo:

"La politica dello struzzo", di Augusto Segre, in: La Rassegna mensile di Israel, gennaio- marzo 1979, pp. 109-110;

"La distruzione della ragione", di Giuseppe Laras, in: La Rassegna mensile di Israel, agosto- settembre 1979, pp. 285-288;

"Le camere a gas sono esistite!" (risposta di Enzo Collotti a Robert Faurisson), in: Storia illustrata, n. 262, settembre 1979, pp. 19-29 (vedi al riguardo: "Paurisson replica a Collotti", in: Storia illustrata. n. 263, ottobre 1979, pp. 30-37).

Stefano Levi della Torre dedica al revisionismo un paragrafo dell'articolo "Nuove forme della giudeofobia" che è compreso nella sezione "Antisemitismo oggi" (17).

In realtà tale accusa è completamente infondata ed ha una finalità chiaramente propagandistica. Infatti le credenziali di colui che è considerato il fondatore del revisionismo, Paul Rassinier, non lasciano dubbi in proposito: socialista, resistente, arrestato dalla Gestapo nell'ottobre del 1943, torturato per 11 giorni, deportato a Buchenwald e poi a Dora per 19 mesi, invalido al 95% in conseguenza della deportazione, detentore della medaglia "vermeil de la Reconnaissance Francaise" e della "Rosette de la Résistance".
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In Francia l'eredità di Rassinier è stata raccolta da ambienti di sinistra, a cominciare dal gruppo che fa capo alla casa editrice "La Vieille Taupe" (18).

Altri scritti sterminazionisti, pur risentendo del pathos che suscita inevitabilmente la negazione dello "sterminio" ebraico, tentano di porsi sul piano della critica obiettiva. Tra i più significativi ricordiamo:

"Lies About the Holocaust", di Lucy Dawidowicz, in: Commentary, December 1980, pp. 31- 37;

"Les redresseurs de morts. Chambres à gaz: la bonne nouvelle. Comment on révise l'histoire", di Nadine Fresco, in: Les Temps Modernes, n, 407, Juin 1980, pp. 2150-2211. L'Autrice si propone di mostrare i metodi storiografici dei revisionisti.

"Les chambres à gaz ont existé" (Editions Gallimard, 1981), di Georges Wellers. Opera diretta contro Robert Faurisson.

"La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie" (Edité par Beate et Serge Klarsfeld, 1979), di Georges Wellers. Opera diretta contro Paul Rassinier.

"Six Million Did Die" (Johannesburg, 1978), di Arthur Suzman e Denis Diamond. Opera diretta contro Richard Harwood e Arthur Butz.

"Un Eichmann de papier. Anatomie d'un mensonge", di Pierre Vidal-Naquet, in: Les Juifs, la mémoire et le présent, Paris 1981, pp. 195-272. Studio diretto contro Robert Faurisson.
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"Tesi sul revisionismo", di Pierre Vidal-Naquet, in: Rivista di storia contemporanea (Loescher Editore, Torino), I, gennaio 1983, pp. 3-24. Articolo di carattere generale contro il revisionismo.

"Nationalsozialistischen Massentötungen durch Giftgas" (Herausgegeben von Eugen Kogon, Hermann Langbein, Adalbert Rückerl u.a., Frankfurt am Main, 1983), opera collettiva di 24 storici mirante a confutare l'intera storiografia revisionista ".

Alcuni tentativi di riaffermare la "verità" sterminazionista hanno sortito l'effetto contrario. Particolarmente importanti a questo riguardo sono:

"The Holocaust Revisited: A Retrospective Analysis of the Auschwitz-Birkenau Extermination Complex (Central Intelligence Agency, Washington, D.C. U.S. Department of Commerce. NationaI Technical Informatíon Service, February 1979), di Dino A. Brugioni e Robert G. Poirier (trad. francese in: "Le Monde Juif", n. 97, Janvier-Mars 1980, "Auschwitz à vol d'oiseau", pp. 1- 22), opera in cui sono pubblicate delle fotografie aeree di Auschwitz-Birkenau scattate nel 1944 dall'aviazione americana le quali demoliscono il mito degli immensi stermini che sarebbero stati perpetrati in tale campo nel 1944;

"Les "Krématorien" IV et V de Birkenau et leurs chambres à gaz", di Jean-Claude Pressac, in: "Le Monde Juif", N. 107, Juillet-Septembre 1982, pp. 91-131 (vedi il resoconto di Robert Faurisson "Le mythe des "chambres à gaz" entre en agonie", in: Réponse à Pierre Vidal-
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Naquet, Deuxième édition augmentée, La Vieille Taupe. Paris, 1982, pp. 67-87).

L'Album d'Auschwitz. D'après un album découvert par Lili Meier survivante du camp de concentration. Texte de Peter Hellman traduit de l'americain par Guy Casaril. Editions du Seuil, 1983 (vedi l'analisi di Robert Faurisson "Les tricheries de l'Album d'Auschwitz", dattiloscritto inedito, 1983).

Ma le reazioni degli oppositori del revisionismo non si sono limitate al piano letterario. I processi intentati contro i revisionisti -- onde ottenere da parte dei tribunali la condanna ufficiale delle tesi degli avversari -- testimoniano dell'incapacità degli storici di regime di confutare seriamente ed efficacemente le argomentazioni revisioniste.

Alcuni casi, come quelli di Christophersen, di Faurisson e di Felderer, sono diventati tristemente noti (20).

Tristemente nota è anche l'esistenza nella Repubblica Federale Tedesca di un organo preposto al controllo degli scritti "pericolosi per la gioventù" (Bundesprüfstelle für jugendgefährdende Schriften), mero espediente per poter esercitare una censura legale sulla letteratura revisionista, le cui opere vengono regolarmente messe all'"Indice"! (Index für jugendgefährdende Schriften) ".

Fino a che punto possa giungere la cieca intolleranza nei confronti di coloro che negano mediante una seria
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documentazione la realtà dello "sterminio" ebraico, è testimoniato dal casa del dottor WilheIm Stäglich. Nel novembre 1982 il Consiglio dei Decani della Georg-August-Universität di Gottinga, presso la quale egli aveva conseguito la laurea in giurisprudenza nel 1951, ha intrapreso una procedura per ritirargli il titolo di dottore per aver scritto l'eccellente opera "Der Auschwitz Mythos" (Il Mito di Auschwitz), che, a giudizio non propriamente spassionato di tale Consiglio, ha reso Wilhelm Stäglich "indegno di portare il titolo di dottore".

La cosa più singolare è che il fondamento giuridico di tale procedura è costituito da due leggi naziste del 1939! (22).



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II-- LA CRITICA REVISIONISTA

Sarebbe arduo riassumere in poche pagine i risultati della critica revisionista. Del resto, a noi preme di più esporre la ragion d'essere e i metodi di lavoro del revisionismo, per cui dedichiamo questo capitolo al chiarimento delle ragioni per le quali, a nostro avviso, è necessario dubitare della realtà dello "sterminio" ebraico.

Al processo di Norimberga il Pubblico Ministero inglese Sir Hartley Shawcross nella sua requisitoria del 26 luglio 1946 accusò i tedeschi dì aver ucciso più di sei milioni di ebrei "nelle camere a gas e nei forni di Auschwitz, Dachau, Treblinka, Buchenwald. Mauthausen, Maidanek e Oranienburg" (1).

Ciascuna di queste "camere a gas" ha avuto naturalmente i suoi "testimoni oculari".

L'abate Georges Hénocque descrive così quella di Buchenwald: "Mi sentii rassicurato e, aprendo subito la porta di ferro, mi trovai nella famosa camera a gas. Il locale poteva avere venticinque metri quadrati di superficie e un'altezza di tre metri -- tre metri e mezzo. Sul soffitto, diciassette cipolle di annaffiatoìo, sigillate e poste a intervalli regolari. A guardarle, nulla rivelava la loro funzione omicida. Esse assomigliavano a inoffensivi sfiatatoi d'acqua.

I deportati che prestavano servizio al crematorio mi avevano informato: per una specie di ironia, ogni vittima, entrando in questa camera, riceveva un asciugamano e un pezzetto di sapone. Questi sventurati potevano credere di andare alle docce. Dietro di loro veniva chiusa la pesante
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porta di ferro, bordata di una specie di guarnitura di gomma di mezzo centimetro di spessore, destinata ad impedire la penetrazione dell'aria.

All'interno i muri erano lisci, senza fessure, e come verniciati. All'esterno, accanto all'architrave della porta, si vedevano quattro boaoni ' posti l'uno sotto l'altro: uno rosso, uno giallo, uno verde e uno bianco.

Un dettaglio tuttavia mi preoccupava: non capivo in che modo il gas potesse venire giù dalle bocche degli annaffiatoi. Il locale in cui mi trovavo era situato accanto a un corridoio. Vi penetrai e dentro vidi un enorme'tubo che le mie braccia non riuscivano a cingere completamente e che era ricoperto di uno spessore di gomma di circa un centimetro. Accanta, una manovella che si poteva girare da sinistra a destra provocava l'arrivo del gas. Esso discendeva così fino al suolo con una forte pressione, sicché nessuna delle vittime poteva sfuggire a ciò che i tedeschi chiamavano "la morte lenta e dolce".

Al di sopra del punto in cui il tubo formava un gomito per entrare nel locale di asfissia c'erano gli stessi bottoni che si trovavano sulla porta esterna: rosso, verde, giallo e bianco, che servivano evidentemente a controllare la discesa del gas.

Tutto era davvero predisposto e organizzato scientificamente. Il Genio del male non avrebbe potuto trovare di meglio. Rientrai nella camera a gas per cercare di scoprire quella del crematorio" (2).

L'SS-Obersturmbannführer Kaindl, ex comandante del campo di concentramento di Oranienburg-Sachsenhausen, dichiarò dinanzi a un Tribunale Militare sovietico:

"Alla metà di marzo del 1943 ho introdotto le camere a gas come luogo di sterminio in massa.

Pubblico Ministero -- Di Sua iniziativa?
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Kaindl -- In parte, sì. Poiché le installazioni esistenti non erano sufficienti per lo sterminio previsto, convocai una riunione alla quale partecipò anche il medico capo Baumkötter, il quale mi disse che l'avvelenamento di uomini mediante acido cianidricc in camere speciali aveva come effetto la morte istantanea. Allora considerai la costruzione di camere a gas per lo sterminio di uomini opportuna e anche più umana" (3).

Riguardo al campo di Dachau, il dott. Franz Blaha asserì in una dichiarazione giurata:

"Nel campo ci furono molte esecuzioni mediante gas, fucilazioni e iniezioni. La camera a gas fu terminata nel 1944 ed io fui chiamato dal dott. Rascher per esaminare le prime vittime. Delle otto o nove persone che si trovavano nella camera, tre erano ancora vive e le altre sembravano morte. I loro occhi erano rossi e i loro volti gonfi. Molti detenuti furono uccisi successivamente in questo modo" (4).

Il 19 agosto 1960 il giornale tedesco Die Zeit pubblicò -- sotto il titolo "Keine Vergasung in Dachau" (Nessuna gasazione a Dachau) -- una lettera del dott. Martin Broszat dell'Istituto di Storia contemporanea di Monaco nella quale dichiarava:

"Né a Dachau né a Bergen-Belsen né a Buchenwald sono stati gasati ebrei o altri detenuti. La camera a gas di Dachau non fu mai ultimata del tutto e non entrò mai <in funzione>".

E ancora:

"Lo sterminio in massa degli ebrei mediante gasazione iniziò nel 1941-1942 ed ebbe luogo esclusivamente (ausschliesslich) in pochi luoghi appositamente scelti e forniti di adeguate istallazioni tecniche, soprattutto (vor allem) nel territorio polacco occupato (ma in nessun luogo nel
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Vecchio Reich): ad Auschwitz-Birkenau, a Sobibor, sul Bug, a Treblinka, a Chelmo e a Belzec" (5).

Le riserve espresse in questa lettera furono chiarite dal dott. Broszat nella "Nota preliminare" all'articolo di Ino Arndt e Wolfang Scheffler "Organisierter Massenmord an Juden in nationalsozialistischen Vernichtungslagern":

"Come abbiamo già rilevato, gli stermini di ebrei in senso istituzionale (esecuzione del programma della "soluzione finale") mediante impianti di gasazione ebbero luogo esclusivamente nei campi summenzionati (6) dei territori polacchi occupati. Al contrario nei campi di concentramento generalmente c'erano sì crematori (per la cremazione dei detenuti morti in massa oppure uccisi durante la guerra), ma non impianti di gasazione. Dove però in particolare ciò accadde (Ravensbrück, Natzweiler, Mauthausen), essi non servivano allo sterminio ebraico nel senso del programma della "soluzione finale". Essi dovevano piuttosto facilitare psichicamente ai Kommandos di esecuzione il loro "lavoro", che fino ad allora veniva effettuato mediante fucilazioni, iniezioni di fenolo e altri sistemi" (7).

Simon Wiesenthal conferma che "non ci furono campi di sterminio in terra tedesca" (8).

In conclusione, né a Buchenwald, né a Oranienburg-Sachsenhausen sono mai esistite "camere a gas", mentre la pretesa "camera a gas" di Dachau (9) non è mai stata utilizzata, come si può leggere anche nella pubblicazione ufficiale su tale campo:
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"La <camera a gas> di Dachau non fu mai messa in funzione. Nel crematorio entrarono solo morti per la <cremazione>, nessun vivente per la <gasazione>" (10).

"Come abbiamo già detto, l'ultimo anno Dachau ebbe una camera di gasazione propria. Ma le sue "docce" non furono mai utilizzate" (11).

Di conseguenza, le "testimonianze oculari" di coloro che pretendono di aver visto in questi campi "camere a gas" o di avervi assistito a "gasazioni" sono false.

Tale circostanza avrebbe indotto qualunque storico serio ad effettuare una revisione critica di tutte le fonti dello "sterminio" ebraico, ma ciò naturalmente non è accaduto (12).

In effetti, la domanda che pone Robert Faurisson è più che legittima:

"Perché le <prove>, le <certezze>, le <testirnonianze> raccolte sui campi che geograficamente ci sono vicini non hanno improvvisamente più valore, mentre le <prove>, le <certezze>, le <testimonianze> raccolte sui campi della Polonia restano vere?" (13).

La domanda appare ancora più legittima se si considera ciò che Gerald Reitlinger scrive sulle prove relative ai "campi dì sterminio" polacchi:

"La più gran parte delle documentazioni sui campi di morte in Polonia, ad esempio, è stata raccolta dalle Commissioni d'inchiesta del Governo polacco e dalla Com-
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missione Centrale di Storia ebraica della Polonia interrogando i superstiti fisicamente validi, ~ quali erano ben di rado uomini di qualche cultura. Inoltre l'ebreo dell'Europa orientale è retorico per natura, ama esprimersi con similitudini fiorite. Quando un testimone diceva che le vittime provenienti dal lontano Occidente arrivavano al campo di morte in vagoneletto, intendeva probabilmente dire che arrivavano in vetture passeggeri e non in carri bestiame. Talvolta la fantasia superava ogni credibilità, come quando i contrabbandieri di viveri del ghetto erano descritti come uomini giganteschi, con tasche che andavano dal collo alle caviglie. Anche i lettori che non soffrono di pregiudizi razziali possono trovare un poto troppo pesanti, per poterli digerire, i particolari di questi assassinü mostruosi, ed essere indotti a gridare Credat Judaeus Apella e a relegare questi racconti tra le favole. In fondo i lettori hanno diritto di pensare che si tratta di testimoni "orientali", per i quali i numeri non sono che elementi retorici. Perfino i loro nomi -- Sunschein, Zylberdukaten, Rothbalsam, Salamander: Raggio di Sole, Ducati d'argento, Balsamo Rosso, Salamandra -- sembrano parti di fantasia" (14).

Riguardo ai metodi di lavoro di tali commissioni di inchiesta e alle "testimonianze" da esse raccolte, Reitlinger dichiara esplicitamente:

"Non si può non essere d'accordo con R. T. Paget, K. C., membro della Camera dei Comuni, quando dice che le ricerche eseguite dopo la guerra dalle commissioni d'inchiesta polacche sono di scarso valore probativo. Esse consistono, infatti, essenzialmente di descrizioni staccate di persone singole, ben raramente confermate da altre fonti" (15).

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Le "prove" dell'esistenza di "camere a gas" nei pretesi "campi di sterminio" orientali sono dunque costituite pressoché esclusivamente da "testimonianze oculari" oltremodo sospette la cui veridicità viene ammessa a priori dagli storici che propugnano la realtà dello "sterminio" ebraico, e questa acriticità intenzionale è la caratteristica essenziale del loro metodo di lavoro storiografico.

Eppure l'analisi di queste "prove" e il loro confronto reciproco dovrebbe indurre tali storici a maggiore cautela.

Lo studio della genesi del mito dello "sterminio" ebraico a Treblinka, a Sobibor e a Belzec, ad esempio, è abbastanza rivelatore al riguardo.

Una delle prime "testimonianze oculari" su Treblinka -- il rapporto inviato il 15 novembre 1942 dall'organizzazione clandestina del ghetto di Varsavia al governo polacco in esilio a Londra -- descrive lo "sterminio" di ebrei in tale campo mediante vapore acqueo!

Nel marzo 1942 -- si legge in tale rapporto -- i tedeschi iniziarono la costruzione del nuovo campo di Treblinka B -- nei pressi del campo di Treblinka A -- che fu terminato alla fine di aprile del 1942. Verso la prima metà di settembre esso comprendeva due "case della morte".

La "casa della morte n. 2" (dom smierci Nr 2) era una costruzione in muratura lunga circa 40 metri e larga 15. Secondo la relazione di un testimone oculare (wg relacji naocznego swiadka) essa conteneva dieci locali disposti ai due lati di un corridoio che attraversava tutto l'edificio. Nei locali erano installati dei tubi attraverso i quali passava il vapore acqueo (para wodna).

La "casa della morte n. 1" (dom smierci Nr 1) si componeva di tre locali e di una sala caldaie.

"Dentro la sala caldaie -- prosegue il rapporto -- c'è una grande caldaia per la produzione del vapore acqueo, e, mediante tubi che corrono attraverso le camere della morte e che sono forniti di un adeguato numero di fori,
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il vapore surriscaldato si sprigiona all'intemo delle camere".

Le "vittime" venivano rinchiuse nei locali suddetti e uccise col vapore acqueo!

"In questo modo le camere di esecuzione si riempiono completamente, poi le porte si chiudono ermeticamente e comincia la lunga asfissia (duszenie) delle vittime. mediante il vapore acqueo (para wodna) che viene fuori dai numerosi fori dei tubi. All'inizio dall'intemo giungono urla strozzate che si acquietano lentamente e dopo 15 minuti l'esecuzione è effettuata" (16).

Questa storia è stata ripresa ed elevata a verità ufficiale dalla Commissione suprema di inchiesta sui crimini tedeschi in Polonia, la quale ha accusato l'ex governatore Hans Frank di aver ordinato l'installazione di un "campo di sterminio" a Treblinka per l'eliminazione in massa degli ebrei "in camere riempite di vapore" (in Dampf gefüIlten Kammern)! (17).

Successivamente si è imposto il mito delle "camere a gas" a monossido di carbonio (18) che vale tuttora come verità ufficiale sui tre "campi di sterminio" orientali.
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La cosa è stata semplice: è bastato trasformare in "camere a gas" le "camere a vapore" del rapporto del 15 novembre 1942!

Così il "testimone oculare" Yankel Wiernik scrisse già nel 1944 che a Treblinka gli ebrei venivano uccisi in due costruzioni, una grande, con dieci "camere a gas", l'altra piccola, con tre "camere a gas" (19), esattamente come le due "case della morte" del rapporto summenzionato avevano dieci e tre "camere a vapore". Anche la disposizione dei locali della nuova costruzione è tratta di sana pianta dal rapporto del 15 novembre 1942: dieci camere disposte ai due lati di un corridoio che attraversava tutta la costruzione (20).

Quanto sia attendibile questo "testimone oculare", si può arguire già da questa sua affermazione: in ogni "camera a gas" che misurava "circa 150 piedi quadrati" (about 150 square feet), cioè meno di 14 metri quadrati, potevano essere stipate 1.000-1.200 personne (21), con una densità di 71-85 personne per metro quadrato!

Eccoci dunque in presenza di uno di quei "testimoni oculari" par i quali, come asserisce Gerald Reitlinger, "i numeri non solo che elementi retorici"!

Nel 1946, le "camere a gas" di Sobibor venivano descritte cosi:

"A prima vista si ha tutta l'impressione di entrare in un bagno come gli altri: rubinetti per l'acqua calda e fredda, vasche per lavarsi... appena tutti sono entrati le porte vengono chiuse pesantemente. Una sostanza nera,
[65]
pesante, esce in volute da fori praticati nel soffitto. Si sentono urla raccapriccianti che però non durano a lungo perché si tramutano presto in respiri affannosi e soffocati e in attacchi di convulsioni. Si dice che le madri coprano i figli con il loro corpo.

Il guardiano del "bagno" osserva l'intero procedimento attraverso una finestrella nel soffitto. In un quarto d'ora tutto è finito. Il pavimento si apre e i cadaveri piombano in vagoncini che aspettano sotto, nelle cantine del "bagno" e che, appena riempiti, partono velocemente. Tutto è organizzato secondo la più moderna tecnica te esca. Fuori, i corpi vengono deposti secondo un certo ordine e cosparsi di benzina, quindi viene loro dato fuoco" (22).

La "testimone oculare" Zelda Metz fornì la seguente descrizione:

"Poi entravano nelle baracche. dove alle donne venivano tagliati i capelli, indi nel "bagne", cioè nella camera gas. Erano asfissiati col cloro (dusili chlorem). Dopo 15 minuti arano tutti asfissiati. Attraverso una finestrella si verificava se erano morti. Poi il pavimento si apriva automaticamente. I cadaveri cadevano in una vagone di une ferrovia che passava attraverso la camera a gas e portava i cadaveri al forno" (23)

Ma già nel 1947 la "Commissione centrale di inchiesta sui crimini tedeschi in Polonia" optava per l'uccisione "mediante gas di combustione prodotto da un motore situato nella stessa costruzione e collegato alle camere per mezzo di tubi" (24), riconoscendo così false le "testimonianze" summenzionate. Ma ciò non impedì a Zelda Metz di presentarsi come teste d'accusa il 23 agosto 1950 al
[66]

processo contro gli ex guardiani di Sobibor Hubert Gomerski e Johan Klier (5), nel quale il Pubblico Ministero sostenne appunto che in tale campo "le uccisioni avevano luogo mediante gas di scarico di un motore" ! (26).

Le "testirnonianze oculari" relative a Belzec sono ancora più istruttive.

Il primo mito dello "sterminio" ebraico nacque l'8 aprile 1942, solo tre settimane dopo l'apertura del campo: "le vittime venivano radunate in una casupola che aveva per pavimento una lastra di metallo attraverso la quale veniva fatta passare la corrente elettrica che folgorava gli ebrei" (27).

Una storia simile appare nella Kronika oswiecimska nieznanego autora (Cronaca di Oswiecim di autore ignoto) che sarebbe stata dissotterrata nel novembre 1953 nel terreno dell'ex campo di Auschwitz: a Belzec gli ebrei venvano folgorati (elektryzowano) (28).

Un rapporto datato 10 luglio 1942, giunto a Londra nel novembre dello stesso anno (29) e pubblicato il 1o dicembre sulla Polish Fortnightly Review descrive cosi lo "sterminio" degli ebrei a Belzec:

"Dopo essere stati scaricati, gli uomini vanno in una baracca a destra, le donne in una baracca situata a sinistra, dove si spogliano, apparentemente per prepararsi a fare il bagno. Dopo che si sono spogliati, entrambi i gruppi vanno in una terza baracca dove c'è una lastra elettrificata in cui vengono effettuate le esecuzioni" (30).

[67]
Una variante del mito menziona l'acqua al posto della lastra metallica: gli ebrei venivano uccisi facendo passare attraverso l'acqua in cui erano stati immersi la corrente elettrica (31).

La versione della folgorazione su lastra metallica riappare in un rapporto del novembre 1942:

"Si ordina alle vittime di spogliarsi nude -- apparentemente per un bagno -- ed esse sono poi condotte in una baracca con una lastra di metallo per pavimento. Poi la porta viene chiusa, la corrente elettrica passa attraverso le vittime e la loro morte è quasi istantanea" (32).

Nel rapporto del governo polacco in esilio a Londra del 10 dicembre 1942 si legge tra l'altro:

"All'inizio le esecuzioni venivano effettuate mediante fucilazione; tuttavia, viene riferito che in seguito i tedeschi applicarono nuovi metodi, quali il gas tossico, mediante cui la popolazione ebraica fu sterminata a Chelm, o la folgorazione, per la quale fu organizzato un campo a Belzec, dove, nel corso di marzo e aprile 1942, gli ebrei delle province di Lublino, Lwow e Kielce furono sterminati a decine di migliaia" (33).

Tale staoria fu ripetuta il 19 dicembre in una dichiarazione dell' "Inter-Allied Information Committee":

"Non si dispone di dati reali riguardo al destino dei deportati, ma sono disponibili notizie -- notizie irrefutabli -- secondo le quali sono stati organizzati deil luoghi di esecuzione a Chelm e a Belzec, dove, coloro che sopravvi-
[68]
vono alle fucilazioni, sono uccisi in massa mediante folgorazione e gas letali" (34).

Un rapporto del 1o novembre 1943 descrive così l' "inferno di Belzec" (Die Hölle von Belzec):

"Agli ebrei che venivano inviati a Belzec si ordinava di spogliarsi come per fare un bagno. Effettivamente venivano condotti in uno stabilimento di bagni che aveva una capienza di diverse centinaia di persone. Ma lì venivano uccisi a schiere mediante corrente elettrica" (35).

Nel 1944 il mito si arricchisce: ne viene elaborata una nuova versione che fonde i temi dell'acqua e della lastra metallica.

Il 12 febbraio 1944 il New York Times pubblicò il seguente racconto di "un giovane ebreo polacco" relativo alla "fabbrica delle esecuzioni" di "Beljec:":

"Gli ebrei erano spinti nudi su una piattaforma metallica che funzionava come un elevatore idraulico che li calava in una enorme vasca piena d'acqua fino al collo delle vittime, disse egli. Essi venivano folgorati con la corrente per mezzo dell'acqua. L'elevatore poi sollevava i corpi ad un crematorio che si trovava di sopra, disse il giovane". La fonte del racconto era costituita da "individui che erano fuggiti dopo essere stati realmente dentro la "fabbrica" (36), dunque da "testimoni oculari".

Questa nuova forma del mito fu ripresa nel 1945 da Stefan Szende. I trasporti ebraici "entravano attraverso un tunnel nei locali sotterranei del luogo di esecuzione". La tecnica dello "sterminio" descritta da Szende è a dir poco fantascientifica:

"Gli ebrei nudi venivano condotti in sale gigantesche. Queste sale potevano contenere parecchie migliaia di uomini alla volta. Esse non avevano finestre, erano di metallo, col pavimento che si poteva abbassare.
[69]
Il pavimento di queste sale con migliaia di ebrei veniva calato in una cisterna piena d'acqua che si trovava sotto -- però soltanto in modo tale che gli uomini sulla lastra metallica non fossero immersi completamente. Quando tutti gli ebrei sulla lastra metallica stavano già nell'acqua fino ai fianchi, si faceva passare nell'acqua la corrente ad alta tensione. Dopo pochi istanti tutti gli ebrei, migliaia alla volta, erano morti.

Poi il pavimento di metallo si sollevava fuori dall'acqua. Su di esso giacevano i cadaveri dei giustiziati. Si inseriva un altra linea elettrica e la lastra metallica si trasformava in una cassa da morto crematoria (Krematoriumssarg) incandescente, finché tutti i cadaveri enano inceneriti.

Potenti gru sollevavano allora la gigantesca cassa da morto crematoria ed evacuavano le ceneri. Grosse ciminiere da fabbrica evacuavano il fumo. La procedura era compiuta" (37).

Un'altra variante del mito menziona un "forno elettrico" (!) come strumento di "sterminio".

"Poi essi entrano in una terza baracca che contiene un forno elettrico (einen elektrischen Ofen). In questa baracca hanno luogo le esecuzioni" '.

Nel 1945 la prima versione del mito assurse a verità ufficiale sul "campo di sterminio" di Belzec. Essa fu accolta nel rapporto del governo polacco e letta dal rappresentante sovietico dell'accusa L. N. Smirnow all'udienza dei 19 febbraio 1946 del processo di Norimberga:

"Nello stesso rapporto, nell'ultimo capitolo, a pagina 136 del libro dei documenti, troviamo una dichiarazione sul fatto che il campo di Beldjitze (39) fu costruito nel 1940;
[70]
però gli impianti elettrici speciali per lo sterminio in massa di uomini furono installati nel 1942. Col pretesto di portarle a fare il bagno, le persone venivano costrette a spogliarsi completamente e spinte nella casa il cui pavimento era elettrificato (mit elektrischem Strom geladen); lì venivano uccise" (40).

Il mito dello "sterminio" ebraico a Belzec mediante corrente elettrica non è stato il solo a circolare nel corso della seconda guerra mondiale.

Il "testimone oculare" Jan Karski, che pretende di aver visitato tale campo in divisa da guardia estone, descrive un procedimento di "sterminio" alquanto singolare: gli ebrei venivano caricati su vagoni cosparsi di calce viva.

Quando il carico era completo, il treno partiva e raggiungeva una zona deserta a 80 miglia da Belzec, dove restava fenno fino a quando tutti gli ebrei erano morti per l'azione corrosiva della calce e per soffocamento (41).

Nonostante le dettagliate "testimonianze oculari" che abbiamo riferito, anche per Belzec si è imposto definitivamente come verità ufficiale il mito delle "camere a gas" a monossido di carbonio. Tale mito, che ha ricevuto la sanzione ufficiale della Commissione di inchiesta sui crimini
[71]

tedeschi in Polonia (42), appare improvvisamente nel 1946 nella raccolta "Dokumenty i materialy" (43).

La nuova versione si fonda sulla "testimonianza oculare" di Rudolf Reder (44), che è in gran parte un volgare plagio del famoso rapporto Gerstein (45).

La "testimonianza oculare" di Kurt Gerstein, SS-Obersturmführer, sul "campo di sterminio" di Belzec, è un caso tipico di acriticità e di malafede nell'assunzione delle "prove" da parte degli storici di regime.

Nel nostro studio Il rapporto Gerstein. Anatomia di un falso abbiamo segnalato 103 assurdità, contraddizioni interne ed esterne, falsificazioni storiche, contraddizioni rispetto alla storiografia ufficiale, esagerazioni iperboliche e inverosimiglianze che rendono questa "testimonianza oculare" assolutamente inattendibile.

Ma ciò non tange minimamente gli storici di regime, che dichiarano pressoché unanimamente:

"Non si nutre oggi alcun dubbio sulla veridicità del rapporto Gerstein" (46).

"Anche l'attendibilità obiettiva di tutti i particolari essenziali del rapporto è fuori questione" (47).

Gli storici di regime giustificano le false testimonianze -- da essi stessi riconosciute tali -- su Treblinka, Sobibor
[72]

e Belzec, sostenendo che durante la guerra si aveva una conoscenza precisa solo del fatto, dello "sterminio", ma non delle sue modalità pratiche e tecniche. Pierre Vidal-Naquet scrive al riguardo:

"Nel flusso di informazioni che proveniva dai territori occupati c'era del vero, del meno vero e del falso. Sul senso generale di quanto stava accadendo non esisteva alcun dubbio, circa le modalità vi era spesso motivo di esitare tra l'una e l'altra'versione". Egli ammette che ci furono anche "le fantasie e i miti", ma dichiara che essi non sono esistiti per se stessi, bensì "come un'ombra proiettata dalla realtà, come un prolungamento della realtà" (48).

Questa argomentazione è una eccellente applicazione del principio metodologico "la conclusione precede le prove" che Pierre Vidal-Naquet attribuisce alla storiografia revisionista (49).

In effetti, riprendendo mutatis mutandis la domanda di Robert Faurisson, perché le "testimonianze oculari" relative alle "camere a vapore" di Treblinka, al "cloro" e alle "cantine" di Sobibor e allo "sterminio" ebraico a Belzec mediante corrente elettrica o treni della morte sono improvvisamente riconosciute false, mentre le "testimonianze oculari" relative alle "camere a gas" sono considerate vere?

E' importante sottolineare che qui si ha a che fare con "testimonianze oculari" rigorosamente equivalenti riguardo all'attendibilità (o, più esattamente, all'inattendibilità) e completamente contradditorie riguardo al contenuto, sicché solo in quanto si ammette a priori l'esistenza delle "camere a gas" -- la conclusione precede le prove! -- si può parlare di "fantasie e miti" che sono "come una ombra proiettata dalla realtà".
[73]

Del resto, quanto poco questa "realtà" sia tale, risulta chiaramente anche dallo studio della genesi del mito delle "camere a gas" di Auschwitz.

Tale mito si è imposto molto tardi, perché, sorprendentemente, "il più grande di tutti i luoghi di supplizio, la cosiddetta <fabbrica della morte> di Auschwitz-Birkenau, riuscì a serbare il suo segreto fino all'estate del 1944" (50).

Infatti nel luglio 1944 si diffusero i rapporti di due ebrei slovacchi evasi da Auschwitz (51) che furono pubblicati negli Stati Uniti dal War Refugee Board nel novembre dello stesso anno insieme ad altri due rapporti (52). Il più importante di essi, quello di Alfred Wetzler, è palesemente falso: costui presenta infatti una pianta e una descrizione dei crematori I e II (= Il e III secondo la numerazione ufficiale) di Birkenau completamente inventate, come risulta già dal semplice confronto con la pianta originale (53). Ma ciò non impedisce agli'storici di regime di proporlo subdolamente come vero!

Tipico è il caso di Georges Wellers, il quale utilizza goffamente la suddetta descrizione di Alfred Wetzler in due opere in cui appare riprodotta la pianta originale del crematorio II di Birkenau ! (54).

Ma prima di ricevere la sua codificazione ufficiale nelle "confessioni" di Rudolf Höss, il mito delle "camere a gas" di Auschwitz ha subìto altre vicissitudini sia riguar-
[74]

do al luogo, sia riguardo alla tecnica, sia riguardo al período dello "sterminio".

Al processo di Norimberga, nel corso dell'udienza dell'8 agosto 1946, lo Sturmbannführer delle SS Georg Konrad Morgen descrisse con dovizia di particolari gli impianti del "campo di sterminio di Monowitz" (Vernichtungslager Monowitz):

"Poi questi autocarri partivano. Essi non andavano al campo di concentramento di Auschwitz, ma in un'altra direzione, al campo di- sterminio di Monowitz, che distava alcuni chilometri. Questo campo di sterminio era costituito da una serie di crematori. Questi crematori dall'esterno non erano riconoscibili come tali. Potevano essere scambiati per grandi impianti di bagni. Ciò era noto anche ai detenuti. Questi crematori erano circondati da una recinzione di filo spinato e all'intemo erano sorvegliati dai summenzionati gruppi di lavoro ebraici".

E ancora:

"Il campo di sterminio di Monowitz era molto lontano dal campo di concentramento. Si trovava in una vasta zona industriale e non era riconoscibile come tale. Dappertutto all'orizzonte c'erano ciminiere ed esso fumava. Il campo stesso era sorvegliato all'esterno da un reparto speciale di uomini del Baltico, estoni, lituani e ucraini. L'intero procedimento tecnico era esclusivamente nelle mani dei detenuti stessi incaricati di ciò, i quali solo di volta in volta eranò sorvegliati da un Unterführer. L'uccisione vera e propria veniva eseguita da un altro Unterfúhrer che faceva sprigionare dei gas in questo locale" (55).

In realtà il campo di Monowitz, al pari dei trentanove campi esterni di Auschwitz, non ha mai posseduto né "camere a gas" né forni crematori (56).
[75]

Per quanto concerne la tecnica di "sterminio", un rapporto del 18 aprile 1943 menzionava i seguenti metodi di uccisione, oltre alle "camere a gas" e alle fucilazioni:

"b) Camere elettriche; queste camere avevano pareti metalliche; le vittime vi venivano spinte dentro e poi si inseriva l'alta tensione.

c) Il sistema del cosiddetto martello pneumatico. Si trattava di camere speciali nelle quali dal tetto discendeva un "martello pneumatico" e le vittime venivano uccise per mezzo di un congegno speciale sotto un'alta pressione d'aria" (57).

Come commenta Martin Gilbert, questi due metodi erano "pure fantasie" (58).

Nel 1945, presso i falsi testimoni più sprovveduti, si affermò la versione della "gasazione" tramite docce finte.

Al processo Belsen la dottoressa Ada Bimko descrisse gli spruzzatori (sprays), i due "tubi" (pipes) e i due "enormi contenitori metallici che contenevano il gas" (huge metal containers containing gas) della "camera a gas" di Birkenau, che questa "testimone oculare" aveva visitato personalmente! (59)

In che modo questi falsi testimoni immaginavano che avvenissero le "gasazioni" risulta chiaramente dalla seguente narrazione di Sofia Schafranov, alla quale un detenuto del Sonderkommando avrebbe raccontato quanto segue:

"Veniva simulata una doccia e alle vittime, per quanto queste sapessero, ormai, di che genere di doccia si trattasse, si fornivano perfino asciugamani e un pezzo di sapone; dopo di che, er-&no fatte denudare e venivano cacciate in basse camere di cemento, ermeticamente chiuse. Al
[76]
soffitto erano applicati dei rubinetti, da dove, invece che acqua, era irrorato del gas tossico" (60).

Questa storia fu ripetuta al processo Degesch del 1949un testimone aveva sentito che "a Birkenau il gas veniva immesso nei locali attraverso docce finte". Ma sia il dottor Heli, inventore dello Zyklon B, sia il dottor Ra., fisico, dichiararono che la tecnica di "gasazione" descritta era impossibile, sicché il Tribunale respinse come falsa la storia in questione:

"Il Tribunale non dubita del fatto che l'ipotesi che il gas sia tratto fuori dal barattolo di ZykIon B mediante una cannula e portato nelle camere a gas, sia errata, sicché non è più necessario fare l'esperimento richiesto da uno degli accusati" (61).

Ma ciò non impedisce a Vincenzo e Luigi Pappalettena di fornire il seguente commento -- evidentemente ispirato a quanto era già stato asserito a Norimberga (62) -- alla fotografia della "camera a gas" di Mauthausen:

"Avviati alla doccia, i prigianieri venivano investiti, anziché dall'acqua, dal micidiale gas che usciva dai forellini" (63).

Infine, riguardo al periodo dello "sterminio", il dott. Reszö Kastner riferì una comunicazione da Bratislava secondo la quale "le SS erano in procinto di restaurare e riparare le camere a gas e i crematori di Auschwitz che erano fuori uso dall'autunno dei 1943" (die seit dem Herbst 1943 ausser Gebrauch waren) (64). In una dichiarazione giurata del 1945, egli precisò:
[77]

"Una comunicazione diceva che a Oswiecim si lavorava febbrilmente alla risistemazione delle camere a gas e dei crematori, che non erano in funzione da molti mesi" (die monatelang nicht in Betrieb waren) ",

mentre la storiografia ufficiale non registra -- per il periodo in questione -- alcuna sosta dell'attivítà delle "camere a gas" e dei forni crematori (66), per cui, nell'edizione del rapporto Kastner del 1961 il passo summenzionato è stato soppresso! (67).

La prima "perizia tecnica" sul "campo di sterminio" di Auschwitz è stata effettuata dai sovietici. La Commissione straordinaria di inchiesta sui crimini tedeschi ad Auschwitz ha "accertato" che in tale'campo furono assassinate più di quattro milioni di persone (68), cifra che per Reitlinger "fa ridere" (69). In che modo la Commissione sovietica sia giunta a tale conclusione fa ridere ancora di più.

"Nel crematorio n. 1, che esistette per 24 mesi, si potevano cremare 9.000 cadaveri al mese, il che dà un totale di 216.000 per tutto il tempo della sua esistenza. Le cifre corrispondenti (degli altri crematori) sono:

-- crematorio n. 2, 19 mesi, 90.000 cadaveri al mese, totale 1.710.000;

-- crematorio n. 3, 18 mesi, 90.000 cadaveri al mese, totale 1.620.000;

-- crematorio n. 4, 17 mesi, 45.000 cadaveri al mese, totale 765.000;

-- crematorio n. 5, 18 mesi, 45.000 cadaveri al mese, totale 810.000.
[78]
La capacità totale dei cinque crematori era di 279.000 cadaveri, per un totale di 5.121.000 per tutto il tempo della loro esistenza".

Siccome da un lato i tedeschi bruciarono un gran numero di cadaveri su roghi, dall'altro i crematori non funzionarono sempre a pieno regime, la "Commissione tecnica" sovietica ha "accertato" appunto la cifra di quattro milioni di morti! " (70).

Questo calcolo è assolutamente ridicolo già per il semplice fatto che la capacità massima di cremazione di 270.000 cadaveri al mese per i quattro crematori di Birkenau (= 9.000 al giorno) è nove volte superiore a quella reale! (71).

La "Commissione tecnica" sovietica ha inoltre "accertato" che nelle "camere a gas" di Auschwitz era stato impiegato il gas "Zyklon A", che però non era più in uso dagli anni venti! (72).

Quale valore sia da attribuire alle conclusioni delle varie "commissioni d'inchiesta" sovietiche risulta chiaramente dal caso Katyn: la Commissione speciale che ha indagato sul massacro di Katyn -- notoriamente perpetrato dai russi --, ha "accertato", sulla base di "più di cento testimoni", di "perizie medico-legaIi" e di "documenti e
[79]

elementi di prova", che i responsabili dell'eccidio furono i tedeschil (73).

La Cominissione di inchiesta sui crimini tedeschi in Polonia, in un primo tempo, come abbiamo dimostrato, ha "accertato" che gli ebrei venivano uccisi a Treblinka in "camere a vapore" e a Belzec mediante corrente elettrica, indi ha "accertato" che essi venivano avvelenati in "camere a gas" ad ossido di carbonio, il che è già più che sufficiente per valutare la serietà della suddetta Commissione.

Riguardo al campo di Auschwitz, essa ha "accertato" che la capacità di incinerazione dei quattro crematori di Birkenau era di 12.000 cadaveri in 24 ore (74), il che è assurdo.

Jan Sehn, giudice e membro della "Commissione generale di inchiesta sui crimini hitleriani in Polonia", la riduce a 8.000 (75). Questa ridicola cifra è stata ripresa da una pubblicazione del Museo di Auschwitz del 1979 (76), nonostante che un'altra pubblicazione del 1961 dello stesso Museo menzioni un documento tedesco da cui risulterebbe una capa cità massima di 4.416 cadaveri! (77).

Evidentemente sprovvisto del senso del ridicolo, Jan Sehn osa dichiarare:

"I dettagliatissimi documenti raccolti dalla Commissione Straordinaria di Stato sovietica come pure dalla Commissione Generale di Inchiesta sui Crimini Hitleriani in Polonia provano che il "rendimento" delle "camere
[80]
a gas" di Brzezinka (Birkenau) era"di circa 60.000 (sessantamila) persone in 24 ore"! (78).

La fonte più importante della "verità" ufficiale su Auschwitz è notoriamente costituita dalle "confessioni" di Rudolf Höss, la cui veridicità viene accettata acriticamente e dogmaticamente da tutti gli storici di regime.

Nell'Autobiografia egli scrive a proposito del suo primo interrogatorio da parte degli inglesi:

"Il mio primo interrogatorio si concluse con una confessione, dati gli argomenti più che persuasivi usati contro di me. Non so che cosa contenga la deposizione, sebbene l'abbia firmata. Ma l'alcool e la frusta furono troppo, anche per me" (79).

Martin Broszat avverte in nota:

"Si tratta di un protocollo dattiloscritto di 8 pagine che Höss firmò il 14-3-1946 alle 2,30 (=documento di Norimberga NO-1210). Riguardo al'contenuto, esso non differisce sensibilmente in nessun punto da ciò che Höss dichiarò o scrisse a Norimberga o a Cracovia" (80).

Dunque la prima "confessione" di Rudolf Höss, quella che ha costituito il modello di tutte le altre, è stata inventata dagli inquirenti inglesi!

Per convicersene senza ombra di dubbio è sufficiente un rapido sguardo al documento in questione.

Höss "confessa" di essere stato convocato a Berlino nel giugno 1941 da Himmler, il quale gli comunicò che il Führer aveva ordinato "la soluzione finale della questione ebraica in Europa", cioè "lo sterminio totale di tutti gli ebrei d'Europa", come gli viene fatto "con
[81]

fessare" nella dichiarazione giurata del 5 aprile 1945 (81) -- il che non solo è falso, perché. la "soluzione. finale", come si è visto, designava l'emigrazione degli ebrei europei nel Madagascar, ma contraddice anche cronologicamente i cardini della storiografia ufficiale, come rileva con grande imbarazzo Gerald Reitlinger, il quale elimina la contraddizione posticipando d'autorità di un anno la data della pretesa convocazione di Höss e del preteso ordine del Führer! (82).

Nel giugno 1941, continua la "confessione" dt Höss, nel Governatorato generale esistevano tre "campi di sterminio": Wolzek, Belzec e Tublinka (sic). Ma il primo non è mai esistito, mentre il secondo e il terzo (Treblinka) entrarono rispettivamente in funzione -- secondo -- la storiografia ufficiale -- nel marzo e nel luglio 1942. (83).

Höss "confessa" anche di aver visitato il campo dì Treblinka nella primavera del 1942 e di avervi assistito ad un processo di "gasazione", il che è comunque impossibile, perché la costruzione del campo iniziò il 1o giugno, mentre la prima "gasazione" vi sarebbe stata effettuata il 23 luglio 1942 (84).

Nella dichiarazione giurata del 5 aprile 1946 questa pretesa visita ha luogo nel 1941, quando il campo di Treblinka ancora non esisteva!

Ma non è tutto. Il comandante del campo riferì a Höss che nel corso del semestre precedente aveva "gasato" 80.000 persone, il che significa che le "gasazioni" erano iniziate nell'autunno del 1941, cioè parecchi mesi prima che il campo fosse costruito!

Secondo il PS-3868, il comandante di Treblinka "aveva a che fare principalmente con la liquidazione di. tutti gli
[82]

ebrei del ghetto di Varsavia", il che è assurdo, perché la deportazione a Treblinka di questi ebrei iniziò il 22 luglio 1942.

Gli inquirenti inglesi, che avevano conoscenze molto approssimative anche riguardo ad Auschwitz, hanno fatto "confessare" a Höss che i primi due crematori di Birkenau furono completati nel 1942, il che è falso (85), avevano ciascuno cinque forni doppi, il che è parimenti falso (86), e potevano cremare 2.000 cadaveri in 12 ore, il che è ugualmente falso (87); gli altri due crematori furono completati sei mesi dopo, il che è falso (88) e possedevano ciascuno quattro forni, il che è parimenti falso (89).

Ad Auschwitz furono uccise tre milioni di persone, di cui due milioni e mezzo nelle "camere a gas". Ma nelle "Aufzeichnungen" di Cracovia Rudolf Höss "confessa":

"Ritengo, ad ogni modo, che la cifra di due milioni e mezzo sia eccessiva. Anche ad Auschwitz le possibilità di sterminio erano limitate" (90). Successivamente, dinanzi al Tribunale Supremo Polacco, egli ridusse la cifra a 1.135.000 (91).

Nelle dichiarazioni giurate del 5 aprile e del 20 maggio 1946 (92) Höss ripete la "confessione" del documento NO-
[83]

1210, precisando che mezzo milione di persone morirono di fame e di malattie, cifra che supera abbondantemente il totale dei detenuti immatricolati! (93)

Gli inquirenti inglesi hanno infine spostato al marzo 1945 il fantomatico ordine di Himmler che avrebbe decretato la fine delle "gasazioni", il che è in contraddizione con le date a loro volta contraddittorie della storiografia ufficiale.

Estradato in Polonia, Rudolf Höss ha continuato a fare lo stesso genere di "confessioni".

I polacchi hanno riveduto e corretto (in base ai documenti sequestrati al campo di Auschwitz) la "confessione" del 14 marzo 1946 redatta dagli inquirenti inglesi, sviluppandola nell'Autobiografia e nelle "Annotazioni", che costituiscono la fonte essenziale della "verità" ufficiale su Auschwitz.

E' fin troppo facile immaginare in che modo tali "confessioni" siano state estorte a Rudolf Höss: basta pensare ai metodi dei grandi processi di Mosca per costringere gli imputati a fare la "confessione" desiderata.

Istauratosi il clima della "guerra fredda", i polacchi hanno consentito a Höss di descrivere il trattamento subito da parte della giustizia "borghese":

"Dopo qualche giorno venni trasferito a Minden sul Weser, il centro principale d'inchiesta per la zona inglese. Qui dovetti subire altri maltrattamenti per opera di un maggiore inglese, Pubblico Ministero. Le condizioni della prigione furono in tutto degne del suo comportamento. Dopo tre settimane, con mia sorpresa, mi rasarono, mi tagliarono i capelli e mi consentirono anche di lavarmi. Era la prima volta, dal momento dell'arresto. che mi toglievano le manette".

[84]
Da Minden, Höss fu portato a Norimberga:

"Le condizioni generali in prigione erano buone (potevo anche leggere a volontà durante il tempo libero, perché avevamo a disposizione una nutrita biblioteca), ma gli interrogatori erano davvero molto spiacevoli, non dal punto di vista fisico, ma psichico, cosa anche peggiore. Ma non posso certo prendermela con quelli che mi interrogavano: erano tutti ebrei. Spiritualmente fui come. vivisezionato: i miei inquisitori volevano conoscere tutti i particolari: perfino gli ebrei. Non mi lasciarono alcun dubbio sulla sorte che mi attendeva" (94).

E' facile immaginare in che cosa consistessero le pressioni psicologiche esercitate su Rudolf Höss. Un solo esempio tratto dal vasto repertorio dei grandi processi di Mosca:

"Gli ostaggi servono ad alimentare l'essenza delle torture morali. Eccone una, per esempio, semplicissima e che sarà sempre ignorata dai giornalisti esteri ammessi ad assistere al processo: si proietta davanti al prevenuto un film di torture raffinate e gli si sussurra che tale sarà la sorte di sua moglie, o della sua bambina se..." (95).

Non si creda che il "civile" Occidente rifuggisse da tali metodi. La commissione d'inchiesta costituita dai giudici van Roden e Simpson, che fu inviata in Germania nel 1948 per indagare sulle irregolarità commesse dal Tribunale Militare americano di Dachau -- che aveva processato 1.500 tedeschi condannandone a morte 420 (96) -- accertò che gli imputati erano stati sottoposti a torture fisiche e psichiche di ogni genere per costringerli a fare le "confessioni" desiderate. Ad esempio, in 137 dei 139 casi esaminati, gli imputati tedeschi avevano subìto danni irre-
[85]

parabili ai testicoli a causa dei calci che erano stati loro inferti durante gli interrogatori (97).

Ma ciò non deve stupire, perché rientra nella logica dei processi contro i cosiddetti "criminali di guerra" nazisti, il cui principio ispiratore fu esposto candidamente dal procuratore generale degli Stati Uniti Justice Robert H. Jackson nel corso dell'udienza del 26 luglio 1946 del processo di Norimberga:

"Gli Alleati si trovano tecnicamente ancora in stato di guerra con la Germania, sebbene le istituzioni Politiche e militari del nemico siano infrante. In quanto Corte di Giustizia Militare, questa Corte di Giustizia costituisce una continuazione degli sforzi bellici delle Nazioni Alleate" (98).

In conclusione, dubitare della realtà storica dello "sterminio" ebraico è non solo lecito, ma doveroso, perché è doveroso ricercare la verità storica "sottoponendo sistematicamente testimonianze, documenti e reperti al vaglio di quei metodi critici il cui impiego nessuno si sognerebbe mai di contestare quando si tratta di applicarli a qualsiasi altro problema storico, perché è su di essi, è su nient'altro, che la ricerca storica fonda la sua scientificità" (99), non già accettando aprioristicamente e acriticamente qualunque documento e "testimonianza oculare", come fanno regolarmente gli storici di regime.

 

NOTE

PARTE SECONDA

1 --NASCITA E SVILUPPO DEL REVISIONISMO

1) Ernst Nolte, I tre volti del fascismo, Milano 1971, p. 559.

2) Vittorio E. Giuntella, Il Nazismo e i Lager, Roma 1980; p. 46.

3) Elia S. Artom, Storia d'Israele, Roma 1965, vol. III, p. 227.

4) Tra le opere più significative sui processi contro i "criminali di guerra" nazisti segnaliamo:

Anonimo, The Nuremberg "Trial", 1946.

Montgomery Belgion, Epitaph on Nuremberg, London, 1946.

Maurice Bardèche, Nuremberg ou la terre promise, Paris, 1948.

Maurice Bardèche, Nuremberg II ou les Faux Monnayeurs, Paris, 1950.

F. J. P. Veale, Advance to Barbarism, London 1948.

F. J. P. Veale, Crimes Discreetly Veiled, London 1958 (ambedue ristampate dall'Institute for Historical Review, Torrance, California, USA, 1979).

G. A. Amaudruz, Ubu justicier au premier procès de Nuremberg, Paris 1949.

ReginaId T. Paget, Manstein. His Campaigns and his Trial, London 1951.

Utley, Freda. The High Cost of Vengeance, Regnery, 1949.

August von Knieriem, The Nuremberg Trials, Regnery, 1959.

Gerhard Brennecke, Die Nürnberger Geschichtsentstellung, Tübingen, 1970.

José A. Llorens Borràs, Crìmenes de guerra, Barcelona, 1973.

La vérité sur l'affaire de Malmédy et sur le colonel SS Jochen Peiper, Editions du Baucens, 1976.

Werner Maser, Nuremberg. A Nation on Trial, New York, 1979.

David Irving, Der Nürnberger Prozess, München, 1980.

Dietrich Ziemssen, The Malmédy Trial, Institute for Historical Review, 1981.

Léon de Poncins, Le procès de Nuremberg, in: Top Secret, Chiré-en-MontreuiI, 1972, pp. 91-126

Piero SeIla, "Occupazione della Germania e repressione politico-giudiziaria: Norimberga", in: L'Occidente contro l'Europa, Milano, 1984, pp. 155-184.

5) Tra le opere più importanti sui crimini di guerra degli Alleati ricordiamo:

Erich Kern, Verbrechen am deutschen Volk. Dokumente alliierten Grausamkeiten 1939-1949, Verlag K.M. Schütz KG Pr. Oldendorf, 1964.

Erich Kern-Karl Balzer, Alliierten Verbrechen an Deutschen, Verlag K.W. Schütz KG Pr. Oldendorf, 1980.

Wilhelm Anders, Verbrechen der Sieger, DruffeI-Verlag, Leoni am Starnberger See, 1975.

"Crimes de guerre des alliés?" Défense de l'Occident, Numéro spécial 39-40, 1965.

Alliierten Kriegsverbrechen und Verbrechen gegen die Menschlichkeit, Samisdat Publishers LTD., Toronto, 1977.

J. Bochaca, Los crìmeres de los "buenos", Barcelona, 1952.

Rudolf Trenkel, "Polens Kriegsschuld. Der Bromberger Blutsonntag", Kritik, April 1981 (Nordland-Verlag).

David Irving, The Destruction of Dresden, London, 1963.

The Crime of Moscow in Vynnytsia, New York 1951 (ristampato dall'Institute for Historical Review, s.d.).

Louis FitzGibbon, Katyn, Institute for Historical Review, 1979.

Friedwald Kumpf, Die Verbrechen an Deutschen, Mannheirn, 1954.

Rudolf Aschenauer, Krieg ohne Grenzen. Der Partisanenkampf gegen Deutschland 1939-1945, Druffel-Verlag, Leoni am. Stamberger See, 1982.

6) Opere principali di Paul Rassinier:

La menzogna di Ulisse, Le Rune, Milano 1966 (edizione originale: Le mensonge d'Ulysse, Ed. Bressanes, 1950).

Ulysse trahi par les siens, La Vieille Taupe, Paris 1980 (edizione originale: Librairie Francaise, 1961).

Le véritable procès Eichmann ou les vainqueurs incorrigibles, La Vieille Taupe, Paris, 1983 (edizione originale: Les Sept Couleurs, 1962).

Il dramma degli ebrei, Roma 1967 (edizione originale: Le drame des Juifs européens, Les Sept Couleurs, 1964).

L'Opération "Vicaire". Le rö1e de Pie XII devant l'histoire, La TabIe Ronde, 1965.

Les responsables de la seconde guerre mondiale, Nouvelles Editions Latines, 1967 (cap. IV: La question juive).

7) Altri scritti fino al 1979:

Heinrich Härtle, Freispruch für Deutschland. Unsere Soldaten vor dem Nürnberger Tribunal, Verlag KX Schütz, Göttingen, 1965.

J.-P. Bermont (Paul Rassinier), La verità sul processo di Auschwitz, Quaderni di Ordine Nuovo, Roma 1965.

Léon de Poncins, "Six million innocent victims", in: Judaism and the Vatican, Liberty Bell Publications, 1967, pp. 178-190.

Francois Duprat, "Le mystère des chambres à gaz", in: Défense de l'Occident, N. 63, juin 1967, pp. 30-33.

Heinz Roth, Was hätten wir Väter wissen müssen? 1970.

Heinz Roth, Was geschah nach 1945? 1972.

Heinz Roth, ... der makaberste Betrug aller Zeiten... 1974 (opere edite in proprio dall'Autore, Odenhausen/Lumda).

Heinz Roth, Warum werden wir Deutschen belogen? Refo Druck + VerIag H.F. Kathagen, 1973.

James J. Martin, Revisionist Viewpoints, Colorado Springs, 1971.

Erich Kern, Die Tragôdie der Juden. Schicksal zwischen Wahrheit und Propaganda. Verlag K.W. Schütz KG, Preuss. Oldendorf, 1979.

Udo Walendy, Europa in Flammen 1939-1945, Verlag für Volkstum und Zeitgeschichtsforschung, Vlotho/Weser, 1966, Band I.

Udo Walendy, Bild "Dokumente" für Geschichtsschreibung? VIotho/ Weser 1973.

Udo Walendy, "Die Methoden der Umerziehung", Historische Tatsachen Nr. 2, VIotho/Weser 1976.

W.D. Rothe, Die Endlösung der Judenfrage, Frankfurt/Main 1974.

Richard Harwood, Der Nürnberg Prozess. Methoden und Bedeutung. Historical Review Press, 1977.

Richard Harwood, Nuremberg and other war crimes trials, Historical Review Press, 1978.

Alexander Scronn, General Psychologus, Kritik Nr. 42, Februar 1978 (Kritik-Verlag, Mohrkirch).

Horst Mattern, Jesus, die Bíbel und die 6.000.000 Lüge, Samisdat Publishers, Toronto, 1979.

Friedrich Schlegel, Das Unrecht am deutschen Volk, W. P. Publications, Liverpool, W. Va. USA, 1978.

Friedrich SchIegel, Die Befreiung nach 1945, W. P. Publications, Liverpool, 1978.

Friedrich SchIegel, Wir werden niernals schweigen, W. P. Publications, Liverpool, 1978.

Friedrich Schlegel, Versehwiegene Wahrheiten, Samisdat Publishers, Toronto, s.d.

W. StägIich - U. Walendy, NS-Bewältigung, Historical Review Press, 1979.

Thies Christophersen, Der Auschwitz-Betrug, Kritik Nr. 27, Kritik-Verlag, Mohrkirch, s.d.

J. G. Burg, Schuld und Schicksal, München, 1962.

J. G. Burg, Sündenböcke, München, 1967.

J. G. Burg, NS-Verbrechen. Prozesse des schlechten Gewissens, München,1963.

J. G. Burg, Das Tagebuch (der Anne Frank), München, 1978.

J.G. Burg, Maidanek in alle Ewigkeit? München, 1979.

Wilhelm Stäglich, Das Institut für Zeitgeschichte eine Schwinddelfirma? Kritik Nr. 38, Kritik-VerIag, Mohrkirch 1977.

Wilhelm Stäglich, Die westdeutsche Justiz und die sogenannten NS Gewaltverbrechen, Kritik-Verlag, Mohrkirch, 1978.

Heinrich Härtle, Was Holocaust verschweigt, Leoni am Starnberger Sce, 1979.

8) Vedi al riguardo:

"Le journal d'Anne Frank pourrait étre un faux!" in: Le Courrier des Yvelines, 9 Fé:vrier 1984, p. 4;

"On sait aujourd'hui que le journal d'Anne Frank était un faux. Le beau mensonge" in: Spécial dernière, 1er Mars 1984, p. 11.

9) Altri scritti sull'"Affare Faurisson":

Vérité et solidarité, in: La Guerra sociale, N. 7, pp. 33-39.

Robert Poulet, La vérité au compte-gouttes, in: Rivarol, 25 Février 1983, p. 11.

Note rassineriane con appendice sulla persecuzione giudiziaria di R. Faurisson, in: Alla Bottega, Marzo-Aprile 1983, pp. 33-41.

Robert Faurisson, El caso Faurisson (o la represión en Francia), in: Cedade, n. 104, Febrero 1982. pp. 9-12.

Robert Faurisson, Revisionism on Trial in France, in: The Journal of historical Review, Summer 1985, pp. 133-181.

10) Altri scritti:

Ich, Adolf Eichrnann. Ein historischer Zeugenbericht. Herausgegeben von Dr. Rudolph Aschenauer, Druffel-Verlag, Leoni am Stamberger See, 1980.

L. Degrelle, Lettera al Papa sulIa truffa di Auschwitz, Sentinella d'Italia, Monfalcone 1980.

Die grosse Holocaust-Debatte. Übersetzung aus der US-Zeitschrift "Spotlight". Sonderdruck l. Dezember 1980.

H. Fikentscher, Sechs Millionen Juden vergast -- verbrannt. Kritik. Nr. 51. Kritik-Verlag, Arhus, Danimarca.

J. Bochaca, El mito de Anna Frank, in: Cedade, n. 104, Febrero 1982, pp. 18-20.

"Holocaust" News. "Holocaust" Story An Evil Hoax, Revisionists' Reprints, Manhattan Beach, 1982.

Mohamed Levy-Cohen, Zur geschichtlichen Analyse der nationalsozialistischen Konzentrationslager als Gegenstand des heutigen Kampfes, in: Die Aktion, Nummer 19-20, August-September 1983, pp. 267-276; Nummer 21-22, November-Dezember 1983, pp. 293- 303.

Sulla genesi e lo sviluppo del revisionismo vedi anche:

A. R. Butz, The International "Holocaust" Controversy, in: The Journal of Historical Review, Spring 1980, pp. 5-22.

Robert Fautrisson, El verdadero motivo de angustia del Estade de Israele. El revisionismo historico, in: Cedade, N. 134, Julio-Agosto 1985, pp. 12-13.

11) Sulle reazioni negli Stati Uniti vedi: Revisionists' Reprints, Manhattan Beach, January 1985.

12) Nürnberg und "Auschwitz-Lüge", in: Freiheit und Recht, Nr. 7-8, Juli-August 1975, p. 15.

13) Martin Broszat, Zur Kritik der Publizistik des antisemitischen Rechtsextremismus, in: Aus Politik und Zeitgeschichte. Beilage zur Wochenzeitung "Das Parlament", 8 Maggio 1976, pp. 3-7.

14) Hermann Langbein, Coup d'oeil sur la littérature néo-nazie, in: Le Monde Juif, n. 78, Avril-Juin 1975, pp. 8-20.

15) Georges WeIlers, La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie, Edité par Beate et Serge Klarsfeld, 1979.

16) Articolo di E. Kulka in: Quaderni del Centro di studi sulla deportazione e l'internamento, n. 9 (1976-1977), pp. 112-124.

17) Stefano Levi della Torre, Nuove forme della giudeofobia (3. Revisionismo), in: La Rassegna mensile di Israel, maggio-agosto 1984, pp. 249-280.

18) Oltre al già citato "Le lutteur de classe", segnaliamo al riguardo: La Guerre sociale: De l'exploitation dans les camps à l'exploitation des camps, N. 3, Juin 1979, pp. 9-31; De l'exploitation dans les camps à l'exploitation des camps (suite et fin). Une mise au point de "La Guerre sociale", Paris, Mai 1981.

Le Frondeur: Le mythe concentrationnaire, Printemps 1981; N. 7, pp. 9-17; Hiver 1982, N. 8, pp. 7-13;

Du judaisme à la judaité, Juillet-Septembre 1982, N. 9, pp. 3-6.

Il caso Rassinier, in: Alla Bottega, Luglio-Agosto 1981.

19) Altri scritti di rilievo:

P. Viansson-Ponté, Le mensonge, in: Le Monde, 17-18 Juillet 1977, p. 13.

G. WeIlers, Le cas Darquier de Pellepoix, in: Le Monde Juif, N. 92, Octobre-Decembre 1978, pp. 162-167.

G. Wellers, La Négation des crimes nazis. Le cas des documents photographiques accablants, in: Le Monde Juif, N. 103, Juillet-Septembre 1981, pp. 96-107.

Vincenzo e Luigi Pappalettera, Un intervento di Pappalettera, in: Storia illustrata, N. 263, Ottobre 1979, pp. 38-44.

Primo Levi, Il difficile cammino della verità, in: La Rassegna mensile di Israel, n. 7-12, Luglio-Dicembre 1982, pp. 5- 11.

20) Inquisitionsprozesse heute -- Hexenprozess der Neuzeit, Kritilk Nr. 55, Kritik-Verlag, 1981 (processo Christophersen).

Per il caso Faurisson vedi le opere già citate.

Ditlieb Felderer fu arrestato il 26 novembre 1982 e condannato nel maggio 1983 a dieci mesi di prigione per aver diffuso "materiale che incita all'odio", cioè per aver negato la realtà dello "sterminio" ebraico (IHR Newsletter, The IHR 1982 Annual Report; IHR Newsletter, May 1983, Number 19; Revisionists' Reprints, n. 6, Manhattan Beach, Fall 1983).

21) Udo WaIendy, Der moderne Index, Historische Tatsachen Nr. 7. Vlotho/Weser 1980.

Udo Walendy, Strafsache wissenschaftliche Forschung, Historische Tatsachen Nr. 21, Vlotho/Weser 1984.

Bescblagnahmt! Eingezogen! Verboten! Bücher, die wir nicht lesen dürfen! Kritik Nr. 52, Kritik-Verlag, Mohrkirch 1981.

22) Wilhelm Stäglich, "Der Auschwitz-Mythos": A Book and its Fate, in: The Journal of Historical Review, Spring 1984, pp. 47-68.

Bollettino del "Comité contre l'application en 1983 des lois nazies de 1939 par l'Université Georg-August de Göttingen", s.d.


II-- LA CRITICA REVISIONISTA

1) IMG, vol. XIX, p. 483.

2) Abbé G. Hénocque, Les Antres de la Bête, Paris, 1947, pp. 115-116. Da: Robert Faurisson, Mémoire en défense contre ceux qui m'accusent de falsifier l'histoire, La Veille Taupe, Paris, 1980, riproduzione in facsimile alle pp. 191- 192.

3) Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas. Herausgegeben von Eugen Kogon, Hermann Langbein, Adalbert RückerI u.a., Frankfurt am Main ,1983, p. 255.

4) IMG, vol. V, p. 198 (PS-3249).

5) Die Zeit, Nr. 34, Freitag, den 19. August 1960, p. 16.

6) Si tratta dei campi di Chelmno, Belzec, Treblinka, Majdanek, Sobibor e Auschwitz-Birkenau menzionati a p. 105 (vedi nota seguente).

7) Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte, 24. Jahrgang, 1976, Heft 2, P. 109.

8) London Books and Bookmen, April 1955, p. 5.

9) In realtà non esiste la minima prova che il locale in questione sia mai stato o fosse destinato ad essere una "camera a gas". Vedi al riguardo: Robert Faurisson, Mémoire en défense contre ceux qui m'accusent de falsifier l'histoire, op. cit., pp. 197-220.

10) Wie war das im KZ Dachau? Kuratorium für Sühnemal KZ Dachau, 1981, p. 16.

11) Idem, p. 30.

12) Unica eccezione -- ma limitatamente ai campi del Vecchio Reich -- Olga Wormser-Migot, la quale, dall'analisi delle "testimonianze oculari" relative, è giunta alla conclusione che né a Ravensbrück né a Mauthausen sono mai esistite "camere a gas" (a), suscitando in tal modo le ire dei suoi colleghi (b).

13) Serge Thion, Vérité historique ou vérité politique? Le dossier de l'affaire Faurisson. La question des chambres à gaz. La Vieifle Taupe, Paris, 1980, p. 87.

14) Gerald Reitlinger, La soluzione finale. Il tentativo di sterminio degli ebrei d'Europa 1939-1945, Milano, 1965, p. 651.

15) Idem, p. 71.

16) Likwidacja zydowskiej Warszawy. Treblinka, in: Biuletyn Zydowskiego Instytutu Historycznego, Warszawa, Styczen-Czerwiec, 1951, Nr. I, pp. 93-100. Citazioni: p. 95 e 99.

17) PS-3311. Accusa n. 6 contro Hans Frank. Norimberga, 5 dicembre 1945. Un estratto del documento fu letto al processo di Norimberga: IMG, vol. III, pp. 632-633.

18) L'ingegnere americano F. P. Berg ha dimostrato nell'eccellente studio tecnico "The Diesel Gas Chambers: Myth Within a Myth" (The Journal of Historical Review, Spring 1984, pp. 15-46) che una "gasazione" mediante ossido di carbonio prodotto da un motore Diesel (a) è quanto mai irrazionale e inefficiente. Infatti, mentre un motore Diesel produce una concentrazione media di ossido di carbonio inferiore allo 0,4%, un motore a benzina emette normalmente il 7% di ossido di carbonio e l'1% di ossigeno. Modificando il carburatore, si può arrivare ad una concentrazione di ossido di carbonio del 12% (trenta volte superiore a quella di un motore Diesel), per cui "la storia della camera a gas Diesel è incredibile già per questi motivi" (p. 38).

19) Yankel Wiernik, A Year in Treblinka, New York 1944, p. 13 e 18. Wiernik dichiara di essere stato deportato a Treblinka il 24 agosto 1942 (p. 8), epoca in cui già esisteva la piccola costruzione con tre "camere a gas" (p. 13). La nuova costruzione con dieci "camere a gas" fu realizzata in cinque settimane a partire dalla fine di agosto (p. 18). Il rapporto polacco sulle "camere a vapore" fu ricevuto "nella prima metà di settembre" del 1942 (op. cit., p. 95), per cui le due "testimonianze oculari" si riferiscono allo stesso periodo.

20) Idem, p. 18.

21) Ibidem.

22) Alexander Pechersky, La rivolta di Sobibor, traduzione jiddish di N. Lurie, Mosca, Editrice statale Der Emes, 1946. In: Yuri Suhl, Ed essi si ribellarono. Storia della resistenza ebraica contro il nazismo. Milano, 1969, p. 31.

23) Dokumenty i materialy, opracowal Mgr Blumental, Lodz 1946, Tom I, p. 211.

24) Central Commission for Investigation of German Crimes in Poland, German Crimes in Poland, Warsaw 1947, vol. II, p. 100.

25) Frankfurter Rundschau, 24 agosto 1950, p. 5.

26) Frankfurter Rundschau, 22 agosto 1950, p. 4.

Secondo la stariografia ufficiale, le "camere a gas" di Sobibor erano prive di cantine (Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas. op. cit., p. 158; NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, Herausgegeben von Adalbert RückerI, München, 1979, p. 163).

27) Michael Tregenza, "Belzec Death Camp", in: The Wiener Library Bulletin, n. 41/42, 1977, pp. 16-17.

28) Biuletyn Zydowskiego Instytutu Historycznego, Warszawa, Styczen-Czerwiec, 1954, Nr. 9-10, p. 307.

29) "Who knew of the extermination? Kurt Gerstein's Story". In: The Wiener Library Bulletin, n. 9, 1955, p. 22.

30) Polish Fortnightly Review, 1o Dicembre 1942, p. 4.

31) Gerald Reitlinger, La soluzione finale, op. cit, p. 172.

32) "News is reaching the Polish Govemment in London about the liquidation of the Jewish ghetto in Warsaw": Documenti del Foreign Office, FO 371/30917 5365, p. 79 (vedi anche: The Black Book of PoIish Jewry, New York 1943, p. 131: Report of Dr. I. Schwarzbart).

Secondo Martin Gilbert, il rapporto in questione fu redatto dal "testimone oculare" Jan Karski e da questi consegnato al governo Polacco in esilio a Londra il 25 n'ovembre 1942 (M. Gilbert, Auschwitz und die Alliierten, München, 1982, pp. 107-109).

Sulla "testimonianza oculare" di Jan Karski vedi p. 70.

33) Documenti del Foreign Office, FO 37113M4 5365, p. 12.

34) The New York Times, 20 dicembre 1942, p. 23.

35) A. Silberschein, Die Judenausrottung in Polen, Genf, 1944, V, pp. 21-22.

36) The New York Times, 12 febbraio 1944, p. 6.

37) Stefan Szende, Der letzte Jude aus Poland, Zürich, 1945, pp. 291-292.

38) A. Silberschein, Die Judenausrottung in Polen, Genf, 1944. III, pp. 42-43.

39) Deformazione del nome di "Belzec", come risulta dal contesto, in cui sono menzionati gli altri due "campi di sterminio" di Treblinka e di "Sobibur" (trascrizione fonetica di "Sobibór"). Tale deformazione può essere dovuta alla confusione con la cittadina polacca di Belzyce (foneticamente molto simile a Beldjitze), situata a circa 25 km da Lublino, oppure a un errore di traslitterazione dal polacco in russo o dal russo in tedesco.

40) IMG, vol. VII, pp. 633-634.

41) Jan Karski, Story of a Secret State, Boston 1944, pp. 339-354. Una storia simile appare già -- senza specifico riferimento a Belzec -- nel rapporto del 25 novembre 1942 (a) e, con riferimento a Belzec, nel rapporto del governo polacco in esilio a Londra del 10 dicembre 1942 (b) e in un rapporto ricevuto a Londra nel dicembre 1942 (c).

42) Biuletyn GIownej Komisji Badania Zbrodni Niemieckich w Polsce, Warsawa, 1946, III, Obóz zaglady w Belzcu, pp. 31-45 (trad. inglese: Central Commission for the Investigation of German Crimes in Poland. German Crimes in Poland, Warsaw 1947, vol. II, Belzec extermination camp, pp. 89-96).

M. Muszkat, Polish Charges against German War Criminals, Warsaw, 1948, Case No. 1372 (The Camp in Belzec), pp. 223-232.

43) Dokumenty i materiaJy, op. cit., vol. I, pp. 217-224.

44) RudoIf Reder, Belzec, Krakow, 1946; Dokumenty i materialy, op. cit., vol. I, pp. 221-224 (testimonianza di Rudolf Reder).

45) Fin qui abbiamo riassunto e integrato i capitoli XI e XII della nostra opera Il rapporto Gerstein. Anatomia di un falso (Sentinella d'Italia, Monfalcone 1985). La "testimonianza" di Rudolf Reder è analizzata nel cap. VIII.

46) Saul Friedländer, Kurt Gerstein o l'ambiguità del bene, Milano, 1967, p. 85.

47) Helmut Krausnick, Dokumentation zur Massen-Vergasung, Bonn, 1956, p. 3.

48) Pierre Vidal-Naquet, "Tesi sul revisionismo", in: Rivista di storia contemporanea, Torino, 1983, p. 7 e 8.

49) Idem, p. 6.

50) Martin Gilbert, Auschwitz und die Alliierten, op. cit., p. 9.

51) The New York Times, 3 luglio 1944, p. 3 (Inquiry confirms nazi death camps); 6 luglio 1944, p. 6 (Two death camps places of horror).

52) Executive Office of the President. War Refugee Board. Washington, D.C. German Extermination Camps -- Auschwitz and Birkenau. November, 1944.

53) Vedi: WilheIm Stäglich, Der Auschwitz-Mythos. Legende oder Wirklichkeit? Tübingen, 1979, pp. 234-237 e "Bildteil".

54) Georges Wellers, Les chambres à gaz ont existé. Des documents, des témoignages, des chiffres, Gallimard, 1981, pp. 114-115 (pianta del crematorio II fuori testa).

Georges WeIlers, "Auschwitz", in: Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas, op. cit., pp. 228-229 (pianta del crematorio Il alle pp. 344-345).

55) IMG, vol. XX, p. 550 e 551.

56) Georges Wellers, La Solution Finale et la Mythomanie Néo-Nazie, Paris, 1979, p. 8.

57) Martin Gfibert, Auschwitz und die Alliierten, op. ct., p. 153.

58) Ibidem.

59) Trial of Joseph Kramer and Forty-Four Others (The BeIsen Trial), William Hodge and Company, London Edinburgh Glasgow, pp. 67-68. Per un esame approfondito della falsa testimonianza di Ada Bimko rimandiamo al nostro studio di prossima pubblicazione Come si falsifica la storia. Auschwilz: due false testimonianze.

60) Alberto Cavaliere, I campi della morte in Germania nel racconto di una sopravvissuta, Milano, 1945, p. 40.

61) Schwurgericht in Frankfurt am Main, Sitzung vom 28. März 1949. in: C.F. Rilter, Justiz und NS-Verbrechen, Sammlung deutscher Strafurteile wegen nationalsoziaIistischer Tötungsverbrechen 1945-1966, Amsterdam, 1968-1981, vol. XIII, p. 134.

62) IMG, vol. IV, p. 292.

63) Storia illustrata. Numero speciale. Il processo di Norimberga. N. 156, Novembre 1970, p. 78.

64) Rezsò Kastner, Der Bericht des jüdishen Rettungskomitee aus Budapest, Genf ,1946, p. 30.

65) PS-2605.

66) Central Commission for Investigation of German Crimes in Poland, German Crimes in Poland, op. cit., vol. I, pp. 83-90. Più dettagliatamente: Hefte von Auschwitz, Wydawnictwo Panstwowego Muzeum W 0swiecirmu, 6, 1962; 7, 1964.

67) Der Kästner-Bericht über Eichmanns Menschenhandel in Ungarn, Mit einern Vorwort von Professor Carlo Schmidt. München, 1961, p. 82. E' omessa la frase "die seit dem Herbst 1943 ausser Gebrauch waren".

68) URSS-8.

69) Gerald Reitlinger, La soluzione finale, op. cit., p. 559.

70) URSS-8.

71) Il crematorio del cimitere di Hamburg-Öjendorf, uno dei piú moderni d'Europa, è fornito di quattro forni a gas Volkmann-Ludwig ciascuno dei quali, in 24 ore, può cremare fino a 21 cadaveri ("Holocaust nun unterirdisch?" Historische Tatsachen Nr. 9. Vlotho/Weser 1981, p. 36).

Se fossero stati altrettanto efficienti, i 46 forni di Birkenau avrebbero cremato solo 966 cadaveri al giorno.

72) Schwurgericht des Landgerichts Frankfurt am Main, Sitzung vom 27. Mai 1955, in: C. F. Rüter, op. cit., vol. XIII, p. 108.

Dal 1923 l'acido cianidrico in Germania fu usato a scopo di disinfestazione soltanto in forma di ZykIon B (Schwurgericht in Frankfurt am Main, Sitzung vom 28. Mán 1949, in: C. F. Rüter, op. cit., vol. XIII, p. 138).

Lo ZykIon B era acido cianidrico liquido fatto assorbire da un coibente poroso come la farina fossile e confezionato in barattoli ermeticamente chiusi (NI-9098, p. 35 e 38).

73) IMG, vol. VII, p. 470.

74) Central Commission for Investigation of German Crimes in Poland. German Crimes in Poland, op. cit., vol. I, p. 98.

75) Jan Sehn, Le Camp de Concentration d'Oswiecim-Brzezinka, Warszawa, 1957, pp. 147-148.

76) Problèmes choisis de l'histoire du KL Auschwitz, Edition du Musée d'Etat à Oswiecim, 1979, p. 45.

77) Hefte von Auschwitz, Wydawnictwo Panstwowego Muzeum w Oswiecimiu, 4, 1961, p. 110.

78) Jan Sehn, Le Camp de Concentration d'Oswiecim-Brzezinka, op. cit, p. 132.

79) Comandante ad Auschwitz. Memoriale autobiografico di Rudolf Höss, Torino 1985, pp. 158-159.

80) Kommandant in Auschwitz. Autobiographische Aufzeichnungen des Rudolf Höss. Herausgegeben von Martin Broszat, München, 1981, p. 149, nota 1. Citiamo dáll'originale tedesco perché la traduzione italiana della nota è incompleta.

81) PS-3868.

82) Gerald Reitlinger, La soluzione finale, op. cit., pp. 131-132.

83) Adalbert RückerI, NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse, op. cit., p. 133 e 200.

84) Central Commission for Investigation of German Crimes in Poland. German Crimes in Poland, op. cit., Vvol. I, p. 96.

85) I crematori IV e Il di Birkenau furono completati rispettivamente il 22 e il 31 marzo 1943 (Hefte von Auschwitz, Wydawnictwo Panstwowego Muzeum w Oswiecirmiu, 4, 1961, p. 85 e 87).

86) I crematori Il e III avevano ciascuno 5 forni tripli (a tre muffole) (Hefte von Auschwitz, Wydawnictwo Panstwowego Muzeum w Oswiecimiu, 4, 1961, p. 110).

87) Se fossero stafi efficienti come quelli del crematorio del cimitero di Hamburg-Öjendorf (vedi nota 71), i forni dei crematori Il e III di Birkenau avrebbero potuto cremare solo 630 cadaveri in 24 ore.

88) I crematori V e III furono completati rispettivamente il 4 aprile e il 25 giugno 1943 (Hefte von Auschwitz, Wydawnictwo Panstwowego Muzeum w Oswiecimiu, 4, 1961, p. 88 e 109.

89) I crematori IV e V possedevano ciascuno un forno a 8 muffole (Hefte von Auschwitz, Wydawnictwo Panstwowego Muzeum w Oswiecimiu, 4, 1961, p. 110. Vedi anche: Problèmes choisis de l'histoire du KL Auschwitz, op. cit., p. 44).

90) Comandante ad Auschwitz. Memoriale autobiografico di Rudolf Höss, op. cit, p. 183.

91) William L. Shirer, Storia dei Terzo Reich, Torino, 1969, p. 1476.

92) PS-3868 e NI-034.

93) In totale ad Auschwitz furono immatricolati 405.222 detenuti (Problèmes choisis de l'histoire du KL. Auschwitz, op. cit., p. 17). Secondo la storiografia ufficiale, gli ebrei destinati allo "sterminio" non venivano immatricolati nei ruolini del campo.

94) Comandante ad Auschwitz. Memoriale autobiografico di Rudolf Höss, op. cit., pp. 159-160.

95) S. Labin, Stalin il Terribile, Garzanti 1950, p. 126.

96) Gerald Reitlinger, La soluzione finale, op. cit., p. 617.

97) Freda Utley, Kostspielige Rache, Hamburg, 1951, p. 215 e seguenti. Sulle torture cui furono sottoposti gli imputati del processo di Malmédy vedi anche:

La vérité sur l'affaire de Malmédy et sur le colonel SS Jochen Peiper, Editions du Baucens, 1976;
The Malmédy Trial, by Dietrich Ziemssen, Institute for Historical Review, 1981. .

98) IMG, vol. XIX, p. 440.

99) "Note rassineriane con appendice sulla persecuzione giudiziaria di R. Faurisson", in: Alla Bottega, marzo-aprile 1983, p. 41.

Vedi la prima parte

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Prima pubblicazzione: Sentinella d'Italia, Via Buonarroti, 4, Monfalcone, Italia, 1985.
Traduzione francese, Annales d'histoire révsionniste, n. 1, printemps, 1987, p. 15-107. Traduttore: Jean Plantin.





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