[ 1 ] [ 2
] [ 3
] [ 4 ] [ 5
] [ 6 ] [ 7 ]
[144]
impedisce a Raul Hilberg di farne figurare solamente 200.000 nella
colonna dei sopravvissuti, nella sua statistica. Non bisogna tuttavia
credere che la differenza, ossia 470.000 - 250.000 = 220.000 sia
stata deportata. Di questa differenza, omessa la sua indicazione
di "52.000 di cui 6.000 di nazionalità francese"
alla fine dell'estate 1943, Hannah Arendt non ci fornisce alcuna
informazione. Ma il Centro mondiale di documentazione ebraica
contemporanea dice che furono deportati dalla Francia in tutto
120.000 ebrei, senza precisare il numero di quelli di nazionalità
francese; il che non le impedisce, quando fa il conto dei superstiti,
di dichiarare perentoriamente che 470.000 - 120.000 = 180.000,
come si vedrà nella tavola riassuntiva per la Francia,
il Belgio, l'Olanda e il Lussemburgo. Molto semplicemente ha calcolato
questa differenza unicamente sul numero di quelli che esistevano
in Francia nel 1939, senza tener conto dell'immigrazione.
Ecco il quadro, suo, per il Belgio: i 40.000 che seno fuggiti
in Francia davanti all'invasione tedesca + 25.000 stranieri che,
dice, sono stati quasi tutti deportati o sterminati + i 50.000
che il Centro mondiale di documentazione ebraica contemporanea
ha ritrovati viventi nel 1945 = 115.000. Ma le statistiche
di fonte ebraica non danno che 90.000 ebrei, nel Belgio nel 1939.
Precisazione importante: nessun ebreo belga è stato deportato
perché, è sempre Hannah Arendt che l'afferma, vedete
che tipo! -- in Belgio non vi era Consiglio Ebraico (Judenrat)
che li registrasse e li destinasse alla deportazione. Invece gli
ebrei stranieri in Belgio, lo sono stati: erano quasi tutti polacchi
o russi e il loro comportamento li indicava alle autorità
germaniche a prima vista, sempre secondo la Arendt.
E per l'Olanda: i 40.000 che sono fuggiti in Francia + 118.000
che sono stati deportati (e naturalmente sterminati) + 60.000
superstiti trovati vivi dal Centro mondiale di documentazione
ebraica contemporanea nel 1945 = 218.000. Ma secondo le fonti
ebraiche, in Olanda non vi erano che 10.000 ebrei, nel 1939.
Per il Lussemburgo: 3.000 ebrei nel 1939, 2.000 deportati e sterminati
= 1.000 nel 1945.
Se dunque si compila un quadro riassuntivo per i quattro paesi,
in data 1945, ecco come si presenta
LA DEPORTAZIONE DEGLI EBREI DELL'OCCIDENTE
PAESI | 1939 | 1940(1) | Deportati | Sopravvisuti nel
1945 realmente |
Sopravvisuti nel
1945 + o - |
Sopravvisuti nel 1945 ufficialmente | ufficialmente sterminati |
Francia | 300.000 | 470.000 | 120.000 (2) | 350.000 | + 50.000 | 180.000 | 120.000 |
Belgio | 90.000 | 115.000 | 25.000 | 90.000 | = | 50.000 | 40.000 |
Olanda | 150.000 | 218.000 | 118.000 | 100.000 | - 50.000 | 60.000 | 90.000 |
Lussemb. | 3.000 | 3.000 | 2000 | 1000 | -2000 | 1000 | 2000 |
TOTALE | 543.000 | 806.000 | 265.000 | 541.000 | - 2.000 | 291.000 | 252.000 |
730.000
-- riguardo ai 250.000 ebrei che non possedevano la nazionalità
di nessuno di questi paesi, che hanno rimpiazzato, uno per uno,
i 250.000 del paragrafo precedente e che sono stati ritrovati
viventi nel 1945: nella statistica dei paesi di provenienza, essi
figurano nella colonna degli sterminati e per fare il conto aritmetico
dei viventi e dei morti di questi paesi, la prima di tutte le
operazioni necessarie, bisognerà reintegrarli come viventi.
Ma, reintegrati nella statistica, non per questo saranno ritornati
in questi paesi: ufficialmente nessuno vi è tornato; secondo
la statistica infatti nessuno vi è ufficialmente reintegrato,
e anche di fatto, poiché, ad eccezione della Germania occidentale,
questi paesi sono oltre la Cortina di ferro. Per la medesima ragione
perciò non si trovano più in Francia, nel Belgio,
nell'Olanda e nemmeno nel Lussemburgo. La seconda operazione che
s'impone sarà dunque di reintegrarli nella statistica dei
paesi dove si sono recati, dopo averli determinati. Già
fin d'ora è ad ogni modo possibile dire che ecco ancora
250.000 nuovi ebrei che hanno emigrato e quindi, al presente,
mentre calcoliamo, abbiarno 730.000 (cfr. sopra) + 250.000 = 980.000
:
980.000
- riguardo, infine, ai 265.000 ebrei arrestati in Francia,
in Belgio, in Olanda, nel Lussemburgo: 83.000 di loro,
come abbiamo visto, possedevano la nazionalità di uno o
dell'altro di questi paesi. Ne segue che 265.000 - 83.000 = 182.000
non erano in possesso di alcuna di queste quattro nazionalità.
Come sopra, identico ragionamento: questi 182.000 devono apparire
nella colonna degli sterminati
[149]
(sarebbe più esatto dire: mancanti nel 1945) dei paesi
di provenienza.
Per reintegrare correttamente questi 250.000 vivi dati per morti
+ 182.000 sterminati (che sicuramente non lo sono) = 432.000
ebrei nelle statistiche dei paesi di provenienza, è indispensabile
prima conoscere questi paesi.
E' esattamente possibile? Hannah Arendt si è lasciata dire
da Raul Hilberg che essi erano "polacchi, russi, tedeschi,
ecc..." (op. cit.). Non si vede chiaramente che cosa
questo "ecc..." può nascondere: gli iugoslavi
che volevano abbandonare l'Europa passavano dall'Italia, sia dalla
Grecia, sia dall'Ungheria. Dopo l'Anschluss, gli austriaci si
servivano tanto della via del Danubio quanto della Svizzera. La
Cecoslovacchia si serviva ugualmente del Danubio via Ungheria,
come precisa il dr. Kasztner. I russi potevano partire per Costantinopoli
solamente, le rive del Caspio o il Birobidjan. Solo i tedeschi
continuarono a emigrare, dopo la guerra, clandestinamente, attraverso
l'Olanda, il Belgio o il Lussemburgo, essendo obbligati a superare
il Reno se si trovavano sull'altra riva, e per loro era più
facile in territorio tedesco che là dove diviene frontiera.
Vi erano dunque dei tedeschi. In numero apprezzabile, senza dubbio,
ma certamente non importante: solamente coloro che avevano lasciato
la Germania posteriormente al settembre 1939 -- gli altri, dice
Chouraqui, avevano già lasciato l'Europa e, di loro, 120.000
si trovavano in Israele (a questi le armate tedesche, avendoli
raggiunti e sorpassati -- offensiva del maggio 1940 -- avevano
tagliato la strada dell'emigrazione libera). Restano i polacchi:
per loro l'emigrazione veramente di massa era cominciata nella
primavera del 1939, quando le cose iniziarono davvero a guastarsi
tra l'Inghilterra e la Germania; e Belgio, Olanda e Francia essendo
anche il loro itinerario -- fino alla fino dell'agosto 1939, furono
in grado di attraversare anche la Germania con passaporti polacchi
-- essi costituirono la quasi totalità di questi 432.000
ebrei che non erano né francesi, né belgi, né
olandesi, né lussemburghesi, e si trovavano in uno o nell'altro
di questi paesi nel malggio 1940...
Non dispongo di nessuna precisa informazione che mi permetta di
ripartire esattamente questi 432.000 ebrei tra le varie nazioni
ora citate, e come si deve poiché non vi potevano più
essere conteggiati, di toglierli separatamente dalla statistica
di fonte ebraica data per ognuna di esse al 1939 o di reintegrarli
in quella del 1945, facendo la divisione dei morti e dei vivi.
Con questa eccezione: tutti quelli di loro che non erano polacchi,
o tedeschi, rappresentavano delle eccezioni, ossia una quantità
trascurabile. Gli stessi tedeschi vi costituivano un debole contingente:
20.000, 30.000, 40.000 forse, non si può sapere. Ad ogni
modo sempre cifre di questo ordine. Quindi erano possibili due
metodi:
- studiare globalmente la popolazione ebraica di tutti i paesi
sopra citati, detraendo subito all'inizio queste 432.000 persone
[150]
dalla statistica del 1939 e, alla fine dei calcoli compiuti, aggiungendo
alla data del 1945 i 182.000 che sono stati arrestati, nella colonna
corrispondente. Dato che noi ricerchiamo gli ebrei europei, non
gli ebrei per nazionalità, aritmeticamente e a questo livello,
nessun errore sarebbe commesso. Ma vi si oppongono due circostanze:
la ripartizione degli ebrei polacchi nella zona russa e in quella
tedesca dopo l'invasione germano-russa, e la loro emigrazione
in direzione dell'Ungheria che, calcolate ambedue facendo astrazione
di una massa così importante come 350.000 o 400.000 ebrei
polacchi, non poteva portare che a risultati il cui carattere
aberrante per quel che riguarda la Polonia non avrebbe mancato
di ripercuotersi moltiplicandosi su scala europea;
- oppure, dato che questi 432.000 ebrei erano polacchi nella loro
enorme maggioranza, considerarli aritmeticamente come tutti polacchi,
reintegrarli soltanto nella statistica polacca: alla fine dei
calcoli, i risultati non venivano falsati che dai 20.000, 30.000
o 40.000 di quelli che di loro non erano polacchi, ma l'errore
non superava in totale una o due decine di migliaia di persone
sul piano delle nazionalità e, d'altra parte, aritmeticamente,
esso si trovava automaticamente e esattamente corretto, sul piano
della popolazione ebraica europea, per un errore in senso inverso
esattamente corrispondente, se io decidevo di non tenere ugualmente
conto di questi 20.000, 30.000 o 40.000 nello studio della popolazione
ebraica tedesca.
Ho adottato il secondo metodo: l'infantile soluzione di un problema,
a mezzo del ben noto procedimento della falsa supposizione.
Data l'indispensabile spiegazione per la comprensione di quanto
segue, passiamo ai dettagli...
POLONIA
Arthur Ruppin dice che in Polonia vi erano, nel 1926, 3.100.000
ebrei. Nel 1939, ve ne erano 3.300.000, dicono il Centro mondiale
di documentazione ebraica e l'Institute of Jewish Affairs
di New York; Raul Hilberg aggiunge poi la maggiore cifra di 3.350.000.
Certamente in periodo normale la popolazione ebraica polacca sarebbe
passata da 3.100.000 a 3.350.000. Ma è insensato il pensarlo
possibile, perché essa era in sensibilissimo stato di migrazione
dal 1932. Dunque diciamo: 3.100.000 nella primavera del 1939,
quando cominciò l'imigrazione di massa. Noi abbiamo deciso
che aritmeticamente 432.000 si trovavano in cammino per l'Olanda,
il Belgio, e la Francia al momento in cui questi paesi furono
invasi dalle truppe tedesche. Avrebbero dunque dovuto restare,
al momento dell'invasione della Polonia: 432.000 - 3.100.000 =
2.668.000. Ma in realtà ve ne erano meno, perché
ebrei polacchi avevano tentato an-
[151]
che loro di raggiungere la via del Danubio: il Rapporto Kasztner,
abbiamo visto, dice che un certo numero di essi si trovava ancora
in Ungheria il 19 marzo 1944, mescolati a cecoslovacchi e a polacchi.
E fu solamente il 19 marzo 1944, quando vi fu l'invasione dell'Ungheria,
che essi sono caduti sotto i tedeschi, che hanno tagliato loro
la strada. Quanti?
Ma, anzitutto, quanti per le tre nazionalità globalmente?
Il dr. Kasztner (op. cit.) precisa che vi erano in Ungheria
800.000 ebrei, press'a poco in permanenza dopo l'inizio della
guerra. Arthur Ruppin ne aveva censiti 320.000. Con l'aumento
naturale, questi 320.000 erano divenuti 320.000 + 13% = 361.000
nel 1939, e non 404.000 come pretende il Centro mondiale di
documentazione ebraica. Insomma polacchi, cecoslovacchi e
iugoslavi, tutti assieme rappresentavano 800.000 - 361.000 = 438.400
persone. E in particolare, per ognuna delle tre nazionalità:
1. Cecoslovacchi: le statistiche stabilite dal tedesco
Korherr (già citato) per la Conferenza di Wannsee -- che
si doveva tenere il 9 dicembre 1941 e non potè essere tenuta
che il 20 gennaio 1942 (cfr. "Protocollo di Wannsee"
in Eichmann e complici di Robert Kempner, op. cit.),
dunque prima che iniziassero le imprese di deportazione degli
ebrei -- dicono che in Boemia Moravia ne rimanevano ancora 74.200,
essendo gli altri fuggiti in Slovacchia allo smembramento della
Cecoslovacchia (1938-'39) e 88.000 in Slovacchia. La statistica
di Arthur Ruppin per l'anno 1926 dice: 260.000. Aggiungendovi
l'aumento annuale medio dell'l% conservato per tutto questo studio,
si ha: 260.000 + 13% = 293.800 nel 1939 e non 315.000. Ciò
significa che in Ungheria dove, proseguendo il loro cammino, erano
fuggiti, potevano esservi 293.800 - (74.200 + 88.000) = 131.600
ebrei cecoslovacchi.
2. Iugoslavi: da Raul Hilberg, Hannah Arendt sa che, quando
Hermann Krumey arrivò a Zagabria alla fine del 1943, trovò
un certo numero di ebrei nel paese, e ne deportò 30.000.
Su ciò tutte le informazioni di fonte ebraica sono d'accordo.
Il Protocollo di Wannsee ne dichiara 40.000 alla fine del 1941.
Gli altri erano fuggiti in Italia e in Ungheria. In totale vi
erano in Iugoslavia 75.000 ebrei nel 1926, dice Ruppin, e questa
cifra è accettata dal Centro mondiale di documentazione
ebraica: può darsi, dopo tutto, che l'emigrazione ebrea
iugoslava sia stata eguale all'aumento naturale, poiché
si tratta di un paese dove sempre, non soltanto gli ebrei ma tutti
i gruppi etnici, sono stati numericamente assai mobili. La differenza,
ossia: 75.000 - 40.000 = 35.000, ha potuto equamente distribuirsi
tra l'Italia e l'Ungheria, ossia 17.500, più o meno, da
una parte e dall'altra. Il Centro mondiale di documentazione
ebraica nel 1945 ne aveva trovati 20.000, il che significherebbe
che dei 40.000 deportati da Krumey, 20.000 sono ritornati dai
campi di concentramento dove erano stati inviati, e il 50% sono
morti in questi campi.
3. Polacchi: 438.400 - (131.600 cecoslovacchi + 17.500
iugoslavi) = 289.300. Senza contare coloro che, con o senza passaporto,
[152]
vero o falso, che era stato consegnato loro dal Comitato di Salvezza
di Budapest (Joël Brand dixit) erano riusciti a lasciare
la Polonia poi l'Ungheria, dopo il 1939.
Conclusione: sono rimasti in Polonia, sotto sequestro germanico-russo:
2.668.000 - 289.300 = 2.378.700 ebrei ed è questo numero
che si è ripartito parte nella zona tedesca, parte in quella
russa, non 3.100.000, 3.300.000 o 3.350.000.
Domanda conseguente: Come si sono ripartiti questi 2.378.700 ebrei,
nelle due zone? Con la bella incoscienza che sembra interdirgli
assolutamente di fare le operazioni più semplici con esattezza,
Raul Hilberg, che trova 3.350.000 ebrei polacchi in data 1939,
ne destina 2.100.000 nella zona tedesca e in quella russa 1.200.000.
Per quello che si riesce a comprendere. Stima priva di valore:
in funzione di quanto precede e che storicamente quanto demograficamente
è irrefutabile, non resiste all'esame.
Allora quanti da una parte e quanti dall'altra? Per rispondere
il più esattamente possibile, è necessario tener
conto di due elementi: la fuga degli ebrei davanti all'avanzata
in Polonia delle truppe tedesche e le misure prese contro di loro
a cominciare dal luglio 1940.
Gli ebrei belgi e quelli olandesi sono fuggiti davanti ai tedeschi,
così quelli polacchi, sia in direzione dell'Ungheria, sia
nella zona polacca destinata ad essere occupata dai russi. In
quale proporzione in direzione di quest'ultima, sarà possibile
determinarlo, sembra, riuscendo a calcolare il numero di quelli
che non hanno potuto raggiungerla. Senza dubbio un numero considerevole
è fuggito, perché durante un certo periodo di tempo
vi fu una politica tedesca che consisteva nel consegnare ai russi
gli ebrei della zona destinata alla Germania; e questo è
attestato da due testimoni a carico al Processo di Gerusalemme:
Zwi Patcher e Yacov Goldfine, che l'hanno dichiarato alla sbarra
il 1. maggio 1961. Ecco la dichiarazione del primo:
"Ci avevano preso tutti i gioielli e tutto il denaro. Poi incolonnati per quattro fummo inviati versol'Est. Era dicembre. Faceva freddo, piovigginava, e noi tremavamo. Quando uno di noi cadeva per la fatica, veniva condotto in disparte e un colpo di pistola metteva fine alle sue sofferenze.
Ma, proibizione agli altri di girare la testa, diversamente anche loro venivano uccisi. Dopo tre giorni il nostro infelice gruppo era stato ampiamente decimato. Arrivammo alla frontiera della zona d'occupazione sovietica in Polonia. I nostri carnefici ci avevano ordinato di appoggiare le mani sulla testa e di gridare: "Viva Stalin!" Ma le sentinelle ci respinsero in una località tedesca dove, infine, fummo abbandonati a noi stessi. Durante la notte, attraversammo la frontiera per raggiungere un piccolo villaggio situato in zona russa dove fummo ospitati dai nostri correligionari" (Le Figaro, 2 maggio 1961).
Il secondo fece una dichiarazione analoga.
[153]
Aiutati, sia pure in modo tanto brutale, dai tedeschi a raggiungere
la zona russa, gli ebrei polacchi dovevano essere in molti a riuscirvi.
La storia delle misure prese contro di loro è più
precisa. Mary Berg ci racconta (Il ghetto di Varsavia,
Parigi 1947), e Léon Poliakov che sembra avere l'informazione
da lei, conferma (Il breviario dal'odio, op. cit.),
che in Polonia i tedeschi si occuparono seriamente degli ebrei
solamente quando le operazioni di guerra erano terminate all'Ovest,
vale a dire durante il luglio 1940. Fino a quell'epoca, gli ebrei
erano sorvegliati ed erano oggetto di beffe e di vessazioni innumerevoli,
ma non erano assegnati a residenze obbligate: essi ne approfittarono
per andare in Ungheria attraverso la Slovacchia. Dal giorno nel
quale la costruzione del ghetto di Varsavia fu terminata (16 ottobre
1940) ciò fu loro possibile solo con grande pericolo: essi
vi furono tutti costretti in domicilio coatto, e la caccia agli
ebrei cominciò al fine di concentrarveli tutti. Ma nel
1941, la popolazione ebraica di Varsavia censita nel 1939 non
era passata, in nove mesi, che da 359.827 abitanti a circa mezzo
milione, tutta concentrata nel ghetto.
Conclusione: in tutta la zona tedesca, le autorità tedesche
di polizia non ne avevano trovato che 140.000-150.000. Per sfuggire
alle misure di concentrazione, gli ebrei si misero a scappare
verso tutti gli angoli sperduti, nelle montagne e nei boschi.
Scoperti erano, alla peggio, considerati come partigiani: vi furono
combattimenti, durante i quali molti perirono. Ma, quand'anche
i tedeschi che li inseguivano ovunque, fossero riusciti a recuperarne
un quarto o un quinto durante questo periodo -- per chi conosce
i metodi della loro polizia è veramente un minimo, ma è
verosimile: in Francia è a un risultato dello stesso ordine
che essi arrivarono, quando dettero la caccia ai soggetti al lavoro
obbligatorio -- ciò non porterebbe ugualmente la populazione
ebraica di tutta la zona del ghetto di Varsavia compreso che a
circa 1.100.000. Dai 2.378.700 che costituivano la popolazione
ebraica totale delle due zone, si aveva: 2.378.700 - 1.100.000
= 1.278.000 nella zona russa. Ammettendo che Raul Hilberg sapesse
fare una sottrazione, questa cifra non si sarebbe trovata molto
lontana dalla sua. Complimentiamolo. Rammaricandoci, comunque,
che egli non abbia trovato un risultato altrettanto approssimato
nella zona tedesca. Il caso è conosciuto per quanto è
avvenuto degli ebrei passati oltre le linee russe: il giornalista
ebreo David Bergelson dice (Die Einheit, 5-12-1942, op.
cit.) che grazie alle misure di evacuazione, essi sono stati
salvati per l'80% e trasportati nell'Asia centrale dalle autorità
sovietiche (cfr. M. Maurice Edelmann, Ben Gurion, Ed. Presses
de la Cité, 1958, p. 12). Quindi: 1.278.700 x 20 : 100
= 255.740 soltanto che sono caduti in mano tedesca e 1.278.700
x 80 : 100 = 1.022.960 che non vi sono caduti.
E nella zona tedesca? Sembra che in questo caso si possa riuscire
a sapere qualcosa solo per differenza. Ecco da un lato
[154]
1.022.960 sopravvissuti ritrovati nella zona russa. Dall'altro,
nel 1945, il nostro celeberrimo professor Shalom Baron ha ritrovato
700.000 sopravvissuti per le due zone (dichiarazione alla sbarra
del Tribunale di Gerusalemme, op. cit.). Totale dei non
ritrovati nel 1945: 2.378.700 - (1.022.960 + 700.000) = 655.740
per tutta la Polonia, ma ai quali conviene aggiungere i 182.000
arrestati in Olanda, Belgio, Francia e Lussemburgo, ossia: 655.040
+ 182.000 = 837.740. Da fonte ebraica, poiché non vi è
cifra citata in questi calcoli che non lo sia. Che siano stati
arrestati tutti, non è da discutere; che siano stati tutti
sterminati è permesso dubitare.
Infine, totale dei sopravvissuti -- poiché bisogna reintegrare
nella statistica anche i 250.000 che nel 1945 sono stati ritrovati
vivi in Olanda, Belgio, Lussemburgo e in Francia: 1.022.960 della
zona russa + 700.000 del prof. Shalom Baron + questi 250.000 =
1.972.960 calcolati limitamente al totale degli ebrei che sono
rimasti in Polonia dopo il 1939. Bisognerebbe ancora aggiungervi
i superstiti di coloro che sono stati arrestati sia sulle vie
dell'Ovest, sia in Ungheria: sfortunatamente non conosco alcun
mezzo per fare un'esatta deduzione. Dunque totale approssimativo
e minimo.
Ma, non lasciamo ancora la Polonia: Raul Hilberg vi ha trovato
50.000 superstiti, l'Institute of Jewish Affairs di New
York, 400.000; il Centro mondiale di documentazione ebraica,
500.000; e dai calcoli fatti sui dati del prof. Shalom Baron inseriti
nel suo storico testo -- talvolta è perfino utile -- risulta
che ve ne furono effettivamente un minimo di 1.972.960.
Dal 1945, era possibile al Centro mondiale di documentazione
ebraica fare questi calcoli facilmente: gli bastava domandare
a tutte le comunità ebree la situazione dei loro effettivi
per nazionalità, ed è quest'ultima che avrebbe dovuto
figurare nella sua statistica. Avrebbe anche potuto farvi figurare
gli ebrei polacchi deportati e ritrovati vivi in Ungheria, ciò
che ci avrebbe risparmiato di fare tutti questi calcoli, se avesse
onestamente riferito il risultato dei suoi accertamenti. In luogo
di quella, per la Polonia dà 500.000 sopravvissuti soltanto.
Ossia: 1.972.960 - 500.000 = 1.472.960 considerati come morti
nelle statistiche europee ma che sono vivi e a questo titolo non
figurano in nessuna statistica d'alcuno degli altri conti. Di
quelli, al termine del nostro studio dei paesi dell'Ovest, ne
avevamo già trovati 980.000. Eccoci dunque a:
980.000 + 1.472.960
2.452.960
RUSSIA
Per questa nazione non occorrono
molte spiegazioni, la situazione è chiarissima. Raul Hilberg,
che alla data del 1939 trova 3.020.000 ebrei, conclude che 420.000
furono sterminati e 2.600.000 son sopravvissuti. Ruppin ne trovava
3.000.000 nel 1926. L'emigrazione tra il 1926 e il 1939 avrebbe
corrisposto all'aumento naturale, il che
[155]
appartiene al dominio delle cose possibili, dato lo stato di emigrazione
endemica nella quale sono da sempre. Se ci si riferisce a David
Bergelson, otteniamo 3.000.000 x 80 : 100 = 2.400.000 superstiti
certi e 600.000 mancanti alla data del 1945. Poiché Raul
Hilberg trovava 420.000 sterminati, vuol dire che se 600.000 sono
caduti in mani tedesche, allora 600.000 - 420.000 = 180.000 non
sono stati sterminati -- forse nemmeno arrestati e deportati;
ma nel caso lo fossero, sono ritornati dai campi dove erano stati
internati. La percentuale degli sterminati in quest'ultimo caso
sarebbe del 70% (420.000 su 600.000) e quella dei superstiti:
del 30%. E' sempre spaventoso. Il Centro mondiale di documentazione
ebraica trova 1.500.000 di sterminati (nella zona tedesca;
nessuno nella zona russa), il che significa 1.500.000 sopravvissuti,
ma per suscitare sensazione, dice 600.000 per la zona tedesca,
in forma tale che il lettore crede trattarsi delle due zone. L'Istituto
per gli Affari ebraici di New York trova invece 1.000.000
sterminati e 2.000.000 sopravvissuti (op. cit. p. 59).
Insomma, Raul Hilberg accusa l'Istituto per gli Affari ebraici
di aver commesso una esagerazione di 1.000.000 - 420.000 = 580.000
deportati sterminati, nella sua statistica, e il Centro mondiale
di documentazione ebraica di averne commessa una di: 1.500.000
- 420.000 = 1.080.000 nella sua. E' in base alla statistica di
questo ultimo Centro che noi calcoliamo l'esagerazione.
Conclusione: ecco di nuovo 1.080.000 ebrei che figurano a torto
nella colonna degli sterminati, ben vivi nel 1945, i quali se
non risultano più né in Russia, né altrove
in Europa, vivono evidentemente -- con la loro progenitura, nata
dopo il 1945 -- in qualche paese di un altro continente. Alla
fino del nostro studio della populazione ebraica polacca, eravamo
arrivati a 2.452.960. Eccoci a:
2.452.960 + 1.080.000
3.532.960
PAESI BALTICI
Il caso degli ebrei dei paesi
baltici è tanto chiaro quanto quello dei russi. Por quanto
mi risulta, nessuno ha mai parlato di ebrei finlandesi sterminati.
Per i tre paesi, Ruppin dava, nel 1926: Estonia, 5.000; Lettonia,
80.000 e Lituania, 160.000. Totale: 245.000. Con uno spostamento
di 10.000/15.000 persone da un paese all'altro, il Centro mondiale
di documentazione ebraica giunge allo stesso totale e R. Hilberg
a 244.500 alla data del 1939. Aumento naturale dal 1926 al 1939?
Non è detto. E' anche possibile che sia stato compensato
dall'emigrazione. Insomma, trascurando l'approssimazione di 500
unità, siamo a 245.000. Allora secondo David Bergelson
vi sarebbero 245.000 x 80 : 100 = 196.000 sopravvissuti certi,
e 245.000 - 196.000 = 49.000 mancanti nel 1945. Il Centro mondiale
di documentazione ebraica trova 219.000 sterminati e 26.000
superstiti. Quanto a
[156]
Hilberg, si distingue, una volta di più, per la cifra maggiore:
244.500 sterminati, nessun sopravvissuto. Continuiamo. Poiché
non si capisce per quale ragione le autorità russe che
evacuavano gli ebrei su tutta la linea del fronte (Raul Hilberg
riconosce il fatto ma non è d'accordo circa la sua importanza),
avrebbero deliberatamente fatto eccezione per quelli dei Paesi
Baltici. Raul Hilberg lo afferma ma non lo spiega. Dunque: 196.000
- 26.000 (statistica ufficiale) = 170.000 ebrei sopravvissuti
portati nella colonna degli sterminati, i quali, non essendo più
nei Paesi Baltici, corrono il mondo con la progenitura nata dopo
il 1941-'42. Eccoci a questo punto dell'indagine:
3.532.960 (cfr. p. 155) + 170.000 =
3.702.960
CECOSLOVACCHIA
In questo paese abbiamo visto
che i 260.000 ebrei censiti nel 1926 da Arthur Ruppin potevano
al massimo essere divenuti 293.800 nel 1939 e non 315.000 come
sostengono le fonti ebraiche. Abbiamo anche visto che 131.600
di loro erano sicuramente fuggiti in Ungheria attraverso la Cecoslovacchia,
e che quando cominciarono le deportazioni, ne restavano 162.200
nel paese, secondo lo statista tedesco Korherr (cfr. p. 151) che
aveva tendenza a esagerare quello che egli definiva "il pericolo
ebreo", piuttosto che a diminuirlo (in Europa, trovava 11.000.000
di ebrei nel 1941!). Il Centro mondiale di documentazione ebraica
ha ritrovato 55.000 superstiti nel 1949. Logicamente non ne
possono essere stati deportati dalla Cecoslovacchia che 162.200
- 55.000 = 107.200. Anche se si prende in considerazione la motiv.
83 della sentenza di Gerusalemme che parla della deportazione
contestatissima di 15.000 ebrei del Protettorato a Lodz in data
15-10-1941, si avrebbe sempre 107.200 + 15.000 = 122.200. Posteriormente
al 15 ottobre 1941, la Sentenza di Gerusalemme non prese in considerazione
nessun'altra deportazione della Boemia-Moravia (Protettorato)
se non per dare un totale generale senza alcuna giustificazione:
35.000. Anche accettandolo, il totale è soltanto: 122.000
+ 20.000 = 142.000. Oltre questa indicazione, tutti gli altri
ebrei del Protettorato vi sono dati come vittime dell'emigrazione
forzata organizzata da Eichmann, da Praga, prima della guerra
(motiv. 66 che non precisa alcuna cifra). Esclusivamente per la
Slovacchia, la Sentenza di Gerusalemme fornisce una stima delle
perdite ebree: globalmente "più di 70.000 su 90.000"
(motiv. 104) dei quali 58.000 fino alla fine di maggio 1942 e
più di 12.000 dal settembre 1944 al marzo 1945. Se ci si
riferisce a questa sentenza per valutare le perdite ebree di tutta
la Cecoslovacchia, si trova: 70.000 in Slovacchia + 35.000 in
BoemiaMoravia = 105.000. Ciò significa che il Centro
mondiale di documentazione ebraica, pretendendo di
non avervi trovati vivi che 55.000 ebrei nel 1945, ha tentato
di caldeggiare una verità che i Giudici del
[157]
Tribunale di Gerusalemme non hanno ammessa, poiché la loro
convinzione è fondata sulla documentazione ufficialmente
da lui fornita. Ma, questa sconfessione dimostra tutta la sua
importanza rispetto al numero degli ebrei cecoslovacchi annunciati
da questo organismo nella sua statistica generale come sterminati,
poiché fissa questo numero a 315.000 - 55.000 = 260.000
(!). In realtà la defalcazione doveva stabilirsi cosi:
Popolazione ebraica cecoslovacca nel 1939 . . . .293.800
- Passati in Ungheria (dove il conto dei deportati
e dei ritrovati vivi sarà considerato nei totali che risul-
teranno dai calcoli fatti sull'Ungheria perché è
im-
possibile fare altrimenti) (34) . . . . . . . . . . . . . .131.600
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . .--------
Restavano: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . 162.200
- Decretati dal Tribunale di Gerusalemme come de-
portati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . 105.000
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . .--------
- Non deportati dalla Cecoslovacchia . . . . . .. . . .57.000
- Decretati dal Centro mondiale di documentazione
ebraica come non deportati . . . . . . . . . . . . .. . .
. 55.000
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . .. . . --------
Ossia in meno:. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..
. . .2.200
Ed ecco ancora 2.200 ebrei che figurano nella statistica come
morti, essendo invece ben vivi nel 1945 e che, non essendo più
in Europa -- ufficialmente -- devono figurare nella statistica
dei vivi in un altro paese di un altro continente. Al termine
dello studio della popolazione ebraica dei Paesi Baltici, eravamo
giunti a: 3.702.960 per l'insieme di quelli che sono nello stesso
caso. Eccoci dunque a:
3.702.960 + 102.200
3.705.160
UNGHERIA
Qui la situazione degli effettivi
ebrei era altrettanto complicata che in Polonia. Ruppin vi aveva
censiti 320.000 ebrei nel 1926 e noi abbiamo visto (p. 151) che
potevano essere divenuti 361.600 nel 1939. Il Centro mondiale
di documentazione ebraica dice 404.000 e Raul Hilberg 400.000
(35). Il dr. Kasztner, come abbiamo visto,
[158]
ne dà 800.000 in permanenza dopo l'inizio della guerra
(36) comprendendovi 205.800 cecoslovacchi, 215.000 polacchi, e
17.500 iugoslavi. Totale degli ungheresi: 800.000 - (113.600 +
289.300 + 17.500) = 361.600. Accetteremo dunque queste cifre verificate
da un calcolo in senso inverso. Ma non ha importanza, poiché
possiamo ragionare solamente sul dato di Kasztner. Il problema
è: quanti di questi 800.000 ebrei sono stati deportati
dopo l'arresto? E qui, è notte fonda. Le divergenze nei
racconti dei testimoni del Movimento sionista internazionale
a proposito della deportazione e della sorte degli ebrei ungheresi,
e le interpretazioni che ci sono state date da coloro che, dopo
la fine della guerra, fanno professione di commentatori del dramma
ebraico, sono le più numerose, le più profonde e
le più contraddittorie. Il lettore ha già un'idea
di queste divergenze dall'analisi fatta della testimonianza di
Höss, comandante del campo di Auschwitz, e del dottor Miklos
Niyszli di cui qualche mia allusione al Rapporto del dr. Kasztner
e al libro di Joël Brand hanno confermato la pertinenza,
su tutti i punti. Esse rendevano le tesi del Movimento sionista
internazionale talmente vulnerabili nel loro insieme che,
proprio sulla deportazione degli ebrei ungheresi, nella speranza
di promuovere una verità ufficiale suscettibile di riavvicinare
tutti, la Sentenza del Tribunale di Gerusalemme è stata
più precisa: è evidente, ad esempio, che i cinque
treni giornalieri, ciascuno di 4.000 persone, in un passo della
sua testimonianza e 5.000 in un altro, erano una imbecillità
che assolutamente bisognava mettere fuori circolazione, nel senso
che diversamente, per i 52 giorni della durata della deportazione
degli ebrei ungheresi, si avevano 260 treni, e da 1.040.000 e
1.300.000 di deportati da un paese dove, al massimo, non se ne
potevano trovare che 800.000, dei quali si precisava, poi, che
200.000 non erano stati deportati (37).
La Sentenza del Tribunale di Gerusalemme ha dunque decretato che,
dal 16 maggio al 7 luglio 1944, "in meno di due mesi, 434.351
personne furono deportate in 147 treni merci, in ragione di circa
3.000 persone per treno, uomini, donne, bambini, ossia da 2 a
3 treni giornalieri in media" (motivazione 112); che "12.000
furono uccisi a Kamenetz-Zodolsk durante l'estate 1941",
che "da 15.000 a 50.000 perirono ai lavori in Galizia e in
Ucraina nel 1941-'42" (motivaz. 111); che 1.500 furono deportati
al campo di Kistarzca il "20 luglio 1944" (motivaz.
113); che "50.000 abbandonarono Budapest a piedi in direzione
della frontiera austriaca (220 km.) dal 1 novembre" (motiv.
115); e infine "15.000 inviati al campo di Vienna-Strasshof
per essere conservati nella ghiacciaia" (motiv. 116) a una
data fornita "senz'altra precisione che: dopo il 30 giugno
1944". In totale: da 557.851 a 562.851.
[159]
La motivaz. 115 che tiene conto dei 50.000 ebrei partiti a piedi
da Budapest non lo dice, ma il Rapporto del dr. Kasztner precisa
che questa marcia fu interrotta per ordine di Himmler verso il
17 o il 18 novembre, che 7.500 persone furono salvate e ricondotte
a Budapest e che soltanto 38.000 (38) raggiunsero la Germania.
Indipendentemente da questa considerazione -- non si può
supporre che tutti abbiano letto il Rapporto Kasztner, e tanto
meno, dato che non è stato reso pubblico che nel 1961 (in
quale stato, poi!) dall'editore Kindler di Monaco -- se si tiene
conto dei 200.000 superstiti dati dalla statistica del Centro
mondiale di documentazione ebraica (vedi tabella p. 109
bis) vi sarebbero dunque stati in Ungheria 757.851 o 762.851
ebrei totalmente, al 19 marzo 1944. E senza dubbio perché
aveva letto, come me, il Rapporto Kasztner nell'originale, anche
Raul Hilberg ha ridotto questo numero a circa 750.000. Ma vedete
come i nostri metodi e i nostri temperamenti differiscono: personalmente
ne traggo la conclusione che delle "800.000 anime della comunità
ebraica ungherese" (motiv. 111 ) ve ne sono da 40.000 a 50.000,
dei quali la Sentenza del Tribunale di Gerusalemme non ha
saputo spiegare la sorte.
Insomma, riprendiamo tutto in particolare:
1. Il numero dei treni. Se noi siamo informati con lusso
di dettagli sull'arrivo dei treni a Auschwitz-Birkenau, lo siamo
assai meno circa la loro partenza dall'Ungheria. Comincio dunque
col dire che riunire 3.000 persone in una stazione e caricarle
in 40 vagoni non è cosa da poco, e per farlo comprendere
a chi non è specialista di trasporti, non saprei fare nulla
di meglio che citare il mio stesso caso: la partenza per il campo
di Compiègne del treno nel quale fui deportato a Buchenwald.
Il campo di Royallieu, dove fummo anzitutto radunati, poteva contenere
una decina di migliaia di persone. Ogni settimana, alla fine del
1943, ne arrivavano circa 1.500 e ne ripartivano altrettante.
Il trasporto nel quale fui incluso era di 1.500 persone valide
e una cinquantina di ammalati.
Svegliati alle 6 del mattino, radunati nel luogo di chiamata,
raggruppati 5 per 5 in scaglioni da 100, riuscimmo a lasciare
il campo un po' prima delle otto, i 15 gruppi di 100 in testa,
un camion che seguiva lentamente trasportava la cinquantina di
ammalati. E' lungo, un corteo di 15 gruppi di 100 persone che
si seguono 5 per 5 in ogni gruppo, due soldati con l'arma al braccio
che serravano la fila, in testa, in coda, da ogni lato: da 350
a 400 metri, con l'intervallo tra i gruppi, e un importante servizio
di sicurezza in testa e in coda alla colonna.
Un po' prima delle 9, ci trovammo allineati sul marciapiede della
stazione, ogni gruppo di 100 (39) di fronte al vagone sul quale
[160]
doveva salire. Il treno: una lunga fila -- ci sembrava immensa
-- di vagoni merci. Quanti? Non ho contato. Un vagone per ogni
gruppo = 15. Più un vagone speciale per la cinquantina
dei malati. Ogni tre vagoni, ne notiamo uno il cui tetto è
armato di mitragliatrice e d'un altro strumento del quale, nel
mio gruppo, decidiamo trattarsi d'un riflettore. In testa e in
coda, due vagoni per viaggiatori: il personale d'accompagnamento
che, se necessario, rafforzerà, durante il viaggio, la
sicurezza ripartita nei vagoni blindati. In tutto da 25 a 30 vagoni
-- 25 è il minimo. E non trasporta che meno di 1.600 persone
a 100 per vagone.
Poco dopo le 10, il treno sembra pronto a partire: nessuno più
sul marciapiede (annunciano quelli che sono vicini ai finestrini,
in testa e in coda del vagone). Ma il treno non parte. Un ferroviere
spiega: non parte con facilità un treno che non è
previsto negli orari, bisogna anzittutto prevenire tutte le stazioni
della linea e questo non si fa che al momento esatto in cui è
pronto per partire. Ancora una lunga ora d'attesa: poco prima
del mezzogiorno il treno si muove...
In totale una buona mezza giornata. E ne avevamo sentiti di Los!...
e di Schnell!... All'arrivo a Buchenwald, siamo stati fatti
scendere un po' più rapidamente; ogni vagone doveva essere
separatamente condotto al marciapiede di scarico, perché
il marciapiede di discesa era meno lungo del treno; due buone
ore, per liberare completamente tutti i vagoni e permettere loro
di ripartire vuoti fino a Weimar.
Non intendo dire che quello che accadeva a Compiègne si
sia ripetuto esattamente a Budapest, ma soltanto che qui come
là si era sottomessi alle stesse operazioni, sia pure a
gradi diversi; che vi si applicavano gli stessi metodi in funzione
degli stessi principi. Qui e là, bisognava, ad esempio,
concentrare la gente da deportare, caricare i vagoni, ecc... tutte
cose che prendevano press'a poco lo stesso tempo ovunque.
Dalla lettura del Rapporto Kasztner e dal libro di Joël Brand
si ha l'impressione che a Budapest vi erano da 200.000 a 250.000
ebrei, senza tuttavia poter osare una stima precisa, che l'uno
come l'altro non danno. Le organizzazioni alla testa delle quali
essi erano, sembravano in effetti essersi sforzate d'evitare un
troppo grande concentramento di ebrei nella capitale e di disseminare
in tutto il paese i circa 400.000 polacchi, cecoslovacchi e iugoslavi
che vi arrivavano a flusso continuo. Dove non potevano evitare
il concentramento, era nelle regioni di frontiera dell'Unghe-
[161]
ria, e della Romania, che tutti cercavano di raggiungere, e questa
è la ragione per la quale, oltre Budapest, uno o due centri
di queste regioni (a est della Theiss) furono scelte come punti
di raduno, dai quali i treni potessero partire direttamente per
Auschwitz, senza passare per Budapest.
Nella stessa Budapest, sembra che gli ebrei siano stati dapprima
indirizzati verso una parte piuttosto lontana dalla stazione,
che il dr. Kasztner e Joël Brand designano col nome di "il
mattonificio" ed in cui, senza poter citare una cifra esatta,
che né l'uno né l'altro danno, si può stimare
che al massimo si potevano raggruppare una decina di migliaia
di persone. Nella tesi ufficiale: da là verso la stazione
in colonne di 3.000 uomini, donne, bambini, vecchi e bagagli,
precisano tutti i testimoni, che affermano che gli ebrei portavano
con loro tutto quello che potevano.
Ad ogni modo, di quà o di là della Theiss, bisognava
concentrare: per camion verso la stazione più prossima
-- o a piedi -- per ferrovia, dalla più prossima stazione
al punto di raduno. Fatto curioso: a Budapest non sono gli ebrei
della città, per la maggior parte ungheresi, che vengono
concentrati "al mattonificio", ma quelli delle altre
regioni che si andavano a cercare a 100, 150 km. e anche più
lontano. "Il mattonificio" non poteva, d'altronde, contenere
che la sua decina di migliaia per volta -- quanto ufficialmente
si deportava per infornate di 3.000 ognuna, ciascuna rimpiazzata
da un'infornata press'a poco uguale. Insomma: al "mattonificio"
di Budapest o altrove, occorrevano dei vagoni per concentrare,
e questi vagoni bisogna toglierli dal lotto di 1.000, che, ci
ha detto Kasztner, il Kommando Eichmann aveva a sua disposizione.
Poiché le due operazioni si facevano contemporaneamente,
data l'impossibilità di sostituire, nei punti di raduno,
gli ebrei se non in numero uguale a quello in cui venivano deportati,
se si fossero dovuti andare a prendere tanto lontano quanto i
luoghi di deportazione, sarebbero occorsi altrettanti vagoni per
un'operazione e per l'altra. Ma venivano deportati a circa 500
o 550 chilometri, 600 al massimo, a seconda del caso e si andavano
a cercare a 100, 150 o 200 km.
Conclusione: solamente due terzi dei vagoni potevano essere adibiti
alla deportazione, o poco più. Diciamo 700. E ragioniamo:
4 giorni per andare ad Auschwitz + 4 giorni per ritornarne + una
buona mezza giornata per caricare e scaricare le 3.000 persone
di ogni treno, e ogni treno non poteva tornare a vuoto al suo
punto di partenza per ripartirne carico che la sera del nono giorno,
dopo la sua prima partenza. A tre treni di quaranta vagoni al
giorno, il sistema restava bloccato dopo il sesto giorno, avvenuta
la partenza del secondo giorno. A due treni giornalieri, restava
bloccato al nono giorno, ma la sera, dopo il ritorno del primo
treno ad Auschwitz, il secondo poteva partire. Tutto il sistema
[162]
poteva funzionare a condizione che i treni camminassero con la
regolarità d'un orologio (40).
In realtà, secondo il racconto fatto a Sassen, e dal quale
Life ha tratto l'abominevole cretineria che ha pubblicato
(28-11 e 5-12-1960) presentandola come Memorie autentiche,
Eichmann dice che solo raramente gli è riuscito di far
partire due treni al giorno, dall'Ungheria. Non è degno
di fede perché era suo interesse minimizzare? Certo, ma
a giudicare dalle motivazioni della sentenza espressa dai giudici
di Gerusalemme e loro testimoni, non certo molto meno interessato
di costoro in senso inverso, i quali non si sono certo privati
evidentemente di drammatizzare oltre misura.
2. Numero delle persone per treno. Il Tribunale di Gerusalemme
con la sua sentenza, e come quasi tutti i dati di fonte ebraica,
è in flagrante disaccordo con se stesso: dice infatti,
alla motivazione 112, che gli ebrei sono stati deportati dall'Ungheria
in proporzione di "circa 3.000 persone per treno", e
alla motivazione 127, non sono rimasti che "una media di
2.000 persone ebree per treno". E, almeno su questo punto,
una negligenza tradisce le tesi: non si capisce veramente per
quale motivo Eichmann, presentato come avido di deportare il massimo
di ebrei, avendo l'abitudine di pigiare "circa 3.000 persone
per treno" in proporzione di "70 a 100 persone per vagone
e anche più", dice la motivazione 154 -- i 3.000 della
motivazione 112 danno una media di 70 o 80 per vagone, di un treno
composto di 40 vetture -- ne avrebbe caricate solamente 1.500,
come è detto nella motivazione 113, nel treno che fece
il suo completo al campo di Kistarzca.
Devo ricordare che a Norimberga Höss aveva detto al prof.
Gustave Gilbert che i convogli erano di 1.500 persone, e alla
sbarra del Tribunale che essi erano in media di 2.000 persone
(confronta sopra a pagina 42). Nella sua confessione egli parla
di "5 treni ciascuno di 3.000 persone, al giorno", ma
anche essi "non contenevano mai più di 1.000 persone"
(cf. p. 42). -- Sempre secondo il racconto narrato a Sassen, Eichmann
sostiene di aver deportato al massimo 200.000 ebrei in tutto,
dall'Ungheria, ma non fornisce nessuna indicazione veramente precisa
sull'importanza numerica di ogni convoglio. Rileva i cinque menzionati
da Höss, ed è a questo proposito che afferma che il
massimo di due raramente è stato ottenuto. Protestando
in modo veemente. Rileva anche i 3.000 per convoglio e protesta
ancora non meno violentemente. I 2.000 di cui a Norimberga ha
parlato Höss, non lo fanno tuttavia sobbalzare: è
già molto, dice.
[163]
Il mio parere, invece, è che sia possibilissimo. Ciò
che non lo è, sono le 3.000 persone. Allora, quanti di
meno? Vediamo di ragionare: da Budapest ad Auschwitz vi sono circa
500 chilometri e i treni impiegano almeno quattro giorni per percorrere
questa distanza, poniamo, a una velocità media di 125 km.
al giorno. Per due ragioni. La prima: non sono previsti negli
orari -- "fuori linea", dicono i ferrovieri nel loro
linguaggio -- e devono fare lunghe soste, a ogni tratto del loro
cammino, per dare il passo ai treni regolari. La seconda: eravamo
in piena guerra, in maggio e giugno 1944, vale a dire che venivano
di frequente fermati dagli attacchi aerei e minacciati anche dagli
attacchi dei partigiani. Avevano dunque bisogno di essere protetti
lungo tutto il percorso dai servizi sedentari, regolarmente distribuiti
tra il punto di partenza e quello di arrivo; ma in parte dovevano
assicurarsi la protezione da se stessi, il che vuol dire che erano
accompagnati. Abbiamo visto che per trasportare meno di 1.600
persone in 16 vagoni, da Compiègne a Buchenwald, era occorso
un treno che era composto di non meno di 25 vagoni. Dei 40 vagoni
che componevano quelli in partenza dall'Ungheria, ve ne potevano
essere un minimo di 10 per il trasporto del personale d'accompagnamento
e di sicurezza (10 = 1 su 4). E anche di merci, ma contenenti
soltanto una quindicina di persone, ognuna con le proprie armi
e i viveri per otto giorni: dunque 150 uomini armati per accompagnare
un convoglio di quaranta vagoni, è il minimo. Non ho mai
trovato in tutto quello che ho letto sulla deportazione degli
ebrei ungheresi, il minimo accenno a questo aspetto del problema.
Eppure è notorio che nessun convoglio del genere è
mai stato lanciato solo su una strada ferrata, dai tedeschi, durante
la guerra. Per quanto rassegnati potessero essere stati gli ebrei
nell'abbandonarsi alla sorte che era loro promessa, per quanto
piombati fossero stati i vagoni, a una velocità di 125
chilometri giornalieri, non vi è stato un treno che non
sia arrivato a Auschwitz quasi vuoto. Tanto più che tra
tutto quello che portavano con loro, sicuramente, vi era quanto
è utile per segare, tagliare, strappare tutte le tavole
di tutti i vagoni. E in tutta sicurezza, se fossero rimasti senza
sorveglianza. Ma: 147 treni di 150 persone circa, per la sorveglianza
e la sicurezza = 22.050 gendarmi ungheresi, poiché il Kommando
Eichmann era composto di soli 150 uomini, e mai in nessuna parte
è stato detto che unità delle SS, della Wehrmacht
o di altre specialità della armata e della polizia tedesca
gli siano state inviate per aiutarlo in questo lavoro.
Ripeto quindi la mia domanda: quanti ebrei? Trenta vagoni al massimo,
carichi di ebrei, per ogni convoglio = 2.400 persone con un massimo
di 80 per vagone. Allora è discutibile solo questa cifra
di 80 per vagone. Ancora una volta la mia personale testimonianza:
gli ebrei ungheresi il cui convoglio partito da Budapest
[164]
per Auschwitz era arrivato a Dora alla fine di maggio 1944. Dei
circa 1.500 che facevano parte di questo treno, un corto numero
era stato diretto verso altri campi dipendenti da Dora, appena
arrivato (Hellrich o altri). Non so bene quanti ne erano restati:
il contenuto di un blocco. I principi anti-razzisti del
nazionalsocialismo vollero che fossero totalmente isolati dagli
altri detenuti: questo blocco era stato circondato di filo
spinato. Da questo blocco così protetto, essi si
recavano al lavoro come tutti, ma in Kommando a parte. Per essi
l'appello veniva fatto nel blocco stesso, prima della partenza
per il lavoro, e al ritorno. Noi li invidiavamo. Quindici giorni
dopo il loro arrivo, quando durante la notte vi fossero stati
rubati i berretti o il vostro pane, se aveste voluto del tabacco
o non importa che, al mattino tra la sveglia e l'adunata per l'appello,
o la sera prima che fossero spente le luci, vi sarebbe bastato
fare un rapido salto fino al blocco degli ebrei, e in cambio
di altre cose avreste potuto avere quasi tutto quello che desideravate:
un vero mercato. Li ammiravamo: alla porta del campo, erano stati
fatti completamente svestire per mandarli alla disinfezione, e
vi erano entrati tutti nudi, i contatti con gli altri detenuti
erano limitati e... erano riusciti a procurarsi un po' di tutto
quello che non si poteva trovare nel campo se non con enormi difficoltà
e a prezzo alto.
In capo a un certo tempo, la sorveglianza particolare di cui erano
oggetto non fu più che apparente: in occasione di questi
contatti, potemmo allora scambiare con loro qualche parola e avere
persino brevi conversazioni. Fu in questo modo che apprendemmo
la loro odissea: ci parlavano di ciò che avevano dovuto
lasciare all'ingresso del campo (41) e, dato che ai loro occhi
era-
[165]
vamo degli anziani, ci chiedevamo se l'avrebbero ricuperato, quando
e come ecc... In breve: essi erano stati trasportati dall'Ungheria
in vagoni di 70-80 persone con tutti i loro bagagli. Avevano compiuto
un lungo viaggio di 6-7 giorni prima di arrivare. Era stato detto
loro, alla partenza, che sarebbero stati condotti a Auschwitz,
e quando avevano saputo che era a Dora che dovevano scendere,
erano stati felici. Di Auschwitz raccontavano le cose più
spaventose. Circostanza curiosa: non vi erano con loro né
donne, né bambini. Questi ultimi erano stati separati alla
partenza, e al momento non ne fummo stupiti perché era
quello che era capitato anche a noi.
Conclusione: le "70 a 100 persone e anche più per
vagone", di cui parla la motivazione 154 della Sentenza di
Gerusalemme, significano una media di 80 per vagone, la divisione
degli ebrei essendo stata fatta nei vagoni, sul marciapiede della
stazione di partenza in funzione di quanto portavano con loro:
più nell'uno, meno nell'altro (cfr. nota 41). Con le sue
"3.000 persone circa per treno", la media è di
75 per vagone, che la motivazione 112 ammette sostenendo che tutti
i vagoni erano occupati da ebrei deportati.
Tutti i treni non avevano lo stesso carico di ebrei: quello che
fu caricato a Kistarzca, della motivazione 113, non ne trasportava
ufficialmente più di 1.500. Lo stesso, probabilmente, doveva
avvenire dei 40 vagoni, dei quali una decina per la sicurezza
e la sorveglianza come tutti gli altri, quindi una media di 50
per vagone... Dunque ciò che è probabile, in definitiva,
è che il carico si situava, in realtà, tra un minimo
di 1.500 indicato da Höss al professor Gilbert e il massimo
possibile di 2.400. Di modo che la media generale di 75 per vagone
della motivazione 112 può essere la media generale che
dà circa 2.200 persone per treno. Comunque è la
supposizione più verosimile.
Questa tesi ha un vanzaggio: se, come sostiene Eichmann, è
vero che egli è riuscito a deportare in tutto circa 200.000
ebrei ungheresi, dei quali 32.000 a piedi, ne resterebbero 168.000
trasportati per ferrovia e, 168.000 : 2.200 = 77 treni circa nei
cinque giorni durante i quali avvenne la deportazione degli ebrei
ungheresi. Avrebbe inoltre quest'altro vantaggio: essere nel numero
delle cose tecnicamente possibili -- al limite del possibile --
con 1.000 vagoni; e quando Eichmann dice che raramente gli è
riuscito di far partire 2 treni giornalieri, si tratta solo dell'impressione
di un impiegato zelante che non raggiunge il fino che si è
imposto e che esagera il suo smacco ai propri occhi: 77 treni
in 52 giorni, sono sempre 2 treni al giorno, un giorno su due.
E nelle condizioni date, rappresenta una riuscita al 75%.
[166]
3. Bilancio generale della deportazione degli ebrei d'Ungheria
-- Al 19 marzo 1944 ............................................800.000
- Alla fine di novembre 1944: deportati................200.000
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . .--------
-- Non deportati...................................................600.000
-- La motivazione 111 al processo di Gerusalemme tiene conto di
57.000 (42) morti in Ungheria e non se ne citano altri nella Sentenza.......................................57.000
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . .--------
-- Superstiti dei non deportati...............................543.000
La statistica ufficiale del Centro mondiale di documentazione
ebraica non tiene conto che dei 200.000 ritrovati vivi nel
1945, ossia 543.000 - 200.000 = 343.000 che erano ben vivi (e
senza dubbio non erano tutti ungheresi), ma che figurano nella
statistica dei morti in Ungheria e negli altri paesi di provenienza.
Di questa gente che non figura in nessuna statistica di vivi in
Europa e che quindi non è più in Europa -- ufficialmente
almeno -- eravamo arrivati a un totale di 3.705.160 al termine
del nostro studio della popolazione ebrea cecoslovacca (cfr. p.
157).
Da quello, il totale, al termine di questo studio della popolazione
ebrea ungherese: 3.705.160 + 343.000 = 4.048.160 viventi altrove
-- con la progenitura nata dopo il 1945 -- se non sono in Europa.
Bisogna naturalmente aggiungervi, come ovunque, tutti colro che,
essendo stati deportati, sono ritornati vivi e si collocano, anch'essi,
nel medesimo caso.
Cioè
4.048.160
Legate all'Ungheria: la Iugoslavia, per
la corrente di ebrei che dalla Ungheria provenivano, e la Romania,
perché vi erano diretti. A sua volta la Iugoslavia è
legata all'Italia per quegli ebrei che vi sono fuggiti.
YUGOSLAVIA
Come abbiamo visto, il Centro mondiale di documentazione
ebraica collocava in questo paese 75.000 ebrei nel 1939 (cfr.
pp. 109 bis e 151), dei quali solo 20.000 erano stati trovati
vivi nel 1945. Nell'aprile 1941, la Iugoslavia venne invasa e
smembrata dalle truppe germaniche. Due stati vi furono creati
dalla diplomazia dell'Asse Berlino-Roma: la Croazia, dichiarata
indipendente, e la Serbia, sotto occupazione tedesca. L'Italia,
inoltre, riceveva la Slovenia che essa occupò così
come una parte della Croazia dove sistematicamente contrastò
la politica anti-ebraica del governo Pavlevich più hitleriano
che mussoliniano. All'est, la regione dell'Alto Vardar, con Skopje
e Monastir, venne attribuita alla Bulgaria. In
[167]
questo rebus, ecco come la Sentenza del Tribunale di Gerusalemme
(motivazioni 105 e 106) suddivise gli ebrei iugoslavi: 30.000
in Croazia e 47.000 in Serbia, con un totale di 77.000. Evitiamo
i commenti: siamo abituati alle discordanze tra le fonti ebraiche.
Altra discordanza: la Sentenza del Tribunale di Gerusalemme trova
(mot. 105 e 106) che nel 1945 sopravvivevano solamente: 1.500
ebrei in Croazia + 5.000 in Serbia = 6.500. Ma ecco il più
grave: da quanto precede, risulta che tutta la popolazione ebrea
della Slovenia, dove, a motivo della prossimità a Trieste,
è storicamente sempre stata la più densa, si è
precipitata in Croazia e in Slovenia per essere, sia più
vicina ai tedeschi, sia sotto la loro diretta giurisdizione. Anche
quella della regione dell'Alto Vardar non ha avuto esitazione:
tra la Germania e la Bulgaria che non era antisemita, si è
precipitata in Serbia, zona d'occupazione tedesca. Infine, nessuno
è andato in Ungheria, dove il dottor Kasztner ne ha pur
trovato un numero abbastanza grande per notarlo nel suo Rapporto.
Si sarebbe persino tentati di credere che 2.000 ebrei (che la
Sentenza del Tribunale di Gerusalemme trova in più di quelli
trovati dalla statistica del Centro di documentazione ebraica)
siano provenienti da luoghi dove non rischiavano nulla e siano
venuti in Croazia per essere più certi di venir sterminati.
Kasztner ha sovente osservato che gli ebrei europei avevano accettato
la loro sorte con molta rassegnazione: gli ebrei iugoslavi non
erano soltanto rassegnati ma certamente anche masochisti.
La Iugoslavia, fino al processo di Gerusalemme, costituiva un
enigma: Poliakov, portavoce ufficiale del Centro di documentazione
ebraica, ci aveva spiegato (Breviario dell'odio
e Il terzo Reich e gli ebrei) che in Iugoslavia
"gli ebrei si erano rifugiati a migliaia nelle zone d'occupazione
italiana"; che in Croazia dove Krumey era giunto il 16 ottobre
1943, era riuscito a deportare meno ebrei del suo collega Alois
Brünner che era riuscito da Nizza a dirigerne 10.000 verso
i campi di concentramento (43); che dopo il colpo di Stato di
Badoglio (settembre 1943) gli ebrei avevano seguito le truppe
italiane che si ritiravano dalla Croazia, ecc... Tutto questo,
è evidente, non quadra molto bene con le motivazioni 105
e 106 della Sentenza di Gerusalemme; comunque in perfetta contraddizione,
sia con la ripartizione degli ebrei nelle differenti zone dopo
lo smembramento, sia con il numero dei deportati in Croazia; dei
quali la motivazione 105 dice che furono 28.500, da portare a
carico di Krumey, fatta eccezione per 2.800.
Poliakov era quasi muto a proposito dei dettagli circa la Serbia:
con garanzia del Centro di documentazione ebraica, "nessuna
deportazione in Serbia, tutti gli ebrei sterminati sul luogo",
egli si limitava a decretare 20.000 superstiti e 55.000 sterminati
nell'insieme
[168]
della Iugoslavia (Breviario dell'odio, p. 180). Per avere
dettagli precisi, era necessario ricorrere a altri autori (Michel
Borcwicz, Joseph Billig, ecc.) ma il guaio era che, facendo il
totale di tutti i particolari, si arrivava con fatica a 30.000.
E si concludeva che le valutazioni senza fondamento di Poliakov
erano pura fantasia. Per conseguenza, questa cifra di 30.000 essendo
basata su giustificazioni verosimili, bisogna prenderla in considerazione
per il complesso della Iugoslavia accompagnandola a quest'altra
conclusione: che, essendo unanimamente riconosciuto che gli italiani
non avevano mai consentito a consegnare ai tedeschi alcun ebreo
della loro zona di occupazione, Poliakov aveva, con certezza,
ragione per quelli della Croazia, e che erano dunque quelli della
Serbia che avevano pagato il più pesante tributo alla deportazione
e alla morte. Inoltre, era logico: i tedeschi li perseguitavano
dal 1941 e anche se non li deportarono prima del 1942, erano pronti
a farlo appena l'avessero deciso, anche se ancora non erano in
Croazia.
Seguendo gli avvenimenti nello stesso ordine della loro successione,
si faceva un'altra scoperta: la statistica stabilita alla fine
del 1941 dal comandante tedesco Korherr per la Conferenza di Wannsee
-- prima, dunque, che le misure di deportazione (44) fossero prese
in Iugoslavia -- teneva conto di 40.000 ebrei che ancora si trovavano
nell'insieme della Iugoslavia. Se ne doveva concludere che 75.000
- 40.000 = 35.000 erano fuggiti in Ungheria e in Italia (cfr.
p. 151) poiché non erano più presenti e non erano
stati arrestati. Sarebbe quindi nella logica delle cose, se si
deducesse che da questi 40.000 furono presi i circa 30.000 dati
nei dettagli per arrestati. E ugualmente in Serbia, poiché
i croati, tranne circa 10.000 di loro, avevano seguito le truppe
italiane in ritirata dopo il settembre 1943.
Il Centro di documentazione ebraica non era dunque autorizzato
a far figurare più di 30.000 ebrei nella colonna degli
sterminati -- a condizione che essi lo siano stati tutti, dopo
il loro arresto -- della sua statistica. Ne ha fatti figurare
55.000, ossia 55.000 - 30.000 = 25.000 di troppo. Dato che gli
ebrei iugoslavi che sono stati arrestati e che sono morti, in
più di questi 30.000 considerati giustificati, sono già
stati inclusi nei risultati dei calcoli fatti sulla popolazione
ebrea ungherese; e dato che il rimanente lo sarà nei calcoli
che verranno fatti per l'Italia, si può dire che abbiamo
qui altri 25.000 ebrei europei vivi, da aggiungere ai 4.048.160
nello stesso caso, al quale siamo giunti al termine del nostro
studio della popolazione ebrea ungherese. Cioè:
4.048.160 + 25.000
4.073.160
ITALIA
Qui, Arthur Ruppin dava 50.000
ebrei nel 1926 e il Centro di documentazione ebraica ne
dava 57.000 nel 1939. Possibilissimo: al tasso
[169]
medio di aumento naturale, troviamo: 50.000 + 13% = 56.500. Accettiamo
i 57.000. Bisogna però aggiungervi i 16.000 ebrei iugoslavi
(cfr. p. 151), ossia 57.000 + 16.500 = 73.500. Nel 1945, il Centro
di documentazione ebraica ha trovato 15.000 deportati sterminati
e 42.000 viventi. Logicamente avrebbe dovuto trovare 73.500 -
15.000 = 58.500 superstiti e l'esagerazione gravando sul numero
dei morti sarebbe stato di 58.500 - 42.000 = 16.500. In realtà,
è più importante poiché Rolf Hochhuth stesso,
che si distinse recentemente per la sua abominevole opera, Il
Vicario (op. cit.) sulla scorta del Documento Gerstein,
non ha trovato che 8.000 ebrei arrestati in Italia e deportati,
mentre i giudici di Gerusalemme non ne hanno trovati che "7.500
deportati, di cui il numero dei superstiti non supera i 600"
(motiv. 109) = 6.900 sterminati. Numero dei superstiti in questo
caso: 73.500 - 6.900 = 66.600. E con l'esagerazione del Centro
di documentazione ebraica: 66.600 - 42.000 = 24.600. Da aggiungere
ai 4.073.160 che vivono senza essere inclusi nelle statistiche
ai quali siamo arrivati al termine dello studio sulla popolazione
ebrea iugoslava e che ufficialmente non sono più in Europa.
Cioè:
4.073.160 + 24.600 =
4.097.760
ROMANIA
Arthur Ruppin vi aveva recensiti
900.000 ebrei nel 1926 e il Centro di documentazione ebraica
nel 1939 non ne trova più che 850.000 (L'Istituto
per gli Affari ebraici è d'accordo ma Raul Hilberg
ne trova 800.000): niente d'anormale, dalla Romania la popolazione
ebrea ha sempre emigrato in alte proporzioni. Al capitolo dei
deportati sterminati e dei superstiti, Ruppin dice metà
della metà, il secondo è d'accordo con approssimazione
su 5.000, per ogni sezione; e il terzo è naturalmente in
totale disaccordo: 380.000 superstiti e 420.000 sterminati, afferma.
Altra considerazione che prova a che punto tutta questa gente
è cosciente di quanto dice: l'autore della statistica del
Centro di documentazione ebraica, come è
noto, è Poliakov (cfr. p. 110) e, commentando le cifre
della propria statistica (Breviario dell'odio, p. 186),
afferma che nel 1939 vi erano in Romania 700.000 ebrei e, nel
1945, solamente 250.000 (op. cit. p. 188). La motivazione
110 della Sentenza di Gerusalemme che riassume il dramma degli
ebrei romeni è prudentissima: "In questo modo, circa
la metà del giudaismo romeno fu salvata dallo sterminio",
basando questa frase sulla deposizione scritta del dr. Safran,
Grande Rabbino di Romania, ma senza alcun riferimento al contenuto
della deposizione.
Se il redattore di questa motivazione si fosse proposto il fine
di dimostrare che nessun ebreo romeno era mai stato deportato
dai tedeschi, credo che non avrebbe potuto riuscirvi meglio. Non
vi è infatti citato che un solo progetto di deportazione
di 200.000 ebrei
[170]
deciso una prima volta il 26 luglio 1942 (da cominciare il 1 settembre
seguente) ridiscusso una seconda volta il 17 settembre, poi il
26 e il 28 settembre, data in cui si è stabilito un accordo.
Ma il 22 ottobre, quando le deportazioni ancora non avevano avuto
inizio, il governo romeno fa sapere al suo interlocutore tedesco
di aver mutato parere e che provvederà lui stesso a regolare
il problema ebraico in Romania.
Fino a quel momento, l'atteggiamento della Germania era giustamente
propenso a lasciare decidere ai romeni dei propri ebrei, e tutta
una corrispondenza diplomatica attesta che questi non avevano
cessato di proporre ai tedeschi la loro consegna, senza alcun
successo. Ma i tedeschi non li volevano. E quando questi ultimi
decisero di accettarli, furono i romeni che non vollero più
consegnarli.
Gli autori dei resoconti di stampa del Processo di Gerusalemme
dicono che il Gran Rabbino di Romania, nella sua deposizione,
abbia sostenuto che fino all'agosto del 1942 i romeni, non riuscendo
a far accettare i loro ebrei ai tedeschi, li sterminavano. E cita
i massacri di ebrei di Odessa, ad opera dell'armata romena (60.000
vittime), dei pogroms a Bucarest, Ploesti, Jassy, Costanza, ecc...
che fecero "vittime a decine di migliaia" senza indicazioni
più precise. Egli valuta che in totale, dal febbraio 1941
all'agosto 1942, "da 250.000 a 300.000 ebrei furono così
sterminati". Dai romeni, non dai tedeschi.
Una tesi contestabilissima. Nella stessa epoca a Parigi, tutti
coloro, tra i quali anch'io, che si trovavano a scaglioni lungo
le trafile dell'emigrazione ebrea durante la guerra, sapevano
dagli stessi ebrei coi quali entravano in contatto, che in Romania,
se il governo non testimoniava loro una speciale simpatia, accordava
però un passaporto turistico che permetteva loro di andare
più lontano, dietro versamento di 1.000 dollari. Il Gran
Rabbino assicura che fu soltanto a cominciare dall'ottobre 1942
che questa politica fu messa in atto e fu proprio perché
il governo Antonescu ne venne a conoscenza, che bruscamente, dopo
aver tanto supplicato i tedeschi di accettare gli ebrei che gli
si voleva consegnare, rifiutò, al momento in cui quelli
erano pronti ad accettarli. Hannah Arendt concorda (The New
Yorker, 16-2-63). Vi è un solo disaccordo con le informazioni
che noi avevamo a Parigi, oltre la data: il prezzo del passaporto
che era, sembra, non di 1.000 dollari ma di 1.300.
Questa tesi che, della metà del giudaismo romeno (425.000
ebrei su 850.000) sterminato, attribuisce alla deportazione fatta
dai tedeschi la differenza da "250.000 a 300.000" a
425.000, ossia da 125.000 a 175.000 ebrei romeni, è assai
contestabile per un'altra ragione: i rimaneggiamenti territoriali
dei quali fu oggetto la Romania tra il 1939 e il 1945.
Nell'agosto 1939, il Patto germano-russo aveva fatto pagare ai
contraenti e ai loro amici un pesante contributo: abbandono della
Bukovina del Nord e della Bessarabia all'URSS (giugno 1940);
[171]
una parte importante della Transilvania all'Ungheria e la Dobrugia
alla Bulgaria (agosto 1940). Lo spostamento della popolazione
ebrea di queste regioni, in occasione dei trasferimenti di territorio,
non è stata oggetto di alcun studio che sia pervenuto a
mia conoscenza. La tesi generalmente ammessa è che sia
rimasta sul luogo, o si sia ben poco spostata. Ma vi erano accordi
di trasferimento di popolazione che non erano tutti regolati allo
scoppio del conflitto germano-russo nel giugno 1941. Rimando coloro
che fossero interessati a questi accordi, all'eccellente studio
dell'Istituto Nazionale di Statistica e di studi economici, pubblicato
nel 1946 dalle "Pubblicazioni universitarie di Francia",
col titolo: I trasferimenti internazionali delle popolazioni.
Non vi sono dubbi circa le intenzioni della Romania, che dopo
il 1940, durante l'evoluzione dei rapporti germano-russi, spiava
l'occasione favorevole di avere possibilità di recuperare
i territori dei quali era stata amputata, in specie della Bessarabia
che, più degli altri due, era nel campo di tali possibilità:
nel giugno 1941, essa si affiancò all'Asse, in guerra contro
la Russia e, non la sola Bessarabia, ma anche una zona d'occupazione
che fu chiamata Transnistria e che si estendeva dalla sua frontiera
del 1939, il Dniester, fino a Bug, le furono attribuite. La Germania
si annetteva la zona oltre il Bug fino al Dnieper.
I russi, procedendo all'evacuazione della Bukovina e della Bessarabia,
devono avere evacuato anche il massimo della popolazione, la quale
provvedeva da sè, fuggendo, come ovunque, davanti all'esercito
tedesco. Comunque si siano svolti i fatti, certo è che
dall'11 al 21 dicembre 1943, il Comitato Internazionale della
Croce Rossa inviò uno dei suoi delegati in Romania: Charles
Kolb. Egli vi soggiornò dall'11 dicembre 1943 al 14 gennaio
1944. Al suo ritorno redasse un rapporto nel quale spiegava che
206.700 ebrei mancavano in Bessarabia-Transnistria e 88.600 in
Bukovina. Non rimarcò nulla di anormale in altre zone.
Dopo l'esame di questo rapporto, si può pensare che la
totalità di questi 206.700 + 88.600 = 295.300 ebrei romeni
divenuti russi e che si trovavano nelle linee russe sia fuggita
all'avanzare delle truppe tedesche, come fecero i suoi correligionari
polacchi nel settembre 1939, e si sia salvata dalla deportazione
tedesca. Ho detto: si può pensarlo, ma non è possibile
accertarlo. Poliakov, nel citare questo rapporto (Breviario
dell'odio, p. 371), ammette che "alla vigilia dell'attacco
tedesco, una parte della popolazione ebraica ha potuto essere
evacuata dai russi". Poiché questo rapporto era fondato
su un'inchiesta fatta nel 1943-44, ossia al momento nel quale
gli ebrei non rischiavano più nulla in Romania, dato che
non menziona nessun mancante altrove, si può con certezza
concludere che, a quella data: 800.000 - 295.300 = 504.700 ebrei
vi erano viventi e non sono stati arrestati, né deportati,
né massacrati posteriormente. E si può pensarlo
con maggior sicurezza in quanto ci si sente in certo modo garantiti
dalla motivazione 119 della Sentenza di Gerusalemme che non registra
nessuna deportazione di
[172]
ebrei romeni da parte di tedeschi: e se ne avesse notata alcuna,
ciò potrebbe essere solo anteriormente al 22 ottobre 1942,
il che non può del pari essere vero, dato che fino a quell'epoca
i tedeschi avevano sempre rifiutato di cedere alle sollecitazioni
del governo romeno.
Coincidenza strana: questi 295.300 ebrei che Charles Kolb ha constatato
non essere presenti in Romania, sono nei limiti dei "250.000
a 300.000" dichiarati dal Gran Rabbino come sterminati dai
romeni. Da ciò si può pensare che siano gli stessi
e che, per potere impiccare Antonescu, i russi che li avevano
salvati abbiano sostenuto che era stato lui a sterminarli...
Raul Hilberg è ancora più sottile: dopo avere esaminate
le malefatte dei Gruppi Speciali in Russia e aver integrato
nella statistica della Russia gli ebrei da loro sterminati nelle
città di Odessa, Chisinau Cernauti, ad esempio (op.
cit. p. 190), egli fa il conto di quelli che mancano in Transnistria
o si trovavano a Odessa dal 1941 al 1944 e in Bukovina dove si
trovavano gli altri due, per integrarli nella sua statistica della
Romania (pp. 485-509): vale a dire li conta due volte.
Conclusione per la Romania: per sapere esattamente quanti sono
gli ebrei che devono esservi considerati mancanti nel 1945, bisognerebbe
sapere anche molto esattamente quanti dei 295.300 mancanti recensiti
da Charles KoIb alla fine del dicembre 1943/principio di gennaio
1944, sono stati evacuati dai russi e quanti sono rimasti sotto
il controllo dei tedeschi e dei romeni. E questo non lo si sa.
Bisognerebbe inoltre sapere quanti hanno emigrato: e deve essere
un discreto numero poiché gli ebrei romeni erano, di tutti,
i meglio situati, quelli che dovevano fare meno cammino e meno
sforzi per abbandonare l'Europa. Ma se i russi avevano salvato
la metà dei mancanti censiti da Charles Kolb e se l'altra
metà, caduta nelle mani dei romeni, era stata massacrata
nei pogroms d'Odessa, di Bucarest, di Ploesti, di Costanza, ecc...
(cfr. sopra), la popolazione ebraica romena del 1939 si potrebbe
suddividere così:
...................................295.300
-- massacrati:.........._________ = ....................................147.650
.......................................2
.................................295.300
-- salvati dai russi: ...--------=............................................147.650
......................................2
-- emigrati o ritrovati vivi nel 1945: 800.000 - 295.300.....504.700
............................................................................................--------
TOTALE ..........................................................................652.350
-- ufficialmente ritrovati vivi dal Centro di
documentazione ebraica .....................................................425.000
.............................................................................................--------
..........................................................................cioè..........
227.350
[173]
i quali sebbene vivi nel 1945 sarebbero stati abusivamente portati
nella colonna degli sterminati del Centro di documentazione
ebraica. Quindi con qualche differenza ma con ogni verosimiglianza
è ciò che è accaduto.
Ed ecco altri 227.350 ebrei europei che si vanno ad aggiungere
ai 4.097.760 nel loro stesso caso, ritrovati al termine del nostro
studio della popolazione ebrea italiana; per cui totalmente fino
a questo momento del ragionamento:
4.097.760 + 227.350 = 4.325.110
4.325.110
BULGARIA
La statistica rappresentata alla
pagina 109bis menzionava la Bulgaria, esclusivamente a titolo
della sua popolazione ebrea del 1939 senza indicarne le perdite.
Più tardi, il Centro di documentazione ebraica ha
comunicato altre statistiche nelle quali figurava la Bulgaria
con 7.000 sterminati su 50.000 persone alla data del 1939. Raul
Hilberg ne trova 3.000 e la motivazione 108 della Sentenza di
Gerusalemme tiene conto soltanto di 4.000 deportati dalla Tracia
+ 7.000 dalla Macedonia = 11.000, senza menzionare le perdite.
Nessun problema: 50.000 nel 1939, 11.000 deportati di cui 7.000
sterminati e 43.000 superstiti. 17.000 sterminati sugli 11.000
deportati non sono giustificati da alcun fatto preciso: si ignora
il luogo di provenienza e quello della destinazione. Poliakov,
che commenta la statistica di cui è l'autore (Breviario
dell'odio, p. 188), non può nemmeno citarsi fedelmente:
13.000 deportati su 20.000 in progetto, dice, ma nulla del numero
dei sopravvissuti.
GRECIA
Stessa considerazione fatta per la Bulgaria. La statistica
che ho citato a p. 109bis nota per la Macedonia separatamente
7.000 sterminati, senza che si possa sapere quanti erano gli ebrei
nel 1939. In seguito, questa particolare menzione è sparita
dalla statistica ufficiale e la Grecia vi resta sola con 75.000
ebrei alla data del 1939 e 60.000 sterminati alla data del 1945,
dunque 15.000 superstiti. Raul Hilberg dà, a sua volta,
le seguenti cifre: 74.000 nel 1939, 62.000 sterminati e 12.000
superstiti. La motivazione 107 della Sentenza di Gerusalemme parla
di 80.000 nel 1939, 70.000 sterminati e 10.000 superstiti. Infine,
Arthur Ruppin aveva già censiti 75.000 ebrei in Grecia
nel 1926: emigrazione pari al naturale aumento? Possibile.
La Grecia era divisa in due zone d'occupazione: al Nord i tedeschi,
che avevano il loro Quartier generale a Salonicco; al Sud gli
italiani, che avevano stabilito il loro ad Atene. Gli ebrei si
suddi-
[174]
videvano in questa maniera: da 55.000 a 60.000 concentrati attorno
a Salonicco in zona tedesca, da 15.000 a 20.000 nella zona italiana,
concentrati anch'essi intorno ad Atene. Tutte le fonti ebraiche
sono d'accordo nel dire che i tedeschi cominciarono a occuparsi
degli ebrei greci soltanto dal luglio 1942 (obbligo di portare
sugli abiti la stella gialla) ma unicamente nella zona tedesca:
nella zona italiana, nessun provvedimento. Fu solamente nel febbraio
del 1943 che cominciò il loro raduno nei ghetti a Salonicco
e dintorni. Tali misure e operazioni furono condotte dal dr. Max
Merten, amministratore della zona, con l'aiuto di due inviati
del R.S.H.A., Wislisceny e Günther, con inizio dal 15 gennaio
1943. Poliakov sostiene (op. cit. p. 182) che le deportazioni
cominciarono il 15 marzo ed ebbero fine il 9 maggio, per un primo
tempo: 43.000 ebrei in 16 convogli (2.700 persone per convoglio,
un treno ogni tre o quattro giorni; quindi, dove gli ebrei erano
raggruppati, le operazioni di deportazione non erano così
rapide come in Ungheria dove gli ebrei non raggruppati potevano
partire in proporzione di 2-3 convogli di 3.000 persone per giorno:
questa è la naturale conclusione) furono deportati ad Auschwitz.
Quelli che rimanevano, una buona dozzina di migliaia, furono deportati
nel luglio-agosto 1943 in tre convogli: in ragione, quindi, di
4.000 per convoglio, almeno. Il viaggio Salonicco-Auschwitz durava
in media una decina di giorni e, precisa Poliakov, all'arrivo
gli ebrei erano direttamente avviati in blocco alla camera a gas,
senza preventiva selezione dei validi, talmente era cattivo il
loro stato. Ed è quanto Wislisceny, affermando di averlo
saputo da Höss, comandante del campo, ha sostenuto a Norimberga,
ma Höss non l'ha confermato. La motivazione 107 della sentenza
di Gerusalemme non è d'accordo con questo aspetto della
deportazione degli ebrei greci: "I 56.000 ebrei della regione
di Salonicco sono stati tutti deportati dal 15 marzo alla fine
del maggio 1943", dichiara; dunque non vi furono convogli
in luglio-agosto, ma non precisa né il numero dei convogli,
né il numero delle persone per ogni convoglio. L'avvocato
Max Merten (condannato a 25 anni di prigione nel 1946 ma liberato
quasi subito, testimone a difesa del Processo di Gerusalemme)
afferma che, grazie a Eichmann e malgrado gli sforzi in senso
contrario di Wislisceny, circa 20.000 ebrei sono sfuggiti alla
deportazione. Pretende anche che, dopo l'imposizione della stella
gialla (luglio 1942) e dopo la loro concentrazione nei ghetti
(febbraio 1943), molti ebrei della zona tedesca raggiunsero la
zona italiana; non essendo egli d'accordo con le misure di deportazione
progettate, dato che a lui gli ebrei non causavano nessuna noia,
egli non soltanto non vedeva in ciò nessun inconveniente
ma li aiutò anche, per quanto gli riuscì senza destare
l'attenzione di Wislisceny e di Günther. Ed è questa
la ragione per la quale, dopo essere stato condannato a 25 anni
di carcere, egli venne liberato.
Nella zona italiana gli ebrei non furono molestati che dopo il
colpo di Stato di Badoglio nel settembre 1943. Le operazioni di
[175]
deportazione vennero affidate a Wislisceny e a Günther. Davanti
al Tribunale di Bratislava che lo condannó alla pena di
morte, Wisliceny ha sostenuto (27 giugno 1947), in una deposizione
scritta, che da 8.000 a 10.000 degli appartenenti alla zona italiana
erano stati deportati. Per quanto si riferisce alla città
di Atene, dice la motivazione 107 della Sentenza di Gerusalemme,
"una grande parte di loro era riuscita, comunque, nel frattempo,
a nascondersi e a prendere la fuga, di modo che non ne rimanevano
più di 12.000". Era necessario, quindi, ricercare
gli altri, radunarli preventivamente; e per deportarne da 8.000
a 10.000, Wislisceny ha dovuto impiegare tutta la sua buona
volontà e abbiamo visto che non ha tentato di diminuire
la sua colpevolezza. Ammettiamo questa cifra e ragioniamo.
-- Ignoriamo quanti ebrei sono riusciti a passare dalla zona tedesca
in quella italiana, ma sappiamo che quelli di questa zona furono
deportati con 19 convogli senza che ne rimanessero altri. Alla
media di 2.000 persone per treno di 40 vagoni, stabilita e accettata
nei nostri calcoli per l'Ungheria, raggiungiamo un totale di 2.200
x 19 = 41.800.
-- Erano fuggiti nella zona italiana: 56.000 (cifra della Sentenza
di Gerusalemme) - 41.800 = 14.200, ciò che porta la popolazione
ebraica di questa zona, che doveva essere di 75.000 - 56.000 =
19.000, a 19.000 + 14.200 = 33.200.
-- Se, come dice Wislisceny, ne ha deportato da 8.000 a 10.000,
ne dovevano restare 32.200 - da 8.000 a 10.000 = da 23.200
a 25.200 superstiti per tutta la Grecia.
Esagerazione minima del Centro di documentazione ebraica:
25.200 - 15.000 = 10.200. A condizione che 19 treni siano veramente
partiti da Salonicco trasportando ciascuno, in media, 2.200 persone,
il che è possibile ma non certo.
Da aggiungere al totale ottenuto al termine dello studio della
popolazione ebraica romena (cfr. p. 173):
4.325.110 + 10.200 =
4.336.310
Restano ancora da studiare: Germania,
Austria, Danimarca, Norvegia.
GERMANIA
Se ne è già trattato a proposito dello studio
della popolazione ebraica di Olanda, Belgio, Lussemburgo e della
Francia (cfr. p. 141 e seguenti). Devo ricordare che quando le
truppe tedesche invasero la Francia, le cifre di fonte ebraica
facevano risultare 250.000 ebrei stranieri dei quali era
impossibile determinare la nazionalità; salvo una trentina
o al massimo una quarantina di migliaia che erano tedeschi, gli
altri erano tutti polacchi. Ricercando soltanto i superstiti europei
non vi era alcun inconveniente dichiarandoli tutti polacchi (o
tutti tedeschi), non essendo possibile definire il numero
[176]
degli uni e degli altri. Ma, adesso, bisognerà tener conto
dei 40.000 ebrei tedeschi che sono già stati contati, se
non si vuole contarli due volte.
Ecco, dunque, come nel 1939 si presentava la struttura della popolazione
ebrea tedesca: 210.000 rimasti in Germania, 300.000 emigrati su
510.000, secondo il Centro di documentazione ebraica. Hilberg
dice: 240.000 rimasti in Germania e 300.000 emigrati su 540.000;
se si tiene conto dell'aumento naturale, dovrebbe essere assai
prossimo alla verità, ma non è così: dal
1926 al 1933, ci dice Poliakov (Breviario dell'odio, op.
cit. p. 11), la curva demografica delle comunità ebraiche
inquiete per la loro sorte a causa dell'ascesa del nazismo, era
in decrescenza. Diciamo 210.000 ebrei in Germania nel 1939. Ufficialmente,
40.000 soltanto sarebbero stati ritrovati vivi nel 1945, il che
significa 170.000 sterminati.
A conferma dei dettagli che egli fornisce per giustificare questi
170.000 sterminati e questi 40.000 superstiti, Poliakov invoca
la statistica redatta, su richiesta di Himmler (il 17 aprile 1943)
in data 31 dicembre 1942, e che oggi presenta come: "elaborata
con molta competenza" (Breviario dell'odio, op.
cit. pp. 383-394). Sono convinto che il tedesco Korherr deve
esser stato un uomo competente ed è questa la ragione per
la quale io stesso mi sono riferito alle sue informazioni: forse,
ha una spiccata tendenza a vedere un po' troppi ebrei ovunque.
Ma detto questo, accetto il quadro del giudaismo tedesco tale
quale egli lo vede in data 31 dicembre 1942, e non riesco a capire
veramente come Poliakov, che l'accetta del pari, abbia potuto
leggerlo per trarne le conclusioni che ne trae. Ecco ciò
che vi è scritto, nel quadro riassuntivo, rispetto agli
ebrei tedeschi:
-- arrestati in tutto fino al 31 dicembre 1942...100.516
-- non ancora arrestati .. . . . . . . . . . . . . . . . . . .51.327
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . .--------
Totale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . .151.843
Questa situazione è presentata, sì, come concernente
"il vecchio Reich e i Sudeti", ma ciò è
privo d'importanza: il 17-5-1939, non rimanevano nei Sudeti che
2.649 ebrei, gli altri essendo fuggiti in Boemia-Moravia, poi
in Ungheria, poi... Con l'approssimazione di un migliaio, tanto
da poter dire che questo bilancio non concerneva che la Germania.
Ripeto: Poliakov accetta queste cifre.
Ma, se in Germania non restavano che 151.843 ebrei al 31 dicembre
1942 (liberi o in campo di concentramento) e se non si era riusciti
ad arrestarne in tutto che 100.516, ciò significa che 210.000
- 151.843 = 58.157 erano riusciti a emigrare posteriormente al
1939. Ciò significa anche, d'altronde, che posteriormente
al 31-12-42, non è stato possibile arrestarne più
di 51.327. Il 1· luglio seguente, tutto era compiuto: la
legge che dichiarava la Ger-
[177]
mania "Judenfrei" (liberata dai suoi ebrei) fu promulgata
e, dice Poliakov, "non restava più un solo ebreo in
libertà salvo i congiunti di Ariani" (op. cit.
p. 68) i quali erano 16.760 come dice Korherr nel suo rapporto.
E' noto che, più tardi, anche questi furono a loro volta
arrestati e deportati, almeno ufficialmente.
Correggiamo adesso l'errore obbligato che deliberatamente avevamo
commesso decretando -- allora non potevamo fare altro che risolvere
il problema col procedimento elementare, ben noto, della falsa
supposizione -- a proposito dei 40.000 ebrei europei ritrovati
vivi in Olanda, Francia, Belgio e Lussemburgo, che essi erano
polacchi, ben sapendo che non lo erano affatto: essi si trovano
tra questi 58.157 ebrei che hanno abbandonato la Germania posteriormente
al 1939 e prima del 31-12-1942 e furono compresi nello studio
della popolazione ebrea polacca. Se non vogliamo contarli due
volte, bisogna sottrarli dagli emigranti tedeschi e non considerare
nel numero di questi che 58.157 - 40.000 = 18.157. .
18.157
E calcoliamo il numero di ebrei tedeschi
che, essendo stati arrestati e deportati, possono non essere più
tornati:
se dei 151.843 il Centro di documentazione ebraica ne ha
trovati 40.000 sopravvissuti nel 1945, vuol dire che
151.843 - 40.000 = 111.843 non sono più ritornati (non
erano ritornati nel 1945). Dato che il Centro dichiara
170.000 ebrei nella colonna degli sterminati, il risultato in
eccesso è: 170.000 - 111.843 = 58.157
58.157
-------
Totale degli ebrei vivi considerati come
morti, che
ufficialmente non sono più in Germania e neppure in Europa
e devono figurare nella colonna dei viventi in un paese
di un altro continente: 18.157 + 58.157 = . . . . . . . . . .
76.314
Da aggiungere al totale trovato al termine dello studio della
popolazione ebrea greca (cfr. p. 175) ossia:
4.335.310 + 76.314 =
4.411.624
Mi si scusi se ho trattato il caso degli
ebrei tedeschi senza riferimento alcuno alla Sentenza del Tribunale
di Gerusalemme: nelle sue motivazioni (56, 57, 77, 82, 90, 91)
che danno il totale, essa può a malapena giustificare 10.000-15.000
arrestati e deportati. Sottolineare il ridicolo che la caratterizza
da capo a fondo sarebbe equivalso a rendere ridicoli se stessi,
prendendo ciò, non dico seriamente, ma semplicemente in
considerazione (45).
[178]
AUSTRIA
Nel 1939, il Centro di documentazione ebraica annovera
60.000 ebrei che ancora vi si trovavano (cifra calcolata in base
a 240.000 tenendo conto di una emigrazione di 180.000 dopo l'ascesa
al potere di Hitler in Germania) e 200.000 superstiti ritrovati
nel 1945, ossia 40.000 sterminati. Arthur Ruppin contava 230.000
ebrei austriaci nel 1926: stesso caso degli ebrei tedeschi in
relazione alla curva demografica e all'aumento naturale.
La letteratura sionista non è molto prolissa sulla situazione
degli ebrei austriaci. E nemmeno la Sentenza di Gerusalemme. Studiata
complessivamente, con gli ebrei tedeschi e quelli di Boemia-Moravia
(v. nota 45), questa sentenza (con le stesse motivazioni) fa risultare
l'arresto e la deportazione di 5.000 ebrei il 15 ottobre 1941
e di altri 3.000 il 25, 28 novembre e il 2 dicembre seguenti.
In data 1943-44, il Rapporto Kasztner e Joël Brand notano
una comunità ebrea clandestina e relativamente poco perseguitata,
della quale non danno il numero dei componenti ma che, a giudicare
dai termini nei quali ne parlano, doveva essere piuttosto importante.
La motivazione 97 della Sentenza di Gerusalemme nota che in Austria
gli arresti e le deportazioni non erano di competenza del R.S.H.A.,
come ovunque altrove, ma del Centro di emigrazione ebrea
creato a Vienna da Eichmann nel 1938 e che funzionò
per tutta la durata della guerra: questo spiega con certezza la
persecuzione e gli arresti meno zelanti e meno brutali. In data
31 dicembre 1942, la statistica del tedesco Korherr (op. cit.)
dice che in tutto, furono arrestati 47.655 ebrei e che ne rimanevano
8.102 in libertà. Ciò significa in totale e per
tutta la durata della guerra 47.655 + 8.102 = 55.757 e soltanto
60.000 - 55.757 = 4.243 emigrati posteriormente al 1939. Ma significa
anche: se di questi 55.757 ebrei solamente 20.000 sono stati ritrovati
vivi nel 1945, l'esagerazione del Centro di documentazione
ebrea non sarebbe che di questi 4.243 emigrati posteriormente
al 1939, abusivamente considerati come morti. Ripeto: se solamente
20.000 sono stati ritrovati viventi. Ora, già ho sottolineato
che il bilancio delle perdite ebree è stato compilato entro
il maggio e l'ottobre 1945 -- porta la data di agosto, precisa
Poliakov (Il III Reich e gli ebrei, op. cit. p.
196) -- per poter essere messo con sollecitudine a disposizione
del giudice Jackson e, in quel "maquis" di displaced
persons che era allora l'Europa centrale, molti ebrei che
erano stati deportati e erano vivi, non erano
[179]
ancora ritornati al loro precedente domicilio. Tutti costoro sono
stati considerati come morti e poi, se sono stati ritrovati vivi
al loro domicilio o altrove (molti anche, non vi sono più
tornati), nessuna correzione è stata fatta nelle statistiche.
Conclusione per l'Austria: 4.243 ebrei europei certi da
reintegrare nella colonna dei vivi delle statistiche in data 1945
e da aggiungere al precedente totale, ossia:
4.411.624 + 4.243 =
4.415.867
DANIMARCA E NORVEGIA
Per finire: 7.000 ebrei in Danimarca
nel 1939 e 1.500 in Norvegia, dice il Centro di documentazione
ebraica. Totale: 8.500 per i due paesi. Totale degli sterminati
= 500 in Danimarca (nei giorni precedenti quello previsto per
il loro arresto, il governo danese aveva avvertito la comunità
ebrea nazionale) e 900 in Norvegia = 1.400. La Sentenza di Gerusalemme
dà il totale delle perdite, salvo la differenza di una
unità: 737 in Norvegia e 422 in Danimarca = 1.159.
Esagerazione del Centro di documentazione ebraica: 1.400
- 1.159 = 241. Si può considerare questa esagerazione come
un arrotondamento delle cifre, vale a dire che non è intenzionale.
Da aggiungere comunque al totale precedente, di cui (ad eccezione
di 480.000 ebrei tedeschi e austriaci emigrati prima del 1939
che vi figurano e sono stati riconosciuti viventi, da tutti, nel
1945), si può dire che è il totale degli ebrei europei
abusivamente iscritti nella colonna degli sterminati nella
statistica del Centro di documentazione ebraica:
4.415.867 + 241 = .
4.416.108
Totale generale della distorsione:
4.416.108
Note
(18) Cfr. Il vero processo
Eichmann (p. 82).
(19) Die Welt non lo dice, ma queste cifre sono estratte
da uno studio pubblicato alcuni giorni prima dal The Jewish
Communities of the World, organo ufficiale del World Jewish
Congress. Ripetute da: The Jerusalem Post Weekly il
19-4-63, e poi da tutta la stampa mondiale, a date diverse. E'
anche opportuno precisare che per l'anno 1962, il World Almanach
del 1963 parla (p. 259) di una popolazione ebrea mondiale
di 12.296.180 persone. In altre parole, in rapporto al 1959 la
popolazione mondiale ebrea non soltanto non è aumentata,
ma ha registrato una diminuzione.
(20) Testo originale: "JOINT ASSAULT ON PROBLEM.
"The nation's major religious groups, representing more than
40 Protestant, Eastern Orthodox, Roman Catholic, and Jewish denominations
have joined forces to tackle one of the countries thorniest domestic
problems: Race relations.
"They have called the first National Conference on Religion
and Race to be held next January in Chicago. About 600 clerical
and lay leaders, representing nearly 100,000,000 Americans, are
expected to participate. One stated objective of the conference
is to demonstrate the concern of religious leaders over racial
segregation by a statement of conscience.
"Participating will be the National Council of Churches,
an organisation of 33 Protestant and Eastern Orthodox denominations
with nearly 40,000,000 members; The National Catholic Welfare
Conference, the administrative agency of Catholic bishops (there
are 43,000,000 Catholics in the nation); and the Synagog Council
of America, which is representative of Jewish bodies at the national
level. (Rabbinic bodies of Orthodox, Conservative, and Reform
Judaism are represented. There are about 12,000,000 Jews in the
United States).
(21) Incaricato del corso di Sociologia ebraica all'Università
ebraica di Gerusalemme. La sua opera principale: Gli ebrei
nel mondo moderno dalla quale il Menorah Journal ha
estratte le cifre che seguono, non è stata pubblicata in
Francia, presso Payot, che nel 1934.
(22) In questa versione della genealogia dei popoli, gli arabi
che discendono anche loro da Noé -- come tutti del resto!
-- ma per la relazione di Abramo con Agar, la serva della propria
moglie Sara, sono considerati come il ramo illegittimo; e noi
che ne discendiamo "solamente" per Giafet, come coloro
che non ne discendono che per Canaan, maledetto dal Vecchio, come
le linee collaterali e fino alla fine delle stirpi, degenerate
e per di più prive di reputazione, per sempre, essendo
sprofondati in tutte le eresie. Tale è la giustificazione
fondamentale della qualifica di "popolo eletto", che
Israele pretende -- grazie mille! -- e che viene insegnata come
un dato storico in tutte le università ebraiche. Alle soglie
del XXI secolo!
(23) Il celebre cantante negro Sammy Davis è ebreo, "nero,
ebreo e monocolo", come si compiace di cantare in un lupanare,
non meno celebre, di Parigi, il "Keur-Samba", sotto
il patronato della baronessa Alix de Rothschild.
(24) Prima di questa data, Sisebruto, re visigoto, li aveva scacciati
dalla Spagna (613) con tutto quello che era di origine orientale,
e anche il re Dagoberto di Francia (629); ma questi bandi erano
stati di breve durata.
(25) In seguito alla misura del bando, essi vengono respinti dall'Inghilterra
(1220), dalla Francia (1394), dalla Spagna (1492).
(26) The Jerusalem Post Weekly 19-4-63 (op. cit.
cfr. pag. 108 nota 1) dice: 2,3 milioni. D'altra parte, nel suo
libro Il popolo e lo Stato d'Israele, Ben Gurion dice 2
milioni nel 1958 (p. 66). Se nel l962 non ve ne sono che 2,045
milioni, vuol dire semplicemente che il tasso d'aumento naturale
dell'l% per anno non è raggiunto in Israele, ma ancora
che l'immigrazione si è arrestata. Si potrebbe persino
parlare di emigrazione...
(27) Totale dei numeri sottolineati.
(28) Se si rifacessero questi calcoli, iniziando dal tasso annuale
medio di aumento naturale dell'1,25% (o del 20% ogni 16 anni)
del prof. Shalom Baron, l'aumento globale per il periodo 1931-1962
si troverebbe portato a 523.508 unità, ossia aumentato
di 92.046; e il numero reale degli attuali immigranti, viventi
nel paese, diminuito di altrettanto, ossia ricondotto a: 1.444.128-92.046
= 1.352.082.
(29) Il professor Albert Meister, in uno studio destinato agli
allievi della Scuola di Studi commerciali superiori (Principi
e tendenze della pianificazione rurale in Israele, Parigi
1963) sostiene che "un immigrante in Israele su dieci (ossia
il 10%) ritornerebbe nella Diaspora", dopo un breve soggiorno.
(30) Quando l'aereo che, in più viaggi, li ha riportati
in quella Terra Promessa di cui avevano perso la speranza
e della quale la maggior parte di essi ignorava persino l'ubicazione,
dice press'a poco Léon Uris (Exodus), hanno dapprima
pensato alla fine del mondo annunciata dalle Scritture per
"il giorno nel quale gli uomini voleranno". E sono arrivati
in Israele per scoprire cose insospettate da loro, come: una tavola,
una sedia, una forchetta, ecc..., ma anche con la convinzione
di essere "il popolo eletto" predestinato ad assumere,
nel XX secolo, la responsabilità dell'avvenire del mondo.
(31) Per evitare una ripetizione fastidiosa non ho fatto il calcolo
per esteso al lettore: ma se sente il bisogno di una verifica,
può procedervi lui stesso: il metodo è quello dato
alle pagine seguenti per presentare calcoli in tutto e per tutto
identici.
(32) Tuttavia, il World Almanac del 1945 non ne nota che
240.000 (p. 494).
(33) Un altro machiavellismo di Norimberga: ogni volta che gli
accusatori presentavano un'accusa, della quale non volevano o
non potevano divulgare la fonte, usavano l'espressione: "in
tutta conoscenza di causa" o "da fonte certa" --
generalmente si trattava di fonte ebraica -- agli accusati spettava
dare la prova della loro innocenza. Perché, a Norimberga,
non era l'accusa che doveva dare la prova della colpevolezza ma
l'accusato che doveva dare quella della sua innocenza. Con qualche
eccezione, si capisce.
(34) Gli ebrei cecoslovacchi passati in Ungheria vi sono stati
arrestati alla rinfusa coi loro correligionari polacchi e iugoslavi
senza distinzione di nazionalità. I superstiti e i deportati
che risulteranno dai calcoli nel capitolo sull'Ungheria non potranno,
del pari, essere distinti gli uni dagli altri poiché nessun
dato lo permette. Questo, che può avere la sua importanza
al livello delle perdite per nazionalità, non ne ha alcuna
al livello delle perdite europee, ed è quanto noi cerchiamo.
(35) La sentenza del Tribunale di Gerusalemme dice 480.000 nella
motivazione 111.
(36) Cifra confermata dalla motivazione 111 del Tribunale di Gerusalemme.
(37) 300.000 dice il dr. Kasztner ("800.000 di cui 500.000
sono stati deportati", p. 1 del suo Rapporto).
(38) Cifra data dal dr. Kasztner, come ricevuta da Eichmann stesso.
(39) In Francia e Germania i vagoni merci sono più grandi
che in Polonia, in Cecoslovacchia e in Ungheria, ne ho fatto l'esperienza
quando abbiamo evacuato Dora nell'aprile del 1945 a 80 per vagone
in un treno formato appunto da questi ultimi: vi eravamo così
stretti, se non più che in 100 in un vagone francese.
(40) Si può capire ciò che sarebbe accaduto nel
sistema di Joël Brand: "Ogni giorno -- dichiara agli
ebrei di Costantinopoli nel prendere contatto con loro verso il
18 giugno 1944 -- 12.000 ebrei sono gettati nei vagoni" (Storia
di Joël Brand, p. 125). Conclusione: 4 treni al giorno
e il sistema sarebbe stato bloccato prima della sera del quinto
giorno!
(41) Ad Auschwitz, i "bagagli", così ricuperati
dall'amministrazione del campo, erano riuniti in un angolo del
campo stesso che, secondo le planimetrie ufficiali presentate
a Norimberga e ad altri processi, comprendeva 30 blocchi isolati
gli uni dagli altri e severamente custoditi: "Il Canadà",
lo chiamavano i detenuti. La tesi ufficiale dice che all'avvicinarsi
delle armate russe le guardie SS cercarono di darvi fuoco senza
riuscirvi. Al loro arrivo, le truppe russe trovarono nei sei blocchi
riservati all'abbigliamento: 348.820 completi per uomo, 836.525
completi per donna, ma soltanto 5.255 paia di scarpe per uomo
e 38.000 paia di scarpe per donna. Vi erano anche 13.694 tappeti
(Auschwitz, Comunicazione ufficiale della Commissione del
Museo di Auschwitz-Panstwowe museo W. Oswiecimiu, edita a Cracovia
nel 1947). Si ha così l'idea di tutto quello che gli ebrei
portavano con sé. Le donne rimanevano donne anche nelle
peggiori circostanze: basta paragonare ciò che si è
trovato loro addosso con ciò che è stato trovato
sugli uomini. Altre baracche contenevano oggetti di valore i più
disparati. La Commissione non ne dà l'elenco né
la stima in valore commerciale, ma occorsero treni e camions per
portar via ogni cosa. Tutti questi oggetti occupavano sicuramente
molto spazio nei vagoni "di 70 a 100 persone e anche più"
di cui parla la motivazione 154 della Sentenza di Gerusalemme.
Conclusione: nei vagoni degli ebrei che trasportavano anche tante
cose, vi erano meno persone e negli altri più del previsto.
(42) In realtà, dice: da 57.000 a 62.000.
(43) In Breviario dell'odio precisa persino: "3.000
deportati, in tutto, dalla Croazia".
(44) Sono state decise il 19 gennaio 1943 per la Croazia e non
sono seriamente cominciate che dopo l'arrivo di Krumey il 16 ottobre
1943. Furono messe in atto nel marzo 1942.
(45) Si deve tuttavia sottolineare qui il metodo dei giudici di
Gerusalemme: il caso degli ebrei tedeschi è studiato nella
loro sentenza complessivamente con quello degli ebrei austriaci
e della Boemia-Moravia. Per dissimulare il ridicolo del numero
degli ebrei tedeschi dei quali essi erano in grado di dare un
resoconto, e contrariamente al metodo da essi adottato per gli
altri paesi, essi non hanno fatto il totale. Per dare l'impressione
di una quantità considerevole, hanno incluso nel caso degli
ebrei tedeschi quello di 55.000 polacchi che si trovano in Germania,
quando, il 7 ottobre 1938, il governo polacco decise di privarli
della nazionalità polacca, non rinnovando loro il passaporto
per il suo territorio nazionale. In questo modo, erano apolidi
e la Germania d'allora non voleva gente senza passaporto sul suo
territorio nazionale. La Polonia che li aveva resi tali, nemmeno.
Come nessun'altra nazione: fu un dramma orribile che, come è
noto, fu all'origine dell'assassinio del consigliere vom Rath
a Parigi il 7 novembre 1938, compiuto da Grynspan, figlio di uno
di questi 55.000 ebrei polacchi, e della "Kristallnacht"
dal 9 al 10 novembre in Germania.
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Paul RASSINIER, Il Dramma degli ebrei, Edizioni Europa,
Roma, 1967.
Edizione francese: Le
Drame des juifs européens, Paris,
1964, Sept Couleurs; rééd.: Paris, La Vielle Taupe,
1984.